ARCH ENEMY – Viva la libertà

Pubblicato il 26/03/2025 da

Dopo dodici album in quasi trent’anni, gli Arch Enemy sono ormai uno dei nomi più noti della generazione ‘anni 90’, grazie anche ad un interesse mediatico accresciuto ad ogni cambio di cantante, fino a toccare l’apice con l’era Alissa (iniziata giusto dieci anni fa).
In parallelo, è innegbile che il melodic death metal degli esordi si sia via via semplificato – già a partire da “Wages Of Sin”, album del 2001 – con una trasfusione sempre più abbondante di melodie chitarristiche e canzoni perfette per fomentare un pubblico mainstream, cristallizzando un sound che comunque negli ultimi due album ha saputo offrire piccole ma significative variazioni sul tema.
A raccontarci la genesi di “Blood Dynasty” è proprio il mastermind Michael Amott, persona come sempre molto alla mano e, come emerso nel corso della chiacchierata, più a suo agio con la polvere dei vinili che con i freddi numeri delle piattaforme digitali, di cui pure gli Arch Enemy sono tra i protagonisti…

DOPO DODICI ALBUM, COME E’ CAMBIATO IL PROCESSO DI SCRITTURA? PIU’ COMPLESSO PER NON RIPETERSI O PIU’ SEMPLICE GRAZIE ALL’ESPERIENZA?
– E’ un po’ un mix dei due aspetti. Quando cominci con i primi due-tre album hai meno esperienza ma sei libero di sperimentare avendo anche meno aspettative, quindi da un certo punto di vista è sicuramente più veloce, mentre ora ci prendiamo più tempo per registrare perchè vogliamo comporre qualcosa di più elaborato ed evitare di ripeterci.
Inoltre, ora siamo molto più spesso in tour: a volte siamo in giro anche per due o tre anni per promuovere un disco, mentre in passato suonavamo qualche data in Europa e in Giappone per poi tornare in studio a registrare. Al tempo stesso, anche l’industria musicale è completamente cambiata negli ultimi trent’anni, ma sotto certi aspetti il processo è rimasto lo stesso: parte tutto da un riff di chitarra, e quando mi siedo a suonare è come tornare agli inizi, per quanto ora sia tutto molto più strutturato.

I CAMBI DI CANTANTI HANNO INFLUITO IN QUALCHE MODO SUL SONGRWITING?
– Sicuramente c’è qualche differenza dovuto al contributo che ciascuno di loro può dare: ad esempio con Alissa abbiamo sperimentato in qualche occasione anche il cantato pulito, ma per il resto direi che il processo è rimasto grossomodo lo stesso, anche perchè la musica la scriviamo in genere io e Daniel Erlandsson (batterista, ndr); questo, al netto della crescita naturale che auspicabilmente abbiamo avuto come musicisti.

IN QUESTO DISCO AVETE SPERIMENTATO UN PO’ DI PIU’ RISPETTO AL SOLITO…
– Sì, ammiro molto le band che hanno la capacità di mantenere sempre lo stesso sound suonando fresche, ma per quanto ci riguarda abbiamo bisogno di metterci alla prova a livello creativo ogni volta, dato che suoniamo prima di tutto per noi stessi.
Poi certamente si tratta di aggiungere dei dettagli e rivedere delle sfumature, non certamente di cambiare completamente il genere di musica che suoniamo.

QUAL E’ IL DISCO DI CUI SEI PIU’ FIERO? E COME SCEGLIETE LA SETLIST PER I CONCERTI?
– (Ci pensa, ndr) sono affezionato a tutti i miei album dato che è come se fossero i miei figli, anche se guardando in retrospettiva qualcuno trovo sia venuto bene dall’inizio alla fine mentre altri invece mi soddisfano a metà, ma mi è davvero impossibile scegliere.
Per gli show dal vivo non è facile scegliere la setlist: penso gli Iron Maiden facciano bene a scegliere un tema per ogni tour così da poter concentrare la scaletta su un determinato periodo, mentre per quanto ci riguarda molta gente che viene a vederci probabilmente è lì per la prima volta e ci ha conosciuto nell’ultimo decennio, quindi siamo in qualche modo ‘costretti’ a pescare in quel periodo.
Poi certamente ci sono anche alcuni fan che ci hanno visto tipo dieci/quindici volte, e ovviamente ne siamo felicissimi, ma in generale è sempre un argomento molto dibattuto tra noi, quello della scelta dei pezzi da mettere in scaletta, cercando anche di mantenere le dinamiche dello show in modo da offrire il miglior spettacolo possibile.

L’ANNO PROSSIMO RICORRE IL TRENTESIMO ANNIVERSARIO DEL VOSTRO DEBUTTO…
– Sì, ora come ora siamo concentrati sulla promozione del nuovo disco, ma l’anno prossimo potrebbe essere l’occasione per suonare qualcosa dei vecchi pezzi e magari riportare sul palco alcuni vecchi membri della band.
Qualche anno fa, prima della pandemia, abbiamo fatto una decina di date in Giappone con i Black Earth, un progetto insieme al nostro vecchio cantante Johann Liiva e mio fratello alla chitarra, ed è stato divertente, anche se per quanto mi riguarda la nostalgia è qualcosa da prendere a piccole dosi per evitare di restarne invischiati.

POTRESTE FARE UNO SHOW SPECIALE CON TRE CANTANTI COME GLI HELLOWEEN…
– Sì, ho visto gli Helloween con la formazione a tre cantanti ed è stato davvero figo vedere Deris, Kiske ed Hansen insieme. Nel nostro caso non sarebbe semplice, ma mai dire mai.

COME AVETE SCELTO LA COVER DI “VIVRE LIBRE” DEI BLASPHEME?
– E’ un pezzo poco noto credo per i nostri fan, ma ho tutti i loro dischi a casa in vinile e in particolare sono molto affezionato al loro secondo album “Desyr De Vampyr” del 1985. L’ho fatto sentire ai ragazzi della band e l’idea di farne una cover è piaciuta a tutti, dato che in genere ne registriamo qualcuna da mettere come bonus track nell’edizione speciale del disco.
Una volta sentita la registrazione, però, ci siamo guardati e detti che sarebbe stato un vero peccato non metterla nella tracklist regolare dell’album, anche perchè credo aggiunga qualcosa all’atmosfera del disco.

HAI AVUTO CONTATTI CON LORO?
– Io personalmente no, ma un tuo collega francese mi ha detto di aver parlato con il loro bassista e che erano molto contenti della scelta, anche se non avevano ancora sentito la nostra versione: spero non cambino idea dopo l’ascolto (risate, ndr), ma immagino possa fare loro piacere.

NEL VOSTRO ULTIMO SHOW A MILANO AVETE AVUTO UN PROBLEMA CON LE LUCI…
– Sì, me lo ricordo bene! E’ la prima volta che ci è capitato in questo tour e credo fosse dovuto ad un problema all’impianto elettrico del locale, per cui abbiamo dovuto fermare lo show per più di venti minuti. Alla fine abbiamo suonato quasi ‘al lume di candela’ ed in qualche modo è stata una serata che non ci dimenticheremo facilmente, dato che la mente umana tende a memorizzare l’unica volta in cui ci sono stati degli imprevisti e non le altre novantanove in cui tutto procede come da copione.
Ad ogni modo torneremo a Milano ad ottobre (con Amorphis, Eluveitie e Gatecreeper, ndr), quindi tocchiamo ferro che stavolta vada tutto bene (risate, ndr)!

QUAL E’ LA COSA PIU’ IMBARAZZANTE CHE VI E’ CAPITATA IN TOUR?
– Gli imprevisti capitano spesso, dal cadere sul palco al fatto di sbagliare il riff di una canzone, ma direi niente di così clamoroso. Ad ogni modo ogni volta che mi capita di fare un errore penso che quanto meno così la gente ha la certezza che stiamo suonando dal vivo e non per finta (risate, ndr).

DOPO TRENT’ANNI DI VITA ON THE ROAD COME TROVI LA CARICA PRIMA DI UNO SHOW?
– Tutta la routine è costruita intorno al momento in cui salirai sul palco, quindi in genere cerco di non essere troppo pigro al momento in cui mi sveglio, ma al tempo stesso di conservare le energie durante gli eventi prima dello show (il soundcheck, interviste o i meeting con i fan, etc.) e suonare un po’ la chitarra per tenermi riscaldato e in allenamento, così da arrivare alla sera il più carico possibile.
Dopo lo show invece al massimo mi concedo un paio di birre, ma non di più per poter essere in forma la mattina dopo quando si riparte da capo. In tutto ciò ovviamente è bello vedere gli amici del posto e poter girare il mondo, ma sempre tenendo lo show al centro di tutto.

COME AVETE TROVATO IL VOSTRO NUOVO CHITARRISTA JOEY?
– E’ in qualche modo uno di famiglia, dato che mio fratello è stato per un po’ il suo maestro di chitarra tanti anni fa, e poi hanno suonato insieme nella band di mio fratello quando era negli Stati Uniti. Joey aveva poi già suonato con noi per un paio di date nel 2018 quando Jeff non era disponibile e conosce tutte le nostre canzoni, quindi nel momento in cui abbiamo avuto la necessità di cercare un nuovo chitarrista ci è venuto naturale pensare a lui, e devo dire che per ora le cose stanno andando alla grande.

TUO FRATELLO CHRISTOPHER DOPO AVER LASCIATO I DARK TRANQUILLITY HA ALTRI PROGETTI?
– Non so onestamente al momento cosa stia facendo: di sicuro sta suonando tanto e ha ripreso a dare lezioni di chitarra, ma al momento non mi risulta stia suonando con una band.

COSA NE PENSI DELLA REUNION DEI NEVERMORE?
– Me ne aveva parlato Jeff e sono contento per loro. Personalmente ho conosciuto Warrel Dane (il cantante scomparso nel 2017, ndr) credo nel 1994 e ho avuto modo di sentire i loro primissimi demo su cassetta, dopodiché siamo stati spesso in tour insieme, e così nel 1999 ho conosciuto Jeff Loomis.
Warrel aveva una tonalità veramente particolare e credo non sarà facile sostituirlo, anche perchè era l’anima lirica della band, ma ovviamente auguro loro il meglio e sono curioso di sentire cosa uscirà da questa reunion.

E’ STATA QUESTA LA CAUSA DELLA SUA USCITA?
– In realtà le motivazioni all’epoca della sua uscita erano più di natura personale, della serie ‘vorrei passare più tempo a casa’, ma forse alla fine ha prevalso la voglia di tornare on the road. Siamo ancora in contatto comunque e ci scambiamo messaggi più o meno ogni settimana, dato che eravamo amici prima che entrasse nella band e a maggior ragione lo siamo ora dopo tutti questi anni passati insieme.

VEDREMO MAI DEGLI OSPITI SU UN DISCO DEGLI ARCH ENEMY?
– So che il fatto di collaborare con degli ospiti è qualcosa di popolare al giorno d’oggi, ed immagino che nell’era dello streaming sia utile anche per potenziare l’algoritmo unendo differenti fan base, ma per quanto mi riguarda non è una priorità, dato che tutte le band con cui sono cresciuto (dagli Iron Maiden ai Judas Priest) non lo hanno mai fatto.
Per me la musica è qualcosa prima di tutto personale, e anche quando mi è capitato in passato di collaborare con altri artisti come ospite per un assolo l’ho fatto per la stima nei confronti dell’altra persona e non certo per soldi, non avendo mai chiesto nulla in cambio.
Con gli Arch Enemy non ci è mai successo, ma nel caso dovrebbe essere qualcosa nato da un desiderio artistico di creare qualcosa di unico, non certo per soddisfare un algoritmo.

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