Evoluzione e ricorrenza si alternano con maestosa epicità tra i solchi del nuovo “The Luciferian Crown”, quarto album dei finlandesi destinato a diventare un nuovo classico nel giro di poco tempo. Efferrati e decisi, gli Archgoat racchiudono nell’immagine dannata del chitarrista Ritual Butcherer l’emblema artistico del maligno messo in musica, realizzando un lavoro che trasforma un percorso interno e spirituale di ricerca e perdizione, in un assalto black metal senza compromessi, pretesto iniziale con cui affrontare un vasto discorso generale comprendente molti degli aspetti che costituiscono il carattere blasfemo e bestiale degli Archgoat. Senza molti fronzoli e formalità, ma ispirato e partecipe, così il mastermind della band ha risposto alle nostre domande..
“THE LUCIFERIAN CROWN” È IL NUOVO, QUARTO ALBUM DEGLI ARCHGOAT: COME VALUTI IL SUO RISULTATO ADESSO CHE È USCITO UFFICIALMENTE ED È STATO REGISTRATO DA UN PO’ DI TEMPO?
– Ogni album rappresenta un enorme passo in avanti per noi, il punto focale della nostra ricerca fino all’arrivo del prossimo passo, e così via. Abbiamo sempre pensato alla nostra musica con un certo metodo, ma come si può vedere con questa release, ci sono alcuni cambiamenti ‘controllati’, del tutto voluti questa volta. Non mi sentirei di dire affatto che siamo adesso allo zenith della nostra evoluzione, e vedere come una sfida cercare di superare quanto fatto con il nuovo materiale. Mi sembra invece che siamo riusciti nella nostra missione, mantenere i tradizionali elementi degli Archgoat nella nostra musica, ma soprattutto, di aver esteso il nostro concetto secondo i parametri che volevo. In questo preciso momento, questo album rappresenta per noi il centro delle nostre attenzioni, ma con il miracolo del tempo e con le nuove canzoni il nostro focus si sposterà in maniera naturale da “Luciferian Crown” a, semplicemente, ‘il nuovo album degli Archgoat’ senza pressioni.
TI VA DI SPIEGARCI LA FILOSOFIA DIETRO IL NUOVO ALBUM? CHE COSA VI HA ISPIRATO NELLA SCRITTURA DEI BRANI?
– Per quanto riguarda l’aspetto lirico, posso affermare con assoluta certezza che questo lavoro riguarda molto più approfonditamente lo sviluppo dello Spirito verso la Luce di Lucifero, rispetto ai capitoli precedenti. Così come il mio percorso si è evoluto, e continua costantemente a farlo, così anche i testi delle nuove canzoni, e penso soprattutto a “The Obsidian Flame (From My Depths)” e “I Am Lucifer’s Temple”, mostrano questo cambio di passo: si tratta di esperienze ed interpretazioni molto personali di come vedo ed intendo la filosofia occulta, e di dove mi ha portato fino ad oggi. Il mio percorso in questa direzione è cambiato molte volte nel tempo, così come la mia percezione di ciò che è Satana: all’inizio del mio viaggio, veneravo una forza cosmica che era esterna a me, ma di cui potevo sentire la forza ed il fuoco all’interno; nel corso degli anni questo fuoco è andato via via crescendo, fino a raggiungere il mio momento di illuminazione suprema quando, ormai completamente arso da questa forza, si è trasmutata in una potenza dalla duplice valenza: un fuoco esterno, il cui raggiungimento ha rappresentato la mia sfida erculea negli anni a venire, ed una interna, corrispondente a quello che molti chiamano l’Albero della Conoscenza. Per quanto mi riguarda, credo sia impossibile suonare black metal non ispirati dalla fede satanica, poiché essa rappresenta la più alta forma di filosofia e spiritualità mai esistita in musica. Se non si possiede la forza e la giusta conoscenza del Maligno, come si può pensare di cantarne la grandezza ed il potere in modo credibile? È impossibile.
IN COSA “THE LUCIFERIAN CROWN” SI AVVICINA AL PRECEDENTE “THE APOCALYPTIC TRIUMPHATOR” E IN COSA INVECE È DIVERSO DA ESSO?
– Ecco, diciamo che più o meno tutti i nostri album possono considerarsi come dei ‘sequel’ del precedente, contenendo infatti lo stesso DNA, la stessa formula e filosofia del suo predecessore. Il focus di ogni album può variare, a volte non poco, nei dettagli, ma mai lo farà nella sua più ampia ed essenziale cornice. “The Apocalyptic Triumphator” era probabilmente più incentrato sulla dissacrazione del percorso della Mano Destra e delle sue implicazioni, mentre “The Luciferian Crown” descrive il percorso verso la Mano Sinistra, i rituali e la devozione per il Luciferianesimo. Potrei aggiungere che il nuovo LP mostra una sguardo più profondo sulla mia personale visione della Santità, mentre “The Apocalyptic Triumphator” incarnava da vicino la visione che ho del mondo per quello che realmente è. Se si osserva i testi delle nuove canzoni infatti, si potrà capire quanto personali siano le considerazioni in esse contenute.
A LIVELLO TEMATICO, QUALE CONNESSIONE HANNO I TESTI TRA DI LORO, E COME VENGONO UNITI POI ALLA MUSICA?
– Per avere un quadro davvero completo in merito a questo credo ci sia un’unica soluzione, e cioè quella di leggere con attenzione e sviscerare ogni significato possibile dei testi contenuti nei nostri brani.
COME VI RAPPORTATE IN GENERE DURANTE LA COMPOSIZIONE DEL NUOVO MATERIALE? CHI SCRIVE LA MUSICA ED I TESTI DEGLI ARCHGOAT?
– Sin dai tempi di “Heavenly Vulva”, sono io ad occuparmi dell’oneroso fardello della musica e dei testi all’interno della band. Lo stato mentale necessario a creare nuova musica varia di volta in volta, così come l’equilibrio tra le varie componenti del nostro sound. In genere, mi approccio alla composizione suonando la chitarra senza particolari pretese, fino a che non raggiungo una bozza convincente e per me entusiasmante su cui inizio a lavorare con più meticolosità ed attenzione. A questo punto, partendo dallo spunto iniziale, mi costruisco mentalmente una struttura virtuale che renda al massimo la mia idea originaria, muovendomi quindi poi in quella direzione anche nel concreto. Talvolta, naturalmente, le mie evoluzioni posso seguire delle deviazioni rispetto alle idee iniziali, ma vedo questo processo come qualcosa di positivo, che aggiunge e migliora la resa della canzone.
CHE INFLUENZA HA PER VOI LA NATURALE FRATELLANZA CHE LEGA I DUE MEMBRI STORICI DEGLI ARCHGOAT?
– Assolutamente nessuna. Abbiamo oggi quasi quarantacinque anni, ed è davvero molto tempo ormai che non condividiamo più lo stesso ventre di nostra madre come facevamo prima di nascere! Ognuno di noi cammina sulle proprie gambe, se capisci cosa intendo, e all’interno del gruppo abbiamo momenti di disputa così come di armonia, come credo succeda all’interno di ogni band o quasi.
L’EFFIGIE DELL’ALBUM È UN NUOVO CAPOLAVORO DI CHRISTOPHE MOYEN, ARTISTA CON CUI COLLABORATE SIN DAGLI ALBORI. CHE IMPORTANZA HA IL SUO STILE PER GLI ARCHGOAT, E COME DEVE ESSERE INTERPRETATA L’IMMAGINE DELLA COPERTINA?
– La nostra cooperazione con Chris è iniziata ai primordi, quando vedemmo la cover che realizzò per i Goatlord: era così differente e particolare rispetto alle copertine dell’epoca, e sentivamo che il suo tocco sarebbe stato perfetto per esprimere in immagini la nostra musica. Così lo contattammo per posta, ed è così che è iniziato tutto. Nel 1993, ai tempi del primo lavoro insieme, abbiamo mandato a Moyen una lista molto dettagliata degli elementi che sarebbero dovuti apparire in copertina, riadattati poi egregiamente da lui in fase di creazione. A causa di tempistiche abbastanza strette e senza l’aiuto di Internet, dovemmo fare un totale atto di fiducia nei suoi confronti e stampare “Angelcunt” senza aver prima visionato il risultato finale. Naturalmente, si trattò di un’opera d’arte assoluta, eccetto che per un piccolo particolare: secondo la tradizione finnica, l’angelo raffigurato avrebbe dovuto avere sembianze femminili mentre per Chris, essendo francese, doveva trattarsi di un maschio, finendo per avere in copertina un angelo con degli errati attributi sessuali! Storia educativa e divertente! Apparte gli scherzi, sono solito mandare da allora degli sketch molto dettagliati di ciò che ho in testa, lasciandogli il tempo di elaborare differenti bozze su cui lavorare: credo che sia questo a rendere così personali le nostre copertine, poiché il concetto di fondo deriva sempre e direttamente da noi, ma essendo Chris un grandissimo artista, se ne esce sempre fuori con idee spettacolari da poter aggiungere e sa sempre di cosa necessita una cover degli Archgoat per essere perfetta. Questo è qualcosa che ha grande valore per me. Solo una volta ha realizzato un lavoro senza partire da nostri sketch, ai tempi di “Whore Of Bethlehem”: in quel caso, gli mandai i testi delle canzoni chiedendogli di creare una forma artistica che racchiudesse tutto ciò di cui parlava l’album. Il risultato fu anche in quel caso grandioso.
E’ LA PRIMA VOLTA DAL VOSTRO RITORNO NEL 2004, CHE LA BATTERIA NON È STATA REGISTRATA E SUONATA DA SINISTERROR ED AFFIDATA INVECE AL NUOVO ENTRATO GOAT AGGRESSOR: CHE COSA È SUCCESSO CON IL VECCHIO BATTERISTA E COME SIETE ARRIVATI INVECE A LUI?
– Sinisterror è stato cacciato a calci nel culo per motivi non musicali. In realtà, Goat Aggressor ha registrato il 7’’ “Eternal Damnation Of Christ” che abbiamo rilasciato nel corso del nostro ultimo tour europeo l’anno scorso, quindi siamo andati sul sicuro nel momento di registrare “The Luciferian Crown”. Siamo entrati in contatto con lui ed abbiamo subito fatto delle prove di rodaggio dove siamo rimasti colpiti dalla sua disponibilità come persona e dalla sua grande professionalità come musicista, rendendo ovvia da subito la decisione di prenderlo ufficialmente a bordo negli Archgoat.
CHE IMPORTANZA HA PER VOI LA DIMENSIONE LIVE? PREFERITE ESPRIMERE IL VOSTRO RITUALE DI BRUTALITÀ PIÙ SUL PALCO O IN STUDIO?
– Vivo nella ferma convinzione della regola ‘metti in pratica quel che predichi’, e da predicatore del Luciferianesimo, è particolarmente importante per me stare su un palco di fronte ad una folla e permettere loro di entrare in contatto con questa Forza tramite la nostra musica. Non farei sicuramente parte della band, se essa non prevedesse live show. Non mi piace nemmeno il lavoro in studio e le nostre registrazioni sono sempre delle intense live sessions, invece che delle pippe da studio dove non fai altro che suonare il tuo strumento fuori da qualsiasi contesto ancora ed ancora! Quel che senti nei nostri dischi invece, viene da una sola ed unica take dove registriamo circa sei pezzi ed una seconda take che include le altre tre canzoni rimanenti. Non ci serve altro.
SARETE TRA POCO IMPEGNATI CON MARDUK E VALKIRJA PER UN TOUR EUROPEO NEL MESE DI DICEMBRE: CHE RAPPORTO AVETE CON LE ALTRE BAND DEL TOUR?
– Abbiamo già affrontato tre tour insieme ai Valkirja in passato, ed altri due ci aspettano nel prossimo futuro, quindi possiamo considerarci davvero come dei fratelli ormai con quei ragazzi, sia sopra che sotto il palco. Condividiamo fra l’altro una grande passione per le birre artigianali con loro, ed è sempre bello avere dei compagni con cui fare razzie nelle varie birrerie che incontriamo quando ci spostiamo.
DA PADRI FONDATORI DEL BLACK METAL PIÙ PRIMITIVO E BARBARO, CHE GIUDIZIO AVETE SULLA GRANDE ATTIVITÀ UNDERGROUND CHE QUESTO GENERE DIMOSTRA OGGI?
– Ancora oggi, il giusto spirito e la giusta predisposizione vivono nel cuore e nella musica di alcuni, ma posso assicurarti che la ‘scena’, intesa come un grande scenario di massa, si muove molto lontano dalla magia dei vecchi tempi. Ma non fraintendermi, in realtà già dalla fine degli anni ’80 ed i primi anni ’90, dovevi fare i conti con una gran parte di persone che si approcciavano al genere per cause effimere o sbagliate, entrando ed uscendo dal circuito senza reale interesse, ma obbiettivamente il volume era diverso e non ha accennato a diminuire se non dalla seconda metà degli anni ’90. Solo per dire che il Male dimora ancora nelle gesta artistiche di un ristretto ma agguerrito insieme di persone, oggi più forte che mai.