Ci sono angoli della terra che sembrano imbevuti fino al midollo di storia antica, echi polverosi e leggende: è una linfa che filtra prepotentemente anche nei paesaggi naturali che si sono sviluppati in questi luoghi, ammantandoli di sacralità e nostalgico raccoglimento. Sono la culla perfetta per le sonorità più pesanti, dilatate e (quasi) mistiche della nostra musica preferita, e gli Arð non sono certo un’eccezione: il progetto solista di Mark Deeks dei Winterfylleth è infatti meravigliosamente, tenacemente aggrappato alla propria terra d’origine, la Northumbria, situata a Nord-Ovest del Regno Unito. “Take Up My Bones”, primo capitolo uscito all’inizio di quest’anno, è infatti un meraviglioso viaggio tra funeral doom, epicità, canti monastici e reliquie di santi, che comincia nell’abbazia di Lindisfarne e finisce nelle pieghe dei secoli. Stregati da questo piccolo gioiellino intarsiato di monasteri medievali e pagine incartapecorite, abbiamo raggiunto il musicista inglese per una chiacchierata che tocca boschi, coste, un mai sopito amore per la musica rallentata e i misteri intorno alle ossa di San Cutberto. Buona lettura!
CIAO E BENVENUTO SU METALITALIA.COM. PER COMINCIARE, SEMBRA CHE SIA CENTRALE, NEL COSTRUIRE L’IDENTITÀ DELLA BAND, L’IMPORTANZA GEOGRAFICA E STORICA DELLA REGIONE DELLA NORTHUMBRIA E DI LINDISFARNE: PUOI DIRCI QUALCOSA DI PIÙ, PARTENDO DAL NOME SCELTO PER IL GRUPPO, ‘ARÐ’?
– Mi è sempre interessato vedere come i musicisti rappresentino il proprio luogo di origine. Credo aggiunga qualcosa in più di intangibile. La parola ‘Arð’ significa ‘terra natìa’ nell’antico dialetto della Northumbria. Sapevo di volere che la band fosse immersa nella storia, nelle leggende e nella cultura della regione, e quello sembrava davvero il nome perfetto.
HO SEMPRE PENSATO CHE LA STORIA MEDIEVALE, SPECIALMENTE QUELLA BRITANNICA, FOSSE UNA BELLA FONTE D’ISPIRAZIONE PER LA MUSICA DOOM. TU HAI SCELTO DI ANDARE A FONDO TRA QUELLE PAGINE, APPUNTANDO LE TEMATICHE DI “TAKE UP MY BONES” ATTORNO ALLA FIGURA DI SAN CUTBERTO, LE SUE OSSA COME RELIQUIA E IL VIAGGIO CHE HANNO COMPIUTO ATTRAVERSO LE EPOCHE STORICHE. PUOI RACCONTARCI QUALCOSA DI PIÙ SUL CONCEPT, SULLE SUE ORIGINI E SUL MODO IN CUI HAI ADATTATO LA STORIA ALLA TUA MUSICA?
– San Cutberto è stato un vescovo, un eremita e un guaritore dell’Isola Sacra di Lindisfarne nella seconda metà del VII secolo. La storia vuole che abbia avuto, poco prima di morire, una premonizione a riguardo: le sue spoglie sarebbero state oggetto di divisione tra i suoi fedeli, e questo lo preoccupò a tal punto che diede istruzioni di “prendere le ossa e portarle via da qui” per evitare contrasti. Morì l’anno successivo e fu in quel momento che attorno alle sue ossa si sviluppò la leggenda. Per esempio, nel corso dei secoli la sua bara è stata aperta numerose volte, eppure il suo corpo fu sempre rinvenuto intatto; questo è stato preso come un segnale di santità. Un secolo dopo la sua morte, ci fu la prima invasione vichinga proprio nei pressi di Lindisfarne; questo costrinse i monaci a decidere di lasciare l’isola portando con sé quanto di più prezioso possedevano, e ciò includeva le ossa di Cutberto. Per circa duecento anni si sono spostati di luogo in luogo portandole con loro, proteggendole come un tesoro e questo ha dato origine a molte leggende. “Take Up My Bones” racconta questa storia.
“TAKE UP MY BONES” È APPUNTO UN VIAGGIO MERAVIGLIOSO NELL’ANTICHITÀ, SIA PER TEMATICHE CHE PER LA MUSICA: HAI TROVATO IL MODO IDEALE DI MESCOLARE LA PESANTEZZA DEI RIFF DOOM, SONORITÀ EPICHE E CANTI MONASTICI. QUANDO HAI COMINCIATO A SCRIVERE LA MUSICA AVEVI GIÀ QUESTO TIPO DI IDEE O È STATO QUALCOSA CHE SI È EVOLUTO DURANTE IL PROCESSO COMPOSITIVO?
– Come molti sanno, sono prima di tutto un pianista (nonostante nell’album abbia cantato, suonato le chitarre e il basso) e la musica per questo album ha preso vita mentre ero al piano, che è lo strumento con il quale mi sento più a mio agio. All’inizio intendevo focalizzarmi molto di più sulle atmosfere che volevo creare e non tanto sulla musica in sé – e gruppi come Tenhi e Kauan mi hanno influenzato in questo senso. Ma, appena il materiale a cui stavo lavorando ha preso un po’ forma, il mio amore per band come Funeral, Mourning Beloveth e Shape Of Despair ha cominciato a filtrare nel mio lavoro, finchè il mix che ne è scaturito mi ha colpito nel profondo, e ne sono stato davvero contento. In sostanza, mi piace moltissimo la musica lenta di vari generi, e l’aspetto che li accomuna è proprio questa ‘pesantezza’ di fondo. Volevo che gli inni degli Arð avessero un impatto simile.
COME HAI LAVORATO ALLE FASI DI REGISTRAZIONE E DI MIXAGGIO? HAI SCRITTO TUTTE LE PARTI STRUMENTALI E VOCALI SCEGLIENDO SUCCESSIVAMENTE I MUSICISTI OSPITI O È STATO PIÙ UN PROCESSO COLLETTIVO?
– Questo in verità è piuttosto un solo project, e quindi ho scritto praticamente tutto da solo. Dan (Capp, ndr) dei Wolcensmen, che suona la maggior parte delle chitarre principali, mi ha aiutato con i cori e ha contribuito ad alcune delle linee di chitarra, ma a parte questo Arð è stata la mia valvola di sfogo personale e un modo per lasciar fluire liberamente la mia creatività. Ci sono davvero tanti, tanti livelli in questa musica, quindi le registrazioni sono state assai intense, perché avevamo una settimana sola per svolgere questa fase e quella del mixaggio. Per fortuna ho potuto registrare in anticipo le linee finali di piano e tastiera a casa mia in modo da recuperare un po’ di tempo utile; in più, i musicisti ospiti erano stati adeguatamente preparati, così è andato tutto secondo i piani.
UNA DELLE PARTI PIÙ EVOCATIVE E D’IMPATTO È PROPRIO L’USO DEI CORI: GRAZIE A LORO LA MUSICA SEMBRA RISUONARE IN UNA CATTEDRALE, CREANDO UN ULTERIORE, MAGNIFICO PONTE TRA LA MUSICA E LA STORIA. PER ARRANGIARLI HAI FATTO DELLE RICERCHE SPECIFICHE PROPRIO NELLA MUSICA CORALE MONASTICA (MAGARI PROPRIO A LINDISFARNE) OPPURE HAI USATO ALTRI MODELLI DI RIFERIMENTO?
– Mi piacerebbe davvero dirti di aver scoperto chissà quali antichi canti monastici, ma purtroppo no, è tutta farina del mio sacco. Ho insegnato e arrangiato per alcuni cori per circa venticinque anni, e per questo le armonie vocali sono per me una comfort zone quasi come il pianoforte; sapevo quindi per certo che avrebbero rivestito una parte centrale nel sound di questo album. Se anche come Arð non dovessi rimanere sempre ancorato al tema monacale, sicuramente non mi allontanerei mai, tematicamente parlando, dal vecchio Regno di Northumbria: questo modo di scrivere le parti cantate però mi aiuterà, spero, nel rendere sempre autentico il carattere delle mie canzoni.
APPREZZO MOLTO COME HAI DECLINATO UN CERTO MODO DI SUONARE FUNERAL DOOM, ARRICCHENDOLO CON RIFF EPICI E ATMOSFERE EVOCATIVE: ANCHE QUESTO ERA COMPRESO NELLA VISIONE PRIMARIA DI QUANDO HAI COMINCIATO QUESTO PROGETTO?
– Come dicevo prima, la musica si è evoluta come un amalgama della mia passione per la musica lenta di molti tipi. Il mio modo di scrivere comprende anche una parte di improvvisazione: quando l’occasione o l’umore è quello giusto registro qualcosa e la inserisco in una sorta di catalogo, poi quando è il momento di scrivere un pezzo lo esploro, prendendo gli elementi che ritengo debbano essere sviluppati e li lavoro rendendoli una traccia coerente; questo vuol dire che quindi in una canzone possano esserci elementi composti in periodi o mesi differenti. Piano piano ho composto una demo dell’album intero, chiedendo qualche volta a Dan di contribuire con alcune linee di chitarra, però la mia priorità è sempre rimasta quella di creare l’atmosfera giusta.
IN CHE MODO LA TUA VITA QUOTIDIANA, IL POSTO IN CUI VIVI O DA CUI PROVIENI INFLUENZA LA MUSICA CHE SUONI (SE EFFETTIVAMENTE SUCCEDE)?
– Come le persone che non provengono dalla parte nord-occidentale dell’Inghilterra hanno imparato a conoscere, noi che ci abitiamo siamo molto entusiasti delle nostre origini. Geograficamente è il posto perfetto in cui vivere – posso arrivare a piedi in una bellissima spiaggia in pochi minuti, ed in soli dieci minuti di guida posso ritrovarmi in una campagna rigogliosa. Quella della Northumbria è una delle più incredibili tra le coste inglesi, ma ci sono anche delle enormi, bellissime aree rurali che sono scarsamente abitate. Una volta che a questo aggiungi dei castelli spettacolari come quello di Bamburgh e Alnwick, una storia, cultura e tradizioni ricchissime, realizzerai come sia davvero impossibile non essere influenzati da questo territorio.
QUANTO PRODOTTO CON GLI ARÐ PUÒ ESSERE OVVIAMENTE ACCOSTATO CON LA MUSICA DELLA TUA BAND PRINCIPALE, I WINTERFYLLETH. IN CHE MODO SONO SIMILI ED AL TEMPO STESSO DIVERSI I DUE PERCORSI?
– Questa è una domanda interessante. Credo che, di fondo, ci sia l’intento comune di trattare la nostra storia e le nostre origini con rispetto e reverenza, dimostrando come spesso ci sia molto che possiamo imparare dal modo con cui i nostri antenati si sono comportati. Credo che un altro punto condiviso sia come entrambi i gruppi portino le persone a guardare il passato in maniera diversa rispetto a come ci è sempre stato insegnato, cambiando magari prospettiva.
Non credo ci sia molto in comune a livello musicale, se non forse qualche piccola somiglianza con le voci pulite che usiamo nei Winterfylleth. Forse altri potranno notare altri punti di contatto, non so.
HAI MAI PENSATO DI SUONARE LIVE, CON GLI ARÐ? SAREBBE BELLO – MAGARI IN QUALCHE CHIESA ABBANDONATA O LOCATION SIMILI – MA VOLEVO SAPERE SE HAI MAI PRESO IN CONSIDERAZIONE QUESTA EVENTUALITÀ.
– Sono molto sorpreso dal fatto che questa domanda sia diventata da subito molto comune, per questo progetto. Chiunque abbia mai ascoltato quanto suonato con Arð sarà in grado di dire che la musica all’inizio non ha avuto la priorità di essere suonata live – il livello di interconnessione tra i singoli livelli dice chiaramente che la musica è stata creata e pensata come progetto in studio. Detto questo, sebbene per ora non abbia intenzione di intraprendere alcun tipo di tour, se si dovesse presentare l’occasione adatta, con la giusta atmosfera e le giuste impostazioni, c’è la possibilità che gli inni degli Arð vengano portati su un palco.