ARKONA – Il Ragnarök è già qui

Pubblicato il 14/07/2023 da

Quando – circa due mesi fa – sono arrivati in redazione il promo di “Kob’” e la disponibilità della band a rilasciare interviste abbiamo immediatamente deciso di cogliere al volo la possibilità di girare a Masha ‘Scream’ (al secolo Maria Arkhipova) qualche domanda. La talentuosa cantante e unica songwriter degli Arkona è infatti la leader indiscussa del gruppo, cuore pulsante di una creatura dalle caratteristiche uniche nel panorama del pagan metal mondiale.
Naturalmente si è parlato molto dell’ultimo lavoro – che non era ancora stato rilasciato alla data dell’intervista – e del mutato approccio alla musica che ha portato con sé, purtroppo senza riuscire a convincerci fino in fondo (ma questa questione è stata già sviluppata in ambito di recensione).
Al contrario, abbiamo preferito evitare riferimenti diretti alla guerra in Ucraina – in merito alla quale la band si è espressa molto chiaramente sui propri canali social – e alle questioni strettamente familiari (Masha è sposata con il chitarrista della band, Sergey Atrashkevich, con il quale ha due bambini), lasciandole la possibilità di aprirsi su temi personali nella misura ritenuta più opportuna. Ed è un fiume in piena la grintosa frontwoman russa, tanto riservata quanto appassionata e disponibile a spiegare cosa c’è dietro a “Kob’” e più in generale alla sua visione della musica e del mondo.

DOPO DUE ANNI DI ATTESA STA FINALMENTE PER USCIRE IL VOSTRO NUOVO ALBUM, “KOB”. È CAMBIATO IL MODO NEL QUALE LO PERCEPITE? CHE EFFETTO FA ESSERE TORNATI?
– Beh, i miei sentimenti ed emozioni verso questo lavoro sono gli stessi provati durante la scrittura del disco. Essendo la sola ad occuparmi del songwriting la versione finale di ogni canzone è – fin nei suoi minimi dettagli – ben chiara nella mia testa già prima di avere il risultato finale tra le mani. Naturalmente si tratta, per quel che mi riguarda, della nostra creazione più oscura, infatti ho cercato di trasmettere un sentimento di apocalisse incombente in tutti gli elementi dell’album, dalla musica all’artwork. Per adesso sono stata ‘investita’ dalla strana e quasi fosca sensazione di aver completato qualcosa di estremamente lungo ed importante, sul quale eravamo da tanto tempo: l’impressione è quella di aver chiuso un capitolo, ed è qualcosa che mi crea una certa inquietudine interiore.

“KOB’” È STATO DESCRITTO COME UNA SPECIE DI DISCESA NEGLI INFERI O IN UN ABISSO OSCURO: SI TRATTA IMMAGINO DI UN VIAGGIO METAFORICO… VUOI DIRCI DI PIÙ A PROPOSITO DEI TESTI?
– Il concept del disco si basa sugli attuali accadimenti storici. Ciascun dramma dell’umanità è descritto nell’album ed elencato nell’ordine di urgenza. “Kob’” racconta infatti della graduale discesa dell’uomo lungo la strada per l’inferno (o l’abisso, o stato di totale annullamento). Si tratta di sei gradini, corrispondenti ad altrettanti brani (con la sola esclusione di intro ed outro, a fare da corollario).
“Izrechenie. Nachalo”(l’intro, ndR) riassume in breve il senso del disco, ovvero come la razza umana sia stata vinta da proprio’ ‘lato oscuro’, mentre “Kob’’” rappresenta il primo gradino della discesa negli abissi: il brano racconta di come l’uomo abbia resuscitato una forza maligna antica e da tempo dimenticata e di come ne sia finito anch’egli sopraffatto. “Ydi” è una canzone rituale che accompagna il trapasso dei deceduti nell’aldilà: ha anche un significato metaforico, perché ritengo che l’umanità sia, attualmente, morta da un punto di vista spirituale, benché fisicamente in vita. Per questo motivo l’apporto di A. Thanatos (musicista russo appartenente alla black metal band Thanatomass, ndR.) è stato così prezioso: il dio della morte che suona un assolo assolutamente cosmico nel cuore del pezzo!
Con “Ugasaya” scendiamo il terzo gradino: questo brano parla di una catastrofe ecologica, durante la quale gli elementi naturali insorgono per vendicarsi di tutto il male che gli esseri umani hanno inflitto a Madre Natura, scatenando fenomeni terribili per disfarsi dell’uomo. “Mor” tratta le piaghe che hanno hanno causato l’orribile morte di milioni di persone nel corso dei secoli, venendo poi all’attualità, ovvero alla creazione in laboratorio di una malattia che sta dominando il nostro contemporaneo, ennesimo passo che avvicina la specie umana al baratro. Il disco prosegue con “Na Zakate Bagrovogo Solntsa”, un pezzo molto personale che descrive i miei sentimenti nei confronti di questa assurda guerra malata, che mi ha privata di tutto. Arriviamo così al sesto gradino, quello finale: “Razryvaya Plot’ Ot Bezyskhodnosti Bytiya” ripercorre gli step precedenti e termina con una catastrofe nucleare, che segna la fine dell’uomo sul pianeta. Nonostante la situazione più che disperata però si ode una piccola voce che invita quella parte di umanità ancora in vita a correggere il proprio comportamento e salvarsi, prima che sia troppo tardi.
C’è ancora l’outro “Izrechenie. Iskhod”, che riassume l’intero disco e la condizione miserabile dell’uomo e l’annichilimento del mondo. Secondo la cosmogonia e la mia filosofia tutto ha una fine: l’uomo è nato dall’oscurità primordiale e lì deve tornare. Quella che stiamo vivendo attualmente è l’Apocalisse, il Ragnarök, o qualsiasi altro nome tu voglia dare a ciò che sta succedendo nel mondo, ed è di questo che tratta il nostro ultimo lavoro.

L’IMMAGINE DI COPERTINA SEMBRA ESSERE ALTAMENTE SIMBOLICA: CHI SONO LE FIGURE RITRATTE?
– Tutta la parte grafica e artistica dell’album, compresa l’impaginazione, è stata curata degli stessi ragazzi che si erano già occupati di “Khram”, il misterioso duo noto con il nome Rotten Fantom. Questa volta la nostra è stata una collaborazione molto stretta, abbiamo lavorato insieme su ogni dettaglio del booklet, anche se la copertina è stata disegnata da loro in autonomia, sulla base di ciò che il disco comunicava loro. E così come l’album è interpretabile su diversi livelli, lo stesso è possibile fare per l’immagine di copertina: sicuramente abbiamo una donna, ritratta ad età diverse, e ciascuna incarnazione rappresenta uno stadio di vita dell’umanità, dalla nascita alla morte. Gli artisti stessi hanno detto che si tratta della rappresentazione di un intero procedimento di stregoneria, perpetuato attraverso un incantesimo (in russo “Kob’”). Non volevano però darne un’immagine stereotipata con rane e calderoni, preferendo un’accezione più complessa ed allegorica. La donna al centro è la vecchia strega, le altre figure sono sempre sue rappresentazioni, entità nelle quali si trasforma e che, oltre a rappresentare l’autorità e la capacità di donare la vita, possono simboleggiare anche il percorso di una nazione, con tutto il dolore e la sofferenza che sempre accompagnano la Storia. Infine il serpente arrotolato su se stesso a cerchio (l’Ouroboro) simboleggia sia la stregoneria che la saggezza, oltre che il ciclo della vita.

IN QUESTO NUOVO DISCO L’ATMOSFERA È UN ASPETTO FONDAMENTALE E ANCHE LE TASTIERE SEMBRANO GIOCARE UN RUOLO IMPORTANTE. SI TRATTA DI UNA SCELTA INTENZIONALE?
– Non faccio mai nulla di deciso a tavolino: per prima cosa creo musica ed arrangiamenti secondo quello che sento, così può capitare che alcuni strumenti occupino talvolta uno spazio più rilevante, se è ciò che mi dice il mio intuito. In questo caso le tastiere e i sintetizzatori hanno avuto un ruolo chiave nel portare carattere e diversità nelle composizioni: le tastiere hanno sempre avuto una grande importanza nel nostro sound, soprattutto nei live, perché supportano molto il muro di suono, rendendolo più denso e ricco, compensando il fatto che abbiamo una sola chitarra nella line-up.
Ad ogni modo gli Arkona non hanno mai suonato esattamente uguali a loro stessi, abbiamo sempre cercato di introdurre elementi di novità in ogni disco, ad esempio negli arrangiamenti.

SONO PRESENTI ANCHE DIVERSI CAMPIONAMENTI PARLATI O RECITATI, DI CHI SONO QUELLE VOCI?
– Prima di rispondere alla domanda vorrei chiarire alcuni punti nel dettaglio: “Kob’” rappresenta in un certo senso una sfida, è un disco molto inusuale in termini di energia spesa a livello anche personale. Nel corso della sua scrittura sono stata quasi perseguitata da episodi strani – ma che hanno suscitato tutta la mia curiosità – i quali hanno di fatto influenzato le creazioni. Parlo delle cose più diverse: l’attualità, i film, lo studio approfondito di certe correnti filosofiche e anche l’incontro con persone particolari, tutto quanto ha contribuito alla creazione di questo lavoro, che è avvenuta ‘step by step’.
Io stessa sono riuscita a tirare le fila del discorso, dandogli un senso compiuto, solo quando mi sono trovata a scrivere il testo di “Razryvaya Plot’ Ot Bezyskhodnosti Bytiya”, l’ultima canzone del disco, ispirata alla trilogia del regista russo Konstantin Lopushansky, che fornisce la logica conclusione dell’intero concept. E dato che i suoi film si sono rivelati fondamentali, ho deciso di inserire frasi tratte dalle sue pellicole “Dead Man’s Letter” e “A Visitor To A Museum”, che narrano brevemente i temi descritti nei brani e completano il senso di apocalisse che vi aleggia. Queste frasi sono state legate agli incantesimi sussurrati, insieme ai quali formano il filo rosso che lega tutte le composizioni e accompagna l’umanità nell’abisso.

ABBIAMO LETTO CHE LA BATTERIA È STATA SUONATA DA UN MUSICISTA FRANCESE IN VESTE DI SESSIONIST. ALEXANDER SMIRNOV SI È QUINDI UNITO ALLA BAND IN UN SECONDO MOMENTO?
– Nel 2020 ci siamo separati da Andrey Ishchenko, il nostro batterista, a causa di divergenze personali e creative. In quel periodo ci stavamo occupando proprio delle parti di batteria del nuovo album, così abbiamo dovuto ricorrere all’aiuto di un sessionist, il francese Kevin Paradise; nonostante la distanza Kevin ha lavorato benissimo, portando anche una certa varietà della quale le composizioni hanno sicuramente beneficiato.
Alexander Smirnov si è unito alla band nell’anno seguente, quando le parti di batteria erano già pronte ed ultimate: ci serviva un batterista in grado di esibirsi dal vivo e infatti Alexander ha debuttato con la band qui in Russia, dove abbiamo tenuto un paio di concerti.

HAI FONDATO GLI ARKONA OLTRE VENT’ANNI FA E IN QUESTI DUE DECENNI SIETE CRESCIUTI MOLTISSIMO IN TERMINI DI POPOLARITA’, RAGGIUNGENDO TUTTO IL MONDO. VI CONSIDERI ANCORA PARTE DELLA SCENA METAL UNDERGROUND?
– Naturalmente eravamo e siamo sempre parte della scena metal underground. La nostra popolarità è senza dubbio aumentata, ma resta sempre entro i limiti della metal band ‘media’, specialmente tenendo in considerazione il nuovo lavoro, che musicalmente si discosta molto dalle nostre vecchie composizioni di matrice folk, più in linea con le richieste degli ascoltatori. Credo, in effetti, che “Kob’” ci farà arretrare ancora di più nelle buie profondità dell’industria musicale metal, in una dimensione ulteriormente underground.

AVETE SEMPRE AVUTO UNO STILE ED UN APPROCCIO UNICO, MOLTO DIVERSO DA QUELLO DELLE BAND PAGAN OCCIDENTALI. QUALI SONO LE TUE PRINCIPALI INFLUENZE? E CHE COSA ASCOLTI ULTIMAMENTE?
– Non mi concentro mai sul lavoro degli altri, anche se non sono affatto indifferente al black metal in generale. Nel complesso però i miei gusti sono molto vari e non si limitano al black metal, infatti amo stili diversi della musica metal, sia di vecchia scuola che cose più moderne. Ma non vorrei focalizzarmi sulle mie band preferite – che in ogni ogni caso si contano sulle dita di una mano – perché non sono loro l’ispirazione del mio lavoro, che fluisce e si crea in modo naturale, tanto che non saprei nemmeno dire a quale stile musicale appartengano gli Arkona di oggi.
Ascolto poca musica, ma proprio recentemente sono diventata la felice proprietaria di un giradischi e i primi vinili che ho acquistato sono stati “Levitation” degli Hawkwind e “The Piper At The Gates Of Dawn” dei Pink Floyd.

LA BAND HA BASE A MOSCA, MA VI HO SEMPRE IMMAGINATO MOLTO VICINI ALLA NATURA. COME PRESERVATE IL VOSTRO IO INTERIORE PAGANO ALL’INTERNO DELLA SOCIETA’ MODERNA?
– Considero me stessa un individuo antisociale, perché non mi sono mai sentita parte di nessuno strato della società. Ciascuno di questi ha sempre contraddetto i miei interessi, pensieri, la mia visione e più in generale la mia filosofia di vita, rigettandomi.
Vivo seguendo le mie regole di moralità, che sono molto diverse da quelle che normalmente governano la società di massa. Ho una casa in un piccolo paese dove trascorro la gran parte del mio tempo in solitudine. La natura, i boschi, comunicare con gli animali, sono le cose che mi curano e ricaricano dopo aver affrontato la vita pubblica, eventualità che – purtroppo – ogni tanto devo percorrere.
In ogni caso, essendo una persona chiusa ed indipendente, resisto ad ogni influenza della società, restando pura come un tessuto bianco. Ho una coscienza molto forte e il mio ‘io interiore’ non sarà mai distrutto da nessuno.

AVETE APPENA ANNUNCIATO UN TOUR EUROPEO DA CO-HEADLINER CON I BATUSHKA, IN PARTENZA A SETTEMBRE. AGGIUNGERETE ALTRE DATE? C’È QUALCHE POSSIBILITA’ DI RIVEDERVI IN ITALIA?
– Questo tour è già stato completamente organizzato, ma un altro – del quale non conosco ancora i dettagli – è in fase di preparazione. Al momento stiamo lavorando con The Flaming Arts, un’agenzia che si occuperà di tutti i nostri prossimi tour, perciò non è assolutamente escluso riuscire a fare tappa nel vostro meraviglioso Paese, anzi penso sia decisamente fattibile. In ogni caso è sicuramente quello che vorremmo e speriamo sia presto possibile!

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