Potendo contare su un frontman leggendario come Martin van Drunen e su un abile compositore nella persona del chitarrista Paul Baayens, gli Asphyx sono riusciti a superare l’ennesimo scossone di una carriera ormai lunghissima e straordinaria. Rimasti senza alcun membro fondatore nella line-up, in seguito all’abbandono del batterista Bob Bagchus, i death metaller olandesi (con drummer tedesco) hanno comunque spazzato via ogni incertezza con un album solido e quadratissimo, degno successore sia di “Death… The Brutal Way” che di “Deathhammer”. La macchina Asphyx insomma non si ferma e, anzi, pare persino diventare più concreta e matura con il passare del tempo. “Incoming Death” per quanto ci riguarda è uno degli album death metal dell’anno e siamo lieti di ospitare nuovamente sulle nostre pagine il buon van Drunen, qui chiamato a introdurci questa nuova fatica con la sua consueta disponibilità.
“INCOMING DEATH” ARRIVA NEI NEGOZI A QUATTRO ANNI DALL’USCITA DI “DEATHHAMMER”. NEL MEZZO AVETE DOVUTO FARE FRONTE ALL’ABBANDONO DI BOB BAGCHUS. COME E’ STATO COMPORRE QUESTO NUOVO DISCO SENZA DI LUI?
“Devo dire che la dipartita di Bob non è stata una sorpresa. Per lui stava diventando sempre più difficile conciliare gli impegni familiari e lavorativi con quelli della band. Quando hai dei bambini il tuo tempo libero diventa merce rara. Insomma, quando ci ha detto che non sarebbe più riuscito a fare parte degli Asphyx l’annuncio non ci ha sorpreso più di tanto. Siamo stati anzi contenti che ci abbia subito spronato ad andare avanti senza di lui: vi sono musicisti che, da membri fondatori, si rifiutano di vedere la loro band proseguire la carriera in seguito al loro abbandono. Bob invece ci ha incoraggiato a trovare un sostituto e ad andare avanti, riconoscendo il fatto che gli Asphyx stanno vivendo un bellissimo momento. Sarebbe stato un peccato porre fine a tutto proprio adesso”.
E’ STATO DIFFICILE TROVARE UN NUOVO BATTERISTA?
“In principio non avevamo molte idee, ma poi ci siamo convinti a contattare un nostro amico e fan della band. Stefan Hüskens è tedesco e abita ad almeno quattro ore di auto da noi, però credo che non avremmo potuto trovare un rimpiazzo migliore per Bob. Ci serviva una persona con la nostra stessa mentalità e facente parte della nostra scena. Sicuramente avremmo potuto trovare qualcuno in Olanda, magari con più tempo a disposizione di Stefan – che suona anche nei Desaster – ma, alla nostra età, per noi è importante avere nella band qualcuno che sia prima di tutto un amico. Il rapporto umano deve venire prima di quello musicale e professionale. Inoltre, come dicevo, Stefan è sempre stato un fan degli Asphyx: conosceva già gran parte del repertorio ed è stato facile per lui imparare le prime scalette per i concerti”.
STEFAN HA CONTRIBUITO ANCHE ALLA COMPOSIZIONE DEL NUOVO ALBUM?
“Sì, circa metà del materiale è stata composta in un weekend, quando la band si è ritrovata in studio per registrare il singolo ‘Deathibel’, allegato al magazine americano Decibel alcuni mesi fa. Dovevamo registrare solo un pezzo, quindi abbiamo impiegato il resto del tempo a nostra disposizione per suonare insieme. Paul e Stefan hanno dato vita a questa lunga jam session che ci ha regalato le basi per numerosi nuovi brani. Non posso che continuare a sottolineare quanto sia stato importante dare il benvenuto a Stefan: essendo già un profondo conoscitore della nostra storia, non è stato necessario spiegargli che tipo di sound avevamo in mente. Con Paul si è subito inteso alla perfezione e le ore trascorse in studio sono state molto produttive”.
PAUL BAAYENS RESTA TUTTAVIA IL VOSTRO COMPOSITORE PRINCIPALE…
“Sì, Paul è il motivo per cui gli Asphyx sono ancora qui a quasi un decennio dalla reunion. Non è un membro fondatore, ma è colui che ha composto la maggior parte del nostro materiale dal 2007 ad oggi, riportando gli Asphyx ai vertici. Come sai, suona anche con i Thanatos e gli Hail Of Bullets, ma negli Asphyx ha carta bianca su tutto e ha sempre l’opportunità di esprimersi al 100%. E’ come se gli Asphyx fossero diventati il suo bambino. Crede davvero nella band e noi ci fidiamo ciecamente di lui”.
HAI MENZIONATO GLI HAIL OF BULLETS E NON POSSO FARE A MENO DI CHIEDERTI UN COMMENTO SULLO SPLIT CON QUELLA BAND. MOLTI FAN CI SONO RIMASTI MALE…
“Cosa posso dire… faccio questo mestiere da tanti anni e so che una band è come un matrimonio. A volte le persone cambiano e si smette di andare d’accordo. Certi comportamenti e pretese erano diventati insopportabili per entrambe le parti e alla fine è stato necessario prendere strade separate. Non è stato uno split esattamente sereno, ma negli ultimi tempi ho avuto modo di incontrare alcuni dei ragazzi e siamo riusciti a parlare con calma”.
HAI MAI PENSATO DI TRASFERIRE IL CONCEPT STORICO DEGLI HAIL OF BULLETS NEGLI ASPHYX? AVETE SEMPRE AVUTO QUALCHE BRANO BASATO SU EVENTI STORICI…
“No, credo che non mi cimenterò mai più in un concept album: l’ho fatto con gli Hail Of Bullets e non credo sia il caso di snaturare l’identità degli Asphyx proprio adesso. Voglio che le due entità restino separate. Ho sempre scritto testi di carattere storico con gli Asphyx e puoi trovare qualche esempio anche sul nuovo album, ma un concept sarebbe eccessivo. Preferisco avere più varietà con questa band”.
ACCENNAVI AL FATTO CHE NON E’ STATO TROPPO COMPLICATO COMPORRE “INCOMING DEATH”. PENSI TUTTAVIA CHE CI SIA STATA UN’EVOLUZIONE RISPETTO A QUANTO PROPOSTO SU “DEATHHAMMER”?
“Credo che a livello stilistico il disco suoni Asphyx al 100%. Puoi sentire le stesse formule che hanno fatto la fortuna di ‘Death… The Brutal Way’ e di ‘Deathhammer’, un album, quest’ultimo, davvero molto importante per noi. La vera differenza sta forse nell’approccio in fase di registrazione: i suoni sono più caldi, pesanti e definiti questa volta. Secondo me siamo riusciti a trovare il suono di chitarra Asphyx definitivo con questo album. Devo dare credito a Paul anche per lo sforzo in fase di registrazione”.
PARLI DI FORMULA VINCENTE: A COSA TI RIFERISCI DI PRECISO?
“Credo che gli Asphyx possano da tempo vantare una grande abilità nello scrivere canzoni capaci di restare subito in mente… canzoni con cui il pubblico riesce subito ad entrare in sintonia. Credo che a tante band di oggi, non solo nel death metal, manchi questo appeal. Noi riusciamo quasi sempre a scrivere pezzi memorizzabili, indipendentemente dalla loro struttura. Prestiamo molta attenzione allo sviluppo dei riff, tanto che anche i nostri brani più doom riescono subito a farsi ricordare”.
LA CARRIERA E LA DISCOGRAFIA DEGLI ASPHYX HANNO SEGUITO UNO SVILUPPO ABBASTANZA CURIOSO: AL MOMENTO LA LINE-UP NON PRESENTA ALCUNO DEI MEMBRI FONDATORI, AD ESEMPIO. INOLTRE QUANTO PUBBLICATO DAL 1994 AL 2000 NON VIENE PRESO IN CONSIDERAZIONE DALLA ATTUALE INCARNAZIONE DELLA BAND, VISTO CHE TU NON HAI CANTATO SU QUEI DISCHI. COME VIVETE QUESTA SITUAZIONE IN SENO ALLA BAND? VI SONO MAI ARRIVATE RICHIESTE PARTICOLARI DAI FAN PER QUANTO RIGUARDA I BRANI DA SUONARE?
“Nei primi show dopo la reunion abbiamo incontrato fan che ci hanno chiesto di suonare pezzi appartenenti al reportorio dei tardi anni Novanta, ma negli ultimi anni non è mai capitato. Non voglio sembrare presuntuoso, ma credo che oggi il pubblico identifichi gli Asphyx soprattutto con il mio modo di cantare, cosa che quindi porta l’attenzione sui dischi post-reunion e sui classici ‘The Rack’ e ‘Last One On Earth’. Nè io nè gli altri ragazzi della nostra attuale line-up abbiamo contribuito agli album usciti tra il 1994 e il 2000, quindi per noi sarebbe strano proporre brani di quel periodo; sarebbe quasi come suonare delle cover. Perchè provarci quando abbiamo tantissimi pezzi di valore negli ultimi dischi e in quelli in cui ho cantato io negli anni Novanta? Non ci sentiamo degli usurpatori: abbiamo il benestare di Bob e soprattutto restiamo gli autori di una grossa fetta della discografia della band”.
PENSI CHE PER GLI ASPHYX VI SIANO ANCORA MARGINI DI CRESCITA, A LIVELLO DI POPOLARITA’ E SUCCESSO?
“Non saprei, per me ‘successo’ significa soprattutto avere l’opportunità di comporre e pubblicare album in totale libertà, senza scendere a compromessi, e riuscire a soddisfare coloro che ci seguono da sempre. Non ho mai avuto la pretesa di diventare ricco con questa band. In ogni caso, noto che il nostro seguito si sia ingrandito e svecchiato negli ultimi anni, cosa che mi fa indubbiamente piacere. Siamo forse la riprova che non serve sfornare album a ripetizione e stare sempre in tour per affermarsi, oppure che anche dei veterani possono avere entusiasmo e nuove idee da vendere (ride, ndR)”.
NON CAMBIERETE QUINDI IL VOSTRO APPROCCIO IN FUTURO…
“Non credo proprio. Sarebbe impossibile, a dirla tutta, visto che Paul e gli altri hanno dei ‘veri’ lavori. Non potremmo mai andare in tour per diversi mesi all’anno. Io potrei anche riuscirci, ma, ad esempio, Paul non potrebbe mai avere il permesso di farlo: è un insegnante e ha diverse classi di bambini a cui badare. La nostra attività dal vivo ruota sempre attorno ai weekend e alle vacanze. Detto ciò, riusciamo comunque a tenere trenta/quaranta concerti ogni anno, che è come imbarcarsi in un tour di un mese. Non ci possiamo affatto lamentare. Inoltre, è bello che ogni nostro show sia sempre un evento speciale per noi: riusciamo sempre a fare un po’ di turismo e a trovare il tempo per incontrare i fan prima e dopo il set. In un vero e proprio tour i tempi sarebbero sempre molto stretti, in quanto dovremmo preoccuparci dei vari viaggi tra una data e l’altra”.
OGGI HAI CINQUANT’ANNI E SEI CONSIDERATO UN’ICONA DELLA SCENA DEATH METAL. RIESCI A TRARRE UN BILANCIO DELLA TUA CARRIERA? DI COSA TI SENTI PIU’ FIERO?
“Sono fiero di essere sempre rimasto me stesso, con i miei pregi e ovviamente con i miei difetti. Si può dire tutto su di me, ma non che sia una persona falsa o poco spontanea. Non sono mai sceso a compromessi e non ho mai perso il contatto con la realtà e con i fan. A livello musicale, sono tanti gli highlight e le soddisfazioni: sono ancora molto orgoglioso di ‘Consuming Impulse’ dei Pestilence, un vero capolavoro, ma posso dire la stessa cosa del repertorio Asphyx a cui ho contribuito. In particolare, ‘The Rack’ resta uno dei capisaldi della mia carriera: è uscito venticinque anni fa e stiamo pensando a qualcosa di speciale per celebrare l’evento. Infine ricordo con piacere anche il periodo trascorso nei Bolt Thrower come cantante: è stato con loro che ho riscoperto il piacere di esibirmi come vero e proprio frontman. Nei Pestilence e negli Asphyx degli inizi dovevo anche occuparmi del basso, ma io mi sono sempre sentito un frontman”.