ASPHYX – Partita con la Morte

Pubblicato il 21/01/2021 da

Potete togliere tutto agli Asphyx, ma non Martin van Drunen. Certo, la death metal band di origine olandese in carriera ha pubblicato album anche senza il carismatico e ormai biancocrinito cantante, ma non è un caso che i lavori di maggior successo del gruppo siano quelli che lo vedono urlare con il suo riconoscibilissimo growling al microfono. A circa quattro anni dall’ultima chiacchierata, è un piacere raccoglierlo sulle nostre pagine per parlare di “Necroceros”, l’atteso nuovo album del gruppo di cui è ormai diventato portavoce e leader indiscusso.
“Necroceros” ci presenta il tipico Asphyx sound rivisto in una chiave leggermente più controllata, grazie a una maggiore attenzione per la melodia e una spiccata predilezione per ritmiche quadrate: un disco certamente piacevole e con almeno un paio di ottimi episodi, ma forse non esplosivo e ispirato nel suo insieme quanto altre prove recenti del quartetto. Le parole di van Drunen fanno comunque pensare a tutto fuorché a una carriera sul viale del tramonto: alla veneranda età di cinquantacinque anni, il cantante olandese ha infatti ancora l’entusiasmo e la voglia di un ragazzino.

QUESTO È UN PERIODO DIFFICILE PER TUTTI, MA MARTIN VAN DRUNEN COME STA VIVENDO LA PANDEMIA?
– Non è un bel periodo neanche per me, anche se ovviamente potrei stare peggio. Per fortuna sono in salute. Il problema è che a causa della pandemia siamo stati costretti ad annullare tutti i concerti che avevamo in programma, a parte un paio, e io non ho altri introiti al di fuori del gruppo. Gli altri ragazzi hanno dei lavori, io invece da tempo vivo solo con ciò che guadagniamo con i concerti degli Asphyx, quindi sto iniziando a preoccuparmi perché non potrò fare affidamento sui miei risparmi all’infinito. È una situazione complicata, ma vi è certamente chi sta peggio. Perlomeno adesso sono più impegnato del solito, dovendo promuovere il nuovo album. Ho tante interviste da fare e nei mesi scorsi abbiamo dovuto definire l’artwork, completare il mixaggio, ecc. Sto meglio rispetto a qualche mese fa.

TI SENTI DI FARE UN PRONOSTICO SUL RESTO DELL’ANNO? PENSI CHE FRA QUALCHE MESE POTREMO TORNARE A UNA SORTA DI NORMALITÀ?
– Confido nel vaccino, come tutti, ma è troppo presto per fare previsioni. Vivo alla giornata. Per ora abbiamo in programma un concerto in live streaming gratuito, per celebrare l’uscita del disco. Una volta si sarebbe trattato di un vero e proprio show con il pubblico, ma dobbiamo accontentarci. Abbiamo deciso di lasciarlo gratuito perché sappiamo quanta gente si trovi in difficoltà economiche oggigiorno, quindi il 23 gennaio suoneremo per tutti i nostri fan. Poi fra qualche mese speriamo di potere tornare a calcare qualche palco: delle date sono già state fissate, in gran parte si tratta di quelle che abbiamo dovuto posticipare. Speriamo di non dovere annullare tutto ancora una volta.

PARLIAMO ALLORA DEL NUOVO ALBUM DEGLI ASPHYX: “NECROCEROS”. UN TITOLO SUI GENERIS… DI COSA SI TRATTA?
– Sono diventato noto per i miei testi a sfondo storico, i quali sono sfociati anche in veri e propri concept album con gli Hail Of Bullets. Tuttavia non dimentico che il death metal ha sempre avuto testi horror, gore o legati al mondo fantasy. Sono un grande appassionato di fantascienza e leggo molti libri di quel genere. Un giorno mi è venuta in mente questa parola, “Necroceros”, e ho pensato che suonasse bene come titolo di un disco. Si è quindi trattato di trovarle un significato, così ho pensato a questa sorta di entità immaginaria, una sorta di vortice mangiapianeti, che si avvicina alla terra per poi inghiottirla. La titletrack parla sostanzialmente di questo. Da quando ci siamo riuniti, nel 2007, abbiamo inserito la parola ‘death’ nel titolo di ogni nostro album: questa volta abbiamo deciso di cambiare leggermente, utilizzando l’antico termine greco ‘necros’. Siamo insomma sempre noi, ma in una veste leggermente aggiornata.

TI SENTI DI DIRE LO STESSO PER LA MUSICA?
– Direi di sì. È innegabile che “Necroceros” sia un tipico album Asphyx, ma questa volta abbiamo cercato di introdurre qualche novità. Vi è più varietà nella tracklist, anche perché le ritmiche dei brani sono generalmente meno esasperate. Paul, il nostro chitarrista, ha iniziato a comporre questo materiale più melodico e un brano ha chiamato l’altro. Quando ci siamo ritrovati per valutare quanto preparato ci siamo presto accorti di come fosse più ‘ragionato’ del solito, ma abbiamo scartato l’idea di metterci a comporre qualche pezzo più aggressivo. Per esperienza, sappiamo che quando ti imponi di comporre in un certo modo, poi il risultato è scadente. Abbiamo tanti brani veloci nel repertorio, per “Necroceros” abbiamo accettato questo lieve cambio di marcia. Magari il prossimo disco sarà completamente diverso.

ANCHE A LIVELLO DI PRODUZIONE AVETE CAMBIATO QUALCOSA: IL NOTO DAN SWANÖ È STATO SOSTITUITO DA SEBASTIAN LEVERMANN PER IL MIXAGGIO E IL MASTERING…
– Sì, di nuovo ci siamo detti che era giunto il momento di cambiare qualcosa dopo tre album realizzati con lo stesso team. Sebastian è stato per certi versi una scommessa: è un produttore esperto, ma non aveva mai lavorato su un disco death metal. Lo conosciamo da tempo, siamo amici e sappiamo che il suo gruppo – gli Orden Ogan – sono una realtà consolidata nella scena power metal. Essendo un fan degli Asphyx, ci ha chiesto di dargli un’opportunità e dopo qualche test ci siamo convinti che la cosa potesse funzionare. Ha fatto un lavoro notevole e siamo molto contenti di come suoni il disco. Ci ha dato delle dinamiche nuove ed è riuscito a valorizzare il sound che abbiamo su questo album. Forse il fatto di non avere molti brani veloci lo ha aiutato, essendo il suo un orecchio abituato a sonorità più armoniose.

PENSI CHE IL VOSTRO PUBBLICO APPREZZERÀ QUESTE COMPOSIZIONI PIÙ CONTROLLATE?
– Lo spero. Dopo tutto, abbiamo sempre avuto pezzi lenti nei nostri album. Questa volta siamo forse un po’ più melodici, tuttavia non si può dire che l’influenza doom sia una novità per noi. Siamo sempre stati influenzati dai Candlemass e gruppi simili: lo puoi sentire su tracce come “The Grand Denial”. Come ti dicevo, questa volta Paul si è sentito particolarmente ispirato su quel fronte e ha dato vita a queste atmosfere più epiche e distese. A un certo punto mi sono persino chiesto se fosse il caso di cantare su un paio di questi brani: li avrei visti bene anche come strumentali. Poi però sono riuscito a trovare un argomento e delle linee vocali adatte per dare ai pezzi il mio contributo. Sono molto soddisfatto di “Three Years of Famine”: questa canzone parla della grande carestia cinese tra gli anni Cinquanta e Sessanta, durante la quale morirono milioni di persone.

NON RIESCI A STARE TROPPO LONTANO DALLA STORIA ANCHE SU UN DISCO INTITOLATO “NECROCEROS”…
– No, la storia è una mia grande passione. Leggo moltissimi libri e guardo svariati documentari di carattere storico, quindi avremo sempre canzoni di questo tipo in ogni disco. Questa volta abbiamo “Knights Templar Stand”, la quale parla del valore in battaglia dei cavalieri Templari, mentre “Molten Black Earth” parla della battaglia di Kursk, avvenuta nel 1943 sul fronte orientale. Si parla spesso di Kursk come della più grande battaglia fra carri armati della storia. Era il caso di affrontare l’argomento su un pezzo degli Asphyx.

CON GLI HAIL OF BULLETS TI DEDICAVI A VERI E PROPRI CONCEPT: NON TI È TORNATA LA VOGLIA DI FARE QUALCOSA DEL GENERE ANCHE PER GLI ASPHYX?
– Credo che gli Asphyx funzionino bene così, con album ricchi di temi diversi. Tuttavia potrei considerare una sorta di semi-concept album, magari concentrato in una delle metà del disco, su quattro o cinque canzoni. Quello potrebbe rivelarsi il format ideale, nel caso mi venisse voglia di affrontare un argomento scendendo maggiormente nei dettagli.

HAI CITATO “MOLTEN BLACK EARTH”, UNA CANZONE CHE A LIVELLO MUSICALE RIMANDA DECISAMENTE AI BOLT THROWER…
– Esatto. Paul si è anche domandato se fosse il caso di completarla e pubblicarla, dato che la somiglianza è lampante, ma gli ho detto di non farsi quel tipo di problemi. Del resto, i Bolt Thrower sono stati una grande band, sono una nostra influenza e non vi è nulla di sbagliato nel mostrarla ogni tanto. Per noi, “Molten Black Earth” rappresenta il nostro personale tributo ai Bolt Thrower e a Martin Kearns. Che possa riposare in pace.

TU HAI PURE FATTO PARTE DEI BOLT THROWER, ANCHE SE NON PER LUNGO TEMPO. CHE RICORDI HAI DI QUEL PERIODO?
– Ho seguito i Bolt Thrower in tour fra il 1995 e il 1996, quando Karl Willetts lasciò il gruppo per concentrarsi sulla sua vita privata. Conoscevo bene i ragazzi, si trattava di ottime persone, quindi accettai subito la loro proposta di diventare il frontman. Ho grandi ricordi del tempo trascorso con loro e a volte penso che sarebbe stato bello incidere un album insieme. Purtroppo ebbi alcuni problemi di salute in quel periodo e presi la decisione di ritirarmi dalle scene per curarmi. Per fortuna sono sempre riusciti ad andare avanti e a concludere la loro carriera con estrema dignità.

PARLANDO DI SALUTE, COME RIESCI A GESTIRE LA TUA VOCE ORA CHE NON SEI PIÙ ESATTAMENTE UN RAGAZZINO?
– Dici bene, ormai ho cinquantacinque anni e non è da tutti cantare alla mia maniera. Negli anni sono stato aiutato dalla mia forte disciplina: non ho mai smesso di allenarmi a casa e di affinare la mia tecnica. Il mio stomaco ha ormai imparato come gestire lo sforzo e non perdo occasione di restare in forma con vari esercizi di routine. Sono anche fortunato di avere una buona memoria: alla mia età non sarebbe strano dimenticarsi qualche verso, ma ho ancora tutti i testi in mente (risate, ndR).

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