AUTHOR & PUNISHER – Le macchine al potere

Pubblicato il 29/12/2018 da

Ingegnere, artigiano, artista visuale, scultore, infine musicista: Tristan Shone è un artista a tutto tondo, che ha portato nella musica un background culturale scientifico e umanistico molto ampio e frastagliato, costruendo dal nulla l’intera strumentazione di cui dispone. Partito da concetti cari all’industrial, al noise e al drone, Shone ha traghettato Author & Punisher, il suo solitario progetto, dalle nicchie dell’underground più anticonformista a più ampie platee metal e alternative. Se non si può ancora parlare – probabilmente ciò mai accadrà – di successo di massa, Author & Punisher è già da tempo un nome noto fra i frequentatori dell’industrial metal sperimentale. Con “Beastland”, Shone si è aperto a un uso diffuso e non per forza volto al raccapricciante della melodia, dando ampio spazio ai synth e a sfumature darkwave in una musica che, mai come oggi, può avere significato e farsi apprezzare anche al di fuori del normale pubblico dell’artista californiano. Un ragazzo che non ha avuto remore nel gettarsi in un’avventura apparentemente senza speranza e ora sta raccogliendo i meritati frutti del proprio lavoro.

PERCHÈ HAI INIZIATO A COSTRUIRTI DA SOLO LA STRUMENTAZIONE NECESSARIA PER AUTHOR & PUNISHER? NON VI ERA NULLA, FRA LA STRUMENTAZIONE DI NORMA UTILIZZATA NEL METAL E NELL’INDUSTRIAL, CHE SODDISFACESSE LA TUA IDEA DI SUONO?
– Per tutta una seria di ragioni mi piaceva l’idea di non avere altri membri nella band al di fuori di me stesso. Allo stesso tempo preferisco i suoni dei sintetizzatori molto più di quelli di chitarra e basso, così ho costruito un setup che mi consente di suonare tutto da solo dal vivo, avvalendomi di hardware e software che riproducano le parti dei sintetizzatori.

QUAL È STATO IL PRIMO STRUMENTO CHE HAI COSTRUITO? DELLE MATERIE STUDIATE NEL CORSO DELLA TUA VITA, CHE COSA TI È SERVITO MAGGIORMENTE NELLA CREAZIONE DEGLI STRUMENTI?
– Il primo marchingegno che ho costruito sono le Throttle, praticamente delle maniglie di materiale pesante, simili a quelle usate sugli aerei. Producono un forte feedback e con esse posso modulare dei bassi dal suono molto pesante. Le ho disegnate come qualsiasi altro strumento, con il programma Solidworks, quindi le ho assemblate al tornio e avvalendomi di una fresatrice. Si tratta di un progetto portato a termine nel 2006.

QUANTO TEMPO È PASSATO PRIMA DI OTTENERE UN RISULTATO CHE TI SODDISFACESSE? QUANTA DISTANZA C’È TRA IL MATERIALE DI “THE PAINTED ARMY” E QUELLO ODIERNO?
– Ogni album è speciale e continuano ad esserci elementi che mi piacciono in ogni disco di Author & Punisher. In quel momento, era quello che volevo fare. Ma da “The Painted Army” a “Beastland” sembra passata un’eternità. Ora mi sento molto più in controllo di quello che sto facendo, sono cresciuto tanto attraverso i sei album realizzati finora. Mi piaceva suonare dal vivo anche all’epoca del primo disco, ma rispetto ad oggi c’era molto più caos nella gestione delle macchine. Andavo in agitazione, non riuscivo ad agire con calma coma accade adesso.

COME REAGIRONO ALLA TUA MUSICA E STRUMENTAZIONE LE PRIME PERSONE CHE HANNO VISTO E UDITO AUTHOR & PUNISHER? RICORDI QUALCOSA DI PARTICOLARMENTE STRANO O FOLLE ACCADUTO DURANTE I TUOI PRIMI LIVE SHOW?
– Per organizzare il setup della strumentazione per i primi concerti ho impiegato tantissimo tempo. Mi portavo in giro un impianto audio ingombrante e tutte queste macchine pesantissime, per suonare davanti a quindici persone, il più delle volte. I primi tempi sono stati stressanti, mi hanno portato via anni di vita. I primi tour li ho vissuti al limite, vivendo emozioni intense e sopportando una grande fatica. Perdevo peso in quei periodi, a causa dello stress, del lavoro e di un’alimentazione spesso insufficiente e disordinata. Ho subito diverse ferite su braccia e gambe a causa di alcune macchine che mi cadevano addosso durante gli show. Una volta siamo partiti con il portellone posteriore del van aperto e abbiamo guidato per alcuni chilometri senza accorgercene. Posso solo immaginare cosa sarebbe successo se il mio impianto audio di un quintale e mezzo fosse rotolato in mezzo alla strada e avesse colpito le macchine che ci seguivano…

CHI È STATA LA PERSONA CHE HA CREDUTO IN TE COME MUSICISTA E HA SUPPORTATO LA TUA AVVENTURA?
– Mia moglie e i miei genitori mi hanno sempre sostenuto, qualunque cosa facessi. Sul piano artistico, il produttore di “Beastland”, Braden Diotte ((EXO//ENDO, Faust, Neurosis, Tarantula Hawk) è stata probabilmente la prima persona con cui ho suonato assieme su e giù per la West Coast. Mi ha dato sempre una mano e mi ha introdotto a molte persone che mi hanno aiutato a diventare quello che sono attualmente.

ANCORA PIÙ CHE PER LA MUSICA, L’INTERESSE NEI TUOI CONFRONTI È MATURATO DALLA TUA CAPACITÀ DI SUONARE LIVE DA SOLO, SENZA ALCUN AIUTO ESTERNO. COME TI ESERCITI PER COORDINARE PERFETTAMENTE OGNI MOVIMENTO ED ESSERE CAPACE DI SUONATE TUTTO QUANTO SENZA PROBLEMI?
– Non suono perfettamente, ci sono diverse sbavature nella mia esecuzione, però penso che possa aiutare la musica a suonare più vera, più sentita, più ‘viva’. Tanta musica elettronica suona troppo perfetta e manca di umanità. Suono queste macchine da undici anni ormai, e sicuramente dei miglioramenti ci sono stati. Esercizio fisico per coordinarmi al meglio? Nulla, l’unico sport che pratico è il surf, ma non credo c’entri molto con Author & Punisher!

GUARDANDOTI ON-STAGE, SI HA L’IMPRESSIONE CHE VI SIA UNA REALE FUSIONE FRA UOMO E MACCHINE, PENSO IN PARTICOLARE ALLA STRUMENTAZIONE CHE TI SERVE PER MODIFICARE I SUONI VOCALI. COME LAVORA IL TUO CORPO IN SIMBIOSI AI MACCHINARI, PER CREARE IL SUONO MARCHIO DI FABBRICA DI AUTHOR & PUNISHER?
– L’abilità di utilizzare la voce per aggiungere questa specie di ‘gel’ sopra i suoni meccanici e industriali è una cosa speciale in effetti. Mentre il mio corpo plasma ritmi e note, urlo nel microfono assieme alla musica, cercando di trovare una combinazione che sia fluida e interessante. Da lì parto per modellare le liriche. Le macchine che ho progettato sono disegnate apposta per lavorare con i movimenti del mio corpo, per me è tutto intuitivo e non presenta grossi problemi da affrontare ormai.

CHE RAPPORTO HAI CON LA MUSICA SUONATA CON STRUMENTAZIONE ‘NORMALE’? LAVORI QUALCHE VOLTA CON CHITARRA, BASSO, SINTETIZZATORI, BATTERIA O ALTRI STRUMENTI?
– Il mio strumento preferito è il pianoforte. Suono la chitarra, ma non c’è una chitarra sui miei album dal 2010 e non penso di utilizzarla tanto presto. Però posseggo molti pedali per chitarra e gli amplificatori per questo strumento e il basso li utilizzo abbondantemente per il setup dei live: contribuiscono a potenziare il suono delle macchine.

QUAL È LO STRUMENTO DI CUI SEI PIÙ ORGOGLIOSO? PERSONALMENTE, SONO MOLTO AFFASCINATO DALLE MASCHERE E DAGLI EFFETTI CHE ESSE CONSENTONO!
– Le maschere sono divertenti e sono delle piccole opere d’arte, potremmo definirli strumenti di live acoustic industrial. Costruirle è stato complicato, avrò impiegato circa otto ore per modellare i gusci di una delle maschere. Il controller della batteria a binari è l’aggeggio più utili di tutti, è solido come una roccia e mi consente di suonare i ritmi desiderati senza alcuna preoccupazione.

COME È CAMBIATA LA TUA VITA A CAUSA DELLA ‘MISSIONE’ DI EVOLVERE LA CREATURA AUTHOR & PUNISHER?
– Mi è sempre piaciuto far parte di una band e ogni impegno che ho preso ho cercato di portarlo avanti con la massima serietà. Ma quand’ero giovane e avevo poco più di vent’anni pensavo di voler essere un artista visuale e di costruire sculture e installazioni. Alla scuola d’arte ho capito che la musica era la forma d’espressione che volevo seguire, ma che volevo pormi verso di essa attraverso le conoscenze che avevo maturato in altri campi, immettendoci la creatività maturata in ambienti culturali differenti. Mi sono buttato in questa avventura senza risparmiarmi e quello che è accaduto è inimmaginabile: posso suonare la mia musica in tutto il mondo, non cambierei questa cosa con nient’altro.

“MELK EN HONING” È STATO PRODOTTO DA PHIL ANSELMO. PUOI RACCONTARCI QUALCOSA DELLA VOSTRA COLLABORAZIONE? COM’È ARRIVATO ANSELMO A CONOSCERE TE E LA TUA MUSICA?
– Incontrai uno stage manager a un mio concerto a Manchester, mi disse che lavorava per Phil Anselmo e che lui era interessato ad avermi con sé in tour. L’ho sentito per mail e in poco tempo abbiamo pianificato il tour. L’esperienza è andata bene, scambiandoci qualche opinione sulle nostre preferenze in fatto di musica abbiamo concordato di registrare presso il suo studio il disco successivo. Si è impegnato e fatto coinvolgere tantissimo nella realizzazione del disco, assieme abbiamo realizzato qualcosa di speciale.

ORA SEI APPRODATO A UNA DELLE PIU’ IMPORTANTI METAL LABEL DEL PIANETA, LA RELAPSE. CHE COSA TI ASPETTI DAL FAR USCIRE “BEASTLAND” PER RELAPSE?
– I ragazzi dell’etichetta si sono dimostrati molto entusiasti fin dal primo giorno. Speriamo di far arrivare la mia musica a molte più persone di quante la conoscano attualmente, avere accesso a canali che finora non sono stati esplorati. Finora ho percorso una strada lunga ed eccitante, vorrei andare oltre, suonare per più persone, in locali di grandi dimensioni, che non siano solamente le venue di piccoli club e gli squat dove finora ho svolto il grosso della mia attività live. Non mi fraintendere, adoro le venue underground dove mi sono esibito fino ad ora, però ogni tanto ci sono problemi coi suoni, l’impianto audio ha dei limiti, mi piacerebbe poter godere di condizioni ottimali e poter esprimere al meglio la mia musica.

“BEASTLAND” MOSTRA LA TUA MUSICA IN UNA FORMA PIÙ ATMOSFERICA E CATCHY DI QUELLA CHE CONOSCEVAMO FINORA. ANCHE VOCALMENTE, POSSIAMO PERCEPIRE LA TENSIONE VERSO FORME ESPRESSIVE PIÙ FACILI E VAGAMENTE ORECCHIABILI. COME SEI PERVENUTO A QUESTA EVOLUZIONE?
– Credo di essermi allontanato parecchio dal drone e dal noise, almeno nella loro accezione più pura. Ci sono ancora elementi di quel tipo, ma ora sono più concentrato su cosa voglio sentire dalla mia musica, non soltanto su cosa mia piace suonare. Vi è un forte egocentrismo in un artista che sceglie di protrarre un pattern drone per venti minuti. Non è avvincente per chi ascolta. Per la voce, ho cercato di spingermi verso linee vocali che guidassero la musica, un modo di pensare che non è una novità assoluta, piuttosto un ritorno; negli ultimi dischi, invece, le linee vocali sono state più astratte e sperimentali.

A VOLTE, COME AD ESEMPIO DURANTE “NIGHT TERROR”, SIAMO TRASPORTATI NEL REGNO DELLE SOUNDTRACK HORROR. IMMAGINI LA TUA MUSICA COME IL MEZZO PER EVOCARE SENSAZIONI TERRIBILI, SIMILI A QUELLE RACCONTATE DAL CINEMA DELL’ORRORE?
– Certo, mi capita di frequente. Non sono necessariamente un fan degli horror, a dire il vero, diciamo che preferisco film con una trama tortuosa, cerebrale. Sono fan di Lars von Trier, Bergamn, Winding-Refn e alcuni vecchi gangster movie. Mi piacciono i film dal tono triste e cupo, mi piace quindi evocare sentimenti di malinconia ma che portino con sé anche elementi trionfali.

HAI COSTRUITO NUOVE MACCHINE PER “BEASTLAND”: SI TRATTA DI SEMPLICI EVOLUZIONI DI QUELLE GIÀ ESISTENTI OPPURE HAI SPERIMENTATO CON QUALCOSA DI TOTALMENTE INNOVATIVO?
– Alcune delle macchine costruite di recente nascono da nuove idee, come il controller della batteria, il Gridiron e l’Ingot, una ruota che serve a controllare l’intonazione vocale. Altre, come le Big Knobs 2 o il Mini Rack, sono riallestimenti di macchinari già costruiti in passato.

HAI COLLABORATO CON I TRIBULATION PER IL REMIX DI “MELANCHOLIA”. COME HAI LAVORATO SU QUEL PEZZO? QUALE TIPO DI MODIFICHE VOLEVI DARE AL BRANO?
– Mi sono divertito parecchio su quel remix. Ho trovato alcuni elementi della canzone che avevano groove, li ho isolati e li ho doppiati con dei bassi molto duri e alcuni elementi appartenenti all’hip-hop più aspro. Penso sia una combinazione che funzioni.

DOVE VUOI PORTARE LA MUSICA DI AUTHOR & PUNISHER? QUALE FORMA D’ARTE RITIENI SI INTEGRI MEGLIO CON LA TUA MUSICA E POSSA DIALOGARE CON ESSA DURANTI I LIVE O ALTRI PROGETTI?
– Mi piace prendere ritmi provenienti da altre culture e applicarli all’industrial. Ultimamente adotto un nuovo metodo di lavoro e mi sto divertendo a interpretare i live come una specie di esperienza narrativa sonora. Introdurrò a breve un light show più studiato, che sarà a sua volta controllato dalle macchine.

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