AVATAR – Portare in scena il progresso

Pubblicato il 24/08/2020 da

Gli svedesi Avatar sono ormai un fenomeno globale, e questo sfortunato anno ha sancito per loro una sorta di ritorno a quella apparente aggressività che contraddistingueva i vecchi lavori, contaminata però con quello stile unico e peculiare ben riconoscibile nelle loro produzioni più recenti. Sono tra l’altro in molti a ritenere “Hunter Gatherer” la loro opera più completa e variegata, tanto dal punto di vista musicale, quanto da quello dei testi; questi ultimi rigorosamente interpretati dal poliedrico e teatrale vocalist Johannes Eckerstrom, che rappresenta anche una sorta di effettivo portavoce per tutto ciò che ruota attorno al combo scandinavo. Proprio lui ha deciso di rendere partecipe stampa e ascoltatori in merito a ciò che si trova dietro il telone di quella sorta di circo metallico e collerico che, da ormai diversi anni, macina consensi su consensi all’interno della scena. Un’intervista molto interessante ed anche dannatamente divertente, poiché il buon Johannes sa intrattenere anche quando è il momento di parlare, come potrete leggere di seguito.

 

CIAO JOHANNES! IL VOSTRO NUOVO ALBUM “HUNTER GATHERER” SI PRESENTA IN MANIERA COMPLETAMENTE DIVERSA RISPETTO ALLE VOSTRE PRODUZIONI IMMEDIATAMENTE PRECEDENTI, CON CHE INTENZIONE VI SIETE APPROCCIATI AL MOMENTO DI INIZIARE I LAVORI SULL’ULTIMO ARRIVATO?
– Ciao a tutti! Sicuramente è innegabile che quanto fatto dagli Avatar in un tempo passato fosse drasticamente più aggressivo, con numerose influenze provenienti dal death metal e in misura minore dal power e quant’altro. Tuttavia è bene non dimenticare che è tutto molto relativo, e in “Avatar Country”, ad esempio, lo stile è chiaramente diverso e contraddistinto da un sound meno possente, con delle connotazioni persino comiche per certi versi: ma si tratta di una scelta che, una volta portata a compimento e giunta alle orecchie di più ascoltatori possibile, era già completa così. Personalmente noi tutti amiamo le sonorità metal nel senso stretto del termine, e una volta conclusa questa parentesi avevamo di nuovo voglia di distruggere tutto, incattivendo il suono e rendendo l’atmosfera molto più oscura, anche per via dei temi che volevamo trattare.

COME DESCRIVERESTI IL TEMA PORTANTE DELL’ALBUM?
– A differenza del predecessore non si tratta di un concept album a tutti gli effetti, ma nel contempo abbiamo voluto attingere alla nostra capacità di dipingere un quadro con un tema centrale, prendendo spunto dall’umanità stessa e dalla sua storia: in quanto cacciatore e raccoglitore, si potrebbe dire che l’uomo sia nato appositamente con la capacità di plasmare la società per poi convivere col risultato delle proprie azioni. Col trascorrere dei secoli ciò ha dato vita a numerose situazioni differenti, con relative emozioni anche piuttosto contrastanti che subentrano sulla base di quelle che sono le esigenze di ogni individuo. Ovviamente ad ogni azione corrisponde una reazione, e la direzione intrapresa verso il tanto agognato progresso ha portato a numerose pieghe negative, come guerre, conflitti o anche solo il lento ed inesorabile consumo della natura, solo con lo scopo di saziare un istinto che punta a fare ogni giorno di più, andando sempre più veloce fino a sminuire ciò che dovrebbe avere importanza e rischiando persino di perdere il controllo su quanto fatto.

UN TEMA A DIR POCO COMPLESSO E SCONFINATO, DIFFICILE ANCHE DA DESCRIVERE A PAROLE. COME LO AVETE SUDDIVISO IN UN ALBUM CHE NON VUOLE ESSERE UN CONCEPT? 
– Diciamo che l’intenzione era quella di orientare ogni singolo brano su una determinata situazione della vita, a partire da cose piccole fino ad arrivare a momenti di dramma e tristezza, il tutto per enfatizzare i numerosi livelli di conflitto in cui l’essere umano può trovarsi. Diciamo quindi che ciascuna canzone si può estrapolare e vivere come una storia o un ragionamento a sé stante, il che a parer nostro stempera la possibilità di sfociare in un concept album vero e proprio, ma sempre e comunque con un filo conduttore, anche relativamente sottile, a dettare la direzione.

CREDI CHE UN MUSICISTA OGGI GIORNO ABBIA ANCHE IL COMPITO DI FORNIRE UN MESSAGGIO IMPORTANTE AI SUOI ASCOLTATORI, QUASI COME UNA SORTA DI INFLUENCER? 
– Sicuramente l’ideale sarebbe che la gente prestasse attenzione a figure competenti come scienziati, filosofi e psicologi, ma detto questo è innegabile che un musicista ricopra un ruolo di un certo tipo al momento in cui sempre più persone si avvicinano alla sua arte. A prescindere dal tema trattato, credo che lo scopo di un genere come il rock/metal dovrebbe essere stimolare emozioni in grado di unire persone provenienti anche da culture parecchio lontane, che poi possono trovarsi tutte insieme ad un evento e lanciarsi nella mischia con uno scopo comune. Tant’è che a mio parere il nostro genere ha davvero tanto in comune con la musica folk, poiché lo scopo è proprio quello di coinvolgere e volendo distrarre da ciò che accade nella vita di tutti i giorni. Nel contempo però ritengo giusto che un’artista riversi le sue idee nei suoi testi, magari strizzando anche più di un occhio all’etica, alla scienza, alla filosofia e quant’altro, così da permettere agli ascoltatori non solo di divertirsi, ma anche di riflettere su argomenti importanti e attuali oggi come non mai. Tuttavia, nel mio argomentare, non posso ritenermi neanche lontanamente all’altezza di chi svolge un lavoro specializzato, ed è bene che chi occupa una posizione da influencer lo tenga a mente, poiché spesso sembra che i ruoli vengano un po’ confusi.

IL DISCORSO LEGATO ALLO SPETTACOLO PER GLI AVATAR VALE DOPPIO, DATA LA FORTE COMPONENTE TEATRALE. COME AVETE TROVATO A SUO TEMPO L’ISPIRAZIONE PER QUESTO TRATTO? 
– Credo che la domanda di partenza per qualcosa di simile si basi necessariamente su che tipo di immagine la musica evoca, con lo scopo di permettere all’artista di somigliare il più possibile alla sua musica. Quando stavamo ancora lavorando a “Black Waltz” abbiamo ritenuto che per valorizzarne la componente visiva fosse necessario introdurre una figura simile a quella di un clown, e da lì deriva il make-up di cui faccio sfoggio ormai da anni ogni volta che salgo su un palco o appaio su una copertina. Tutto il resto invece viene valutato sulla base dell’album che stiamo promuovendo, come si può ad esempio notare nell’ingresso on stage sul trono del nostro chitarrista Jonas Jarlsby, nel ruolo del re nel tour di “Avatar Country”.

CREDI ANCHE CHE IL SUDDETTO ALBUM RAPPRESENTI ANCHE QUEL MOMENTO DI DEFINIZIONE PER LO STILE PECULIARE DEGLI AVATAR? 
– Se ti riferisci a “Black Waltz” ti dico di sì, poiché è stata la prima volta in cui le nostre idee sono maturate nella direzione che stiamo seguendo, nonché il primo album con la line-up che potete ammirare oggi. Anzi, credo di non esagerare nel sostenere che gli Avatar siano divenuti una band a tutti gli effetti, con un’identità delineata seppur non racchiusa in uno stilema, proprio in quello specifico periodo. Poiché è vero che non è semplice definire il nostro sound in senso stretto, però credo che la nostra dimensione sia divenuta chiara nel momento in cui “Black Waltz” ha preso forma.

QUALE TI SENTI DI DEFINIRE COME L’OBIETTIVO PRINCIPALE RAGGIUNTO DAGLI AVATAR NEGLI ANNI SUCCESSIVI? 
– Credo che uno dei periodi degni di nota sia indubbiamente quello in cui abbiamo iniziato a tenere i nostri primi show da headliner ad eventi di grande portata, facendoci sentire per la prima volta davvero sulla vetta di qualcosa di musicalmente imponente. Nel contempo vorrei citarti il nostro tour con Devin Townsend, che oltre a essere un genio secondo me è anche una persona fantastica, nonché un artista con cui risulta davvero stimolante confrontarsi, poiché sapere che ci si sta per esibire dopo una figura simile ti sprona indubbiamente a dare il massimo. Poi, pur non essendo un sogno menziono anche volentieri la volta in cui fui assunto insieme al chitarrista Jared Dines come turnista dai Trivium durante un tour insieme, poiché Matt era diventato padre per la prima volta, e giustamente decise di tornare a casa in un momento così importante. Fortunatamente il suo stile vocale non è molto distante dal mio, e avendo sempre cantato solo con la mia band posso dire che l’esperienza abbia giocato un ruolo non da poco nella mia esperienza musicale, anche per quanto riguarda il fattore positività; in quanto il tutto fu messo in piedi non per sopperire a una disgrazia, ma per coronare un momento di gioia dato dalla nascita del figlio di Matt.

COME DESCRIVERESTI LA TUA IMPOSTAZIONE COME CANTANTE? 
– A parte il mitico Devin Townsend che ti ho nominato poco fa, sembrerà strano ma la mia esperienza con la musica metal è iniziata coi classici del genere power metal, in particolar modo Blind Guardian, Helloween e nomi simili; il che fornisce una finestra sul mio interesse per le parti in clean vocals. Nel contempo ho sempre ammirato gente come Corey Taylor e Peter Dolving, e questo mi ha permesso di sviluppare un’approccio vocale relativamente versatile, che può permettermi di rappresentare in maniera più ottimale possibile l’atmosfera dei singoli brani. D’altronde, è un valore aggiunto che il vocalist possa disporre di una varietà di timbri e stili differenti per ogni evenienza.

PER CONCLUDERE, RISULTA PIUTTOSTO DIFFICILE ETICHETTARE IL GENERE MUSICALE DEGLI AVATAR, E CHI MEGLIO DI TE HA LE IDEE CHIARE IN MERITO? 
– Bene, benissimo! Mi hai fatto felicissimo perché uno degli scopi musicali degli Avatar è anche quello di non appartenere a un filone predefinito, anche perché questo potrebbe limitare la nostra libertà compositiva. Sicuramente è metal, e il metal è prima di tutto una filosofia anche da quel punto di vista, e noi non facciamo eccezione poiché partiamo praticamente sempre dai riff, come i leggendari Black Sabbath insegnano dal giorno stesso in cui il genere ha iniziato a esistere. Nel contempo però attingiamo da ciò che hanno insegnato i Queen, che hanno sempre assunto connotazioni differenti, a volte scontentando qualcuno, ma sempre rimanendo fedeli alla loro idea di non omologazione effettiva. Gli Avatar sono quello che sono, e dentro ci puoi sentire dal melodic death metal, all’heavy/power, passando per il groove e così via, poiché la versatilità è proprio la caratteristica migliore della musica metal, e noi vogliamo provare ad innovarla secondo la nostra ispirazione personale, volta per volta.

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