AXEL RUDI PELL – Il gioco della vita

Pubblicato il 10/02/2016 da

Tra le poche certezze del panorama heavy metal, Axel Rudi Pell è sicuramente una di queste. In oltre venticinque anni di carriera solista il suo stile non ha mai subito variazioni e, negli anni, è diventato un vero marchio di fabbrica per i suoi fan, che ad ogni nuovo disco del chitarrista tedesco sanno esattamente cosa aspettarsi. Questo discorso, ovviamente, vale anche per il nuovo “Game Of Sins”, da poco nei negozi, un disco che conferma la buona forma della band. Axel Rudi Pell in persona ci parla della sua ultima fatica, concedendosi anche a divagazioni su svariate tematiche.

axel rudi pell - band - 2016

AXEL, RECENTEMENTE HAI DICHIARATO DI NON ESSERE RIMASTO MOLTO SODDISFATTO DALLA PRODUZIONE DEL TUO PRECEDENTE DISCO, “INTO THE STORM”. CHE APPROCCIO HAI AVUTO IN STUDIO PER NON RIPETERE LO STESSO ERRORE CON “GAME OF SINS”?
“Innanzitutto voglio precisare che sono soddisfatto di ‘Into The Storm’ come disco, perché contiene delle canzoni che reputo davvero molto valide. In studio durante le registrazioni del disco tutto è andato bene, alla fine i problemi si sono presentati durante le fasi di mixaggio. Non mi è piaciuto come sono state mixate le parti di batteria, che hanno subito un abbassamento di volume a mio avviso eccessivo. Per ‘Game Of Sins’ siamo stati molto attenti a non ripetere lo stesso errore, i suoni di batteria sono venuti fuori molto naturali, non ci sono eccessive correzioni in studio perché credo uno strumento come la batteria non debba risultare freddo all’ascolto, preferisco che mantenga il groove dato dal musicista e lasciami dire che Bobby Rondinelli ha svolto un gran lavoro. Come ti dicevo, in studio siamo stati molto attenti, sia durante le registrazioni che a livello di mix sono stati prodotti dei sample con i suoni di batteria da sentire preventivamente, per evitare scherzi dell’ultimo minuto. A lavoro ultimato sono veramente soddisfatto di ‘Game Of Sins’”.

SE NON SBAGLIO HAI INIZIATO A SCRIVERE LE NUOVE CANZONI SUBITO DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL PRECEDENTE ALBUM…
“Esatto, io sono una persona che scrive sempre musica, non aspetto un determinato periodo, quando sono ispirato suono la chitarra, scrivo riff e registro tutto sul registratore vocale del mio smartphone. Come hai ricordato, alcuni pezzi di ‘Game Of Sins’ sono nati da idee che avevo in mente già dai primi giorni dopo la pubblicazione di ‘Into The Storm’. Questo è il bello del mestiere del musicista, non devo aspettare di dover pubblicare un disco per comporre, posso farlo tutti i giorni. Una volta archiviate le idee, le riverso su computer e le riascolto, taglio quelle che non vanno e ne metto insieme altre per arrivare al brano finito. Il processo di scrittura di un disco mi porta via di solito diversi mesi, che vanno dal riordinare le mie idee a comporre brani veri e propri. Questo metodo, almeno nel mio caso, ha sempre dato buoni frutti, mi trovo bene a lavorare così, per cui credo che non lo cambierò”.

PER REGISTRARE “GAME OF SINS” HAI UTILIZZATO SOLO EQUIPAGGIAMENTO DIGITALE O HAI UTILIZZATO ANCHE QUALCOSA DI ANALOGICO?
“Ho lavorato sostanzialmente in digitale, le canzoni sono state registrate con Pro Tools. Il bello della tecnologia, a differenza di quando iniziai a suonare tanti anni fa, è il semplificare il lavoro, i tempi si accorciano in modo molto importante rispetto a quando si registrava tutto in analogico. A quei tempi dovevi essere perfetto perché gli errori non si potevano correggere più di tanto. Oggi invece la tecnologia digitale ci permette di sistemare le imprecisioni in un lasso di tempo molto stretto, senza dover risuonare e registrare tutto da capo. So che ci sono molti nostalgici dell’analogico, anche a me piace il suono dei vecchi dischi che compravo, oggi però abbiamo l’opportunità di essere aiutati moltissimo in studio dai nuovi software di registrazione”.

INVCE IL TITOLO DEL NUOVO DISCO, “GAME OF SINS”, A COSA SI RIFERISCE?
“Il titolo è un gioco di parole che mi è venuto pensando alla vita, che può essere sia un gioco sia contornata da peccati. Per tradurlo possiamo rifarci anche alla title track che parla di uno o più ragazzi che si dedicano al gioco d’azzardo, come le carte o la roulette. Nel gioco molte volte si perde e qualche volta si vince e, in termini più generali, così funziona anche la vita. Durante la nostra esistenza viviamo momenti di felicità e soddisfazioni, ma non mancano mai le difficoltà, le dure prove che una persona si trova costantemente a dover affrontare. Questo a grandi linee è il significato su cui ho costruito il titolo del disco”.

RISPETTO AI TUOI SOLITI TESTI IMPRONTATI SUL FANTASY, QUESTA VOLTA PARLI DI VITA, DI SCOMMESSE, DI VITTORIE E FALLIMENTI. C’E’ UN MESSAGGIO PARTICOLARE CHE VUOI RACCONTARE AI TUOI ASCOLTATORI?
“Vedi, fino a qualche anno fa per me la musica doveva rappresentare soprattutto una sorta di intrattenimento per i fan, non volevo addentrarmi in tematiche troppo complesse. Per questo motivo, come ricordavi, ho spesso e volentieri incentrato le mie canzoni su tematiche fantasy. Ultimamente invece mi sono trovato a pensare molto ai testi da scrivere, a concentrarmi su canzoni con un messaggio più profondo. In questo disco c’è un brano a cui tengo particolarmente, ‘Till The World Says Goodbye’, in cui racconto una fine del mondo molto vicina a causa del crescente riscaldamento globale. Continuo comunque a proporre i brani fantasy, come ‘Fire’ o ‘Falling Star’, oppure ‘Sons In The Night’, che si ispira alla famosa serie Tv Sons Of Anarchy. ‘Forever Free’, l’ultima canzone dell’album parla della morte, di una persona negli ultimi momenti di vita che riesce a intravedere la luce di ciò che verrà dopo la dipartita. Ho voluto alternare i classici brani di Axel Rudi Pell con canzoni più vicine ai miei pensieri sulla vita in generale”.

PRIMA CITAVI LA CANZONE “TILL THE WORLD SAYS GOODBYE”. DA PERSONA, PRIMA ANCORA CHE DA MUSICISTA, SEI PESSIMISTA NEI CONFRONTI DELLA DIREZIONE CHE STA PRENDENDO L’UMANITA’ E DELLO SFRUTTAMENTO DEL NOSTRO PIANETA?
“Purtroppo sono molto pessimista, vedo davvero poche possibilità di inversione di rotta da parte dell’uomo. Proprio l’altro giorno in televisione facevano vedere la Cina ed i suoi problemi con l’inquinamento. Le città erano avvolte da una nebbia innaturale, causata dallo smog, dannosa per l’ambiente e per l’uomo. Oppure persone che si uccidono ogni giorno nel nome di una religione, altra tematica che in questo periodo sta facendo molto scalpore. Questo è solo un esempio, basta leggere un giornale o guardare la televisione per trovare ogni giorno decine di notizie che parlano dell’uomo e di come stia distruggendo il pianeta. Non c’è davvero molto da essere ottimisti. Sono tristemente sicuro che la fine del mondo sia abbastanza vicina, non parlo certo di giorni, ma credo che in quaranta o cinquant’anni il mondo ci dirà davvero addio”.

MUSICISTI CHE SONO DIVENUTI ICONE, COME GLI U2 O JOHN LENNON, HANNO SEMPRE CREDUTO NEL POTERE DELLA MUSICA PER POTER CAMBIARE LE COSE, LE PERSONE. TU COME LA PENSI?
“Io, se devo essere sincero, non credo proprio che la musica abbia questo potere. Se non riescono i politici o gli attivisti a cambiare la mentalità delle persone, non penso che un musicista potrà mai farlo, per quanto forte e potente sia la musica. Quando scrivo canzoni con queste tematiche spero che chi le ascolta quantomeno inizi a riflettere, ma da qui a cambiare le cose, in mezzo ci sta un oceano. Le persone dovrebbero iniziare a pensare con la loro testa invece che farsi influenzare dai politici o dalla bramosia di ricchezza e potere”.

TORNANDO AI BRANI DEL DISCO, PARLAVI “SONS IN THE NIGHT”, ISPIRATO ALLA SERIE TV SONS OF ANARCHY…
“In famiglia siamo molto appassionati di motociclismo, mia mogli e mio figlio in particolare sono grandi fan della serie tv. Non si poteva perdere una puntata e la sera ci trovavamo tutti insieme a guardare ogni nuovo episodio della serie. Ho pensato quindi di realizzare una canzone parlando di questa nostra piccola passione”.

COME BONUS TRACK HAI SCELTO “ALL ALONG THE WATHTOWER”, PEZZO RESO FAMOSO DA BOB DYLAN. LA CANZONE ORIGINALE E’ MOLTO DIFFERENTE DAL TUO STILE, E’ STATO DIFFICILE RIADATTARLA?
“Non è stato facile, riadattare quel brano per me si è rivelato una sfida molto avvincente. Anche se la canzone è stata scritta da Bob Dylan, io preferisco di gran lunga la versione suonata da Jimi Hendrix e da quella sono partito per realizzare la mia. Si tratta di uno di quei brani storici che ho sempre desiderato riadattare con il mio stile. A livello tecnico non si tratta di un brano particolarmente difficile, ho dovuto lavorare molto sulle atmosfere, sugli arrangiamenti, sul sound per renderlo mio senza snaturare l’originale. Ci ho lavorato parecchio, ma sono molto soddisfatto del risultato ottenuto”.

STATE GIA’ ORGANIZZANDO UN TOUR?
“Sì, ci stiamo lavorando proprio in questi giorni e, con grande soddisfazione, posso dirti che torneremo a suonare in Italia finalmente”.

QUESTA E’ UNA NOTIZIA MOLTO BUONA, SE NON SBAGLIO L’ULTIMA VOLTA CHE SIETE PASSATI IN ITALIA E’ STATA CIRCA DIECI ANNI FA AL TRADATE IRONFEST.
“Hai regione, ricordo molto bene quel festival, abbiamo suonato insieme ad un sacco di band valide e ci siamo divertiti moltissimo. Purtroppo dopo quella volta, non c’è stata più la possibilità di tornare da voi. In realtà abbiamo avuto una serie di offerte da alcuni vostri promoter locali, purtroppo sfioravano il ridicolo, erano davvero inaccettabili da parte nostra. Posso capire di venire a suonare senza guadagnarci molto, ma non possiamo certo andare in perdita, come sarebbe successo se avessimo accettato quelle offerte. Non vediamo l’ora di tornare in Italia, il vostro pubblico ci ha sempre supportato e abbiamo una buona base di fan da voi”.

LO SCORSO ANNO HAI CELEBRATO IL QUARTO DI SECOLO DELLA TUA CARRIERA SOLISTA. OGGI, DOVENDO FARE UN BILANCIO, SEI SODDISFATTO DI QUANTO HAI OTTENUTO?
“Credo che il motivo per cui dopo venticinque anni di carriera solista oggi sono ancora qui a pubblicare i dischi sia perché i miei fan hanno capito che la musica che scrivo proviene direttamente dal profondo del mio cuore. Non avrei mai fatto nulla solo per soldi, io ho iniziato a suonare semplicemente per divertirmi, perché amavo e amo la musica. Oggi è la stessa cosa, anche se suono per vivere e la musica è diventata il mio lavoro, io sono ancora prima di tutto un fan, una persona che si diverte a suonare. Non prendo in giro le persone. Non ho mai cambiato il mio stile e ho sempre mantenuto una certa coerenza, cosa che continuerò a fare finchè mi divertirò a suonare”.

NON E’ UN SEGRETO IL TUO “AMORE” ARTISTICO PER RITCHIE BLACKMORE ED I SUOI RAINBOW. LA BAND SI E’ APPENA RIFORMATA E TERRA’ ALCUNI SHOW, SEI FELICE PER QUESTO RITORNO?
“Sono molto felice perché credo che questa sia una delle ultime possibilità per vedere Ritchie Blackmore suonare musica rock. Sicuramente andrò a vedere i Rainbow ad uno dei loro show in Germania. Da un altro punto di vista sono invece scettico, perché non si tratta di una vera reunion, ma di musicisti nuovi che non hanno mai suonato nei Rainbow in passato. Comunque rimango curioso, non me li perderò”.

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