AYREON – Back to Life

Pubblicato il 16/02/2008 da
 
Intervistare Arjen Lucassen è quanto di più confortevole si possa desiderare. Un artista educato, intelligente, sveglio e rispettoso, capace di rispondere adeguatamente alle domande senza perdersi in amenità inutili. Un artista-uomo che negli ultimi anni ha vissuto una grande depressione a causa della fine del suo matrimonio, che ha saputo riprendersi, raccogliere le forze e concentrarsi su ciò che gli riesce meglio: la musica. Del nuovo album e di interessi collaterali abbiamo parlato in un hotel milanese, comodamente seduti e rilassati. La parola a mr Arjen Lucassen…
 

IL NUOVO IMPRONUNCIABILE ALBUM. UN PASSO AVANTI AL PUNTO DI VISTA MUSICALE, ED UN’OCCHIATA AL PASSATO, SOPRATTUTTO SOTTO IL PROFILO LIRICO. COS’ALTRO POSSIAMO DIRE DEL TUO NUOVO ALBUM?
“Tu hai già riassunto perfettamente quello che è lo spirito del lavoro. Volevo recuperare alcune influenze ‘space’ dai miei primi album, sin dall’inizio. Insomma mi piace l’idea di progresso che sembra dare la mia musica, ma mi affascina anche rimanere ancorato a quanto di buono è stato fatto da me in passato”.
 
ANCORA UNA VOLTA CI CONSEGNI UN DOPPIO CD. DOBBIAMO DEDURRE CHE PER TE SIA ORMAI IMPOSSIBILE PRODURRE ALBUM DI BREVE DURATA?
“Ci ho pensato anche io. Quando inizio a pensare ad un nuovo album non so mai come si evolverà. Prima che io me ne accorga mi ritrovo un sacco di materiale in mano. E siccome il mio intento principale è proprio quello di raccontare una storia, come in un film, mi viene più naturale svilupparla in modo oculato, senza pormi alcun problema relativamente alla durata complessiva”.
 
HO APPREZZATO NOTEVOLMENTE IL LAVORO SVOLTO DA JONAS RENKSE, CHE HA DATO QUEL MOOD TIPICAMENTE ‘KATATONIA’ AI SUOI INSERTI, JORN LANDE E STEVE LEE, DEI GOTTHARD. TRE NOMI CHE NON ERANO MAI APPARSI SUI TUOI PRECEDENTI LAVORI…
“Esatto. E’ sempre fantastico lavorare con musicisti così preparati, e sono sempre alla ricerca di talenti, sia nuovi che affermati. Sono d’accordo con te quando parliamo di Jonas, che mi ha davvero colpito come persona. Quando uscì ‘The Great Cold Distance’ dei suoi Katatonia ho subito acquistato il disco e l’ho apprezzato così tanto da conoscerne ogni singolo frammento. Era ovvio che chiedessi a Jonas di partecipare al mio prossimo disco. Ma non avevo contatti con lui, e per un po’ ho pensato di rinunciare. Ma poi grazie al supporto di Mikael Akerfeldt degli Opeth (presente sul precedente ‘The Human Equation’), amico sia mio che suo, sono riuscito a coinvolgerlo. La sua unica condizione è stata di cantare su melodie esclusivamente composte da lui, proprio come fece Devin Townsend nel precedente lavoro”.
 
“CONNECT THE DOTS” E’ UN PEZZO MOLTO PARTICOLARE, DIREI INSOLITO PER IL VOSTRO SOUND. E’ AL TEMPO STESSO OSCURO E LUMINOSO. COME LO COLLOCHIAMO NEL CONCEPT?
“E’ un pezzo strano, è vero. Nel ‘Planet Y’ di cui parlo nella storia, tutti sono diventati dipendenti dalla tecnologia. Hanno perso tutte le emozioni, proprio come succede ora sulla terra. Ecco che i ‘puntini da connettere’ rappresentano la similitudine con ciò che accade qui da noi. Ora tutti possono scaricare tutto da internet, e prendiamo l’esempio di un ragazzino, che invece di uscire a giocare passa la giornata in casa a scaricare ed usare videogiochi. Mi sembra una cosa desolante e talvolta inquietante. Questa non è la vita che io vorrei per i miei figli”.
 
HAI PIU’ VOLTE DENUNCIATO LA DIPENDENZA CRESCENTE DELL’UMANITA’ DALLA TECNOLOGIA. MA TU FAI USO DI UN SACCO DI TECNOLOGIA NEI TUOI ALBUM. COME LA METTIAMO?
“Be’ sì, lo riconosco. Sono la più grande vittima di questo sistema. La mattina corro al computer, per controllare le mail, il mio sito. Poi scendo in studio, dove il computer è indispensabile. Però se non altro i miei strumenti, come synth, tastiere varie, Moog, sono autentici. Non li ho ‘scaricati’ da nessuna parte (risate, ndR)”.
 
HAI RACCOLTO SEDICI CANTANTI IN QUESTO ULTIMO ALBUM, ED UNA SERIE DI MUSICISTI. COME HAI DIVISO LE PARTI ED ORGANIZZATO IL TUTTO?
“Per fortuna ho una manager che mi aiuta in questo. E’ lei che ha organizzato tutto, e devo ringraziarla perché se fosse stato per me saremmo ancora in ballo. Non so neanche che giorno è oggi, per farti un esempio. Abbiamo contattato i vari cantanti, e ti dirò che questa è la parte peggiore del mio lavoro perché, come ben sai, i cantanti sono personaggi molto particolari, sono una specie a parte. Hanno strane idee, e sono sempre occupati con le proprie band. E’ difficile convincerli, così come trovare il modo di farli venire da me a registrare. Invece dividere le varie parti per i singoli interpreti non richiede più di tre-quattro ore. L’ho fatto tante volte, per cui sto migliorando di album in album”.
 
SEI DIVENTATO UN VERO E PROPRIO TALENT SCOUT PER QUANTO RIGUARDA I CANTANTI. IMMAGINO CHE SARAI SOMMERSO DAI DEMO…
“Sì, ricevo un sacco di materiale. Forse dovrei ascoltare quella roba, ma ho smesso di farlo da anni. Anzi forse non ho mai prestato attenzione alle segnalazioni spontanee, se così le vogliamo definire. L’unica scoperta in questo senso è stata quella di Astrid (Van Der Veen, la quattordicenne che ha reso possibile il bellissimo progetto Ambeon, ndR). Ma in quel caso parlavamo di una vera fuoriclasse. Ci vuole troppo tempo, dovrei assumere qualcuno solo per fare quello”.
 
SONO PASSATI UN PO’ DI ANNI DALLA PUBBLICAZIONE DEL PROGETTO AMBEON. SEI ANCORA IN CONTATTO CON ASTRID?
“Sì, ogni tanto ci sentiamo, ma sono un po’ preoccupato per via della sua condizione psicologica. E’ diventata una sorta di emarginata, e questo mi dispiace davvero tanto. Le avevo proposto di cantare sul nuovo Ayreon, e si era detta disponibile, ma poi non se ne è fatto nulla”.
 
HAI MAI PENSATO DI COLLABORARE CON ROBBY VALENTINE E CON VALENSIA? IN FONDO SONO OLANDESI ANCHE LORO, ED INOLTRE CREDO CHE SI POSSANO ADATTARE BENE AD UN CONTESTO MUSICALE COME IL TUO…
“Ho contattato Robby Valentine un paio di volte. Ha suonato le tastiere su ‘The Electric Castle’, ed ha cantato in un pezzo della riedizione del primo album. Valensia invece lo conosco dai primi anni novanta. Viveva in casa con il bassista dei Vengeance, la band di cui anch’io facevo parte. Mi ricordo che all’epoca stava componendo ‘Gaia’ (lo strepitoso singolo che ha letteralmente conquistato il Giappone), e rimasi sconvolto dalla bellezza di tale pezzo. Raramente capita di ascoltare pezzi così belli. L’ho contattato di recente per vedere se fosse disposto a lavorare con me, ma era troppo occupato. E’ un ragazzo speciale, e merita di tornare al successo di una volta”.
 
E COSA MI DICI DEL PROGETTO STREAM OF PASSION? TU L’HAI CREATO, HAI REALIZZATO UN ALBUM CON LORO, PER POI LASCIARLI PROSEGUIRE SENZA DI TE…
“Ho voluto realizzare una band su misura per Marcela Bovio, una cantante dotata di una voce per me stupenda. Dopo l’album però i ragazzi volevano intraprendere un tour. Ma fin dall’inizio li avevo avvertiti: la mia creatura sono gli Ayreon, e nulla al mondo mi potrà allontanare dal progetto. Ecco che li ho lasciati proseguire con le proprie gambe, per concentrarmi meglio sul mio lavoro”.
 
SEI ACCOMPAGNATO DALL’AVVENENTE NUOVA MANAGER LORI LINSTRUTH, GIA’ CHITARRISTA DEI CITATI STREAM OF PASSION. COME STAI VIVENDO QUESTO CAMBIO DI GUARDIA?
“Sono molto felice di come Lori sta lavorando. E’ una persona sveglia, intelligente, molto abile con i computer ed internet. Non posso proprio lamentarmi, credimi”.
 
NIENTE CONCERTI DEGLI AYREON, VERO?
“Puoi dirlo forte. Per me sarebbe impossibile portare anche solo due o tre dei cantanti coinvolti in un tour. Dovrete accontentarvi degli album. Almeno fino a quando non impazzirò del tutto (risate, ndR)”.
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