BARSHASKETH – Le vie dell’ascesi

Pubblicato il 20/02/2025 da

L’annata musicale è ancora in divenire, ma lo scorso mese ha già saputo regalarci il primo grande disco black metal del 2025.
Edito da World Terror Committee, “Antinomian Ascetism” ci ha riconsegnato i Barshasketh in uno stato di forma che in passato, nonostante gli egregi riscontri underground di opere come il disco omonimo del 2019, non era mai stato raggiunto con tanta determinazione e intensità, snodandosi attraverso un percorso sonoro denso, profondo, stratificato, eppure subito accattivante.
Musica che richiede un certo sforzo all’ascoltatore per essere assimilata appieno, va da sé, ma che si guarda bene dal suonare inutilmente criptica o astrusa, prendendo il meglio della scuola black metal contemporanea – sia essa americana, islandese o polacca – e distillandolo in una tracklist fluida e dal livello di attenzione maniacale per i dettagli.
Contattato via e-mail a ridosso della pubblicazione del disco, ha quindi risposto alle nostre domande il chitarrista Guillaume Martin, vecchia conoscenza del circuito europeo in forze anche presso le line-up live di Abyssal, Enthroned e Thy Darkened Shade…

‘DISCIPLINA’ E ‘RIGORE’ SONO TERMINI CHE, NEL CASO DI “ANTINOMIAN ASCETICISM”, TROVO MOLTO RISONANTI CON LA MUSICA, SEBBENE QUESTA NON RISULTI MAI FREDDA O RIGIDA ALL’ASCOLTO. QUANTO È DIFFICILE PER VOI BILANCIARE CONTROLLO E ISTINTO?
– Penso che all’interno della band ci sia un equilibrio naturale, con alcuni membri più calcolatori e disciplinati, e altri più spontanei e selvaggi, grazie alle nostre diverse personalità e ai nostri modi differenti di approcciare e pensare la musica. C’è un’intensa concentrazione nel raggiungere il miglior risultato possibile, così come nello spingerci al limite di ciò che possiamo fare, e questo richiede una mentalità disciplinata. D’altra parte, il momento della pura ispirazione richiede un abbandono totale, un entrare nel cosiddetto ‘stato di flusso’, in cui l’artista deve sottomettersi alla Musa.

COME PENSI CHE LA BAND SIA PROGREDITA DA “BARSHASKETH”? CONSIDERI QUESTO NUOVO LAVORO COME UN ALTRO CAPITOLO DELLA VOSTRA STORIA O COME UNA SORTA DI NUOVO INIZIO?
– Lo vedo in continuità con gli altri nostri lavori. Barshasketh è sempre stato incentrato – e sempre lo sarà – sul posizionare l’Io nel contesto di una visione spirituale del Sentiero della Mano Sinistra, quindi il tema rimane costante, anche se viene incorniciato in modo leggermente diverso a seconda dell’album. Cerchiamo sempre di scavare più a fondo dentro noi stessi a ogni nuova uscita, e “Antinomian Asceticism” non fa eccezione. Lo considero il nostro lavoro più compiuto fino ad oggi.

QUALI SONO, NEL TUO CASO, LE CONDIZIONI MENTALI E/O AMBIENTALI MIGLIORI PER COMPORRE NUOVA MUSICA? NEL CORSO DEGLI ANNI HAI INDIVIDUATO UN QUALCHE SCHEMA O È SEMPRE QUALCOSA DI SPONTANEO E IMPREVEDIBILE?
– Il processo creativo è sempre stato piuttosto misterioso per me. L’ispirazione può colpire in qualsiasi momento, e a volte in momenti piuttosto scomodi. Ma come accennavo prima, non è sbagliato parlare di una sorta di ‘possessione’ da parte della Musa.
Anche se può sembrare un termine grandioso, la sensazione è più simile a un canalizzare, o forse a uno scoprire, qualcosa che è già lì, piuttosto che al creare qualcosa di nuovo dal nulla. Per questo è necessaria una certa dose di umiltà, perché siamo subordinati alla fonte da cui proviene l’ispirazione e il nostro compito è semplicemente facilitare la cristallizzazione di questa energia.
Durante il processo entro in uno stato di concentrazione assoluta e spesso dimentico di mangiare, bere o dormire. A volte si verifica una sorta di premonizione, come se percepissi che qualcosa sta maturando, anche se non riesco ancora a identificarlo chiaramente, e questo può durare giorni. È difficile mettere in parole qualcosa che io stesso non comprendo del tutto, ma spero che quanto detto renda almeno un’idea dell’esperienza creativa.
Il mistero stesso è parte di ciò che rende l’arte così speciale e sacra, quindi, in un certo senso, sono grato che resti al di là della mia comprensione.

DAL PUNTO DI VISTA LIRICO, CHE SIGNIFICATO ASSUME QUI IL CONCETTO DI ASCESI?
– Come dichiarato nel presskit diffuso insieme all’album, stiamo cercando di sviluppare una concezione dell’ascesi che sia coerente con i nostri valori legati al Sentiero della Mano Sinistra, in particolare per quanto riguarda la ‘legge morale’.
Cercherò di partire dai principi fondamentali per fare più chiarezza. Prima di tutto, dobbiamo iniziare con l’ideale ascetico di Socrate e il mondo delle idee di Platone, poiché questi concetti sono parte integrante del pensiero cristiano a partire dall’epoca paolina.
La rivoluzione platonica, che contrasta in modo netto con il pensiero greco presocratico, ha stabilito che non dovremmo preoccuparci del mondo materiale, bensì concentrarci sul mondo delle idee, in cui esiste la manifestazione ideale e archetipica delle cose. Il concetto più rilevante per la nostra discussione è l’ideale platonico del Bene, da cui si emana tutto ciò che è buono e che si manifesta nel mondo terreno. Secondo la visione socratica, questo mondo è, in un certo senso, di seconda categoria. Una vita veramente preziosa si connette alla conoscenza razionale attraverso l’autonegazione e l’astinenza.
Negli scritti di San Paolo, che può essere considerato niente meno che un co-fondatore del Cristianesimo, si possono già intravedere indizi sul fatto che le sue idee proto-ortodosse (cioè la versione del Cristianesimo che alla fine ha trionfato ed è stata ampiamente accettata) potrebbero essere compatibili con il Platonismo. Questo non è del tutto sorprendente, dato il suo background di oratore greco istruito; con ogni probabilità, conosceva gli scritti di Platone. Quando arriva sulla scena Sant’Agostino, vediamo una completa integrazione del Platonismo (o meglio del Neoplatonismo, nel suo caso) nel pensiero cristiano.
A questo punto, vediamo una sostituzione: Dio prende il posto dell’ideale platonico del Bene. Il Bene si emana da Dio e, per rispettare la legge morale divina, si deve agire in modo ‘divino’, ovvero in sintonia con Dio o, almeno, in modo che ne rifletta la natura. Qui ritroviamo lo stesso disprezzo per il mondo materiale presente nel pensiero socratico, sebbene in una forma ancora più accentuata, con una chiara priorità data alla vita ultraterrena. Inoltre, la pratica ascetica cristiana è vista come un mezzo per raggiungere uno status superiore nell’Aldilà attraverso la privazione di sé nel mondo profano, e come un modo per soddisfare la legge morale: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel Regno di Dio”, “Gli ultimi saranno i primi” e così via.
A questo punto possiamo arrivare alla nostra prospettiva antinomiana.
Se non accettiamo la legge morale, o non la riconosciamo come ‘buona’, in che modo l’ascesi può essere utile per noi? Al centro della nostra mentalità vi è il rafforzamento dell’individuo e, con questa premessa, possiamo sviluppare una concezione prometeica, in cui la pratica ascetica serve a recuperare intuizioni sacre e ad accrescere l’Io. Prometeo è un riferimento adeguato, perché, proprio come si dice che abbia rubato il fuoco agli dèi, anche noi cerchiamo di appropriarci di un tipo di ‘fuoco’ spirituale e metafisico per i nostri scopi, senza alcun riguardo per l’autorità divina.
L’obiettivo desiderato è trovare un ‘giusto mezzo’ fra l’astratto e il mondano, evitando di essere guidati unicamente dai nostri istinti più bassi (cioè da quello che Schopenhauer ha definito la ‘volontà metafisica’), ma senza neanche permettere a noi stessi di svanire vivendo esclusivamente nell’astratto. As above, so below.

ANCORA UNA VOLTA, LA PRODUZIONE DELL’ALBUM È STATA AFFIDATA A TORE STJERNA, NOTO PER IL SUO LAVORO CON MAYHEM, WATAIN E ALTRI. IN UN’EPOCA IN CUI GLI ALBUM POSSONO ESSERE REGISTRATI DIGNITOSAMENTE FRA LE MURA DI CASA, CREDI CHE IL PRODUTTORE GIUSTO POSSA FARE ANCORA LA DIFFERENZA?
– Sì, assolutamente. Per prima cosa, contesto l’idea che sia possibile ottenere un risultato veramente di alto livello in un ambiente casalingo e amatoriale, per vari motivi. Nonostante i grandi passi avanti nella tecnologia, esistono alcuni limiti fisici inevitabili che rappresentano fattori determinanti, soprattutto quando si tratta di registrare batterie acustiche o voci.
Se lo spazio non è adeguatamente predisposto per la registrazione, è impossibile evitare riflessioni problematiche che causano interferenze dannose, compromettendo il risultato finale. Allo stesso modo, durante il missaggio, se l’ambiente non è progettato appositamente per questo scopo, chi si occupa del mix potrebbe non avere un quadro accurato di ciò che sta accadendo e prendere decisioni che non si traducono in un suono ottimale.
Infine, un produttore può aiutare a estrarre l’essenza di ciò che si sta comunicando e a esaltarla in un modo che l’artista, da solo, spesso non riesce a fare, anche perché è troppo coinvolto nel proprio lavoro per avere una visione lucida.

COSA PUOI DIRCI SULL’ARTWORK DI RODRIGO PEREIRA SALVATIERRA?
– Negli ultimi tre lavori, il nostro obiettivo è stato creare un Gesamtkunstwerk, o ‘opera d’arte totale’, il che significa che i temi su cui si basa l’album vengono comunicati attraverso tutti i mezzi disponibili. Questo include ovviamente anche l’aspetto visivo.
Se guardi con attenzione, puoi individuare vari elementi legati al concept. Per citarne solo alcuni (non voglio rovinare troppo il divertimento), puoi notare un tempio in rovina, il guscio corporeo incrinato, il fuoco trasformativo e così via.
Per quanto riguarda il processo creativo, abbiamo lavorato con il nostro collaboratore di lunga data, Fenomeno Design. Dopo oltre un decennio di collaborazione, conosce perfettamente la band e il nostro gusto estetico. Ci ha aiutati a perfezionare il concept della copertina, che è stato poi realizzato alla perfezione da Rodrigo.


HO SEMPRE PENSATO CHE UN CERTO TIPO DI BLACK E DEATH METAL, SE AFFRONTATO NEL MODO GIUSTO, POSSA AIUTARE A COMPRENDERE MEGLIO SE STESSI, APRENDO NUMEROSE PORTE DELL’INCONSCIO. PENSI CHE SARESTI LA STESSA PERSONA DI OGGI SENZA L’ESPERIENZA CON I BARSHASKETH?
– Posso dire con quasi assoluta certezza che sarei una persona completamente diversa senza ciò che facciamo come band. Troppe esperienze formative e trasformative si sono accumulate negli anni per poterle elencare tutte, e il processo è tuttora in corso.

IL BLACK METAL È SPESSO SOGGETTO A MODE, DISCORSI LEGATI ALL’IMMAGINE E A UNA CULTURA DELL’APPARIRE PRIMA ANCORA CHE DELL’ESSERE (PENSO AI CAPPUCCI USATI ALL’ECCESSO O A CONCETTI ESOTERICI NON SEMPRE AUTENTICI). DA QUESTO PUNTO DI VISTA, ANCHE NEL MODO IN CUI VI PRESENTATE SUL PALCO, SEMBRATE SEMPRE DISTACCATI DA CERTE TENDENZE…
– Hai ragione, e alcuni puristi del genere ci hanno criticato per questo, perché secondo loro il black metal deve avere un certo tipo di look. Rispetto la loro opinione, ma per me il black metal è definito più da uno spirito dionisiaco e antagonista che da un’estetica specifica.

I BARSHASKETH NASCONO IN NUOVA ZELANDA PRIMA DI TRASFERIRSI IN EUROPA. UN CAMBIAMENTO DI VITA ENORME. COME HA INFLUENZATO LA VOSTRA MUSICA?
– È difficile dire con esattezza quale impatto abbia avuto, soprattutto perché ci sono stati ulteriori spostamenti dopo il trasferimento in Scozia. Credo che il cambiamento più significativo sia stato il passaggio da progetto solista a band vera e propria.

QUAL È STATO L’ULTIMO ALBUM BLACK METAL CHE TI HA DAVVERO IMPRESSIONATO?
– “La Croix de Sang” di Drastus. Un capolavoro imponente che emana puro terrore. Lo considero alla pari dei classici.

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