Intervistare Adam Darski è un’esperienza che non lascia mai indifferenti. Tanto amato quanto odiato per la sua personalità strabordante, il Nostro si conferma persona colta e posata, ipotetico testimonial di una scena musicale troppo spesso giudicata con fretta e superficialità. A qualche settimana dall’uscita di “I Loved You At Your Darkest”, uno dei titoli più attesi del 2018, lo abbiamo incontrato in un noto locale milanese per discutere dell’ultima fatica targata Behemoth e dell’universo rotante intorno alla sua creatura, giunta dopo il clamoroso successo di “The Satanist” alle porte di un successo inimmaginabile…
SONO TRASCORSI QUATTRO ANNI DA “THE SATANIST”, IL VOSTRO ALBUM DI MAGGIOR SUCCESSO. COME LO VEDI OGGI? TI ASPETTAVI UNA SIMILE REAZIONE DA PARTE DEL PUBBLICO E DELLA CRITICA?
– Decisamente no. Ha superato ogni mia più rosea aspettativa. Eravamo coscienti di quanto fosse solido e forte, ma non ci aspettavamo una simile reazione. In un certo senso, ha centrato lo scopo che ci eravamo prefissati all’epoca: registrare un album che surclassasse qualsiasi altra cosa fatta da noi come band. E’ stato di gran lunga il nostro lavoro più acclamato, e ci ha permesso di girare il mondo per intero due volte. Ho perso il conto degli show tenuti dalla sua data d’uscita… forse trecento. Considerato che siamo in attività da ventotto anni, penso sia un qualcosa di davvero importante. Non capita a tutti di scrivere un disco così fresco a questo punto della carriera.
PER QUESTE RAGIONI, QUANTO E’ STATO DIFFICILE APPROCCIARSI AL SONGWRITING DEL NUOVO ALBUM? QUALI ERANO I VOSTRI OBIETTIVI PER “I LOVED YOU AT YOUR DARKEST”?
– All’inizio non è stato facile, anche perchè non siamo quel tipo di band che si precipita in studio per registrare a tutti i costi un album. Scriviamo soltanto quando abbiamo effettivamente qualcosa da dire. Se non ci sentiamo ispirati, non scriviamo. E’ una logica a cui i Behemoth si sono sempre attenuti, anche nei momenti più prolifici della loro carriera. In particolare, dopo l’enorme sforzo compositivo di “The Satanist”, mi sentivo completamente svuotato. Avevo attinto da tutte le mie fonti estreme per completarlo, e a fine registrazioni quella vena si era prosciugata. Fortunatamente, avevo altro da dire come artista. Il progetto Me And That Man mi ha permesso di esplorare nuove forme di espressione musicale, spalancandomi le porte della mente e dello spirito e riaccendendo la mia passione per il metal. Senza quel disco, “I Loved at Your Darkest” non suonerebbe in questa maniera, non avrebbe questo approccio. Per farti un esempio: in “O Father O Satan O Sun!” si sente un coro di sottofondo, ma non sono io a cantare quelle parti, è un mio amico! Al contrario, in un brano come “Bartzabel” le voci sono tutte opera mia. Il nuovo disco è molto più blues, molto più rock-oriented… con questo non sto dicendo che lo sia in senso stretto, visto che è pieno di blastbeat e altre soluzioni estreme, ma c’è chiaramente del nuovo. Credo ci abbia indirizzati su un nuovo terreno, ancora tutto da esplorare.
TROVO CHE QUESTO LAVORO SIA PIU’ ATMOSFERICO, VARIO E – IN UN CERTO SENSO – MALINCONICO DI “THE SATANIST”. SENTIVATE IL BISOGNO DI MITIGARE UN PO’ I TONI DELLA VOSTRA MUSICA?
– Mi intriga sempre questa fase della promozione perchè posso confrontare le opinioni della gente, imparando qualcosa di nuovo sul disco. Ad ogni modo, visto che non sei il primo a farmelo notare, potresti avere ragione. Credo sia dovuto al fatto che le composizioni hanno molto più respiro rispetto al passato. Ci sono parti, come l’inizio di “Havohej Pantocrator” o di “Bartzabel”, che è come se evocassero vastità nella mente dell’ascoltatore, uno spazio immenso in cui perdersi e volare con la mente… un aspetto che mancava alla nostra musica.
DA UN PUNTO DI VISTA LIRICO, QUAL E’ IL MESSAGGIO DELL’OPERA? IL TITOLO, MA ANCHE EPISODI COME “ECCLESIA DIABOLICA CATHOLICA” E “IF CRUCIFIXION WAS NOT ENOUGH…”, SEMBRANO PRESTARSI A DIVERSE CHIAVI DI LETTURA, OLTRE AD AVER SUSCITATO REAZIONI CONTRASTANTI TRA I VOSTRI FAN.
– Scardinare le certezze delle persone, costringerle a pensare… si può dire che sia questo il messaggio del disco. E’ un aspetto che chiunque potrà approfondire leggendo i testi, non starò qui a parlartene per ore, ma ciò a cui ho sempre ambito come musicista è riuscire a scatenare una reazione nell’ascoltatore. Perchè se ti senti provocato è molto probabile che tu cominci a riflettere. Non mi interessa avere la tua approvazione, sentirti dire ‘sono d’accordo con te’. Hai la tua testa, il tuo cervello, le tue opinioni. Non seguirmi se non sei d’accordo con quello che dico, ma apriti al mondo. Ho sempre inteso l’Arte in questa maniera: noi porgiamo una chiave, sta all’ascoltatore decidere se prenderla e quale uso farne, quale porta aprire con essa. Ai Behemoth non è mai interessato dare risposte. Voglio dire, tu sei italiano, conoscerai bene il significato di cattolico. Cattolico è ciò che è popolare, l’esatto contrario di diabolico. Abbiamo sempre giocato con gli opposti: il mio libro si chiama “Sacrum Profanum”, il nuovo album si chiama “I Loved You at Your Darkest”, è aperto da “Solve” e chiuso da “Coagula”… c’è luce, ma c’è anche tenebra. Come nella vita di ogni persona. Sta al singolo decidere come bilanciare questi due elementi. Forse è per questo che tante persone religiose ci seguono e ci ascoltano. Sotto ogni mio post Instagram c’è sempre qualcuno che scrive ‘sono cristiano, eppure amo la tua band’, e va benissimo così. La negatività può essere un linguaggio universale che scava nel profondo, andando oltre i costrutti che siamo soliti seguire.
IN EFFETTI, QUALCHE ANNO FA HO PORTATO UN AMICO ASSOLUTAMENTE ESTRANEO AL METAL AD UN VOSTRO CONCERTO, E NON HA AVUTO L’EFFETTO DI REPULSIONE CHE MI ASPETTAVO.
– E’ esattamente ciò che ti dicevo. Sapere che qualcuno che non ascolta la nostra musica, o tantomeno il metal in generale, esce da un nostro concerto con un buon ricordo, mi fa capire che sto facendo bene il mio lavoro. Questo è un altro aspetto dell’universalità di cui parlavo poco fa.
SE TI DICESSI CHE “DEMIGOD”, “THE APOSTASY” E “EVANGELION”, ALBUM MOLTO FORTUNATI CHE HANNO DECRETATO BUONA PARTE DEL VOSTRO SUCCESSO, SONO ANCHE I MENO INTERESSANTI DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA, COSA MI RISPONDERESTI? TROVO SIANO LAVORI MOLTO CURATI, MA ANCHE PIU’ PREVEDIBILI RISPETTO AGLI ULTIMI DUE O A QUELLI SU AVANTGARDE MUSIC…
– Ti dico che è una buona cosa, perchè significa che stiamo attraversando un momento migliore adesso (ride, ndR). Sai, se qualcuno ti viene a dire “ehi, il tuo ultimo disco è bello, ma un po’ prevedibile” non puoi vederlo come un complimento. Mi piace sorprendere sia me stesso che gli altri, e sono certo che “I Loved…”, ancor più di “The Satanist”, avrà un forte impatto sulla gente. Molti si chiederanno “che cazzo sta succedendo?”, ed è fantastico. Tornando alla tua domanda, forse hai ragione. “The Apostasy” ci ha senza dubbio ridefinito come band, portandoci su un altro livello di visibilità, ma a dirla tutta è l’album che meno preferisco della nostra discografia. Riascoltandolo penso sempre “perchè?”. Alcune parti sono buonissime, e ne vado ancora fiero, ma nel complesso non funziona al 100%. Gli preferisco “Demigod”, “Evangelion”, “Satanica”… se poi parliamo dei nostri esordi, il mio preferito è l’EP “And the Forests Dream Eternally”, uscito anch’esso per un’etichetta italiana, l’Entropy Productions (oggi Iron Tyrant, ndR).
IL MIO INVECE “ZOS KIA CULTUS”.
– Davvero? Il caro vecchio periodo su Avantgarde Music… prima ho sentito al telefono Roberto (Mammarella, proprietario dell’etichetta, ndR), non ci vediamo da una vita… forse riusciremo a rimediare a gennaio, quando passeremo da qui per il tour.
SEI IL COMPOSITORE PRINCIPALE E IL FRONTMAN DELLA BAND. ALCUNI POTREBBERO QUASI VEDERE I BEHEMOTH COME UNA SORTA DI PROGETTO PERSONALE. PENSI AVRESTI RAGGIUNTO UGUALMENTE CERTI RISULTATI SENZA GLI ALTRI RAGAZZI DELLA BAND?
Assolutamente no. Voglio dire, siamo una band. E’ vero, può esserci un sistema autocratico alla base dei Behemoth, ma siamo pur sempre un gruppo. Deteniamo tutti e tre i diritti sul nome, e questa cosa, anche da un punto di vista legale, fa una grossa differenza. Io scrivo la musica, ma lavoriamo tutti insieme agli arrangiamenti. Le canzoni sono frutto di un processo collettivo. Inoltre ci sono un sacco di aspetti logistici che non passano per le mie mani. Dieci anni fa mi occupavo di tutto, dal songwriting al management, ma oggi le cose sono differenti. Siamo una vera band di veri musicisti. Duri lavoratori che mettono anima e corpo nello stesso progetto.
ESISTE UNA REAZIONE IDEALE ALLA MUSICA DEI BEHEMOTH?
– Naturalmente.
QUALE?
– Qualsiasi! Ogni tipo di reazione è fantastica, perchè significa che non sei rimasto indifferente a ciò che hai ascoltato. Ti siamo piaciuti? Meraviglioso. Non sopporti la nostra musica? Stesso discorso. Amore e odio sono uniti da un filo comune, nascono dallo stesso seme. L’indifferenza, quello è il sentimento peggiore. Preferisco sentire qualcuno dire “voglio ucciderli” piuttosto che “i Behemoth? Non mi interessano”.
AVRESTE MAI PENSATO DI APRIRE PER IL TOUR D’ADDIO DEGLI SLAYER E DIVENTARE UNO DEI PIU’ GROSSI NOMI DELLA SCENA?
– No, nella maniera più assoluta. Sono sempre stato cosciente del nostro valore, di quali fossero le nostre potenzialità, ma quanto successo ha dell’incredibile.
SE NON RICORDO MALE, LA PRIMA VOLTA CHE SUONASTE CON GLI SLAYER FU PROPRIO IN ITALIA…
– Esatto! Anzi no, aspetta… ci era già capitato di suonare con loro un paio di volte, ma si trattava di grossi festival. Quella data fu la prima come supporto diretto. Ad ogni modo, amo il tuo paese e amo esibirmi qui, anche quando la mafia si mette a vendere del merch contraffatto fuori dal locale, come successo qualche anno fa. Sono cose che mi fanno davvero incazzare, ma poi penso all’accoglienza che ci riserva sempre il pubblico, all’amore espresso nei nostri confronti… per questo non vedo l’ora di tornare a Milano a gennaio e sono felice di questo press-day. Alcuni della Nuclear Blast mi hanno detto “perchè vai lì, non abbiamo neppure un ufficio”, ma è proprio per questo che credo sia giusto insistere con la promozione. Sarebbe banale e, per certi versi, stupido concentrarsi solo sui mercati dove siamo già parecchio affermati, come ad esempio la Francia. Voglio che questo disco arrivi ovunque, a quante più persone possibili. Non mi interessa rivolgermi ad una sola scena e non voglio pormi dei limiti. Il metal e il suo linguaggio sono un qualcosa di globale, non devi saper parlare fluentemente inglese per entrare in contatto con noi. Ti basta spalancare la mente e lasciare che la nostra energia fluisca in te.
PER QUANTO CONCERNE I PROSSIMI LIVE SHOW, COSA DOBBIAMO ASPETTARCI? FINORA AVETE SEMPRE ALZATO L’ASTICELLA DELLE VOSTRE PERFORMANCE.
– Stiamo lavorando a qualcosa di davvero speciale. Sarà senza dubbio la produzione migliore della nostra carriera, ancora più scenografica e teatrale che in passato. Ma non chiedermi di dirti di più, perchè in questo momento non posso anticiparti nulla… vedrai con i tuoi occhi a gennaio.
PER RESTARE IN TEMA, UNA DELLE COSE CHE PIU’ APPREZZO DEI VOSTRI TOUR E’ LA SCELTA DEI GRUPPI DI SUPPORTO, MAI BANALE O SCONTATA.
– E’ una cosa a cui tengo molto. Non mi interessa essere accompagnato da gruppi che magari attirano qualche ragazzino. I Behemoth non transigeranno mai su questo aspetto e non ci vedrai mai suonare con band di merda. Voglio andare a letto con la coscienza pulita, capisci quello che intendo dire? Il pacchetto di un tour deve rispecchiare i miei gusti e la mia visione, così da offrire agli spettatori un’esperienza coerente e di qualità. Sulla mia lista ci sono i Midnight, i Mantar, gli Ascension, i Bolzer (di nuovo)… i Tormentor, che si sono da poco riformati… non ci interessa farci pagare dai gruppi spalla. Guadagnamo già il nostro denaro. La credibilità di un artista è importante, e per quanto mi riguarda so bene quali sono le nostre origini. Non importa quanto grandi siamo o diventeremo, le nostre radici affonderanno sempre nell’underground, e ci tengo a non tagliare questo legame. Su internet potrai leggere qualcuno che dice “i veri Behemoth sono quelli dei demo, adesso si sono venduti bla bla bla”, ma se devo essere onesto non mi interessa parlare con degli ultras. Piuttosto, mi interessa rivolgermi a veri appassionati di musica estrema, senza paraorecchie.
SENTIRE QUALCUNO CHE SUONA O RIELABORA I TUOI RIFF E LE TUE MELODIE NON TI LASCIA UNA SENSAZIONE STRANA?
– E’ una bella cosa. Anch’io mi sono ispirato ad altre band per la musica dei Behemoth. E’ un po’ la logica del do ut des, del dare per avere. Non si tratta di rubare riff ma di condividerli. Per questa ragione non mi sentirai mai dire che i Behemoth sono un gruppo originale. Siamo unici, di certo non originali. Ogni cosa è stata già suonata venti/venticinque anni fa, tutto sta nel come oggi la riproponi e la esprimi.
COSA SONO PER TE I BEHEMOTH? ARTE O INTRATTENIMENTO?
– Mmm… siamo degli entertainer, questo è sicuro. Andiamo in tour, i fan pagano un biglietto e dal canto nostro li ricompensiamo con uno show. E’ quello che facciamo, il nostro lavoro. Ma questo non esclude l’Arte e i suoi aspetti. I Behemoth sono un’entità che va oltre la pura e semplice musica, un qualcosa che abbraccia ogni nostra espressione.