Gary Bettencourt è il solito “nessuno”. Un ragazzo, giovane, timido e schivo che come milioni di altre persone (come tanti “pendolari”) ha la sfida della vita davanti; si alza ogni giorno per andare a lavorare, per pagare le bollette, mantenere la famiglia e fare sempre la cosa più “giusta” e sensata. Come tanti di noi Gary è solo un altro di milioni di respiri che riempiono enormi centri urbani, un altro abitante di un mondo urbano enorme, rumoroso e brulicante. La solita goccia, persa in un enorme mare. Questo, finchè Gary non decide di chiudersi in camera e imbracciare la chitarra. A quel punto Gary Bettencourt diventa una potenza inarrestabile, e la sua creatività debordante, la sua personalità e il suo immenso talento sono capaci di aprire voragini gigantesche negli immaginari di tanti di noi che seguono e amano certe sonorità ed estetiche heavy radicate nel punk e in un certo modo di vedere il metal. La sua musica nel momento stesso in cui nasce è una forza inarrestabile, un urlo di rabbia incontenibile che arriva dal nulla e ci scuote dal di dentro e risuona nelle nostre vene come una gigantesca e scurissima scarica di adrenalina. Il buio e la furia che questo ragazzo è capace di sprigionare tramite i Black Monolith sono un qualcosa cui si stenta a credere tanto il progetto è compiuto, ambizioso e travolgente. In ambito crust, d-beat e di tutto ciò che è “blackened”, la musica di questa band è tra le più alte espressioni del connubio black metal-punk attualmente in circolazione e il debut album della band – il magnifico “Passenger” – una delle somme espressioni del blackened crust targato 2014. Ci abbiamo messo non poco a scovare questo timido ragazzo che all’inizio era anche scettico delle nostre intenzioni, ma alla fine ne è sicuramente valsa la pena farci una chiacchierata visto il mistero e la timidezza che avvolge il progetto, e non possiamo negare che a contatto avvenuto abbiamo trovato una persona semplicissima che a tratti sembrava sbalordita del fatto che ci fosse interesse attorno alla musica che lui crea da solo nella sua camera quando non ha null’altro da fare. Avanti così Gary Bettencourt, sei tra i migliori in circolazione oggigiorno.
CIAO GARY, CI SPIEGHI LA GENESI DEI BLACK MONOLITH DA QUANDO HAI INIZIATO CON IL PROGETTO SINO ALLA RELEASE DI “PASSENGER”?
“Ho iniziato a fare demo di musica che avevo in testa attorno al 2009. Col tempo poi le mie doti nel mixing eccetera sono migliorate a forza di fare demo sempre più azzeccati, e da lì ho capito che avrei potuto fare dei dischi veri e propri interamente da solo. Quando ho finito il primo demo dei Black Monolith, prima l’ho fatto sentire a dei miei amici, che mi hanno incoraggiato a metterlo su Bandcamp. Sono rimasto sconvolto nel vedere che si è sparsa la voce su internet in merito alla release che era online che la gente ascoltava, comprava e scaricava, e che spuntavano in giro anche recensioni raggianti che io non ho mai neanche richiesto. A quel punto mi sono ributtato nella stesura di nuovi pezzi, e circa tre anni dopo mi sono ritrovato con abbastanza materiale per un full length che è poi uscito tramite la All Black Recording Company di George e Derek”.
COME SEI DIVENTATO UN MUSICISISTA, COSA TI HA SPINTO IN PRIMA ISTANZA AD INIZIARE A SUONARE?
“Mi son comprato la mia prima chitarra a tredici anni, e mi sono auto-insegnato a suonarla da solo usando tablature e imparando le mie canzoni preferite a memoria – ‘Ride The Lightning’, eccetera. La chitarra mi ha portato ad avere una solida comprensione del basso, e la batteria l’ho imparata a suonare jammando con amici in varie piccole band locali senza grosse pretese”.
CI PARLI DEI TUOI ANNI ADOLESCENZIALI QUANDO VIVEVI A MODESTO, NELL’ENTROTERRA CALIFORNIANO, E SUONAVI NELLA BAND GRIND-DEATH METAL RISE OF CALIGULA CON GEROGE CLARK E KERRY McCOY DEI DEAFHEAVEN?
“Conosco quei due da quando avevamo dodici anni, suonammo insieme nei Rise of Caligula per circa quattro anni. Fu in quegli anni, suonando in quella band, che imparai la maggior parte di quello che so fare oggi e divenni un musicista decente”.
POI VOI VI SIETE TUTTI TRASFERITI NELLA BAY AREA, TU AD OAKLAND E LORO A SAN FRANCISCO. COINCIDENZA O MOSSA COLLETTIVA?
“Tanta gente vuole spostarsi dalla ‘campagna’ californiana alla Bay Area, soprattutto chi è interessato ad arte, musica, cultura eccetera. Quindi, non proprio una coincidenza, ma una cosa che fanno in molti. Io però sono arrivato a Oakland un paio d’anni dopo che loro già erano a San Francisco. I Black Monolith sono nati anche per questo: dopo che loro hanno lasciato Modesto, io sono letteralmente rimasto lì da solo per due anni con nessuno con cui volessi suonare, per cui mi sono chiuso in casa a fare da solo”.
HAI ANCHE SUONATO NEI DEAFHEAVEN PER UN PO’, GIUSTO?
“Si, li ho aiutati a rimpiazzare temporaneamente un loro chitarrista durante il loro primo tour degli USA. Ho suonato con loro come turnista finchè non hanno trovato un rimpiazzo permanente”.
COME E’ NATA LA COLLABORAZIONE TRA TE E LA ALL BLACK RECORDING COMPANY DI GEORGE CLARK E DEREK PINE?
“Come ti dicevo siamo amici da anni. Io stavo pensando a come pubblicare il mio nuovo materiale proprio mentre loro erano in cerca di una prima band da pubblicare con la loro allora appena nata label, per cui devo dire che il tutto è successo con tempismo perfetto e con naturalezza totale”
SEI CONTENTO DI COME GEORGE E DEREK GESTISCONO LA LABEL E LA TUA MUSICA?
“Certamente, è tutto perfetto per quanto mi riguarda”.
COME MAI I BLACK MONOLITH SONO SEMPRE STATI UNA ONE MAN-BAND?
“Come ti spiegavo prima, inizialmente è iniziato come progetto solista semplicemente perchè a Modesto letteralmente non trovavo nessuno con cui suonare questo tipo di musica. Col passare del tempo poi mi sono reso conto che facendo da solo mi stavo evitando tante scocciature: zero compromessi con nessuno, piena libertà artistica, totale controllo, eccetera”.
QUANDO HAI INIZIATO CON IL PROGETTO QUALE ERA IL TUO OBIETTIVO PRIMARIO?
“Non lo so con certezza. Le premesse di allora, erano diverse dai presupposti di ora. Volevo semplicmente creare musica, perchè amo la musica e amo suonare. Inoltre sono sempre stato interessato al lato tecnico della musica: mixing, produzione, sound engineering eccetera. Questo progetto mi ha offerto tante possibilità: imparare a registrare e missare professionalmente, e a migliorare come musicista, per cui ho iniziato per evolvere e coltivare delle mie passioni inespresse che già avevo”.
QUALE PENSI CHE SIA IL TUO STRUMENTO PRIMARIO?
“La chitarra, senza ombra di dubbio”.
CHE TEMATICHE ESPLORANO I BLACK MONOLITH? DI COSA PARLANO I TUOI TESTI E CONCETTUALMENTE SU COSA SI BASA IL PROGETTO?
“Niente di troppo complicato. E’ un modo per me di fare musica e fare ciò che amo. I contenuti possono variare a seconda del mio stato d’animo presente eccetera. Non c’ alcuna estetica o conettualità ricorrente”.
CI SPIEGHI NEL DETTAGLIO COME SCRIVI E REGISTRI LA TUA MUSICA?
“Il tutto comincia con io che mi siedo sul mio letto e comincio a fare un gran casino con la chitarra. Quando sento che sto suonando qualcosa potenzialmente utilizzabile o che comunque mi sta piacendo lo memorizzo e lo risuono, poi prima che mi sparisce dalla testa lo registro al computer e lo salvo. Poi continuo a strimpellare e così via. Poi, dopo un pò torno al mio computer e mi riascolto tutti i riff che ho registrato per decidere cosa voglio tenere e sviluppare ulteriormente e cosa non mi piace. Quando ho deciso cosa mi piace, cerco di risuonare i riff e dargli una struttura, ci aggiungo delle basilari drum machines per dare un tempo e un ritmo, e poi continuo così, aggiungendo, modificando, e svilluppando il materiale finchè non vedo che ho tra le mani lo scheletro di un pezzo, la base strumentale. Una volta che sono contento di come suona, aggiungo samples, overdubs di chitarra e infine mi metto giù a decidere sulle voci e a scrivere i testi, che sono sempre espressione del momento per me, il frutto del mio stato d’animo corrente, una cosa molto inconscia. Poi mi dedico al missaggio per rendere i pezzi organici, bilanciati e ben studiati”.
PENSI CHE INVITERAI MAI QUALCUNO A SUONARE NELLA BAND CON TE, O CHE POTRESTI INIZIARE A SUONARE IN UN’ALTRA BAND CON ALTRE PERSONE, OPPURE PENSI CHE FARAI SEMPRE E COMUNQUE LE COSE DA SOLO?
“I Black Monolith saranno sempre e solo me. Qualora dovessi iniziare a suonare con altre persone, si tratterebbe per forza di un’altra band diversa da questa”.
IL PRIMO DEMO DEI BLACK MONOLITH ERA MOLTO ORIENTATO AL D-BEAT E AL CRUST, MENTRE “PASSENGER” SEMBRA MOLTO PIU’ ORIENTATO AL BLACK METAL AL POST-ROCK, CHE NE DICI?
“Forse, e in tal caso credo si tratti solo della naturale evoluzione del progetto o degli interessi che ho ai vari stadi della mia vita. I gusti musicali sono una cosa che cambiano in continuazione e che evolvono sempre. Poi mentre migliori come musicista ti rendi anche conto che puoi provare soluzioni diverse e cimentarti in altro invece di suonare sempre la stessa roba. Non ho mai voluto ripetermi e registrare due volte la stessa cosa. Chi lo sa, magari il prossimo album dei Black Monolith sarà una sorta di tributo agli Oasis… (ride, ndR).”
COME MAI IL TITOLO “PASSENGER” PER IL DISCO E QUEL PARTICOLARE ARTWORK?
“Il titolo mi è venuto per via della mia esistenza come eterno pendolare, di questa mia quotidiana situazione che vivo per andare a lavorare e tornare a casa. Un giorno inoltre, durante uno di questi viaggi quotidiani stavo ascoltando la canzone di Iggy Pop ‘The Passanger’, e in quell’istante questa coincidenza mi si è fissata in mente. Il disco parla di come ogni giorno divento volontariamente un passeggero, per andare in un posto che odio. Inoltre il titolo esplora anche un concetto più ampio, ovvero il fatto che tanti di noi in questa società siamo passeggeri che ci muoviamo in massa senza sapere perchè. Semplicemente seguiamo preconcetti sociali e morali e siamo passeggeri di idee altrui. La copertina è opera di Bryan Proteau. Abbiamo buttato giù qualche idea insieme, ma è per lo più il frutto della sua visione. Il risultato finale mi ha comunque estasiato”.
QUALI SONO LE TUE MAGGIORI INFLUENZE?
“The Smiths, David Lynch, Swans, Nick Cave, Tragedy, Darkthrone, e molti altri, ma questi i principali”.
DOVE PENSI SIA DIRETTO IL PROGETTO? COME LO VEDI IN UN FUTURO PROSSIMO?
“Io sono più interessato al viaggio che alla destinazione. Non penso mai al domani quando faccio musica, solo a cosa voglio fare ora”.
OAKLAND HA UNA SCENA METAL E PUNK ENORME, TE NE SENTI PARTE?
“Sono consapevole del fervore heavy che c’è ad Oakland, e posso dire di seguirlo con piacere, ma non credo di essere molto coinvolto nella scena locale”.
CHE ALTRO FAI NELLA VITA QUANDO NON STAI SUONANDO, SCRIVENDO, REGISTRANDO, ECCETERA?
“Quando non sto suonando e registrando i Black Monolith, solitamente sto passando il tempo con mia moglie e mia figlia”.
GRAZIE GARY, FINISCI PURE COME VUOI!
“Grazie di cuore a chiunque supporti o mostri interesse nella mia musica! Ho cose nuove in cantiere per la fine dell’anno, quindi per piacere continuate a seguire questo mio progetto!”