Con “Hawkdope”, i Black Rainbows sono pronti a fare il salto di qualità. La formazione italiana negli anni si è distinta grazie ad un lavoro costante ed alla pubblicazione di dischi che hanno sempre ottenuto ottimi riscontri e permesso alla band di tenere ben trecentocinquanta concerti in Italia e soprattutto all’estero. Il cantante/chitarrista Gabriele Fiori ci parla della nuova fatica di casa Black Rainbows e della sua attività con la prolifica etichetta Heavy Psych Sounds.
PARLIAMO SUBITO DEL NUOVO “HAWKDOPE”, A MIO AVVISO IL DISCO PIU’ MATURO DEI BLACK RAINBOWS.
“Dietro la nascita di ‘Hawkdope’ si cela un lungo lavoro fatto in questi ultimi anni. Per avere in mano un disco solido e di cui fossimo soddisfatti al cento per cento abbiamo curato ogni dettaglio e lavorato molto insieme. Sono state fatte un sacco di registrazioni, siamo stati insieme moltissimo in sala prove a suonare e risuonare i pezzi, abbiamo registrato un sacco di riff, di parti improvvisate, linee vocali. Una volta raccolto tutto questo materiale, è iniziato il processo di selezione, ovvero abbiamo tenuto le parti che più ci piacevano, alcune così com’erano, altre modificandole, per poi scartare ciò che non ci convinceva. A fine processo ci siamo trovati con ben diciannove canzoni, quasi tre ore di musica. Da qui, si è fatta un’ulteriore scrematura e sono stati tenuti i pezzi che più legavano fra loro. Le nove canzoni che sono finite su disco, come dicevo, sono sì legate, ma musicalmente presentano un bel po’ di differenze, non abbiamo mai voluto realizzare canzoni tutte uguali”.
INDUBBIAMENTE IL DISCO E’ GUITAR ORIENTED, MOLTO POTENTE, MA MI SEMBRA CHE IL SOUND IN GENERALE, RISPETTO AI VOSTRI PRECEDENTI LAVORI, SI SIA SPOSTATO SU COORDINATE PIU’ “VINTAGE” E MENO STONER.
“Hai ragione, i nostri precedenti dischi possiedono un sound più vicino allo stoner, mentre con ‘Hawkdope’ ci siamo spostati su coordinate più vicine al rock duro degli anni Settanta, con chitarre che suonano più acide, influenze psichedeliche alla Hawkwind, heavy rock alla Black Sabbath. Alla fine le nostre influenze spaziano da Fu Manchu a gli UFO, ai Cream, agli Hawkwind, c’è un po’ di tutto nella nostra musica”.
CHE SIGNIFICATO ASSUME UN TITOLO COME “HAWKDOPE”? A ME DA UN SENTORE MOLTO PSICHEDELICO.
“Non potrebbe essere altrimenti. Il falco della copertina, intento a compiere un viaggio spaziale è un’immagine molto forte e dalle tinte psichedeliche decisamente percettibili. In realtà abbiamo fatto un mix di due parole, ‘Hawk’ a richiamare gli Hawkwind ed il loro space rock, e ‘Dope’ che ricorda i Monster Magnet. Anche i testi dei brani seguono queste tematiche, parlano di viaggi spaziali, esperienze lisergiche, tutti temi legati all’immaginazione, ma dalla forte connotazione psichedelica”.
E’ IMPORTANTE PER VOI SCRIVERE BUONI TESTI O DATE LA PRECEDENZA ALLA MUSICA?
“Per quanto mi riguarda i testi sono importanti, ma non sono l’aspetto principale di una canzone. Noi cerchiamo chiaramente di proporre tematiche inerenti al nostro stile musicale, quindi come ti dicevo viaggi spaziali o esperienze lisergiche, ma non crediamo di dover spiegare qualche concetto di fondamentale importanza per i fan. Le nostre canzoni parlano principalmente di storie, quasi tutte inventate”.
I BLACK RAINBOWS HANNO REALIZZATO ANCHE UNO SPLIT CD CON I FARFLUNG. COME E’ NATA QUESTA COLLABORAZIONE?
“Nel 2010 si era paventata l’opportunità di andare in tour insieme ai Farflung, ma per una serie di motivi non riuscimmo a suonare con loro. Un anno dopo si è ripresentata questa possibilità e questa volta non ce la siamo fatta scappare. Da qui è nata la nostra collaborazione, che poi si è concretizzata nello split cd di cui siamo molto orgogliosi”.
VOI BLACK RAINBOWS PUBBLICATE DISCHI PER LA VOSTRA ETICHETTA, LA HEAVY PSYCH SOUNDS. QUANTO E’ IMPORTANTE PER VOI GESTIRE TUTTI GLI ASPETTI, ARTISTICI ED ECONOMICI IN PRIMA PERSONA?
“Quante volte una band valida non ha potuto spiccare il volo a causa di un’etichetta sbagliata, che magari aveva altre priorità e non concentrava tutte le sue forze in un’adeguata promozione? Invece con la nostra etichetta possiamo dedicarci al cento per cento sulla band, fare ogni cosa senza avere il fiato sul collo! L’attività dei Black Rainbows ci ha permesso di far partire l’etichetta nel modo giusto, poi si è ampliata ed ha aggiunto diverse band nel proprio rooster che hanno a loro volta dato visibilità alla label. Non nego che gli ottimi responsi che stiamo ricevendo come Black Rainbow ci stiano facendo valutare un possibile salto di qualità e di affiliarci a realtà discografiche più grosse, vedremo”.
DA DISCOGRAFICO, QUANTO E’ IMPORTANTE IL DOVER ETICHETTARE UNA BAND CON UNA DEFINIZIONE? TE LO CHIEDO PERCHE’ QUANDO SI LEGGE DI BLACK RAINBOWS SI PARLA DI BAND PSICHEDELICA, A VOLTE DI BAND STONER, O DI BAND RETRO ROCK…
“Capisco cosa vuoi dire, oggi dietro al termine ‘retro rock’ si cela un grande contenitore di generi. Da discografico credo sia molto importante riuscire a dare la giusta definizione del sound di una band, per far capire agli acquirenti cosa si trovano davanti, soprattutto per i più giovani che si avvicinano al genere o per chi non è proprio un esperto. Chi invece ascolta queste sonorità da anni non credo abbia bisogno di troppe etichette”.
SO CHE STATE PER IMBARCARVI IN UN TOUR CHE VI PORTERA’ A SUONARE DIVERSE DATE ALL’ESTERO. L’INTERESSE PER I BLACK RAINBOWS E PER QUESTA ONDATA DI RETRO ROCK STA AUMENTANDO SECONDO VOI?
“C’è sicuramente fermento, nel senso che stanno uscendo un sacco di nuove band, ci sono più festival improntati sul genere e, fortunatamente, anche il pubblico sembra aver rinnovato un certo interesse per questo tipo di sonorità psichedeliche. Va detto però che tutto resta confinato a livello underground, rispetto alla scena metal, gruppi retro rock hanno ancora una visibilità molto minore. Succedono anche cose strane, qualcuno si approfitta di questo periodo ‘d’oro’ per chiedere molti più soldi per organizzare un concerto di band che magari fino all’anno scorso erano praticamente sconosciute. All’estero ci piace suonare perché la mentalità è diversa rispetto all’Italia, c’è più interesse per i concerti, più attitudine e voglia di vedersi una band dal vivo, qui si preferisce andare a mangiare una pizza. Poi il pubblico è sicuramente più numeroso, almeno per band come la nostra”.
QUAL E’ IL PUBBLICO CHE VI HA DATO PIU’ SODDISFAZIONE IN TERMINI DI PRESENZE?
“Devi sapere che ormai abbiamo tenuto più di 350 concerti. Quelli che ci hanno dato più soddisfazioni sono state le date a Londra e il Desert Fest di Berlino, abbiamo suonato di fronte a moltissima gente. Ricordo invece i nostri primissimi show in locali dove c’erano dalle tre alle cinque persone!”
QUANTO VI DIVERTITE ANCORA A SUONARE?
“Ci divertiamo molto, ma credimi che anche dietro una piccola band come la nostra c’è davvero moltissimo lavoro da fare. Questo vale, credo, per tutte quelle band che cercano di crescere e di vivere di musica. Per realizzare i nostri sogni c’è da soffrire un po’ e lavorare moltissimo. Senza ombra di dubbio è la passione a motivarci maggiormente ad andare avanti, ma noi vogliamo anche migliorare, crescere, ottenere più cose. Tra band ed etichetta siamo fortunati perché possiamo vivere di musica, ma continuiamo a lavorare per ottenere sempre di più”.
CI SONO DELLE GIOVANI BAND CHE VI PIACE ASCOLTARE?
“Ce ne sono molte, Wedge, Wild Eyes, Killer Boogie, Travelin Jack, Cosmic Wheels, Isaak, Tons and The Wisdoom. La qualità non manca, anche se la scena, come dicevo prima, si mantiene a livello poco più che underground”.