L’intervista con Zack Anderson e André Kvarnström, rispettivamente bassista e batterista dei Blues Pills, arriva in un momento cruciale per la band, all’indomani dell’uscita di “Birthday”, un album che rappresenta un momento di grande ispirazione artistica.
Con l’arrivo del piccolo Loui, la cantante Elin Larsson ha affrontato un viaggio profondo, intrecciando la sua esperienza di maternità con una nuova direzione artistica: questo disco porta infatti la band verso sonorità più luminose e melodie ammalianti, omaggiando le atmosfere spensierate e colorate degli anni Sessanta e Settanta.
Un percorso che, pur mantenendo l’energia e l’intensità tipiche dei Blues Pills, rivela una versatilità unica.
“BIRTHDAY” HA UN SOUND MOLTO PIU’ LUMINOSO RISPETTO AL SUO PREDECESSORE, CON UN’ANIMA MELODICA MOLTO MARCATA, A TRATTI POP, NEL SENSO PIU’ NOBILE DEL TERMINE.
Zack Anderson: – Penso che con quest’album ci siamo sentiti più liberi di sperimentare. Quando abbiamo dato vita alla band abbiamo cercato di ricreare quel sound tipico degli anni Sessanta e Settanta. Siamo ancora influenzati da quella musica, ma è passato molto tempo dai nostri esordi e abbiamo ascoltato molte cose diverse, che ci hanno influenzato a loro volta. Siamo molto più aperti, non sentiamo il bisogno di suonare vintage a tutti i costi e questo si riflette in “Birthday”.
PENSATE CHE UN ALBUM COSÌ DIVERSO DAL VOSTRO SOLITO STILE POSSA LASCIARE UN PO’ PERPLESSI I VOSTRI FAN DI LUNGA DATA?
André Kvarnström: – Non credo. È uno sviluppo naturale. Non ci piacerebbe fare sempre lo stesso disco, e capisco cosa intendi, ma allo stesso tempo non penso ci sia una differenza così marcata. Spero comunque che i fan possano apprezzare anche quest’album.
Zack Anderson: – Certo, è impossibile piacere a tutti. Durante tutta la nostra carriera è stato così, fin già dal primo album, ci dicevano che l’EP era migliore, poi che il secondo disco non era all’altezza del primo, e così via. Con il tempo impari a seguire il tuo percorso senza dare troppo peso a questi commenti.
André Kvarnström: – E in ogni caso, ogni nostro vecchio album è sempre lì, quindi, se vogliono, possono sempre riascoltarli!
SUPPONGO CHE IL TITOLO “BIRTHDAY” SIA UN OMAGGIO ALLA NASCITA DEL FIGLIO DI ELIN. QUANTO HA INFLUENZATO LA GRAVIDANZA NELLA CREAZIONE DELL’ALBUM?
Zack Anderson: – Non ha cambiato molto, ma sicuramente è stato un evento positivo. Abbiamo scoperto che Elin era incinta abbastanza presto, all’inizio delle registrazioni, e penso sia per questo che l’album ha un’atmosfera più serena rispetto ai precedenti.
Eravamo tutti contenti e ci divertivamo a suonare insieme. Elin ha detto che per lei è stato bello, perché aveva qualcosa di più grande a cui pensare oltre alla musica; quindi, ha preso tutto con più leggerezza, lasciando che le cose venissero da sé. Penso sia un bene quando si crea arte, perché quando prendi le cose troppo sul serio il risultato non è migliore per questo.
HO NOTATO CHE NELLA COPERTINA ELIN MOSTRA LA GRAVIDANZA CON UNA MANO SULLA PANCIA. COME MAI QUESTA SCELTA? NON C’ERA NULLA DA NASCONDERE, OVVIAMENTE, È UN EVENTO NATURALE E BELLISSIMO, MA È STATA UNA VOSTRA SCELTA EVIDENZIARLO?
Zack Anderson: – Sì, inizialmente dovevamo solo fare delle foto per l’album, e lei sarebbe stata incinta su quelle foto, quindi era naturale mostrarlo. Poi il concept dell’album ha preso forma da solo, senza che ce ne rendessimo conto. Avevamo già scritto una canzone chiamata “Birthday” che in realtà parlava di altro, e visto che Elin era incinta, quel titolo ha finito per dare una direzione a tutto l’album.
IN GENERALE, COME NASCONO LE VOSTRE CANZONI? LE COMPONETE SINGOLARMENTE O NASCONO DA JAM SESSION?
André Kvarnström: – Dipende. Ognuno di noi scrive, ma spesso Elin e Zack lavorano insieme su melodie e testi, e poi io e Kristoffer entriamo in gioco. Se hanno trovato una buona idea per le voci, allora la sviluppiamo.
A volte è difficile, anche se hai un sacco di riff, perché se non riesci a trovare una melodia vocale adatta è difficile continuare. Però, se loro hanno un’idea buona, allora tutti insieme la proviamo, aggiungiamo altre parti, e andiamo avanti così, portando ciascuno il proprio contributo.
Zack Anderson: – Sì, per questo album ogni canzone è diversa proprio per questo motivo. In passato le canzoni erano spesso scritte principalmente da me e Elin, perché siamo stati noi a formare la band e a scrivere i primi pezzi. Ma in questo album molte canzoni sono nate più spontaneamente, direttamente in studio, improvvisando su un riff e scrivendo testo e musica al momento. Alcuni brani sono stati creati proprio mentre registravamo.
IN QUESTO ALBUM SEMBRA CHE ABBIATE ESPLORATO NUOVE SONORITÀ, SINO AGLI ANNI SESSANTA, CON INFLUENZE SURF E ROCKABILLY. QUALI SONO LE VOSTRE ISPIRAZIONI, IN GENERALE E PER QUESTO ALBUM?
Zack Anderson: – È difficile dirlo, perché a volte non ricordo neanche cosa ascoltassimo in quel periodo. Sicuramente è una miscela di stili. La musica degli anni Sessanta è sempre stata una grande influenza per noi, in particolare soul e Motown, ma ascoltiamo anche artisti più moderni, anche se magari non hanno un suono simile al nostro. In effetti, la maggior parte della musica che ascolto in realtà non è nemmeno rock o qualcosa del genere.
IL VOSTRO GRUPPO HA SPESSO TRATTATO TEMI LEGATI AL FEMMINISMO. NEGLI ULTIMI ANNI LA SITUAZIONE È MIGLIORATA E CI SONO SEMPRE PIÙ ARTISTE CHE EMERGONO IN UNA SCENA DOMINATA DAGLI UOMINI, MA C’È ANCORA TANTA STRADA DA FARE. QUAL È LA VOSTRA OPINIONE?
Zack Anderson: – Essere in una band con una cantante donna ti dà sicuramente una prospettiva diversa; vedi le difficoltà che deve affrontare, e quanto tutto è più complesso per una donna. Non ci siamo mai seduti ad un tavolo, decidendo di formare una ‘band femminista’. Abbiamo solo una cantante donna, e naturalmente la sosteniamo. In Svezia è tutto abbastanza normale, siamo un paese progressista, ma ai festival, per esempio, si nota spesso che siamo l’unica band con una donna sul palco.
SUI SOCIAL, SPESSO IL DIBATTITO SI POLARIZZA SU QUESTI TEMI, TRA CHI CRITICA IL POLITICAMENTE CORRETTO E CHI SOSTIENE LA COSIDDETTA ‘WOKE CULTURE’. VI È MAI CAPITATO DI SCONTRARVI CON CHI HA POSIZIONI RADICALI IN MERITO?
Zack Anderson: – Non nella vita reale, ma sicuramente su Internet. Ricordo che quando abbiamo pubblicato la canzone “Proud Woman”, è stato un po’ la classica ‘goccia che fa traboccare il vaso’ per alcuni di questi fenomeni…
Al momento della pubblicazione non pensavamo neanche fosse un’affermazione così forte. Pensavamo solo di aver scritto una canzone che ci piaceva. Non ci sembrava un problema che lei cantasse “sono una donna orgogliosa”. Ma poi, una volta uscita, ci siamo resi conto di quanto fosse necessario un brano così, perché evidentemente c’è ancora chi si offende solo a sentir dire che una donna è orgogliosa di sé.
VORREMMO CHIEDERVI DI DUE CANZONI CHE CI HANNO COLPITO PARTICOLARMENTE. LA PRIMA È “DON’T YOU LOVE IT”. COSA POTETE DIRCI SU QUESTA CANZONE?
Zack Anderson: – “Don’t You Love It” è una canzone che trasmette buone vibrazioni. È stata una delle prime canzoni che abbiamo scritto per l’album. Avevamo tanta energia, ed eravamo dell’umore giusto per scrivere un pezzo così. Ricordo che avevo registrato il riff in una demo di bassa qualità, sul telefono.
Poi, durante le prove, ci siamo imbattuti in quell’idea, abbiamo iniziato a improvvisare, e Elin ha inventato il testo quasi sul momento. Spesso, quando una canzone viene bene, succede tutto molto velocemente.
L’ALTRA CANZONE DI CUI VORREMMO SAPERE DI PIÙ È “TOP OF THE SKY”. UNA CANZONE MERAVIGLIOSA CHE, IN ALTRI TEMPI, SAREBBE SICURAMENTE STATA IN CIMA ALLE CLASSIFICHE.
Zack Anderson: – Per il testo mi sono ispirato a un documentario su influencer che scalano edifici e grattacieli per filmarsi in diretta. C’era un ragazzo cinese che è morto facendo queste acrobazie, e questo mi ha fatto riflettere sull’impatto dei social media nella vita. Ho scritto la prima parte del testo e degli accordi, poi ho incontrato Elin e abbiamo completato il testo insieme. Volevo trasmettere l’idea che potremmo anche fare un passo indietro rispetto all’ossessione per i social.
A DICEMBRE SARETE IN ITALIA, A MILANO PER UN CONCERTO. COSA POSSIAMO ASPETTARCI DAL NUOVO TOUR? COME AVETE STRUTTURATO LA SCALETTA?
André Kvarnström: – Stiamo provando molto per il tour, sarà un mix di pezzi da tutti e quattro gli album. È bello poter scegliere da più dischi, ma è importante trovare un buon equilibrio per integrarli. Al momento stiamo lavorando su qualcosa di bello. È divertente imparare i nuovi pezzi e suonarli dal vivo, perché prendono una forma diversa una volta provati più volte. Comunque, sarà uno spettacolo energico!
Zack Anderson: – Ci saranno di sicuro molte canzoni dell’ultimo album.
PERFETTO, NON VEDIAMO L’ORA DI SENTIRVI DAL VIVO. E UNA CURIOSITÀ: COME STA GESTENDO ELIN IL PICCOLO LOUIE? VERRÀ IN TOUR CON VOI?
André Kvarnström: – Sì, credo verrà con noi per una settimana o forse di più. Non per tutto il tour, ma per alcune date ci sarà. Ha già partecipato a qualche concerto quest’estate, in Spagna, e tutto è andato benissimo.
QUEST’ANNO SEGNA ANCHE IL DECIMO ANNIVERSARIO DEL VOSTRO ALBUM DI DEBUTTO. GUARDANDO INDIETRO, C’È QUALCOSA CHE AVRESTE FATTO DIVERSAMENTE?
Zack Anderson: – È difficile immaginare cosa avremmo potuto fare diversamente, perché ogni cosa accade per una ragione, e non ha senso rimuginare sul passato.
André Kvarnström: – Forse avrei cercato di non essere troppo nervoso prima di salire sul palco, cercando di godermi il momento.
Zack Anderson: – Mi è venuta in mente una cosa. Se potessi tornare indietro, direi al mio io più giovane di smettere di preoccuparsi di quello che pensano gli altri. All’inizio eravamo giovani e ci facevamo influenzare da ciò che scrivevano su Internet. Ora siamo a un punto in cui non ci importa più. È facile rimanere bloccati sui commenti negativi.
E ORA UNA DOMANDA PIU’ LEGGERA: SE DOVESTE SCEGLIERE TRE ALBUM DA PORTARE SU UN’ISOLA DESERTA, QUALI SCEGLIERESTE?
André Kvarnström: – Bella domanda! (ci pensa a lungo, ndr) Direi “Band Of Gypsies” di Jimi Hendrix, “Stadium Arcadium” dei Red Hot Chili Peppers e il primo album dei Black Sabbath.
Zack Anderson: – E io direi “Then Play On” dei Fleetwood Mac, “White Album” dei Beatles e “Elephant” dei White Stripes.