BOLOGNA VIOLENTA – Sarabanda Mortuaria

Pubblicato il 27/03/2012 da

Nonostante un passato pieno zeppo di collaborazioni con gruppi rock e pop, oltre che ad un ricco background di musica classica, Nicola Manzan è ora più che mai concentrato sul suo nuovo progetto, i Bologna Violenta, selvaggia valvola di sfogo del musicista trevigiano, alla riscoperta di vecchi amori di gioventù e, al tempo stesso, sperimentatore folle e visionario. Con queste premesse vengono pubblicati in successione “Il Nuovissimo Mondo” e “Utopie E Piccole Soddisfazioni”, quest’ultimo analizzato sulle pagine di Metalitalia.com, che non si è lasciata sfuggire l’opportunità di scambiare quattro chiacchere con la sola e unica mente di questa nuova, inquietante avventura musicale. Di seguito il resoconto del faccia a faccia, ricco di descrizioni tecniche, collegamenti tra diverse realtà musicali e, infine, un pizzico di ironia…

CIAO NICOLA, BOLOGNA VIOLENTA È UN PROGETTO DEL TUTTO NUOVO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. VUOI FARE UNA PICCOLA PRESENTAZIONE?
“Bologna Violenta è una one-man-band, quindi dietro a questo moniker ci sono solo io, Nicola Manzan, che faccio più o meno tutto, dalle registrazioni ai concerti.
Il genere che propongo è una specie di cybergrind strumentale, dove la componente ‘cyber’ è data dall’uso della drum machine e dei synth, ma senza dimenticare ciò che è il grindcore, ovvero chitarre tendenzialmente devastanti, riff pesanti e stop-and-go alla velocità della luce, il che mi porta spesso in territori più hardcore. Il progetto è iniziato nel 2005, quasi per caso, quando ho registrato il mio primo album composto da 26 tracce da 26 secondi l’una. Pensavo che questo disco avrebbe rappresentato il mio epitaffio come musicista, ero in un periodo in cui sembrava tutto stesse per crollare a livello mio personale, invece mi son ritrovato a distribuire più di 3000 copie in cd-r e 500 in vinile, grazie ad una ristampa fatta da un po’ di etichette del giro (Grind Block su tutte). Nel 2010 è uscito il mio secondo lavoro intitolato ‘Il Nuovissimo Mondo’ per Bar La Muerte, che mi ha permesso di fare un tour molto lungo (130 date in meno di due anni) in Italia e all’estero, e che mi ha fatto conoscere ad un buon numero di persone, nonostante il concept del disco fosse incentrato sui cosiddetti mondo-movies, i documentari degli anni Sessanta (alla Mondo Cane, per capirci), quindi con tematiche molto macabre e shockanti. Il 27 gennaio è uscito il mio terzo lavoro dal titolo ‘Utopie E Piccole Soddisfazioni’ per Dischi Bervisti e Wallace Records, un disco non incentrato su tematiche cinematografiche (come era successo per i due precedenti), ma sulla vita di tutti i giorni, per così dire”.

QUALI PENSI SIANO LE DIFFERENZE SOSTANZIALI TRA “UTOPIE E PICCOLE SODDISFAZIONI” E I TUOI PRECEDENTI LAVORI?
“Al di là delle tematiche affrontate, o dell’ispirazione che mi hanno dato i vari generi cinematografici, ritengo che ci siano delle differenze abbastanza nette ed importanti tra i tre dischi soprattutto a livello di suoni ed intenzioni. Il primo è il più ‘inconsapevole’, diciamo, nel senso che la base di partenza è sempre la stessa per tutti i pezzi, ovvero batteria elettronica, basso synth e chitarra elettrica a cui si vanno ad aggiungere dei sintetizzatori o dei theremin. L’unico scopo di questo disco era trovare una via di sfogo alla rabbia e al disagio, quindi ritmi velocissimi, riff violenti (tendenzialmente slayeriani) e poco altro. Col secondo disco ho cercato di aggiungere un po’ di colore al suono generale, quindi in genere sotto ai pezzi c’è un piano elettrico che aiuta a dare una connotazione armonica più forte, ma ci sono anche delle intro che vanno a toccare generi diversi, suonati con vari strumenti che ho in casa. Qui c’è anche un uso massiccio dei campioni vocali, del resto l’intento era quello di fare una sorta di documentario in musica, quindi ho ripreso dei cut-up fatti sui documentari e li ho fatti recitare a degli attori veri. Per la prima volta c’è anche un pezzo fatto con gli archi (‘Blue Song’, cover della colonna sonora di ‘Milano Trema’) in cui non ci sono chitarre e batteria e le atmosfere sono molto diverse da quanto proposto nel resto dei brani. Nell’ultimo album l’uso dei campioni parlati è molto ridotto, ci sono solo piccoli interventi vocali in alcuni pezzi, mentre ho cercato di lasciare molto spazio alla musica. La caratteristica più importante, a mio avviso, è però la presenza massiccia degli archi, intesi come una grande orchestra  che accompagna gran parte dei pezzi e che uso in opposizione alle ritmiche serrate, ma anche come vero e proprio accompagnamento melodico-armonico durante i momenti più veloci ed aggressivi. Il disco risulta in questo modo più emozionale, a mio avviso, pur mantenendo di base l’aggressività che è sempre ben presente in quasi tutti i pezzi. Anche qui c’è un pezzo melodico a metà disco (‘Intermezzo’), ma c’è anche un pezzo harsh-noise (‘Il Convento Sodomita’, primo singolo del disco), ma soprattutto il brano che chiude il lavoro è una specie di tema con variazioni in stile vagamente bachiano molto lungo (rispetto alla durata media dei miei pezzi, che è sotto il minuto) con un finale epico e drammatico con orchestra e coro”.

PERCHÈ BOLOGNA È VIOLENTA?
“Non so quanto Bologna possa essere violenta, almeno in relazione con le altre città italiane. Per me lo era molto, a livello personale, quando ho dato vita al progetto. Era un periodo in cui tutto sembrava sfuggirmi dalle mani, avevo sempre fatto il musicista nella vita (visto che sono diplomato in violino) e quando mi sono trasferito a Bologna per inseguire i miei ‘sogni di gloria’ ho avuto due anni di sacrifici per cercare di portare avanti dei progetti che si erano poi rivelati fallimentari. Quindi era la vita ad essere ‘violenta’ con me, non tanto la città in sé.
In più ero in fissa coi film poliziotteschi in quel periodo, quindi mi piaceva l’idea di mettere insieme un bel po’ di cose che mi stavano accadendo con la città che mi stava ospitando e le suggestioni che mi davano quei film”.

COME È NATA L’IDEA DI METTERE IN CONTRASTO TANTE REALTÀ DIVERSE NEL TUO PROGETTO? NEI BRANI SI LEGGONO NAPALM DEATH, MUSICA CLASSICA, SCHEGGE IMPAZZITE DI TECHNO…
“Mi viene da pensare che l’idea è nata da sola, nel senso che non è stata una decisione che ho preso quando ho iniziato a scrivere i primi brani, che volevano essere più che altro il mio modo di vedere il grindcore. Più che altro, col tempo ho iniziato a mettere insieme tutti i tasselli che compongono il mio background, quindi, per dire, i Napalm Death, gli Slayer, l’hardcore anni ’80, la musica classica, le colonne sonore e l’elettronica. Nel primo album, appunto, questo non succedeva, ma già col secondo ho cominciato a mettere un po’ di cose insieme, fino ad arrivare all’ultimo album, in cui ho deciso di inserire pesantemente le mie influenze classiche nei pezzi che stavo scrivendo. Anche questo è successo abbastanza per caso, ma il risultato dopo i primi due o tre brani mi ha convinto che stavo facendo la scelta giusta, anzi, che dovevo cercare di perseguire questa strada del mash-up pesante dei vari generi che ho sempre suonato ed ascoltato, perché comunque quello che stava uscendo sentivo che rappresentava appieno il mio modo di vivere la musica e soprattutto i miei gusti musicali. Tutto ciò, ovviamente, pensando al fatto che di base il progetto BOLOGNA VIOLENTA deve essere fedele al nome che porta, quindi non ho mai pensato di fare un disco easy-listening, per capirci”.

ESSENDO METALITALIA.COM UN PORTALE WEB DI MUSICA METAL, PENSI CHE I NOSTRI LETTORI POSSANO APPREZZARE IL TUO MODO DI FARE MUSICA?
“Penso che la mia musica sia figlia anche del metal più estremo, anzi, ne sono sicuro! Ho passato molti anni ad ascoltare thrash/death e grindcore, generi che rientrano tra l’altro ancora nei miei ascolti quotidiani. Per fare un esempio, ‘Utopie E Piccole Soddisfazioni’ è molto influenzato da ‘Hammerheart’ dei Bathory, che è un disco viking-metal! Lo si può intuire ascoltando le tracce più lente, quelle più sinfoniche, come ‘Vorrei Sposare Un Vecchio’ o ‘Le Armi In Fondo Al Mare’. Il metal mi è sempre piaciuto molto, soprattutto se rappresenta un gesto di ribellione nei confronti del mondo che ci circonda. Non mi piacciono molto le band patinate o quelle troppo melodiche (una volta ho visto gli Angra dal vivo e mi sembrava che fossero un gruppo pop con la doppia cassa, per capirci), insomma, mi piacciono i gruppi che fanno del vero Metallo Pesante! Penso che quindi la mia musica potrebbe essere un modo nuovo di vedere il metal, quello più estremo, magari, pur non essendoci una band e mancando parecchie caratteristiche tipiche del genere”.

COME DICEVAMO IN PRECEDENZA, LA TUA È UNA ONE MAN BAND: NIENTE CANTANTE, NIENTE MUSICISTI ALL’INFUORI DI TE. QUESTA SCELTA DI APPAGA A LIVELLO DI LIBERTÀ ARTISTICA?
“Devo dire che all’inizio non pensavo che sarebbe stato un progetto a lungo termine, quindi era essenzialmente un fare musica cercando di appagare il mio gusto e nient’altro. Questa caratteristica si è affermata nel tempo ed è diventata il motore di tutto, nel senso che i pezzi che metto sui dischi devono essere la mia massima espressione artistica nell’assoluta libertà di scelta di suoni, arrangiamenti, strutture dei pezzi e via dicendo. Non avendo altre persone con cui confrontarmi, non avendo un produttore artistico, mi prendo tutte le responsabilità del caso, ma la cosa mi appaga molto. Mi ha fatto crescere molto sotto vari aspetti, dalla composizione alla registrazione e soprattutto per l’aspetto performativo dal vivo, perché c’è da dire che anche sul palco sono da solo. Ovviamente penso spesso a come sarebbe avere una band, e devo dire che mi piacerebbe fare dei concerti ‘normali’ o sfruttare le capacità di altri musicisti in studio e dal vivo, e penso che prima o poi accadrà, ma al momento sto cercando di concentrarmi su questo album e relativo tour, poi si vedrà”.

NON AVENDO TESTI, CHE MESSAGGI VORRESTI FARE ARRIVARE CON I TUOI PEZZI E, IN PARTICOLAR MODO, CON QUELLI DI “UTOPIE E PICCOLE SODDISFAZIONI”?
“Vorrei che i miei pezzi fossero come una specie di slogan, degli spot pubblicitari con delle frasi molto brevi che ti restano in testa e ti fanno pensare. I messaggi sono tanti, magari poche parole possono essere più forti di tanti testi chilometrici che distraggono l’ascoltatore dalla musica e dal concetto principale che si vuole esprimere (devo anche dire che sono sempre stato molto più attratto dalla musica che non dai testi, fin da quando ero piccolo). Nell’ultimo album ci sono pezzi che parlano della situazione politica italiana e non solo (‘Incipit’, ‘Remerda’), altri che invece evocano solo col titolo un immaginario particolare (‘Costruirò Un Castello Per Lei’, ‘Sangue In Bocca’, ‘Lasciate Che I Potenti Vengano A Me’), oppure fanno dell’ironia sulla religione (‘Il Convento Sodomita’, ‘Terrore Nel Triregno’). Mi piace dare all’ascoltatore delle suggestioni forti per creare delle sensazioni forti”.

COM’È NATA LA COLLABORAZIONE CON J. RANDALL DEGLI AGORAPHOBIC NOSEBLEED?
“La storia è molto semplice, un giorno mi è arrivata una sua email in cui mi chiedeva di poter far uscire i miei due lavori per la sua etichetta (Grindcore Karaoke) perché qualcuno gli aveva parlato di me. Chiaramente, sono rimasto molto sorpreso della cosa, ma ovviamente anche molto felice, visto che gli ANB sono forse il gruppo più importante della scena cyber-grind. Ovviamente gli ho dato carta bianca per far uscire i dischi, visto che erano già usciti da un po’ di tempo qui in Italia, e visto che la sua etichetta secondo me sta creando una vera e propria nuova scena mondiale di musica estrema. Siamo sempre rimasti in contatto (ha fatto uscire nel frattempo anche lo split 7” che ho fatto con i Gunzard) e quando mi ha chiesto di poter partecipare in qualche modo alla realizzazione dell’ultimo album ho preso la palla al balzo e gli ho fatto cantare un pezzo (‘You’re Enough’)! Ovviamente il tutto è stato fatto via email, quindi non ci siamo conosciuti di persona (purtroppo)”.

CITI SPESSO LA MORTE O SITUAZIONI MACABRE IN GENERALE. CHE COSA TI AFFASCINA O SPAVENTA DI QUESTI ASPETTI?
“Credo che l’essere umano subisca per sua natura una forte attrazione verso le tematiche che lo spaventano, come appunto la morte. Non mi sento particolarmente attratto dalla morte e dai suoi aspetti più ‘mistici’, ma devo dire anche di non essere molto spaventato dall’idea di morire, perché è una cosa naturale. Prima o poi tocca a tutti. Essendo però una tematica spesso considerata scabrosa, da evitare, ho cercato, soprattutto col secondo disco, di andare a toccare di proposito questi tasti, magari anche scherzandoci sopra, ma soprattutto di stuzzicare chi non vuol proprio sentirne parlare. Non a caso, infatti, la copertina de ‘Il Nuovissimo Mondo’ è il mio necrologio. Mi fa molto ridere sta cosa, perché molti mi hanno chiesto il perché di una cosa così macabra. Al di là delle spiegazioni più filosofiche, spesso dico che l’ho fatto perché nessuno di noi vede il proprio necrologio, visto che in genere, quando viene fatto, si è già morti, quindi mi sono voluto fare una specie di regalo. Ovviamente i più sensibili non la prendono molto bene, ma vedo che molta gente sorride e pensa che alla fine sia solo un’idea un po’ particolare. In generale non sono molto amante della musica allegra e quando faccio musica mia voglio cercare di colpire l’ascoltatore andando a toccare argomenti che di solito si evitano. Diciamo che di base sono un provocatore…”

VUOI FARCI QUALCHE BREVE CENNO STORICO DELLA CARRIERA DA MUSICISTA DI NICOLA MANZAN?
“Ho iniziato a suonare a cinque anni, a sette ho iniziato lo studio del violino e mi sono diplomato dopo i fatidici dieci anni di conservatorio. Verso i quattordici ho iniziato a suonare nell’orchestra della scuola, poi a diciotto (con l’arrivo della patente) con varie orchestre di musica classica della mia zona (con cui ho registrato anche alcuni dischi). Sempre in questo periodo avevo anche una classe di violino che ho mollato dopo qualche anno (nel 2003, mi sembra), quando mi sono trasferito a Bologna (che ha segnato anche la fine della mia carriera di concertista classico). Ho iniziato a suonare la chitarra a quattordici anni e a diciannove ho venduto il pianoforte che avevo in casa per prendermi la prima chitarra elettrica. Da qui in poi ho sempre suonato con vari gruppi, il primo e più longevo si chiamava Full Effect, con cui ho registrato tre album e vari EP, fino al 2005. Ma negli anni ho lavorato anche molto come turnista (col violino, principalmente) partecipando alle registrazioni di molti dischi di band indipendenti (Offlaga Disco Pax, Captain Mantell, Ronin, Il Pan Del Diavolo, giusto per citare i primi che mi vengono in mente, ma voglio anche ricordare che ho registrato in un disco di Ligabue, che di indipendente non ha nulla, ma la cosa mi fa sempre parecchio sorridere) ed andando anche in tour con alcune (Non Voglio Che Clara, Baustelle, Il Teatro Degli Orrori, sempre per citarne alcune). Da un anno a questa parte mi sto dedicando a tempo pieno a BOLOGNA VIOLENTA, anche se non disdegno affatto lavorare per altri in studio, sia come violinista che ultimamente come produttore (anche se penso che questa parola sia un po’ troppo grossa per quello che faccio)”.

QUANTO È DURA STARE AL MONDO AL GIORNO D’OGGI? IPOTIZZANDO DI POTER SPOSTARSI NEL TEMPO, QUALI ANNI SCEGLIERESTI PER VIVERE?
“È parecchio dura stare al mondo, ma penso che non sia una prerogativa solo di questi anni. Ogni periodo storico ha avuto le sue grosse difficoltà ed il genere umano ha sempre dovuto combattere per sopravvivere. Non mi viene in mente nessun periodo in cui si stesse bene e la gente vivesse spensierata, la storia dell’uomo è costellata di tragedie, guerre, epidemie, disastri naturali, quindi mi è molto difficile scegliere in quali anni mi piacerebbe vivere, potendo andare indietro nel tempo. Penso che la scelta sarebbe più che altro su quale tipo di rischi mi piacerebbe correre e su quali sacrifici sarei disposto a fare per vivere felice, ma soprattutto per sopravvivere”.

TI ANDREBBE DI RACCONTARCI COS’È SUCCESSO FRA DI TE E I TEATRO DEGLI ORRORI? SENTI UNA SORTA DI ‘RIVALITÀ CONCETTUALE’ TRA IL TUO NUOVO ALBUM E IL LORO?
“Non è successo niente di che, a dire la verità. Semplicemente, dopo il tour che abbiamo fatto insieme, invece di chiamarmi per andare in studio mi hanno chiamato per dirmi di stare a casa. Un fatto, questo, che avevo già messo in conto, visto che il progetto non era il mio e visto che era chiaro che le cose sarebbero cambiate. Non so se definirei ‘rivalità concettuale’ quello che differenzia i nostri due ultimi album; loro sono ormai un gruppo mainstream e quindi sono all’interno di una logica di mercato molto lontana dalla mia, che faccio le cose in casa, in piccolo, con poche risorse economiche, ma con la massima passione. Con questo non voglio assolutamente dire che loro non ci mettano passione, sarebbe un’assurdità, ma di certo siamo mossi da intenti un po’ diversi, a mio avviso. A me interessa il lato artistico del fare musica, quindi non voglio cercare di indottrinare la gente o fare politica (per quanto anche alcuni miei pezzi si possano definire politici), a me interessa che chi ascolta i miei dischi possa avere la sensazione che la sua anima sia stata toccata (nel bene o nel male, ma preferisco sempre nel bene)”.

QUALI SONO LE TUE BAND METAL/HARDCORE PREFERITE?
“I miei preferiti in assoluto sono i Napalm Death (aprirò il loro concerto a  Livorno il 29 aprile) perché nonostante tutti gli anni passati a suonare non hanno perso la spontaneità e la brutalità che avevano all’inizio; mi piacciono molto gli Slayer (i loro riff sono stati la mia scuola, lo devo ammettere), i Carcass (‘Necroticism – Descanting The Insalubrious’ è uno dei miei dischi preferiti di sempre), mentre per quel che riguarda l’ambito hardcore non posso non citare i Negazione e gli Indigesti (giusto per citare due nomi della scena hc italiana degli anni ’80 che tanto mi hanno influenzato, soprattutto a livello di attitudine)”.

GRAZIE, NICOLA. SIAMO IN CHIUSURA, A TE LE ULTIME PAROLE…
“Grazie a te e a tutti voi che mi avete dato la possibilità di parlare del mio progetto. Invito tutti a venire ai miei concerti, sarò in tour nei prossimi mesi un po’ in tutta Italia, spero di fare moltissime date, in modo da poter raggiungere più pubblico possibile. Garantisco che dal vivo metto tutta la mia vita e le mie energie per far sì che tutti si divertano e perché ogni serata possa essere a suo modo indimenticabile”.

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