BONDED – Legati dal thrash

Pubblicato il 03/02/2020 da

Ci sono persone che, cascasse il mondo, non mollerebbero mai il colpo; anche dopo cadute importanti farebbero di tutto per risollevarsi e ripartire, con ancora più forza e più decisione. Con i dovuti paragoni del caso, rimanendo ancorati al mondo metallico, vi sono due nomi che fanno al caso nostro, in grado di rappresentare l’inossidabilità di comportamento sopra menzionata. Trattasi di Bernd Kost e Markus Freiwald, per gli amici Bernemann e Makka, che, dopo svariati anni (rispettivamente ventidue e otto) di militanza all’interno del cingolato teutonico targato Sodom, si sono visti recapitare dal mastermind Tom Angelripper un messaggino telefonico con il quale, in pratica, dava loro il benservito. Una comunicazione inaspettata e inattesa che ha lasciato sorpresi non solo i due interessati ma anche tutti i fan della thrash band di Gelsenkirchen. Un licenziamento fulmineo ed importante che non ha comunque scalfito la volontà di Bernd e Markus di proseguire lungo la propria strada. E così, a due anni esatti dalla ricezione di quel ‘simpatico’ whatsapp, rieccoli nuovamente in pista: con un gruppo tutto loro, i Bonded, ed un album di debutto che si pone di diritto tra le hit del genere per questo 2020 appena iniziato. Dei Bonded, di “Rest In Violence” ed ovviamente dei Sodom abbiamo parlato con il cordialissimo Makka.

CIAO MAKKA E BENVENUTO TRA LE PAGINE DI METALITALIA.COM. PRIMA DI ENTRARE NEL VIVO DELL’INTERVISTA TI CHIEDO UN PARERE SU UNA FIGURA A DIR POCO IMPORTANTE QUAL E’ STATA NEIL PEART (l’intervista è stata realizzata il giorno dopo la morte dello storico batterista dei Rush, ndr).
– Cosa dire? Triste, molto triste. Per me, ma credo per molti altri batteristi, e in generale per tutti gli amanti della musica, è stato un eroe; sono cresciuto ascoltando i Rush! Una notizia dolorosa che ha mi ha colpito enormemente anche perchè non sapevo che fosse malato da tempo. Dispiace: ci ha lasciato una persona, ed ovviamente un musicista, di spessore e di altissimo livello.

ROVISTANDO TRA LE VARIE FOTOGRAFIE, NE HO TROVATA UNA RISALENTE AL FEBBRAIO DEL 2010, POCO PRIMA DI UNO SHOW DEI SODOM IN TERRA ITALICA: IL SOTTOSCRITTO ERA IN TUA COMPAGNIA E DI BERNEMANN; TOM ASSENTE. CON IL SENNO DI POI… UN SEGNO DEL DESTINO?
– No beh, non direi. A parte questo, non avremmo mai pensato che Tom potesse licenziarci in questo modo; e non ne abbiamo idea ancor oggi. Ci stavamo divertendo in tour, non vi era alcun problema e, ripeto, tutt’ora non capiamo il motivo di una scelta simile.

PER CUI, FACENDO UN SALTO ALL’INDIETRO NEL TEMPO, SINO AL GENNAIO DI DUE ANNI FA: ALL’IMPROVVISO IL TUO TELEFONINO RICEVE UN MESSAGGIO, LO LEGGI E… COME HAI REAGITO?
– All’inizio fu un autentico shock: “ma perchè? – pensai – cosa abbiamo fatto di sbagliato?”. Eravamo reduci da ottimi show, ed anche dal punto di vista discografico, l’ultimo album “Decision Day” aveva ricevuto parecchi consensi positivi. Non avrei mai pensato di ricevere un messaggio simile per cui sì, inizialmente ammetto che è stato abbastanza scioccante. Mi sono quindi incontrato con Bernemann per decidere il da farsi: abbiamo tentato di ricontattare Tom per capire qualcosa in più ma purtroppo il tentativo non è mai andato a buon fine.

SPESSO E VOLENTIERI, AL DI QUA DELLA TRANSENNA, NON SEMPRE SI COLGONO EVENTUALI ATTRITI TRA I MEMBRI DI UNA BAND: E QUESTO E’ AVVENUTO ANCHE NEL VOSTRO CASO.

– E’ quello che abbiamo provato anche noi, credimi: a parte le inevitabili incomprensioni che ci possono essere in un gruppo, non abbiamo colto il minimo segnale, anche un piccolo accenno di frizione con Tom. Fino al 26 dicembre del 2017 abbiamo suonato insieme e dopo due settimane siamo stati licenziati. E’ stato tutto molto strano.

A TAL PROPOSITO, NEL SPIEGARE LA SUA DECISIONE, ONKEL TOM DISSE CHE VOLEVA “RICOMINCIARE TUTTO DA CAPO CON MUSICISTI FRESCHI ED AFFAMATI”. COSA HAI DA DIRE IN MERITO A QUESTA DICHIARAZIONE?
– Che è alquanto bizzarra. Se guardiamo, infatti, i membri attuali dei Sodom, sia Frank Blackfire che Husky (nel frattempo uscito dalla band e sostituito da Toni Merkel,ndr) non sono un gran che freschi o comunque giovani. Non riesco a capire; è strano ripeto. Da parte sua Yorck è molto giovane e sicuramente molto carico ed affamato, essendo egli stesso un fan dei Sodom. Ho avuto modo di incontrarlo durante la scorsa edizione del Rock Hard Festival e, tra le altre cose, abbiamo parlato anche di questo. Ad un certo punto si anche scusato per quanto è avvenuto: “Scusa di che?” gli ho detto “non è stata una tua decisione. Se ti è stata data la possibilità di suonare in una band importante come i Sodom, è giusto che tu la sfrutti a dovere”. Non so, faccio fatica a comprendere alcune scelte. Per Tom è stata certamente una buona idea richiamare Blackfire: parliamo di un personaggio importante, che ha fatto la storia dei Sodom. Ma la stessa cosa allora si può dire di Bernemann: è stato nella band per ventidue anni, ha partecipato alla stesura di parecchi album (sette, ndr). A questo punto avrebbe potuto sì richiamare Blackfire e tenere noi due, no?

E TRA L’ALTRO, MI PERMETTO, CON “REST IN VIOLENCE” SIA TU CHE BERNEMANN AVETE DIMOSTRATO DI ESSERE TUTTO FUORCHE’ DUE MUSICISTI ANZIANI E STANCHI.
– (Ride, ndR) Grazie. Se ascolti attentamente l’album potrai trovarci un po’ di tutto: pezzi più tirati, alcuni più lenti e comunque non così ancorati alle radici old-school del genere. Diciamo che “Rest in Violence” è la diretta conseguenza di “Decision Day”.

VENIAMO QUINDI AL VOSTRO NUOVO GRUPPO: QUANDO AVETE DECISO DI FORMARE UNA NUOVA BAND E COME AVETE FATTO A SCEGLIERE IL RESTO DELLA SQUADRA?
– Trascorso qualche giorno dalla ricezione di quel messaggio, mi sono incontrato con Bernemann ed abbiamo deciso di proseguire, di continuare a suonare. Da qui ci siamo messi alla ricerca di musicisti che facessero al caso nostro. Non è stato affatto semplice ma poi ci siamo ricordati di avere anche dei buoni amici ed è qui che ci sono venuti in mente Chris e Marc, già nostri tecnici nei Sodom. Non avevamo pensato a loro e quindi… perché non chiederglielo? Così abbiamo fatto ed ora eccoli qui. All’appello mancava quindi un cantante. Avevamo già avuto modo di vedere all’opera Ingo con gli Assassin e subito abbiamo pensato che sarebbe stato perfetto per il nostro sound. Abbiamo contattato la band per capire se non avessero nulla in contrario alla nostra richiesta di collaborazione e da qui è scattata la proposta direttamente ad Ingo, che ha accettato volentieri. Questi sono i Bonded: un gruppo di amici che fanno musica. Ecco il motivo di quel nome: un legame marchiato dall’amicizia.

MI HAI ANTICIPATO MARKUS: VOLEVO PROPRIO CHIEDERTI COSA CI CELA DIETRO A QUESTO MONICKER.
– Eccoti servito! Volevamo trovare un qualcosa che andasse oltre al tipico nome quale può essere quello di una band; cercavamo un termine che testimoniasse in pieno quanto si era venuto a creare tra noi e gli altri ragazzi. E Bonded era semplicemente perfetto.

ENTRIAMO ALLORA A PIEDI UNITI IN “REST IN VIOLENCE”: COME ACCENNATO IN PRECEDENZA, CI TROVIAMO DI FRONTE AD UN LAVORO VARIEGATO, CHE UNISCE PASSATO E PRESENTE E CHE, IN CERTI PASSAGGI, RICHIAMA IL SOUND DEGLI ULTIMI LAVORI REALIZZATI CON LA VOSTRA EX BAND. TI CHIEDO QUINDI: ALCUNI DEI BRANI PRESENTI IN “REST IN VIOLENCE” SAREBBERO DOVUTI COMPARIRE IN UN EVENTUALE NUOVO ALBUM DEI SODOM O E’ TUTTO MATERIALE COMPOSTO DI RECENTE?
– Diciamo che non abbiamo mai smesso di scrivere materiale; per cui qualcosa era già pronto. A ciò si sono poi aggiunti i brani realizzati dopo la nascita dei Bonded. Ci siamo quindi trovati una vasta gamma da cui poter selezionare i dodici pezzi da portare su “Rest In Violence”.

QUALI SONO I BRANI CHE MEGLIO RAPPRESENTANO I BONDED?
– Sicuramente “Suit Murderer”, “Rest In Violence” e “No Cure Of Life”, proprio per sottolineare il nostro tentativo di variare continuamente, cercando di raggiungere più fan possibili. Ogni brano ha la sua storia, il suo ‘special moment’, così che ognuno abbia il suo pezzo dedicato.

C’E’ UN PEZZO CHE COLPISCE PIU’ DI ALTRI, SOPRATTUTTO PER IL SUO TITOLO: “JE SUIS CHARLIE”. DI COSA PARLA?
– Beh, il richiamo a ciò che è avvenuto in Francia nel gennaio di cinque anni fa è nel titolo stesso. Oltre a voler ricordare tutte le persone perite nell’attentato, il pezzo vuol essere una sorta di inno alla libertà di parola.

NELLA TITLETRACK COMPAIONO DUE SIGNORI DEL THRASH: CHRISTIAN ‘SPEESY’ GIESLER, EX BASSISTA DEI KREATOR, E BOBBY BLITZ DEGLI OVERKILL. COME E’ NATA QUESTA COLLABORAZIONE?
– Sono entrambi ottimi amici. Con Christian ho avuto modo di suonare durante una serie di live coi Kreator. Bobby invece l’ho conosciuto ad inizio anni Novanta, nel 1992 per la precisione, quando, con in Despair, accompagnammo gli Overkill nel tour europeo. Da parte sua Bernemann conosce Bobby da parecchio tempo e quando gli ha proposto una collaborazione con noi ha accettato di buon grado. Direi che entrambi hanno svolto un ottimo lavoro.

COME TI SEI SENTITO A RITORNARE NUOVAMENTE IN STUDIO A REGISTRARE?
– Da un punto di vista prettamente lavorativo, il processo di registrazione è praticamente rimasto quello di prima. E’ cambiato molto invece a livello caratteriale, le motivazioni sono totalmente differenti. E non si tratta, sia chiaro, di rivincite o rivalse: sono rientrato in studio per dire “ehi ragazzi sono ancora qui, pronto a fare musica!”.

L’ALBUM E’ USCITO DA UN PAIO DI SETTIMANE, RISCONTRANDO PARERI POSITIVI. SIETE SODDISFATTI DI QUANTO AVETE REALIZZATO?
– Assolutamente: siamo tutti molti esaltati. E, personalmente, sono contento di aver letto che, rispetto al passato, anche il lavoro della batteria è stato messo in giusto rilievo. Sì, direi che siamo pienamente soddisfatti.

IL LAVORO IN STUDIO E’ STATO SVOLTO EGREGIAMENTE, QUANDO VI VEDREMO ALL’OPERA DAL VIVO?
– Al momento abbiamo programmato alcuni concerti qui in Germania. Per poter schedulare nuove date attendiamo fiduciosi i responsi ufficiali di “Rest In Violence” e di conseguenza la chiamata da parte degli organizzatori.

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