BROKEN HOPE – Fame cannibale

Pubblicato il 21/12/2013 da

Dobbiamo subito precisare che questa intervista è stata svolta via email e che le domande sono state inviate prima che i dissapori fra il gruppo e i Deicide nell’ultimo tour nordamericano venissero pubblicizzati ovunque, altrimenti avremmo probabilmente toccato anche quell’argomento. Detto questo, è un piacere ospitare sulle nostre pagine una formazione a suo modo storica come i Broken Hope, che dopo più di un decennio di assenza dalle scene sono riusciti a tornare fra noi con un valido nuovo album e una lineup che sembra affiatatissima. Il chitarrista e leader Jeremy Wagner sprizza entusiasmo da tutti i pori e ci presenta la nuova incarnazione del suo gruppo come se fosse un musicista agli esordi. Il death metal è evidentemente ancora la sua passione, così come sembra innata la sua voglia di misurarsi con realtà oggi più affermate e di ritagliarsi uno spazio in una scena che, per sua stessa ammissione, ha fatto passi da gigante mentre i Broken Hope erano dormienti.

broken hope - band - 2013

BENTORNATI TRA NOI. LA VOSTRA REUNION E IL RELATIVO ALBUM, “OMEN OF DISEASE”, SEMBRANO ESSERE STATI ACCOLTI BENE DA PUBBLICO E CRITICA. NE SEI CONSAPEVOLE?
“Ciao e grazie a tutti! E’ bellissimo essere di nuovo qui! Sì, stiamo andando bene in questo momento: siamo appena tornati da un tour nordamericano con i Deicide ed è stato fantastico vedere tanti vecchi e nuovi fan dei Broken Hope. Penso che il nostro seguito sia cresciuto negli ultimi anni; stiamo incontrando fan che hanno dai dodici ai cinquant’anni! E’ incredibile! Certamente anche il disco sta andando bene, non credo che abbiamo mai ricevuto tante recensioni positive in passato”.

QUANDO HAI REALIZZATO CHE ERI PRONTO A RIPORTARE I BROKEN HOPE IN VITA?
“L’idea ha preso forma concreta nel gennaio 2012, qaundo io, Shaun Glass (basso) e Mike Miczek (batteria) abbiamo iniziato a trovarci in sala prove per suonare qualche pezzo dai primi album. Per qualche tempo ci siamo trovati due volte a settimana, sino a quando siamo stati di nuovo in grado di suonare alla perfezione circa venti brani. Già in quel momento ho capito che avremmo potuto andare lontano, ma sono stato ancora più felice quando ho accolto in lineup Chuck alla chitarra e Damian alla voce, visto che con loro siamo finalmente riusciti ad esibirci di nuovo dal vivo. Poi è arrivato il contratto con la Century Media e ora ‘Omen Of Disease’. Sta andando tutto per il meglio nella mia vita in questo momento e sono grato in primis ai Broken Hope”.

“OMEN OF DISEASE” CONTIENE DIVERSI ELEMENTI TIPICAMENTE BROKEN HOPE, MA ANCHE SOLUZIONI PIU’ MODERNE CHE POSSONO RICORDARE DYING FETUS O ABORTED, A MIO AVVISO. TI SEI LASCIATO INFLUENZARE DA MUSICA PIU’ RECENTE?
“Come Broken Hope apprezziamo molto sia Dying Fetus che Aborted. Siamo anche amici dei ragazzi dei Dying Fetus. Sicuramente prestiamo e abbiamo prestato attenzione a ciò che stanno facendo. Penso che sia importante restare aggiornati e in contatto con il resto della scena death metal. Penso tuttavia che ‘Omen Of Disease’ sia assolutamente un album alla Broken Hope: è un ‘massacro classico’, per utilizzare un’espressione che ho letto su un altro magazine. Ho cercato di mantenere la formula originale della band – ovvero la stessa accordatura, le stesse dinamiche e le stesse tematiche – e vi ho aggiunto qualche nuova idea, sotto forma di un riffing più progressivo e di qualche assolo in più. Trovo che ‘Omen Of Disease’ sia l’ibrido perfetto fra brutalità e classica e soluzioni moderne”.

I NUOVI MEMBRI DELLA BAND HANNO INFLUITO SUL SONGWRITING?
“Sì, si è trattato di una influenza positiva. Sono tutti elementi molto professionali e sono entusiasti di far parte di questa band. Non ho mai collaborato con musicisti che provassero e ci tenesssero a migliorare così tanto prima d’ora. Con loro è un piacere suonare sia i nuovi brani che quelli vecchi; hanno decisamente migliorato la resa sdel nostro vecchio repertorio”.

COME COLLOCHERESTI “OMEN OF DISEASE” NELLA VOSTRA CARRIERA?
“Secondo me questo è il nostro miglior album: ha la produzione più curata ed è più pesante di qualsiasi altro nostro disco. Anche l’artwork è infine su alti livelli. Amo e rispetto tutti i capitoli della nostra discografia, così come sono grato a tutti coloro che hanno contribuito al nostro sound in passato, ma sono contentissimo di ‘Omen…’. Non potrei essere più orgoglioso di una nostra creazione”.

APPROFONDIAMO L’ARGOMENTO LINEUP: HAI PROVATO A COINVOLGERE ALTRI MEMBRI STORICI COME BRIAN GRIFFIN O RYAN STANEK NELLA REUNION? O HAI PREFERITO PORTARE FORZE FRESCHE NEL PROGETTO?
“Shaun e io siamo ancora in contatto con Brian Griffin e Ryan Stanek e ci è capitato di discutere con loro una reunion dei Broken Hope negli ultimi anni, ma hanno sempre declinato. Di conseguenza, procedere con altre persone più interessate è stata la cosa più naturale da fare”.

NON SIETE MAI STATI FORTUNATISSIMI CON LE CASE DISCOGRAFICHE, MENTRE ORA SIETE SU CENTURY MEDIA. COME AVETE RIMEDIATO QUESTO CONTRATTO?
“Siamo stati molto fortunati. Il proprietario della Century Media, Robert Kampf, ha creduto nel nostro potenziale ed è venuto a vederci supportare gli Obituary nel 2012. Ci ha offerto un contratto e subito dopo abbiamo iniziato a lavorare sul nuovo album. Per ora la Century Media è certamente la miglior etichetta con la quale abbiamo mai lavorato. Hanno uno staff incredibile”.

POSSIAMO ASPETTARCI ALTRA MUSICA DA VOI IN FUTURO? OPPURE “OMEN OF DISEASE” E’ DESTINATO A RIMANERE IL SOLO REUNION ALBUM?
“Potete sicuramente aspettarvi altra musica da noi. Nel 2012 ho giurato che non saremmo mai più spariti come è successo in passato. Al momento siamo concentratissimi sullo scrivere altri album e sul suonare dal vivo in tour”.

LA POPOLARITA’ DELLA SCENA DEATH METAL E’ CRESCIUTA MOLTO IN VOSTRA ASSENZA. COME SPIEGHI IL FENOMENO?
“Sì, penso che il death metal non sia mai stato così popolare. E’ evidente che le nuove generazioni siano interessate ad ascoltare musica sempre più pesante e brutale. I padri del genere come Morbid Angel, Obituary, Carcass o Death hanno pubblicato dischi che hanno superato la prova del tempo e questi hanno finito per influenzare gruppi deathcore e metalcore, i quali hanno a volte parlato di tali influenze, portando i loro fan a scoprire i classici. Tanti ragazzini che non avevano mai sentito nominare i Broken Hope o i Napalm Death, tanto per fare un esempio, sono arrivati a noi ascoltando metalcore. Non so come il death metal si evolverà da qui, ma sembrano esserci grande campo di azione e molte opportunità per tutti”.

PENSI CHE I VALORI DEL GENERE SIANO CAMBIATI IN TUTTO QUESTO TEMPO?
“Penso che sia prima di tutto cambiata la percezione che gli ascoltatori hanno di questa musica. Non penso che risulti pericolosa come una volta. Nei primi anni Novanta, il death metal era considerato qualcosa di inumano: c’erano persone che avevano effettivamente paura di ascoltare alcune band. Oggi ci si è abituati a tutto ciò e nessuno ha più paura, anche se senz’altro continuano ad essere prodotti ottimi album. Come dicevo, la scena non è mai stata così grande e vitale. Bisogna solo trovare un modo per spaventare di nuovo il pubblico (risate, ndR)!”.

I BROKEN HOPE SONO CERTAMENTE STATI INFLUENTI PER UNA CERTA FRANGIA DI BAND. TU INVECE CHI CITERESTI COME TUA PERSONALE ISPIRAZIONE?
“Dico sempre che suono la chitarra grazie a ‘Ride the Lightning’ dei Metallica. Quello è stato il disco che mi ha portato ad imbracciare uno strumento e ad interessarmi seriamente alla musica. Da quel punto, le mie influenze si sono evolute in questa maniera: Metallica, Slayer, Dark Angel, Death, Obituary, Carcass, Morbid Angel, Terrorizer, Napalm Death. Vorrei inoltre citare i chitarristi che hanno veramente lasciato un segno sul mio modo di suonare: Kirk Hammett, Steve Vai, Joe Satriani, Gary Moore, Albert King, Stevie Ray Vaughn e Yngwie Malmsteen”.

I BROKEN HOPE SONO ANCHE STATI UNA DELLE PRIME BAND A FARE DEL GORE E DELL’HORROR PIU’ MALATO L’ARGOMENTO PRINCIPE DEI LORO TESTI. RACCONTACI LE ORIGINI DI QUESTO APPROCCIO…
“Sono sempre stato affascinato dalle vecchie storie horror. Ero solo un bambino quando ho iniziato a scrivere i miei primi brevi racconti. Quando si è trattato di pensare ai testi per le mie band, è stato quindi naturale combinare la musica con questa mia passione. I contenuti erano influenzati sia da fatti di cronaca, sia da film horror e porno, sia dalla mia personalissima immaginazione. Sono sempre stato capace di avere le idee più malate. Mi basta fare due passi per immaginare le cose più disgustose. Di solito prendo nota dell’idea e poi, una volta a casa, ci lavoro sopra aggiungendo ulteriori dettagli. I nostri testi sono sempre nati così”.

COSA AVETE IN PROGRAMMA PER LA PROMOZIONE DI “OMEN OF DISEASE”? AVREMO MODO DI VEDERVI IN EUROPA PRIMA O POI?
“Sì, verremo in Europa all’inizio del nuovo anno e magari anche per i festival estivi. Il nostro obiettivo è di suonare in quante più nazioni possibile. Per quanto riguarda il resto della promozione, abbiamo da poco rilasciato un video per ‘The Flesh Mechanic’, che è stato realizzato con l’aiuto del maestro degli effetti speciali Jamie Grove, che ha lavorato su film come ‘Hostel 2’, ‘Robocop’, ‘Iron Man’ o ‘Halloween’. Il video vede anche la partecipazione di Dino dei Fear Factory come special guest!”.

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