I Buffalo Grillz lo hanno fatto di nuovo: sono usciti con un nuovo album devastante, ancora una volta con la loro semplicità, la loro irriverenza, e la loro indole ‘ignorante’. “Martin Burger King” è il terzo full length dei grinder romani, e dopo l’ennesima conferma del loro valore, abbiamo intercettato il frontman della band, Enrico Giannone, per capire più da vicino questa realtà che, nel suo genere, è ormai diventato un punto di riferimento.
CIAO RAGAZZI, BENVENUTI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM E COMPLIMENTI PER IL VOSTRO ULTIMO ALBUM. SONO PASSATI BEN CINQUE ANNI DALLA VOSTRA ULTIMA USCITA DISCOGRAFICA, CHE COSA È SUCCESSO IN QUESTO LUNGO LASSO DI TEMPO?
“Sostanzialmente problemi di vita personale, infiniti cambi di line-up hanno procrastinato a tempo indeterminato l’uscita del nuovo album; non ti nascondo che poi l’amalgama con i nuovi membri ha portato ad una nuova energia ed in pratica abbiamo ri-registrato l’album dall’inizio”.
COME PRENDE VITA UN BRANO DEI BUFFALO GRILLZ? AVETE UNA MENTE COMPOSITIVA OPPURE SCRIVETE I BRANI TUTTI INSIEME?
“No, in tutta onestà tutto il songwriting è nelle mani di Marco, che delinea tutto anche gli arrangiamenti; ovviamente poi ognuno dice la sua per dare quel ritocco, ma visto l’eccelsa qualità delle canzoni abbiamo poco da dire… dobbiamo solo eseguire e credimi è già complicato”.
RISPETTO AL PASSATO, IL VOSTRO MODO DI SCRIVERE CANZONI È CAMBIATO? E SE SÌ, È STATO UN PROCESSO INTENZIONALE O CASUALE?
“Siamo molto più tecnici e competitivi, ora alla velocità abbiamo aggiunto la perizia tecnica, anche per la voce ho dovuto farmi un discreto culo in quanto le metriche sono molto più articolate e complesse del passato; credo che sia un processo evolutivo naturale della band con maggiore perizia e consapevolezza di quello che sappiamo fare e – ripeto – l’innesto di nuovi elementi della line-up ha alzato il livello, quindi ora ci possiamo permettere anche altro”.
LA VOSTRA MUSICA IN SEDE LIVE HA UN IMPATTO DEVASTANTE, QUANDO SCRIVETE UN BRANO PENSATE MAI A QUALE POTREBBE ESSERE LA SUA RESA SU UN PALCO?
“Personalmente mi sono sempre definito un cabarettista/ultras con il vocione quindi parto dal presupposto che la musica sia principalmente qualcosa che deve essere ‘suonata’, poi un gruppo grind secondo me dovrebbe solo suonare dal vivo e incidentalmente fare i dischi; sarà contento Davide di Subsound di questa mia risposta, visto un pò di soldini che ci ha investito su, ad ogni modo credo che un certo tipo di musica sia valido solo e soltanto per la sua realizzazione dal vivo”.
VI INTERESSA QUELLO CHE LA CRITICA, LA STAMPA E IL PUBBLICO PENSA DELLA VOSTRA MUSICA? QUANTO CREDITO DATE A UNA RECENSIONE NEGATIVA O POSITIVA?
“Ci interessa che ci sia critica, ci fa piacere se le ‘cose’ che facciamo sono ben accette… ma non ne facciamo un dramma se ci sono recensioni negative, personalmente me ne sbatto altamente; se fai grindcore non credo che devi stare tanto a menartela, stiamo parlando di che cosa? E’ anche vero che in tutti questi anni le critiche positive sono state quasi totali quindi direi che neanche ci possiamo lamentare più di tanto”.
ORMAI SIETE SULLE SCENE DA DIVERSO TEMPO E AVETE MATURATO UN’ESPERIENZA E ANCHE UNA CONSIDERAZIONE NOTEVOLI. QUAL È IL VOSTRO SEGRETO PER CONTINUARE A FARE QUELLO CHE FATE IN MANIERA COSÌ APPASSIONATA E ALLO STESSO TEMPO DIVERTENTE?
“Non prendersi sul serio ma facendo seriamente quello che proponi. Contando che siamo in una nazione dove un certo tipo di musica è considerato come una riserva Apache, direi che forse tutti dovrebbero fare il ragionamento di essere meno personaggi considerato il fatto che non rappresentano neanche lo 0,1% del music business. Io personalmente faccio casino dal 1992 e ancora mi stupisco che qualcuno compri i miei cd, le mie maglie etc.”.
NEL CORSO DELLA VOSTRA CARRIERA AVETE CONDIVISO IL PALCO CON BAND DECISAMENTE IMPORTANTI. QUAL È STATO IL GRUPPO CON CUI VI SIETE TROVATI MEGLIO IN ASSOLUTO?
“Ma in generale con tutti, devo essere sincero, anche perché personalmente porto rispetto per tutti ma timore reverenziale per nessuno, siamo delle persone iper-disponibili, anche se spesso propense alla ‘rissa’ verbale (ecce homo) nel momento in cui si prevarica il rispetto. Nomi non mi piace farne anche perché una band è formata da persone quindi al massimo dovrei parlare dei singoli; sostanzialmente siamo stati bene con tutti senza nessun tipo di problema”.
ALLA LUCE DI QUANTO SUCCESSO DI RECENTE COI DESTRUCTION, IN CUI SONO STATE CANCELLATE ALCUNE DATE, PENSATE CHE IN ITALIA SIA DAVVERO COSÌ DIFFICILE SUONARE LIVE? E ALL’ESTERO CREDETE CHE LA SITUAZIONE SIA COSÌ DIFFERENTE?
“Il discorso è molto complesso mi rifaccio a quello che ho scritto prima: credo che in Italia ci sia tanta gente che lo fa per passione ma non ha le competenze per gestire ‘produzioni’, te lo dico con cognizione di causa dal momento in cui il mio mestiere è fare proprio produzioni. Non voglio offendere nessuno ma spesso buona volontà non significa avere competenza. Inoltre, non essendoci un business, queste date sono quasi tutte a rimessa, è naturale che si cerchi di adattare posti e situazioni per cercare di offrire uno spettacolo degno, questi gruppi hanno un costo eccessivo per l’Italia dove la risposta del pubblico e quasi infinitesimale, ed ecco che si generano situazioni, diciamo così, antipatiche”.
CI SONO ALCUNI GRUPPI CHE IN QUESTO MOMENTO ASCOLTATE DI PIÙ E CHE PENSATE CHE POSSANO DARE NUOVA SPINTA ALLA SCENA MUSICALE?
“Personalmente sono troppo vecchio, vado sui grandi classici come Cannibal Corpse e Suffocation, anche se ci sono alcune band nostrane valide che vedo cercano di assestare il colpo anche all’estero: questo fa solo bene alla scena che soffre in questo paese di un mancato ricambio generazionale, a mio modo di vedere le cose”.
PENSATE CHE IL METAL – IN GENERALE – SIA ANCORA UN’ESPRESSIONE DI RIBELLIONE, OPPURE PENSATE CHE OGGI ABBIA ORMAI ASSUNTO UN SIGNIFICATO ORMAI COMPLETAMENTE DIVERSO?
“Hai centrato perfettamente il punto: al metal manca proprio quella carica eversiva di un tempo, di bonaria illusione di sovvertimento delle regole; vedi le band con ottimi suoni, disco, debut, Facebook, etc. ma spenti dentro. Non c’è rabbia, non ti girano le palle… spesso penso che io sono ‘vecchio’ e ancora schifo il 95% delle cose e delle persone che vedo in giro (risate ndR). Non so a cosa sia imputabile, forse al ‘subire’ le cose invece di crearle, arrivare troppo presto a dei finti traguardi, essere leoni da tastiera… l’unica cosa certa è che il tutto è sconfortante”.
VORREI FARVI UNA DOMANDA SUI TITOLI DELLE VOSTRE CANZONI, MA IN REALTÀ L’UNICA COSA CHE MI VIENE DA CHIEDERVI È: COME VI ESCONO TITOLI COME “SCOOBY DOOM” O “FIAT FACTORY”?
“Marco ed io da quando abbiamo fondato la band abbiamo sempre giocato con i titoli, con prendere in giro qualsiasi cosa: è demenziale ma allo stesso tempo è super critico, è leggero ma è pesante”.
IN CHIUSURA: DOVE VORRESTE VEDERVI TRA DIECI ANNI?
“Speriamo di arrivarci…”.
ANZI UN’ULTIMA DOMANDA: I VOSTRI TESTI SONO PIÙ INCENTRATI SULLO STUDIO DELLA FISICA QUANTISTICA, OPPURE SUI MISTERI DELL’IPERSPAZIO?
“Di solito il concept è il nostro forte, anche le saghe ci appartengono: quella della porchetta, del cinghiale… sono tutte fonti di ispirazione. A parte gli scherzi personalmente credo che non scrivere i testi oggi sia molto più efficace di scrivere qualcosa, ma non ho nessuna voglia di comunicare alla gente, anche perché credo che la superficialità sia la miglior opzione possibile oggi, quindi preferisco usare la voce come ‘strumento’ e vomitare un misto tra ironia, odio e strafottenza. Sic et simpliciter“.