Dalle solari e insospettabili rive della costiera tirrenico-toscana è arrivato un rigurgito di tenebre e dolore immane, per mano di una nuova e giovanissima band dal sound originalissimo e massacrante. Parliamo dei pisani Buioingola, band dal nome bizzarro dell’aria timida e schiva che, dopo un demo pauroso licenziato nel 2012, ha da poco pubblicato un debut album squassante, un lavoro tenebrosissimo e desolato che ha rappresentato uno dei momenti più alti e meglio riusciti del metal atmosferico italiano targato 2013. Il lavoro in questione, il caustico, gelido e squassante “Dopo L’Apnea” è uno di quei dischi che marchiano a fuoco, che lasciano impresse cicatrici permanenti nella mente, tanto lo stile e i suoni proposti nel lavoro sono ambiziosi e ultraterreni. Parliamo di una sintesi originalissima e altamente affascinante di post-punk, gothic rock, industrial, doom metal e crust, un gioco di chiaroscuri sonori irresistibile capace di rapire i sensi e inchiodare l’ascoltatore alla sedia in preda ad una sorta di ossessiva e desolante ipnosi, come se stessimo assistendo alla nascita di un surreale meticcio nato da una fusione tra i Neurosis, i Cocteau Twins, gli Yob, gli Altar of Plagues, i My Bloody Valentine, gli Amebix e i The cure. Un tale armamentario sonoro e una tale visione del fare musica heavy che è criptica, indecifrabile e altamente ambigua non possono essere del tutto capiti semplicemente osservando dall’esterno, ed è per questo che ci siamo seduti con Diego Chuhan, cantante e chitarrista del gruppo, per cercare di addentrarci oltre le fitte nubi di schivo e timidissimo mistero che avvolgono la band.
CIAO DIEGO. PARTIAMO DAL NOME, BUIONGOLA: COME MAI QUESTO NOME PER LA BAND?
“Onestamente? Trovare il nome per un gruppo è molto difficile; avevamo qualche data fissata per il debutto e ci siamo trovati alle strette, locandine da riempire con un nome, idee che non funzionavano. Thomas (batterista) ha proposto questo nome, forse lì per lì non tutti eravamo convinti al 100%, ma abbiamo tenuto quello. Poi andando avanti credo che si sia rivelato estremamente azzeccato, forse in minima parte ha anche influenzato il nostro percorso sia da un punto di vista puramente musicale che lirico, riflettendo il nostro approccio alla musica, che punta allo stomaco, alla corporeità, prima che alla mente”.
CI PARLI DI COM’E’ NATA LA BAND E COSA VI HA SPINTI A SUONARE IL GENERE CHE SUONATE E AD AVERE IL SUONO CHE AVETE?
“La band è nata da una collaborazione fra il mio vecchio gruppo e Thomas che entrò a farne parte per breve tempo occupandosi di synth, percussioni elettroniche e simili. Presto abbiamo notato che non era un campo fertile per esprimere le possibilità che questo connubio offriva e abbiamo deciso di muoverci in un contesto diverso, con musicisti diversi. Abbiamo così trovato Alessio (l’attuale bassista dei Buioingola) e Marco (il vecchio chitarrista/cantante), con questa formazione abbiamo scritto e registrato i pezzi della demo, suonando fondamentalmente quello che ci piaceva, trovando un punto di incontro fra i diversi gusti. In quel periodo è stato piantato un po’ il seme di quello che poi è diventato ‘Dopo l’Apnea’; altre scelte stilistiche di questo disco sono derivate invece dal dover scrivere i pezzi per una sola chitarra anziché due, fattore che perciò ha inevitabilmente influenzato il nostro percorso”.
SE NON SBAGLIO TU SEI MOLTO PIU’ GIOVANE DI ALESSIO E THOMAS, GIUSTO?
“Sì, mentre Alessio e Thomas sono quasi coetanei, fra me e loro corrono più di dieci anni, e tutto quello che ne consegue in termini di formazione musicale”.
PRIMA AVEVATE UN ALTRO CHITARRISTA. RESTERETE UN TRIO A QUESTO PUNTO?
“Sì, quando siamo rimasti in tre abbiamo deciso di continuare così, senza cercare una quarta persona, per una serie di motivi di tipo sia musicale che logistico. Non escludo che in un futuro le cose possano cambiare, ma ad oggi la situazione è più che stabile”.
COME MAI NON AVETE INCLUSO IN “DOPO L’APNEA” I BRANI DEL DEMO?
“I pezzi del demo appartengono ad una fase diversa del gruppo, sono pezzi che abbiamo smesso di suonare quando siamo diventati un trio, sia per la difficoltà nell’eseguirne una versione efficace con una chitarra in meno, sia perché non appartenevano al discorso musicale e tematico intrapreso con ‘Dopo l’Apnea’. Credo fortemente nel concetto di album non come una semplice raccolta di canzoni, ma come percorso, se vogliamo ‘racconto’, inserire composizioni nate in un momento diverso non avrebbe avuto senso, tanto più che il demo è stato comunque pubblicato ed è tutt’ora disponibile”.
“DOPO L’APNEA”, COME MAI QUESTO TITOLO? DI COSA TRATTANO LE LIRICHE?
“Dietro a questo disco c’è una sorta di concept, o meglio un filo rosso che lega tutti i testi. Sono tutti molto personali, scritti in un lasso di tempo relativamente breve, perciò riflettono diverse sfaccettature di un momento piuttosto preciso della mia vita. Fondamentalmente è un racconto ‘in medias res’ di un percorso di cambiamento interiore (ma necessariamente ‘esteriorizzante’ nei confronti delle persone intorno) reso necessario da una presa di coscienza che non può non essere dolorosa, come i dolori della crescita di un bambino, ma che è imprescindibile per cercare un benessere vero e non superficiale. Queste parole possono risultare un po’ criptiche, ma non ho mai cercato di parlare esclusivamente di me, ho scritto certi testi con la speranza che diverse persone potessero interpretarli vivendoli nel proprio personalissimo contesto emotivo e sociale. In questo senso ho spesso ‘criptato’ i testi tramutando i contenuti in sensazioni, perché alla fine gran parte della nostra vita emotiva è mediata dal corpo, e forse queste stesse sensazioni possono diventare un veicolo comunicativo che vada in profondità; in questo senso ‘Dopo l’Apnea’ riflette questa idea di un percorso doloroso per arrivare a respirare davvero, per la prima volta”.
E LA SCELTA DEI TESTI IN ITALIANO DA DOVE PROVIENE?
“Originariamente è stato Marco (il vecchio cantante) a usare l’italiano, scelta comunque condivisa (io stesso nel gruppo precedente scrivevo sempre in italiano); la scelta del nome in italiano, che è stata comunque in parte conseguente all’uso della nostra lingua nei testi, ci ha spinti ulteriormente a battere questa strada. Personalmente ritengo che l’italiano, così come le altre lingue neolatine, abbia un potenziale espressivo superiore all’inglese (fatta eccezione per l’inglese più arcaico che si può leggere in certa letteratura inglese ma che ovviamente non ci appartiene), la migliore padronanza della lingua fa il resto”.
CI SPIEGHI COME NASCE UNA CANZONE DEI BUIOINGOLA? CHI SONO I SONGWRITER PRINCIPALI NELLA BAND, COME LAVORATE, ECCETERA?
“Solitamente sono io a portare dei riff, melodie e/o idee in sala prove, contenuti che vengono provati, digeriti e rielaborati fra tutti. E’ un percorso a volte incidentato perché non sempre è facile trovare un punto d’incontro fra le diverse idee e opinioni (anche perché poniamo sempre molta attenzione sul punto di vista strutturale dei pezzi), ma guardando indietro non cambierei nulla, può essere un processo faticoso ma sono sicuro che una sola mente non sarebbe riuscita a partorire certe cose”.
SE POTESSI INDIVIDUARE LE VOSTRE INFLUENZE PRINCIPALI NEI BUIOINGOLA QUALI MENZIONERESTI? A CHI DOVETE MAGGIORMENTE IL VOSTRO SOUND?
“Sinceramente faccio sempre un po’ di fatica a capirlo, forse pecco di presunzione ma credo che, per quanto siamo chiaramente influenzati da un sacco di gruppi che ci hanno formato musicalmente, la musica dei Buioingola non sia direttamente riconducibile a uno o due gruppi. Comunque a grandi linee, direi che a livello di atmosfere i vari Wolves in the Throne Room, Altar of Plagues, ecc giochino un ruolo importante, forse a tratti anche certi Blut Aus Nord. Poi più marginalmente ci sono i Godflesh, ed una vena melodica (secondo me molto importante nella nostra musica) che non saprei bene ricondurre ad un’altra realtà musicale. Resta il fatto che abbiamo ascolti molto diversificati, questo ha reso naturale lo ‘sconfinare’ in sonorità che poco spesso si associano al nostro tipo di proposta, vedi certi episodi come i primi minuti di Oceano dove emerge un po’ il gusto per la darkwave, l’industrial anni ’80, ecc. In questo senso credo che avremo ancora molte cose da esplorare”.
UNA COSA CHE CI HA LASCIATI PERPLESSI DI “DOPO L’APNEA” E’ IL SOUND DEL DISCO A VOLTE DAVVERO FREDDO E DISTANTE SECONDO NOI, COSA NE PENSI?
“Le opinioni che abbiamo sentito in merito sono abbastanza discordanti, chiaramente si tratta di una produzione con chiari tratti lo-fi, ma a molti sembra essere piaciuta. Io non lo trovo freddo; distante sicuramente, ma questa è una caratteristica insita nel nostro suono a partire da quello che esce in sala prove e dal vivo. Sostanzialmente siamo soddisfatti di quello che è risultato da queste registrazioni, forse qualche scelta col senno di poi potrebbe essere rivedibile, ma non è affatto semplice trovare il modo di rendere certi suoni; in linea generale cerchiamo un approccio molto live (il disco è stato registrato interamente in presa diretta, senza sovraincisioni), perciò, come dicevo sopra, le caratteristiche salienti di questo disco sono elementi che fanno parte del nostro suono, in ogni contesto”.
AVETE UN “PIANO” O DEI SOGNI PER QUESTA BAND? DOVE VORRESTE VEDERLA ARRIVARE?
“Penso di parlare anche a nome dei miei compagni quando dico che questo progetto fa e farà parte esclusivamente del nostro tempo libero; chiaramente non c’è nessuna prospettiva realistica di farne un lavoro (e onestamente anche se fosse possibile non credo che lo vorrei, l’idea di scrivere musica per quanto mi riguarda dev’essere libera da qualsiasi tipo di pressione esterna per essere realmente appagante). Speriamo di poter portare avanti il nostro discorso musicale, crescere qualitativamente, e riuscire ad avere un buon riscontro, quello che più o meno si aspetta qualsiasi gruppo che suona certa musica”.
“NEOCRUST”: SPIEGACI QUESTO TERMINE…
“E’ un’etichetta come un’altra, e come tutte le altre etichette ha un valore esemplificativo, nulla di più. L’etichetta non fa la musica ma viceversa. In sé per sé credo che faccia riferimento alla recente (ultimi dieci anni? mah) riscoperta del ‘vecchio crust’ rivisto in un’ottica culturale, sociale e sonora diversa”.
DUE PAROLE SULLA SCENA HEAVY TOSCANA, DEL CENTRONORD E DELL’ITALIA IN GENERALE?
“In Toscana ci sono tanti gioiellini sepolti, ma veramente tanti, solo che essendo considerata zona musicalmente periferica, restano appunto spesso sepolti. In particolare sono un fan dei Gottesmorder (fra i pochi che sono riusciti ad ‘emergere’) con cui abbiamo da anni rapporti di vario tipo, devo ammettere che su di me hanno avuto una certa influenza. In generale in Italia abbiamo una serie di ottime band, alcune delle quali hanno saputo intraprendere un discorso non necessariamente schiavo dell’influenza anglosassone e/o scandinava, gruppi che secondo me non sfigurerebbero accanto a nomi più in voga. Resta il fatto che suonare certa musica in Italia è un atto masturbatorio, nel senso che il pochissimo pubblico che c’è è composto per la stragrande maggioranza da gente che a sua volta suona, spesso in gruppi che frequentano gli stessi circuiti. Questo crea un circolo vizioso in cui prima della musica vengono le amicizie, la ‘fama’ (ovviamente in termini molto relativi); un nuovo gruppo composto da Pinco Pallino che suonava in tale gruppo o tal altro avrà a prescindere un certo tipo di risposta (questo non toglie che quasi sempre si tratta di gruppi molto validi), mentre chi è fuori da questi giri fa una fatica mostruosa a trovare un proprio spazio, che proponga qualcosa di valido o meno”.
PENSI CHE CONTINUERETE A SUONARE SOLO NELLA VOSTRA ZONA O VORRESTE ANCHE FARE DEI TOUR ECCETERA IN FUTURO?
“Anno prossimo se tutto va bene gireremo un po’ per l’Italia, ci stiamo lavorando su. Speriamo che la fortuna ci assista, visto che finora abbiamo perso una serie di date fuori per circostanze antipatiche. E ci piacerebbe anche uscire presto dall’Italia, visitare un po’ di Europa, non sarà facile ma è un obiettivo importante per noi”.
ALTRE BAND ITALIANE CHE TI STANNO PIACENDO IN QUESTO PERIODO?
“Negli ultimi anni in campo di musica pesante i miei preferiti sono i Lento, i Dyskinesia (uno di quei gruppi che avrebbero meritato di raccogliere molto di più, a mio parere), i Marnero, i Dead Elephant e i Topsy the Great”.
DISCHI MIGLIORI DEL 2013, SECONDO TE?
“Devo ammettere che in quest’anno ho ascoltato veramente poca ‘musica coi chitarroni’. A braccio i preferiti sono stati l’esordio dei Daughter, i TWIABPAIANLATD, The Haxan Cloak, Raime, Old Gray, Macelleria Mobile di Mezzanotte, Esben and the Witch, Altar of Plagues… e mi fermo qua, ché si fa lunga”.
L’APICE E IL BARATRO PER I BUIOINGOLA?
“Il baratro è quello che viviamo ogni volta che carichiamo gli strumenti in macchina, facciamo chilometri e chilometri per finire in posti dove vieni trattato come un pezzente, perché sei ‘il gruppo spalla’, come se questo togliesse dignità al tuo lavoro, alla tua musica e ai tuoi sforzi. L’apice sono sicuro che sia ancora da toccare”.