Sembra passato un secolo da quando, insieme a Trivium ed Avenged Sevenfold, i Bullet For My Valentine di “The Poison” erano accreditati tra le ‘band cui affidare il futuro del metal’. In realtà poi le cose nei quindici anni successivi sono andate un po’ diversamente, con cambi di direzione non sempre a fuoco e tensioni che hanno portato la band ad un passo dallo scioglimento, dando l’idea di un Matt Tuck solo contro tutti. Sedici anni dopo, forti di una nuova line-up ormai rodata e di una ritrovata intesa tra Matt e il sodale Page, la band gallese è pronta a segnare un nuovo inizio con il settimo ed omonimo album, come confermatoci dallo stesso Matt in una piacevole chiacchierata che spazia dagli esordi nel segno del nu-metal fino ai giorni nostri…
COME MAI LA SCELTA DI UN ALBUM AUTOINTITOLATO?
– Dopo aver registrato il disco parlandone con il nostro management ci hanno suggerito loro questo titolo come una sorta di nuovo inizio, e abbiamo tutti pensato fosse una buona idea.
IL SUONO E’ MOLTO PIU’ HEAVY RISPETTO A “GRAVITY”…
– Stavolta ci siamo presi del tempo dopo il tour di “Gravity” per provare un po’ insieme, senza necessariamente voler comporre subito del nuovo materiale. Nel 2019 abbiamo passato circa otto settimane in studio trovare la giusta direzione: la prima canzone che abbiamo scritto è stata “Knives”, la cui aggressività è diventato il riferimento per il resto del disco. A febbraIo del 2020 siamo poi tornati in studio, ma come tutti ci siamo dovuti fermare per qualche mese a causa del Covid-19, e finalmente poi abbiamo ripreso dopo l’estate.
ANCHE L’ARTWORK SI DISCOSTA MOLTO RISPETTO AL PRECEDENTE: DAL MULTICOLOR DI “GRAVITY” AL BIANCO E NERO…
– Sì, questo album è molto diverso dal predecessore, quindi volevamo avesse un’immagine più semplice ma al tempo stesso iconica. Per questo per la prima volta abbiamo lavorato con un creative director che ci ha seguito per tutta la parte visiva, dall’artwork ai video, raccogliendo le nostre idee e mettendole in pratica. Come detto l’artwork è molto minimale, ma all’interno del booklet ci saranno molte altre immagini completamente differenti.
IL DISCO SI APRE CON UNO SHUFFFLE DEI VOSTRI VECCHI PEZZI: UN MODO PER CHIUDERE COL PASSATO?
– Esatto, come detto crediamo di essere entrati in un’altra dimensione rispetto a prima, ovviamente senza voler rinnegare tutto quanto abbiamo fatto finora, che resta fantastico. Per questo abbiamo pensato per la prima volta di aggiungere una sorta di intro, con una retrospettiva dei nostri classici che al tempo stesso segna un nuovo inizio per noi come band.
AVETE MAI PENSATO AD UN LIVE CON UNA VERA ORCHESTRA?
– Credo ci sarebbero un sacco di nostri pezzi che suonerebbero davvero bene con un’orchestra: diciamo che è nella nostra to-do-list non appena avremo il budget dei Metallica (risate, Ndr). Sarebbe fantastico avere un teatro e un’orchestra, ma al tempo stesso è un’idea molto costosa e rischiosa se non hai la sicurezza di poterlo sostenere… Speriamo un giorno di essere nelle condizioni di poterlo fare.
CON GLI ALBUM E I CONCERTI IN STREAMING, LA PROSSIMA FRONTIERA E’ PATREON?
– E’ qualcosa cui abbiamo pensato a lungo prima di aderire, ma vedendo tanti casi di successo ci siamo decisi anche noi. Credo sia un ottimo strumento per entrare in contatto sempre più stretto con i fan da tutto il mondo in tutti gli aspetti della vita della band, dalle prove in studio alla vita in tour. L’intento non è avere una fonte di reddito addizionale, ma più rafforzare il legame con la community dei nostri fan, e da questo punto di vista devo dire che sta funzionando davvero bene.
PER CONSIGLI POTRESTE CHIEDERE AI WHILE SHE SLEEPS…
– Sì, infatti, i WSS sono la band perfetta per questo canale, hanno un’energia pazzesca!
NEL 2004 ERAVATE APPREZZATI SOPRATTUTTO TRA I GIOVANISSIMI: E OGGI?
– Siamo davvero fortunati perchè abbiamo un pubblico davvero variegato: ci sono giovani cresciuti con noi in questi anni, altri che si sono appena avvicinati al metal e sono ai loro primi concerti… Perfino dei bambini di cinque/sei/sette anni accompagnati dai genitori!
COM’E’ STATA LA REAZIONE DEI FAN AL ‘NUOVO’ SOUND?
– Da quanto mi dicono i primi feedback sono stati molto buoni, anche se personalmente ammetto di non guardare più i commenti sui social da tempo. Credo addirittura stavolta siamo andati sopra le aspettative di molti, il che ovviamente ci fa piacere, anche se come sempre ci sarà chi non apprezza il nuovo corso.
CI FARESTI UNA TUA CLASSIFICA DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA?
– All’ultimo posto direi “Temper Temper”, una scelta credo abbastanza ovvia e condivisa da molti: il momento era quello che era, ma è un dato di fatto che non sia riuscito ad entrare in connessione col pubblico. Poi metterei “Scream Aim Fire” e “The Poison”, mentre ai primi due posti, escludendo ovviamente l’ultimo, dico “Venom” e “Gravity”.
POTENDO TORNARE INDIETRO, FARESTI QUALCOSA DIVERSAMENTE?
– Non ho particolari rimpianti, al massimo qualche dettaglio che avrei voluto rivedere, come quando finisci di registrare un disco e lo riascolti tempo dopo. In generale comunque credo siamo rimasti sempre fedeli a noi stessi come band facendo quello che volevamo fare a prescindere dalle reazioni del pubblico, quindi va bene così. C’è una componente di rischio in tutto ciò, ma fintanto che segui il tuo istinto sei in pace con te stesso.
HAI SENTITO IL DEBUTTO DI MOSE (ex-batterista della band, ndr) CON I KILL THE LIGHTS?
– Onestamente no… L’ultimo anno mi sono concentrato sul nuovo disco e non ho ascoltato nient’altro, quindi non saprei, mi spiace.
CHE FINE HANNO FATTO GLI AXEWOUND (side-project del 2012 con il cantante dei Cancer Batss, ndr)?
– In quel periodo abbiamo suonato con gli altri ragazzi, più come un progetto estemporaneo che come una vera band. Mi piacerebbe fare qualcosa di nuovo con loro ma credo ora sia fisicamente impossibile visti gli impegni di tutti
MUSICA A PARTE, COME HAI PASSATO IL LOCKDOWN?
– E’ stato in certo qual modo bello passare un po’ di tempo a casa, potendomi concentrare solo sulla musica e sulla mia famiglia. Sono stati mesi difficili per tutti, ma ho cercato di prendere il lato positivo della cosa, riprendendo le abitudini casalinghe (cucinare, portare i figli a scuola…) che ovviamente ti mancano quando sei in tour.
COME VEDI IL FUTURO DEI LIVE SHOW?
– Non saprei, credo siamo ancora in una sorta di limbo. Abbiamo finalmente degli show pianificati in Inghilterra e il disco in uscita, dopodiché spero si possa tornare a suonare in giro, ma credo sia ancora presto per dirlo vista la situazione molto fluida.
PRIMA DEI BULLET FOR MY VALENTINE SUONAVI IN UNA BAND NU-METAL: SEGUI ANCORA IL GENERE?
– Sì, assolutamente, quando avevo dai quindici ai vent’anni band come Korn, Deftones o Limp Bizkit erano i re del mondo e all’epoca mi hanno davvero ispirato, prima di conoscere il ‘vero’ metal. Per questo non posso che avere parole di ammirazione per queste band, che in qualche modo hanno segnato la mia adolescenza.
COSA NE PENSI DEL NUOVO IRON MAIDEN?
– Per il momento ho sentito solo il primo singolo “Writing On The Wall”, e devo dire che è diverso dal tipico pezzo dei Maiden, ha un approccio quasi più folk. Per il resto devo ancora trovare il tempo per un ascolto rilassato di tutto il disco.
IL ‘BLACK ALBUM’ DEI METALLICA HA APPENA COMPIUTO TRENT’ANNI: QUAL E’ IL TUO PEZZO PREFERITO?
– Quel disco significa davvero tantissimo per me, è un altro di quegli album che ha segnato la mia adolescenza quindi è difficile scegliere. Detto questo credo che voterei “Nothing Else Matters”, un pezzo così coraggioso per la band nonché una canzone meravigliosa in tutti i sensi: testo, assolo, arrangiamenti… Semplicemente un brano leggendario per una band leggendaria.
IMMAGINO SIA STATO UNO DEI PRIMI PEZZI CHE HAI IMPARATO ALLA CHITARRA…
– Sì, l’intro credo fosse tra le prime cose che ho imparato a suonare anche perché praticamente si poteva fare con una mano sola. Credo fosse una delle canzoni più semplici che ho imparato, ma al tempo stesso era davvero fantastico poter suonare un pezzo dei Metallica, e credo che rappresenti l’essenza stessa dell’album: tecnicamente non troppo complesso ma al tempo stesso incredibilmente potente, anche a livello di produzione pure se paragonato rispetto agli standard odierni.