Tra le personalità che hanno vissuto il metal estremo sin dagli anni in cui il genere doveva muovere ancora molti passi per essere quello che è diventato oggi (anche a livello di ricezione), Raffaella Rivarolo, in arte Cadaveria, rappresenta una delle testimonianze dirette di un periodo e di un movimento evolutosi inesorabilmente nel corso del tempo. Protagonista attiva di un periodo storico importantissimo per il metallo tricolore, Cadaveria e la sua omonima band, torna sul mercato con il nuovo “Emptiness”, un album eclettico abile a farsi spazio nei nostri ascolti grazie ad una capacità espressiva diretta e secca, cangiante nell’esposizione, tra sfuriate black e connotazioni gothic, quando non prettamente heavy, nonché una certa tendenza a risultare un prodotto solido e capace di restare attaccato all’ascoltatore. Vi rimandiamo alla recensione dell’album per un approfondimento; invece, per qualcosa che solo gli autori possono raccontare della loro musica, ci affidiamo alle parole di, per l’appunto, Cadaveria; del disco e non solo parliamo per l’appunto in questa intervista. Buona lettura.
CIAO RAFFAELLA E BENTORNATA SULLE NOSTRE PAGINE! “EMPTINESS” E’ USCITO DA QUALCHE SETTIMANA, COME STANNO ANDANDO LE COSE? COME SONO I FEEDBACK?
– “Emptiness” sta piacendo moltissimo sia alla critica che ai fan e noi ne siamo proprio contenti. Anche l’artwork sta ricevendo molti complimenti. Avevamo già avuto ottimi feedback sui singoli e i video che avevamo rilasciato da fine 2020 in poi, ma nell’album ci sono tanti altri inediti e, mancando dalle scene da un po’ ed essendo una band che non si fa problemi a spaziare tra i generi, non sai mai come possano venire recepite le cose. Credo che sia una sorta di pressione che vivono un po’ tutte le band che hanno già alcuni album alle spalle. Dal canto nostro non ci siamo posti limiti e abbiamo fatto del nostro meglio e ora consegniamo l’esito di tutti i nostri sforzi agli ascoltatori. Idealmente dedico questo album a tutti i fan che mi hanno dimostrato tanto affetto durante la mia malattia e che hanno saputo aspettarmi.
PER L’APPUNTO, NON POSSIAMO IGNORARE CHE, OLTRE AL RITORNO DELLA BAND, QUESTO DISCO SEGNA ANCHE IL TUO RITORNO DOPO UN PERIODO CERTAMENTE MOLTO DIFFICILE A LIVELLO PERSONALE. TI VA DI PARLARNE?
– Certo, non mi sono mai nascosta, anzi il continuo esternare mi ha aiutata nel percorso di guarigione. Mi sono accorta che il cancro è un tabù, pochissimi lo chiamano per nome, si preferisce definirlo ‘una brutta malattia’, ‘un male incurabile’ e chi non guarisce ‘perde la battaglia’ come se fosse uno sconfitto o un fallito. Io la parrucca non l’ho messa, faceva troppo caldo, e di sguardi addosso, indignati o compassionevoli, credimi che ne ho avuti tanti, ma tiravo dritto e tra me dicevo: “è inutile che mi guardi tanto e fai tanto il figo, può succedere anche a te, o credi di essere immortale? Anzi fai attenzione a quando attraversi la strada che potrebbero prenderti sotto”. Cerco di non fartela lunga: ho studiato un casino perchè il cancro era in fase avanzata, anche se fortunatamente circoscritto, e quindi, non fidandomi di nessuno, ho voluto capire se i medici mi stavano proponendo il protocollo migliore. Ho smesso di fare tutto e mi sono concentrata solo su me stessa: obiettivo, guarigione. Tra un intervento e l’altro e un anno di chemio con un tubo permanente che mi usciva dal collo per le infusioni, ho meditato tanto, mi sono avvicinata allo yoga, ho camminato ogni giorno per schiarirmi le idee, ho pianto tanto, ho ballato, ho riso, sono volata in Brasile dove ho conosciuto il vero sciamanesimo a contatto con una tribù indigena, ho imparato a chiedere aiuto, ad essere paziente, a lasciare andare quello che non c’è più, ad amarmi e a ringraziare ogni giorno per essere viva. Una montagna russa di emozioni, come racconto in “Matryoshcada”. Sono convinta che tutto ciò sia arrivato per insegnarmi qualcosa e cerco di fare tesoro di tutto ciò che ho appreso. La musica in tutto questo era lontana, pensavo di non ritornarci più, invece ad un certo punto ho ricominciato a scrivere… “Emptiness” è il sunto di tutto questo.
TORNIAMO ALLORA ALLA MUSICA: CI SONO STATE ALCUNE USCITE A NOME CADAVERIA, SINGOLI EP ETC, MA QUESTO E’ IL PRIMO FULL-LENGTH DOPO UN BEL PO’ DI TEMPO. COME DESCRIVERESTI “EMPTINESS” DAL PUNTO DI VISTA DI CHI L’HA COMPOSTO E PUBBLICATO?
– Direi che è un album completo: undici brani (dodici nella versione in vinile) curati in ogni minimo dettaglio, dalla scrittura alla composizione, alla registrazione e fino al mastering come se ognuno dovesse uscire come singolo. Non ci sono canzoni messe lì per fare numero. Ognuna è un piccolo gioiello che brilla. Ci sono riff taglienti e cazzuti, ma anche tanta melodia e armonia. I brani sono abbastanza orecchiabili, ma se li ascolti più volte scopri altre linee più sottese. Ci sono tempi serrati, c’è del death, del black, del gothic e del doom, il growl e il clean, perchè questa mescolanza è il nostro marchio di fabbrica, la nostra personalità, che sfugge alle facili classificazioni. Dal mio punto di vista è un album esaustivo anche nella misura in cui ho fatto confluire in esso tutte le mie esigenze artistiche, urgenze narrative e i miei desideri o capricci (come cantare una canzone in italiano). Ed è anche l’album definitivo, perchè non intendiamo uscire con altri full-length in futuro.
PERSONALMENTE HO TROVATO QUESTO DISCO MOLTO VALIDO, VARIO E CON QUALCOSA DA DIRE. IMMAGINI DUNQUE UNA TEMATICA ‘DI BASE’ CHE LEGA I BRANI; QUAL E’ IL VUOTO DEL TITOLO?
– I vari brani a livello di tematiche ruotano tutti attorno al percorso che ho compiuto negli ultimi anni, pertanto si parla di dolore, di cura, di resilienza, di rinascita, di sciamanesimo. La natura, le energie, l’universo, la luce, le tenebre sono temi costanti che attraversano trasversalmente l’album. Il vuoto del titolo non è il nulla, cioè non è da intendersi con accezione negativa, ma è il 99,9% dell’universo che noi non conosciamo e che pertanto la scienza definisce come il vuoto. Io credo che non sia vuoto per nulla, è pieno di energia. Ma soprattutto il vuoto è quello stato di grazia che puoi raggiungere con la meditazione, l’assenza di pensiero, che rende liberi. A volte si ha paura di questo vuoto perchè siamo abituati a fare continuamente qualcosa e non siamo capaci semplicemente di essere. Io anelo a questo.
COMBINATE DIVERSE INFLUENZE, E SEPPURE LA BASE SIA BEN RADICATA NEL METAL ESTREMO SI SENTONO RIFERIMENTI PURAMENTE HEAVY, MOLTA MELODIA, UNA COMPONENTE GOTICA; COME VI SIETE AVVICINATI NEL TEMPO A QUESTO GENERE?
– Non so dirtelo con certezza, è come se mi chiedessi perchè mi piace il gelato alla fragola. Pensando alle nostre radici musicali e alle nostre abitudini attuali potrei dirti che siamo cresciuti a pane e metal (estremo) in tutte le sue forme, ma che poi ognuno si è evoluto percorrendo una sua strada, ad esempio Marçelo (Santos, batterista della band) è più old-school mentre io sono più progressive. Da piccola son cresciuta con la musica classica, poi da giovanissima ho ascoltato molto death e black metal, ora sono più orientata su cose tipo Soen. Chiaramente se sei di mente aperta e ti diverti a sperimentare, quando hai carta bianca sulle canzoni ci metti tutto quello che senti e che ti piace, reminiscenze del passato e influenze del presente… Cerchiamo di amalgamare i vari elementi così come i vari riff secondo il nostro gusto e con eleganza. A volte è meglio togliere, essere più minimali, piuttosto che strafare.
SIETE IN GIRO DA UN BEL PO’ E SONO PASSATI VENT’ANNI ESATTI DAL VOSTRO DEBUTTO; COSA E’ CAMBIATO NEL METAL ESTREMO, ITALIANO E NON, DA QUEI TEMPI?
– E’ cambiato tutto. Tutto è diventato business, social, visualizzazioni, sponsorizzazioni. Come in ogni altro settore e, purtroppo, come anche nella vita di molti, ciò che conta è fare notizia e avere like e follower. Personalmente vivo una doppia realtà: quella creativa, libera e divertente del comporre, del girare e montare un video, dello stare in studio di registrazione che sono i momenti della musica, dell’arte, di ciò che mi fa stare bene. Il rovescio della medaglia è che occupandomi anche della promozione in prima persona ogni cosa che facciamo passa nel frullatore social network e in quella fase perde la sua aura artistica e diventa merce, prodotto, veicolo di hype. Tutto questo mi disturba. Mi disturba il fatto che sia sempre e solo tutta una questione di denaro. Se è vero che oggi servono meno soldi per registrare un disco, solo se hai tanti soldi riesci a promuoverlo in modo che arrivi davvero a milioni di persone e a potenziali nuovi ascoltatori. Per contro non tutto ciò che arriva a milioni di persone è musica di qualità.
E PER QUANTO RIGUARDA LA BAND? VENT’ANNI SONO TANTI, E FORSE NON E’ LA STESSA COSA SUONARE METAL ESTREMO DA RAGAZZI E DA PIU’ GRANDICELLI. COME APPROCCI IL GENERE OGGI?
– Per quanto mi riguarda è come andare in bicicletta, una volta che impari non ti serve allenamento per risalire in sella. Il metal mi appartiene e potermi esprimere attraverso la musica, oltre che un privilegio e un dono, è qualcosa che mi dà sempre la carica giusta per affrontare qualsiasi studio o palco. L’età piuttosto si fa sentire in termini di consapevolezza e maturità, quindi se a venti anni andavo a suonare anche nei peggiori bar di Caracas, Milano, Bucarest (mettici tu la città che vuoi), oggi non lo farei più. Ma non perchè adesso me la tiro, è proprio perchè sono diventata consapevole del valore dei Cadaveria. La gavetta l’abbiamo fatta, ora se si suona dal vivo deve essere in una situazione che ci dia possibilità di fare uno spettacolo ad alto livello e che possa rendere giustizia ad un album come “Emptiness”.
TRA L’ALTRO, COME DICEVO, SI NOTA MOLTA MELODIA TRA LE NOTE DI “EMPTINESS”, INCLUSO L’UTILIZZO DELLA VOCE. MOLTE SONO LE PARTI A VOCE PULITA, UTILIZZATA CON SAPIENZA, E CHE A MIO AVVISO IMPREZIOSISCONO L’ASCOLTO E PER CONTRALTO RENDONO ANCORA PIU’ INTENSE LE PARTI IN GROWL. COME DECIDETE DI CALIBRARE MELODIA E INTENSITA’ NEI VOSTRI BRANI?
– Si va molto a nostro gusto, a orecchio e a sentimento. A volte ci si trova con quattro o cinque buoni riff di chitarra da collegare insieme, mettere in sequenza per creare lo scheletro del brano e lì si va proprio a sentore. Alcune cose funzionano, altre le senti che non vanno. Lo stesso avviene per la calibratura delle intensità o per la scelta di che tempo di batteria fare. Su questo Marçelo ed io ci confrontiamo molto: a volte lui metterebbe un tempo più cadenzato e io da profana della batteria gli suggerisco una duina e alla fine funziona. Al contrario per la voce io di solito mi approccio col clean ed è lui a suggerirmi che invece quella parte starebbe meglio in growl. E’ un po’ come decidere come montare un video o che fotografia applicare ad una scena. Sempre per citare “Matryoschcada”: il brano è stato pensato tutto in clean e poi si è evoluto in parti col growl, ma come singolo abbiamo fatto uscire anche “Matryoshcada Native Ceremonony”, che è appunto la versione nativa del brano cantato tutto in pulito. Se volete curiosare la trovate su Spotify.
A QUALE BRANO DI “EMPTINESS” SEI PIU’ LEGATA E PERCHE’?
– A nessuno in particolare. Mi piacciono davvero tutti e tutti quanti raccontano una parte importante del mio trascorso. A molti di essi abbiamo dedicato un videoclip e sono molto soddisfatta di come è venuto il video di “The Woman Who Fell to Earth”. La sfida sarà superarci con il prossimo video, in uscita a breve.
A PROPOSITO, QUALI SONO I VOSTRI PROSSIMI PASSI? AVETE QUALCOSA DI PROGRAMMATO PER L’ESTATE?
– Nell’immediato c’è da dedicarsi al montaggio del prossimo video, che come ti dicevo non tarderà molto ad uscire. Abbiamo in programma altre chicche a cui laveremo durante i mesi più caldi per regalare altre sorprese a settembre e ottobre. A livello live non ci sono date in programma per i motivi che ti dicevo prima. Se arriveranno le giuste occasioni noi siamo pronti.