Quando una band deve darsi una rinfrescata, polarizzare gli estremi della propria formula non è certo una strada che hanno percorso in pochi. Il momento è arrivato anche per una delle più grandi live band in circolazione, quei Cancer Bats che, sfiorata la fama in più di un’occasione, continuano ad andare avanti senza mai fermarsi, mantenendo un’umiltà a cui molti dovrebbero guardare come modello. Raggiungiamo il carismatico frontman Liam Cormier per farci raccontare l’esperienza in studio con il mega-producer Ross Robinson nell’assolata L.A., i retroscena dello scossone auto indotto e l’attitudine punk che da sempre accompagna questa band di grandi lavoratori. Il giudizio degli addetti ai lavori è opinabile, ma chiunque, una volta assistito ad un concerto dei Cancer Bats, si rende conto dell’eccellenza di una band valida a 360°, dove il lavoro in studio è solo un terzo delle motivazioni per cui amarli, assieme alle già decantate capacità live e all’attitudine ammirevole.
COME SIETE ARRIVATI A LAVORARE CON ROSS ROBINSON?
“Ci hanno presentato Ross tramite un amico comune che sapeva che stavamo cercando un produttore. Avevamo già scritto e registrato le nuove canzoni in forma di demo, insomma cercavamo giusto la persona adatta per lavorare sul materiale. Ho parlato con Ross per 15 minuti al telefono e ho capito che era il nostro uomo, così 2 settimane dopo eravamo a casa sua, a Venice Beach, a registrare il disco”.
SI PARLA MOLTO DEL SUO METODO FUORI DALL’ORDINARIO, E’ DAVVERO COSI’ DIVERSO STARE IN STUDIO CON LUI?
“Ross non è paragonabile a nessun altro, è il tizio più fuori che possiate incontrare! Quando registravamo le parti di batteria era nella stanza a far mosh col resto del gruppo, giusto per render l’ambiente il più possibile vicino all’esperienza reale di un concerto. Quando si registrava la chitarra era accanto a Scott ad urlare nei pickup tutta la sua esaltazione. Al momento di registrare le vocals mi ha pompato a tal punto che stavo per esplodere. E’ stata la migliore esperienza di sempre in studio”.
COME SI STA A VENICE BEACH? DEV’ESSERE UN BEL CAMBIAMENTO PER UNA BAND DI TORONTO…
“Siamo soliti registrare in pieno inverno, in un quartiere di Toronto abbastanza merdoso, pieno di strani centri massaggi e officine. Da quella cornice stare accanto alla spiaggia a mangiare burrito sotto il sole tutti i giorni… è un’atmosfera decisamente figa. Anche se non siete lì per registrare Venice Beach è uno dei quartieri più tranquilli e rilassati di Los Angeles. Tutti sono super amichevoli, amano uscire e godersi il tempo magnifico. Ci sono già tornato solo per passarci qualche giorno, amo quel posto”.
VI SIETE PRESI UNA PAUSA PIU’ LUNGA DEL SOLITO PER LAVORARE SU “SEARCHING FOR ZERO”. E’ MEGLIO LAVORARE SENZA TEMPISTICHE RISTRETTE?
“Arrivati al quinto album ci siamo sentiti in dovere di prenderci tutto il tempo necessario per creare qualcosa che spiccasse all’interno della nostra discografia. Non abbiamo dovuto affrettare decisioni o fare qualsiasi compromesso legato al tempo. Siamo riusciti ad elaborare ogni idea, riuscendo davvero a sperimentare e a spingerci oltre per far qualcosa di fresco. Oltre a questo è stato bello dormire nel nostro letto per qualche tempo!”.
HO LETTO CHE “NO MORE BULLSHIT” E’ DIVENTATO IL MANTRA CHE VI HA ACCOMPAGNATO IN STUDIO…
“La prima cosa che Ross ha chiarito per le registrazioni dell’album è stata che avrebbe dovuto esserci una ragione per ogni azione compiuta. Cantando ci sarebbe dovuta essere una emozione reale, suonando uno strumento ci sarebbe dovuta essere convinzione. Oltre a questo, andando a pubblicare un album, avremmo dovuto essere convinti di ogni singola canzone, e se fossimo andati in tour avremmo dovuto farlo perché amiamo farlo e amiamo tutte le persone con cui lo facciamo. Nessuna stronzata nel mezzo. Ogni cosa a cui andavamo incontro aveva come premessa ‘Basta stronzate! Si fanno le cose per bene!’. Parecchie volte ci siamo trovati a ridere ipotizzando di chiamare l’album stesso ‘No More Bullshit’!”.
PUOI SPIEGARCI IL CONCETTO DI ‘ZERO’ CHE GRAVITA ATTORNO ALL’ALBUM?
“L’idea dello Zero è arrivata lavorando al testo della canzone ‘True Zero’. Volevo trovare un modo per descrivere il nostro nuovo punto di partenza, dal quale siamo partiti a costruire qualcosa. Una volta stabilito lo zero assoluto in una scala non si può più avere un negativo. Da lì in poi è tutto in positivo”.
C’E’ UNA VENA PIU’ PULITA E MELODICA NELLE TUE VOCALS. E’ UN’EVOLUZIONE NATURALE?
“Sì, ho avuto la possibilità di spingermi oltre e sperimentare in quest’album. Un sacco di riff che Jaye e Scott hanno portato sul tavolo di lavoro mi hanno incentivato a cantare. Anche la confidenza che ho raggiunto dopo aver imparato le cover dei Black Sabbath mi ha aiutato parecchio con l’estensione. Lavorare con Ross poi, un persona che sa realmente come spingere al limite la vocalità e sa tirar fuori il meglio da un cantante, mi ha fatto prendere in mano la situazione padroneggiando anche le linee più difficili”.
I CANCER BATS SONO UNA DELLE LIVE BAND CHE SI DA PIU’ DA FARE A LIVELLO DI TOUR. C’E’ QUALCOSA DI CUI DAVVERO NON PUOI FARE A MENO QUANDO LASCI CASA?
“Non parto mai senza una tavola da skate. Ci sono parecchi momenti morti in tour e non trovo ci sia niente di più divertente che saltarci sopra e cazzeggiare intorno alla venue o nello skate park più vicino”.
DOPO IL CONCERTO VERO E PROPRIO QUAL E’ IL MOMENTO MIGLIORE DELLA TUA GIORNATA QUANDO SEI IN TOUR?
“Adoro quando il concerto è finito, sono tutti sudati e ci incontriamo col pubblico. Mentre tutti sorridono e riprendono fiato puoi sentire fisicamente l’energia presente nella stanza. Mi piace sempre moltissimo, è un momento di scambio e di comunione. Sono sempre felice quando la sicurezza non sbatte subito tutti fuori e si può stare insieme”.
C’E’ QUALCHE DATA ITALIANA CHE TI E’ RIMASTA PARTICOLARMENTE IMPRESSA?
“Uno dei migliori ricordi in Italia è stata la prima data con gli Hierophant. Eravamo davvero senza parole davanti a una band così heavy e figa, composta da persone meravigliose, con cui suoneremmo sempre volentieri e che vorremmo rivedere ogni volta che passiamo nel vostro paese. Ho sempre sperato di poter di nuovo suonare insieme, ma non siamo mai riusciti a concretizzare la cosa. Non accade tutti i giorni di suonare con grandi band e grandi persone come sono gli Hierophant”.
AVETE IN MENTE UN’ALTRA GENIALATA COME IL ‘PENTAGRAM TOUR’ PER PROMUOVERE IL NUOVO “SEARCHING FOR ZERO”?
“Quel giorno è stato talmente speciale che non proveremo mai a rifarlo. E’ venuto talmente bene, tutto si è svolto in maniera così perfetta che non gli renderemmo giustizia a rifarlo. Siamo sempre disposti a fare qualche pazzia sia chiaro, vedrete che salterà fuori qualcosa di epico anche in questo ciclo di tour”.
DA VERI FAN DEI BLACK SABBATH COSA NE PENSATE DI “13”? LO VORRESTE UN ALTRO ALBUM?
“Secondo me ’13’ è abbastanza figo. Contiene dei riff degni di tal nome e i classici testi dei Sabbath, l’atmosfera generale è quella giusta. Sono felice che abbiano deciso di rimanere fedeli al loro stile, senza tentare una moderna interpretazione dei Black Sabbath. ‘Keep it heavy and Keep it evil’ e tutti saranno felici! Spero di riuscire a fare lo stesso tra 30 anni”.
C’E’ UNA DOMANDA A CUI SEI STUFO DI RISPONDERE DURANTE LE INTERVISTE?
“Sono tranquillo e accomodante con qualsiasi domanda mi venga posta… o forse ho solo fortuna e mi arrivano solo buone domande. Davvero, non mi ha mai fatto scazzare nessuno in un’intervista”.