CANDLEMASS – Il Sole nero del doom

Pubblicato il 21/11/2022 da

Con l’entrata in formazione in pianta stabile di Johan Längquist, cantante in “Epicus Doomicus Metallicus”, si è aperta una nuova era nella gloriosa storia dei Candlemass. Una nuova era all’insegna del vecchio, se ci scusate il precario gioco di parole: perché con Längquist la band svedese ha compiuto un viaggio a ritroso nel tempo, riappropriandosi di un’immagine e una sostanza doom primordiale, antica, per quanto rafforzata nelle apparenze dalla vigoria sonora dei tempi attuali. Pesanti, grevi, di color della pece, con l’ultimo “Sweet Evil Sun” non hanno fatto altro che rafforzare il concetto di doom secondo l’idea primordiale del termine, spazzando via quasi completamente quei toni fantasiosi, epici e ariosi manifestati negli anni di Messiah Marcolin alla voce, ma pure nella felice parentesi ad appannaggio di Robert Lowe. Il discorso attuale per conto nostro fila fino a un certo punto, va riconosciuto in ogni caso alla formazione una sua efficacia anche sotto quest’ultima veste, per quanto personalmente ci appaia fin troppo richiusa su se stessa e non così emozionante come molte altre volte in passato. Di questa nuova era e di come i musicisti la stanno vivendo ne abbiamo ampiamente discusso con uno dei membri storici del gruppo, il chitarrista Mats ‘Mappe’ Björkman, pilastro della scena doom fin dai suoi albori.

IL NUOVO ALBUM SI INTITOLA “SWEET EVIL SUN”: QUAL È IL SIGNIFICATO DI QUESTO TITOLO, SECONDO LA VOSTRA INTERPRETAZIONE?
– Nella percezione comune il sole è qualcosa di positivo, il sole è luminoso, dà la luce, è sinonimo di vita. Ma il sole non è per forza qualcosa di positivo, il sole può anche avere i suoi lati oscuri. Così il titolo racchiude questa essenza, che è poi quella della vita stessa: può essere dolce ma anche molto cattiva.

“SWEET EVIL SUN” È IL VOSTRO SECONDO DISCO DAL RIENTRO DI JOHAN LÄNGQUIST IN FORMAZIONE. VOLEVO SAPERE SE RISPETTO A “THE DOOR OF DOOM” ABBIATE PERCEPITO LA NECESSITÀ DI MUOVERSI IN UNA DIREZIONE DIVERSA E PROVARE NUOVE SOLUZIONI, OPPURE NON ABBIATE AVUTO INDUGI NEL PROSEGUIRE LA STRADA TRACCIATA CON IL PRECEDENTE CAPITOLO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA.
– Sono accadute un po’ entrambe le cose. Per “The Door Of Doom” ci siamo trovati più alle strette come tempi, di fatto abbiamo praticamente dovuto riregistrare l’album quando Johan è entrato in formazione, abbiamo avuto tre settimane di tempo. Johan ha cantato le sue parti ma non è entrato propriamente nel meccanismo di scrittura della band, si è aggiunto all’ultimo. Questa volta invece era ormai un membro effettivo della band, ed è stata anche la prima volta che lo abbiamo potuto considerare un effettivo membro dei Candlemass, non qualcuno che si era aggiunto all’ultimo solo per registrare il disco. Questa volta abbiamo lavorato tutti assieme per – diciamo – aggiornare il suono di “The Door Of Doom”. Non direi che volessimo andare in direzioni differenti, ma sicuramente ci siamo sforzati di andare oltre quello che già avevamo espresso sul disco precedente. “The Door Of Doom” era un manifesto del doom, questo lo è ancora di più. Mi sento di affermare che se non ti piace “Sweet Evil Sun”, non ti piacciono proprio i Candlemass!

NELLA COMPOSIZIONE DEL NUOVO ALBUM, VI SONO TEMI SONORI CHE VI ERAVATE PREFISSATI DI INSERIRE, OPPURE VI SIETE APPROCCIATI AL NUOVO MATERIALE PRIVI DI LINEE GUIDA BEN PRECISE?
– Non abbiamo seguito alcun tipo di procedimento regolare per scrivere “Sweet Evil Sun”. Certo, cerchiamo di scrivere musica che possa piacere ai fan dei Candlemass, questo per noi è sempre molto importante. Quello che facciamo, lo facciamo perché sia aderente alla nostra identità, certamente non agiamo per compiacere la casa discografica o le radio. Non ci interessa, né ci è mai interessato, proporre musica per soddisfare un certo tipo di mercato. Ci piace fare le cose alla nostra maniera, questo sì. L’importante è che la musica piaccia a noi, nel caso di “Sweet Evil Sun” possiamo veramente parlare di un ritorno alle radici del nostro suono, ma nell’ottica del 2022. È classic doom, il classic doom di oggi.

I CANDLEMASS HANNO SEMPRE SUONATO UN DOOM METAL DAL FORTE TAGLIO EPICO. A VOLTE PIÙ RIVOLTO AL DOOM IN SENSO STRETTO, A VOLTE PIÙ SENTITAMENTE EPICO. ECCO, NEL VOSTRO NUOVO ALBUM, QUALI CANZONI VANNO PIÙ VERSO IL DOOM, E QUALI VERSO L’EPICITÀ?
– Il grosso delle canzoni hanno dei forti riff doom che ne reggono le fondamenta, mentre nei chorus facciamo salire la nostra epicità. Sai, nel metal di oggi puoi sentire tante cose veramente molto, ma proprio molto doom. C’è molta pesantezza, lentezza, oscurità, e tutto questo è bellissimo, dal mio punto di vista. Mentre nei Candlemass la componente epica rimane importantissima, probabilmente l’ultimo disco è rivolto al lato più cupo del genere, ma vi è sempre un sentore di epicità che non molte formazioni sono in grado di offrire. Quando siamo partiti negli anni ’80, nessuno sapeva cosa fosse il doom, come poterlo definire. E noi arrivavamo comunque dopo i Black Sabbath, che già col primo disco avevano definito quello che poteva essere questo tipo di musica. Da lì in avanti si è trattato di aggiornare qualcosa che non hai mai subito, nella sostanza, delle modifiche così sostanziali. Ciò nonostante, gli aggiornamenti successivi di quello che è inteso come doom sono fantastici.

NONOSTANTE I DIFFERENTI STILI VOCALI, TIMBRICHE ABBASTANZA DIVERSE TRA GLI ULTIMI CANTANTI CHE AVETE AVUTO, SIETE RIUSCITI A MANTENERE UNA CERTA CONTINUITÀ DI SUONO TRA GLI ALBUM CON ROBERT LOWE ALLA VOCE E GLI ULTIMI DUE, REGISTRATI CON JOHAN LÄNGQUIST. PENSO ANCHE IL SUONO SIA DIVENTATO ANCORA PIÙ CUPO E DOOM CON GLI ULTIMI LAVORI. TU QUALE TIPO DI EVOLUZIONE VEDI, NEL PERCORSO COMPIUTO DA “KING OF THE GREY ISLANDS” AD OGGI?
– I cambiamenti ci sono indubbiamente stati, anche se in tutti gli album del periodo a cui ti riferisci si può individuare un terreno comune, dal quale sono poi derivati album dal suono differenti, per questioni legate anche alla produzione e altre caratteristiche tecniche. Certamente non ci viene in mente, andando avanti nella nostra storia, di ripensare a cosa stavamo facendo nel 2006 o nel 2007 e di voler tornare a suonare come facevamo in quel periodo. Rimaniamo molto contenti di quanto compiuto in passato, allo stesso tempo non rivolgiamo lo sguardo indietro troppo spesso. I cambiamenti ci sono stati, sono necessari, senza arrivare a stravolgere quello che siamo. I Candlemass debbono essere riconoscibili, non possono diventare qualcosa di completamente differente da quello per cui sono riconosciuti.

PARLANDO DI PICCOLI ESPERIMENTI, UNA DELLE CANZONI PIÙ RIUSCITE DI “SWEET EVIL SUN” È QUELLA DOVE COMPARE COME OSPITE JENNIE-ANN SMITH DEGLI AVATARIUM, OVVERO “WHEN DEATH SIGHS”. UN DUETTO DAI TONI GENTILI, CHE DÀ SFUMATURE ABBASTANZA PARTICOLARI E POCO USUALI AL VOSTRO SUONO. COME È SCATURITA QUESTA VOSTRA COLLABORAZIONE?
– Gli Avatarium sono di famiglia, li conosciamo da sempre e abbiamo collaborato con loro su molte cose in questi anni. La combinazione della voce di Jennie con quella di Johan mi pare sia ottimale, si completano bene e il risultato lo puoi chiaramente sentire ascoltando “When Death Sighs”.

POCO FA HAI PARLATO DI QUESTE ‘NUOVE’ FORME DI DOOM, CHE SONO ANCORA PIÙ PESANTI, LENTE, ASFISSIANTI DEL DOOM CLASSICO. VOLEVO SAPERE A TUO GUSTO SE QUESTE SONORITÀ TI PIACCIONO OPPURE TI LASCIANO PERPLESSO.
– È naturale che i generi si evolvano ed estremizzino alcuni concetti che ne sono alla base. Prendi il black metal, quello che si suona oggi è più estremo in tutti i sensi rispetto alle prime forme di black metal. Noi eravamo considerato molto lenti e oscuri nel 1986, assieme ai Saint Vitus eravamo il gruppo doom di riferimento e segnavamo un certo standard per il genere. Lo stesso facevano gruppi come gli Slayer in campo thrash, ad esempio. Adesso l’evoluzione ha portato molto in là anche il concetto di doom, comprensibilmente. Noi stessi adesso siamo più heavy e cupi di quanto potessimo esserlo negli anni ’80, quando potevamo essere considerati più assimilabili a una normale heavy metal band. Personalmente queste derive molto pesanti e lente mi piacciono molto. Oggi noi non siamo più la band più ‘doom’ in circolazione, ci sono altri gruppi che ci superano nell’esprimersi in modo lento, greve, soffocante e pessimista. Ma siamo orgogliosi di quello che siamo adesso, come siamo contenti che il genere si sia sviluppato così tanto e ci siano tipologie di doom così variegate e potenti.

DI QUESTI TEMPI LA POPOLARITÀ DEI CANDLEMASS È PIUTTOSTO ELEVATA: ANCHE GUARDANDO AGLI ASCOLTATORI MENSILI SULLE PRINCIPALI PIATTAFORME DI STREAMING, SI INTUISCE CHE VI SIA ANCORA UN FORTE INTERESSE PER LA BAND, NON SOLTANTO DA PARTE DI CHI VI SEGUE DA UNA VITA, MA ANCHE DA COLORO CHE MAGARI VI HANNO SCOPERTO DA POCHI ANNI. QUALCOSA FORSE DIFFICILMENTE PREVEDIBILE, MI PARE CHE ANCHE SOLO DIECI ANNI FA LO STATUS DEI CANDLEMASS FOSSE DECISAMENTE PIÙ UNDERGROUND E LEGATO A UNA SCENA PIÙ RISTRETTA DI QUELLA ATTUALE. COME SPIEGHERESTI QUESTO FORTE INTERESSE ODIERNO PER IL GRUPPO E QUALI PENSI SIANO LE VOSTRE QUALITÀ MEGLIO APPREZZATE DAL PUBBLICO PIÙ GIOVANE?
– Penso ci sia riconosciuta un’identità forte, alla quale non siamo mai venuti meno. È la forza della nostra discografia, di uno stile che nonostante i cambiamenti è riconoscibile e ci ha permesso di avere ancora oggi molte persone nuove che ci scoprono e ci seguono. Ce ne accorgiamo anche dai live, ascoltando molte persone che cantano i testi, che sembrano conoscere perfettamente tutto quello che gli proponiamo. Non so spiegarmi come mai oggi la popolarità della band sia così elevata, è vero quello che dici, c’è un’attenzione verso di noi che forse non abbiamo mai avuto. In fondo siamo sempre gli stessi, eppure questo è un momento storico dove abbiamo un seguito forte e ampio. E anche dall’America, ad esempio, stiamo ricevendo un’attenzione che neanche potevamo immaginarci dieci anni fa.

DANDO UNO SGUARDO AL PASSATO E ALLA VOSTRA ASSAI CORPOSA DISCOGRAFIA, VOLEVO SAPERE QUALI SONO A TUO AVVISO LE CANZONI PIÙ SOTTOVALUTATE, QUELLE CHE MERITEREBBERO PIÙ CONSIDERAZIONE DA PARTE DEGLI ASCOLTATORI IN RAPPORTO ALLA NOTORIETÀ OTTENUTA FINORA.
– Ah, ce ne sarebbero tante di canzoni che meriterebbero maggior risalto del nostro catalogo. Purtroppo dal vivo non ne possiamo suonare più di un certo numero e quindi molte sono finite nel tempo un po’ fuori dai radar. Ti posso dire che uno dei miei dischi preferiti dei Candlemass è “Death Magic Doom”, il secondo con Robert Lowe alla voce (probabilmente non il nostro disco più doom e cattivo), del quale in effetti è assente qualsiasi canzone dalla nostra setlist attuale. Anche nell’album appena prima, “King Of The Grey Islands”, ci sono tanti brani di valore, penso ad esempio a “Embracing The Styx”. In effetti tenendo le canzoni fuori dalla setlist dei concerti in molti finiscono per dimenticarsele, e si affezionano di più a quelle che possono sentire più spesso. Un altro disco di valore ma che è tra i meno noti della nostra produzione è “Chapter VI”. Difficilmente un nuovo fan dei Candlemass che ci ha scoperto con gli ultimi album, andrà a sentire a breve “Chapter VI”. Eppure rimane un album pieno di ottime canzoni, anche quelle non compaiono durante dei nostri concerti da parecchi anni.

SONO CIRCA QUATTRO ANNI ORMAI CHE SUONATE CON JOHAN LÄNGQUIST ALLA VOCE. UNA DELLE PRIME USCITE CON QUESTA FORMAZIONE FU PROPRIO AL NOSTRO METALITALIA.COM FESTIVAL. DA ALLORA, QUANTO PENSI SIATE CRESCIUTI COME LIVE BAND, VISTO CHE ALL’EPOCA JOHAN AVEVA RIPRESO A SUONARE ASSIEME A VOI DAVVERO DA POCHISSIMO TEMPO?
– Johan si è dovuto abituare a un contesto che per lui non era abituale, negli ultimi quarant’anni quasi non aveva messo piede su un palco. È dovuto entrare in quel tipo di dimensione, e si è abituato in fretta, prendendo in tempi abbastanza brevi dimestichezza col suo ruolo. Si è unito a noi durante un tour di spalla ai Ghost, lì si è subito confrontato con le grandi arene, un primo approccio sicuramente non banale. Se l’è cavata bene ed è andato migliorando col passare dei mesi e dei concerti. Penso che sia il frontman ideale per noi, oserei dire che non siamo mai stati così efficaci dal vivo come con Johan alla voce, per quanto sia estremamente soddisfatto di tutti i cantanti che sono stati con noi in passato. Ce lo riconoscono anche nei report dei nostri concerti, i commenti sulla nostra formazione attuale live sono solitamente molto buoni. Ciò è anche una conseguenza dello splendido clima che si è instaurato nella band, suoniamo bene perché stiamo bene assieme, come persone prima che come musicisti.

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