Dopo aver per l’ennesima volta sbaragliato la concorrenza con il nuovo “A Skeletal Domain”, i Cannibal Corpse sono partiti subito in tour per riportare sui palchi di mezzo mondo il loro classico death metal. Dopo USA (girata come parte del Mayhem Tour) e Oceania, i veterani statunitensi sono arrivati in Europa assieme a Revocation e Aeon per una serie di date che sembrano aver lasciato soltanto impressioni positive fra neofiti e fan della prima ora. Metalitalia.com ha incontrato il batterista Paul Mazurkiewicz a Leeds, in Inghilterra, in occasione del Damnation Festival, per una chiacchierata brevissima ma come sempre molto piacevole…
QUALI SONO LE AMBIZIONI DEI CANNIBAL CORPSE PER IL 2014/15? CHE COSA VI PORTA AD ESSERE SEMPRE COSÌ MOTIVATI?
“L’amore per la musica. Siamo al tredicesimo album in venticinque anni di carriera: davanti a questi numeri penso che non si possa far altro che parlare di amore per il death metal. Ovviamente conta anche il fatto che nel tempo siamo riusciti a riscuotere un certo successo: oggi abbiamo la fortuna di poter girare il mondo in tour e di poter vivere con la nostra musica. Anche questi aspetti sono una fonte di ispirazione costante”.
RISPETTO AD ALTRE BAND DELLA COSIDDETTA VECCHIA GUARDIA, PARE PERÒ CHE VOI CERCHIATE DI MIGLIORARVI SEMPRE. POTETE VANTARE UNA DISCOGRAFIA INVIDIABILE E UNA COSTANTE CRESCITA A LIVELLO TECNICO ED ESECUTIVO…
“Certo, per noi, come dicevo, è proprio una questione di amore: amiamo quello che facciamo. Abbiamo grande rispetto per i fan e una sincera passione per questa musica, quindi è sempre nostra premura cercare di comporre e di offrire musica che sia della più alta qualità possibile. Nonostante l’età, cerchiamo sempre di migliorarci e di fare pratica sui nostri strumenti. Siamo partiti come tanti, senza grandi ambizioni e con un bagaglio tecnico minimo; sono stati il duro lavoro, la voglia di migliorarsi e la passione per il death metal a farci arrivare dove siamo ora. Non abbiamo mai dato niente per scontato. Non so con esattezza come altre band della nostra generazione guardino alla loro musica e alle loro carriere, ma i Cannibal Corpse sono un gruppo che non ha alcun rimpianto. Abbiamo sempre fatto tutto il possibile per essere competitivi. Se chiedi a dieci nostri fan qual è il loro album dei Cannibal Corpse preferito potresti magari ricevere dieci risposte diverse e credo che ciò sia un’ottima cosa, significa che siamo spesso riusciti a proporre qualcosa di stimolante”.
IL VOSTRO NUOVO ALBUM SI INTITOLA “A SKELETAL DOMAIN”. DOVE LO COLLOCHERESTI NELLA DISCOGRAFIA CANNIBAL CORPSE?
“Personalmente lo trovo un ponte tra i primi album della carriera e gli ultimi due. Da qualche anno abbiamo scoperto questo metodo di dividere i brani da comporre per un nuovo album in parti uguali: Alex ne compone quattro o cinque e Rob e Pat fanno lo stesso, mentre io mi occupo di buona parte dei testi. Facendo così, riusciamo a concepire una tracklist molto variegata, visto che i ragazzi hanno modi di scrivere e assemblare i riff piuttosto diversi tra loro. Rispetto agli ultimi quattro o cinque dischi, trovo tuttavia che ‘A Skeletal Domain’ abbia un feeling più thrash, che appunto lo ricollega ai nostri album degli esordi. Per qualche tempo abbiamo accuratamente evitato di registrare pezzi dal taglio old school poichè volevamo che la nostra evoluzione risultasse sempre molto marcata disco dopo disco, ma ultimamente abbiamo deciso di essere più spontanei e di lasciare che le vecchie influenze thrash entrino in qualche brano. Nel complesso, trovo ‘A Skeletal Domain’ una delle opere più riuscite della nostra carriera. In particolare, trovo che i brani composti da Pat siano i suoi migliori di sempre: il suo contributo ha dato al disco una vera marcia in più”.
LA COPERTINA È UN PO’ PIÙ SOBRIA DEL SOLITO…
“Sì, è una copertina più introspettiva, ma credo che si leghi bene al contenuto musicale. Pat questa volta ha scritto dei pezzi dalle atmosfere molto cupe e, di conseguenza, abbiamo cercato di venirgli incontro con un artwork appropriato. Credo che ogni tanto faccia bene cambiare leggermente stile. La mia copertina preferita sarà sempre quella di ‘Eaten Back To Life’ – questo per dirti quanto io sia legato al nostro concept a base di gore e zombie – ma non credo che la copertina di ‘A Skeletal Domain’ sia meno efficace”.
HAI ACCENNATO AI TUOI TESTI. DOVE CONTINUI A TROVARE L’ISPIRAZIONE NECESSARIA PER OCCUPARTI DI QUESTO ASPETTO? NON DEVE ESSERE FACILE TROVARE PAROLE E IDEE NUOVE E AL TEMPO STESSO RESTARE FEDELI ALLA STORICA IMPRONTA CANNIBAL CORPSE…
“Si tratta essenzialmente di leggere tanto, dai libri ai giornali. Purtroppo questo mondo e la nostra realtà quotidiana offrono continuamente spunti a dir poco orripilanti, che possono fare da base ad un tipico testo Cannibal Corpse. Se rimani fermo sugli zombie, sicuramente è difficile scovare un modo per scrivere un nuovo testo decente, ma se ti guardi attorno allora le fonti di ispirazione non mancano. Il nuovo album contiene uno dei miei testi preferiti in assoluto, che ho scritto per il brano ‘Hollowed Bodies'”.
VI SIETE RIVOLTI A MARK LEWIS PER LA PRODUZIONE. SI TRATTA DI UN PROFESSIONISTA GIOVANE, CHE HA LAVORATO CON DEVILDRIVER E CARNIFEX FRA GLI ALTRI…
“Sì, dopo tre album registrati con Erik Rutan abbiamo pensato che fosse giunto il momento di cambiare. Siamo molto amici di Erik e siamo convinti che le sue produzioni siano superlative, ma, ritornando al discorso che facevamo all’inizio, per noi è importante ricevere nuovi stimoli e provare a fare qualcosa di diverso ogni tanto. Non escludo che torneremo da Erik in futuro, ma per ‘A Skeletal Domain’ abbiamo voluto evitare di sederci sugli allori e di ripetere il processo a cui ci eravamo abituati negli ultimi anni. Mark è giovane, ha un approccio un po’ diverso da quello di Erik, ma è comunque riuscito a catturare alla perfezione il suono Cannibal Corpse. So che alcuni fan si sono preoccupati leggendo i nomi dei gruppi con cui ha collaborato e la cosa sinceramente mi ha fatto ridere: davvero qualcuno pensa che i Cannibal Corpse possano cambiare stile a questo punto della carriera?”.
ALTRI VI HANNO CRITICATO PER AVER PRESO PARTE AL MAYHEM FESTIVAL CON AVENGED SEVENFOLD E KORN LA SCORSA ESTATE…
“Sì, quello è un altro esempio. Alcuni fan devono capire che l’integrità della nostra band non è e non sarà mai in discussione. Semplicemente amiamo provare cose nuove. Da sempre andiamo in tour da headliner, ma ogni tanto è bello anche esibirsi davanti ad un pubblico diverso, che magari non ti ha mai ascoltato con attenzione. È un modo per divulgare il verbo del death metal e magari per guadagnare qualche nuovo fan. Non vedo cosa ci sia di male. Per noi il Mayhem Festival è stata un’esperienza positiva, tanto che saremo pronti a rifare qualcosa di simile non appena ne avremo l’occasione. Se suonare con band lontane dal mondo death metal è un delitto, quando comunque da sempre diamo modo a tutti i nostri fan di vederci anche da headliner con gruppi di supporto accuratamente scelti da noi, allora è proprio vero che certa gente non è mai contenta…”.
IN EFFETTI CREDO SIA IMPOSSIBILE ACCUSARVI DI NON AVER MAI SUPPORTATO LA SCENA DALLA QUALE PROVENITE…
“Basta pensare ad Alex: dopo tutti questi anni è sempre alla ricerca di nuova musica e di giovani band da scoprire. Per noi è un piacere dare a certi ragazzi di talento l’opportunità di esibirsi davanti ad un pubblico ampio e di farsi conoscere. Negli anni abbiamo invitato in tour gli Spawn Of Possession, gli Hour Of Penance, gli Aeon… tutte death metal band che ora sono in netta crescita. Continueremo a farlo ogni volta che ne avremo la possibilità. Se poi qualcuno vuole fissarsi su un tour che ci ha visto protagonisti con altre venti band, di cui alcune non estreme, che faccia pure, ma noi non abbiamo nulla da rimproverarci”.
AVETE IN USCITA ANCHE UN LIBRO: LA BIOGRAFIA “BIBLE OF BUTCHERY”. VUOI PRESENTARCELA BREVEMENTE?
“Siamo molto contenti di questo libro. È tutto partito dall’autore, Joel McIver, che è un nostro grande fan e uno scrittore di fama mondiale. Avendo da poco pubblicato un DVD molto approfondito sulla storia del gruppo, ‘”Centuries Of Torment’, abbiamo deciso di dare alla biografia un taglio un po’ diverso per evitare di non ripeterci. Il libro si concentra soprattutto sulle cinque persone che oggi fanno parte della band, prese separatamente, e inoltre sono stati inclusi diversi aneddoti e storie raccontate da amici e persone esterne ai Cannibal Corpse. Vi è anche una parte che scava a fondo sui testi, quindi vi è qualcosa per tutti i gusti”.