Inarrestabile. Non troviamo altri modi per descrivere l’avanzata dei Cattle Decapitation, confermatisi nuovamente su altissimi livelli grazie all’eccellente “The Anthropocene Extinction”. Senza dubbio, siamo di fronte all’opera più varia e coraggiosa mai realizzata dal quartetto di San Diego, il cui peso specifico e la cui unicità all’interno della scena estrema mondiale appaiono ormai fuori discussione. D’altronde, dove altro imbattersi in una proposta in grado di coniugare la pesantezza e il marciume del death/grind con la glacialità del black metal, il tocco epico di certo classic heavy e le voci pulite – ebbene sì, avete capito bene – del Devin Townsend più indiavolato? Il tutto senza mai prestare il fianco a tentazioni commerciali o a semplificazioni in sede di songwriting? I Cattle Decapitation riescono in questi e in mille altri obiettivi, dando la netta impressione di avere ancora numerose frecce al proprio arco per sorprendere in futuro. Metalitalia.com ha contattato il chitarrista Josh Elmore, persona come sempre disponibile e affabile, per scoprire i retroscena di questo disco e di una carriera che arrivata alla soglia dei vent’anni continua imperterrita a stupire…
BENTORNATI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. SONO GIA’ PASSATI TRE ANNI DALL’USCITA DI “THE MONOLITH OF INHUMANITY”, COME VEDETE OGGI QUEL LAVORO? SENZA DUBBIO PARLIAMO DI UN ALBUM MOLTO APPREZZATO, CHE HA DEFINITO UNA VOLTA PER TUTTE IL VOSTRO SOUND: QUALI OBIETTIVI VI ERAVATE PREPOSTI DI RAGGIUNGERE CON “THE ANTHROPOCENE EXTINCTION”?
“Con ‘The Anthropocene Extinction’ abbiamo voluto migliorare ogni aspetto del nostro lavoro, spingendoci ancora più in là in fase di composizione ed includendo soltanto il meglio dei riff e delle idee avute negli ultimi tre anni. Per questo motivo, oltre che per la dose di emotività messa in campo da ognuno di noi, ci sono stati diversi momenti di tensione durante la realizzazione del disco. Analizzandolo oggi, ‘Monolith Of The Inhumanity’ è stato invece un ottimo punto di partenza per forgiare il rapporto con il nuovo produttore Dave Otero e per concentrarci maggiormente su tutti quei dettagli che in passato finivano per essere offuscati dalla nostra ambizione e dal desiderio di mantenere fede al nostro concept anti-umano”.
C’E’ UNA CANZONE DEL NUOVO ALBUM CHE VI RENDE PARTICOLARMENTE ORGOGLIOSI? QUAL E’ STATO L’EPISODIO PIÙ DIFFICILE DA COMPORRE?
“Sinceramente, sono orgoglioso di tutte le canzoni finite sul disco. Ognuna di esse ha uno scopo preciso e sono convinto che lo raggiunga benissimo. Venendo alla seconda parte della domanda, i brani che più ci hanno fatto penare sono stati senza dubbio ‘Apex Blasphemy’ e ‘Pacific Grim’. Non per questioni legate alla mera difficoltà tecnica, ma perchè li abbiamo composti per ultimi; l’intenzione era quella di non ripeterci, dando ad entrambi un’impronta che li distinguesse dal resto dell’album”.
UNO DEGLI ASPETTI PIÙ INTERESSANTI DI “THE ANTHROPOCENE EXTINCTION” E’ L’UTILIZZO DELLE VOCI PULITE. COM’E’ NATA L’IDEA DI ESTENDERLE A BUONA PARTE DEI BRANI? ALCUNI ASCOLTATORI DALLA MENTALITA’ CHIUSA POTREBBERO ESSERE CONTRARIATI DALLA COSA…
“Travis ha cominciato a sperimentare questa tecnica su un paio di brani ai tempi di ‘The Harvest Floor’. Su ‘Monolith…’ la cosa si è fatta più insistita, mentre in ‘The Anthropocene…’ è diventata parte integrante del processo creativo. L’intento era quello di aggiungere una texture vocale alle canzoni, cercando di conferire al tutto una maggiore dose di profondità. La musica è come sempre lacerante e brutale, e la voce pulita agisce come una sorta di patina melodica che ne stempera l’abrasività”.
“THE ANTHROPOCENE EXTINCTION” E’ UN TITOLO MOLTO FORTE, CHE SI ADATTA PERFETTAMENTE AL VOSTRO CONCEPT. VI ANDREBBE DI APPROFONDIRE L’ARGOMENTO? SE POSSIBILE, I TESTI MI SONO SEMBRATI ANCORA PIU’ CATASTROFISTI E APOCALITTICI DEL SOLITO…
“’Antropocene’ indica un’era geologica in cui i cambiamenti della Terra e dei suoi ecosistemi sono principalmente dettati dall’attività umana. Alcuni identificano l’inizio di questo periodo con l’utilizzo dei primi strumenti in pietra, la diffusione dell’agricoltura e il conseguente aumento della civiltà. Altri invece con l’esplosione della Rivoluzione Industriale. Quel che conta purtroppo è che la somma di tutte le nostre azioni dissennate condurrà inevitabilmente all’estinzione della razza umana e di buona parte della vita animale e vegetale sul pianeta. E la colpa sarà soltanto dei nostri sprechi e della nostra incuria. La gente finirà per combattere e morire per un bene di prima necessità come l’acqua; il nostro è un avvertimento”.
ANCORA UNA VOLTA, L’ARTWORK DI WES BENSCOTER E’ SEMPLICEMENTE INCREDIBILE: MI HA RICORDATO LA FOTO DI UN UCCELLO MARINO MORTO, PIENO DI PEZZI DI PLASTICA, VISTA QUALCHE TEMPO FA SU UNA RIVISTA. GLI AVETE DATO DELLE INDICAZIONI O GLI AVETE LASCIATO CARTA BIANCA?
“Travis ha dato dei suggerimenti a Wes per la copertina, dopodichè (come da tradizione) Wes ha preso queste idee e le ha fatte proprie. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e penso sia impressionante. La versione estesa dell’artwork trovo che catturi ancora meglio le nostre intenzioni, traducendo in immagini l’esatto contenuto dei testi e della musica. La tua osservazione è corretta; le persone sulla copertina (e i membri della band all’interno del booklet) hanno pezzi di plastica che fuoriescono dai loro corpi. Il riferimento è proprio a quelle foto: sulle isole e sulle coste del Pacifico, vengono puntualmente rinvenute carcasse di uccelli i cui stomaci risultano pieni di rifiuti di plastica di ogni tipo”.
ALCUNI GIORNI FA (L’INTERVISTA RISALE ALLO SCORSO MESE DI SETTEMBRE, NDR), OBAMA HA ANNUNCIATO IL PIANO CLEAN POWER PER RIDURRE LE EMISSIONI ELETTRICHE DEGLI STATI UNITI ENTRO IL 2030. COSA NE PENSATE? CREDETE CHE SARA’ MAI MESSO REALMENTE IN PRATICA?
“Sono certo che verranno prese delle misure atte a farlo rispettare. Spero solo che tutto vada per il verso giusto e che il programma non venga castrato dai tentativi di alcuni individui o di alcune corporazioni di rimuoverne le parti migliori. Sembra che (specialmente con Obama) ci siano resistenze solo per contrariare l’amministrazione e l’operato dei democratici in generale. E’ sempre la solita immondizia: appartenenza politica contro progresso. Funziona in entrambe le direzioni e con entrambe i partiti”.
COM’E’ PARTECIPARE AD UN FESTIVAL ITINERANTE COME IL THE SUMMER SLAUGHTER? QUALI SONO LE SPESE CHE UNA BAND COME I CATTLE DECAPITATION DEVE AFFRONTARE PER ANDARE UN TOUR?
“Il The Summer Slaughter è il modo migliore per una band di far conoscere il proprio nome ad un’audience più vasta e diversificata, almeno negli Stati Uniti. I ritmi del festival e dei viaggi ad esso associati sono spesso frenetici e faticosi, ma ti posso garantire che si guadagnano molti più fan che in qualsiasi altra tournée estiva. Questa estate il clima è stato spaventosamente caldo, molto più del solito. Mantenersi riposati e idratati negli inferni umidi del Sud e del Midwest durante il mese di agosto è stata una vera sfida. Fortunatamente, sia le date principali che quelle che abbiamo tenuto da headliner lungo il percorso non hanno deluso le nostre aspettative e siamo riusciti a suonare un sacco di nuovo materiale come da programma”.
COME ACCENNATO IN PRECEDENZA, PRESTATE MOLTA ATTENZIONE ALLA COMPONENTE GRAFICA DEI VOSTRI LAVORI. COSA NE PENSATE ALLORA DEL FENOMENO DEL DOWNLOAD ILLEGALE? COME VI SENTITE A SAPERE CHE CON DUE CLIC DEL MOUSE UNA PERSONA PUO’ FACILMENTE SCARICARE IL VOSTRO ALBUM E PERDERE TUTTI I VOSTRI SFORZI SUPPLEMENTARI?
“Arrivati a questo punto parliamo di un fenomeno praticamente inarrestabile. Le generazioni più giovani non sono mai state abituate a pagare per la musica che ascoltano, così l’acquisto del materiale prodotto da una band è ormai ad esclusivo appannaggio dei veri fan. Purtroppo, tutti gli altri perdono il lavoro svolto nella realizzazione dell’artwork, del layout, dei testi e delle foto. E’ un atteggiamento che però non capisco: da grande appassionato di musica, ho sempre adorato immergermi in ogni singolo aspetto di un disco. L’accompagnamento visivo è per me un elemento fondamentale. Gli scaricatori seriali invece lo bypassano. E’ come cucinare un piatto meraviglioso senza però alcun aroma. Anche se è gratis ti stai decisamente perdendo qualcosa”.
COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON JÜRGEN BARTSCH DEI BETHLEHEM? E’ NOTO PER ESSERE UN MUSICISTA MOLTO RISERVATO E NON A CASO QUESTA E’ LA PRIMA COLLABORAZIONE DELLA SUA CARRIERA…
“Sia io che Travis siamo fan di lunga data dei Bethlehem. Ricordo di essermi imbattuto per la prima volta nella loro musica grazie alla colonna sonora del film ‘Gummo’, nel 1997. Sentire quella manciata di brani cantati da Rainer Landfermann (ex-frontman della band tedesca, ndR) fu un’esperienza veramente sconvolgente. Quel suono, cupo e al tempo stesso aggressivo, mi colpì moltissimo e seguire l’evoluzione della band nel corso degli anni ha sempre rappresentato una sfida stimolante per le mie orecchie. Travis ha avviato una corrispondenza con Bartsch un paio di anni fa, stupendosi del suo interesse e del suo apprezzamento nei confronti della musica dei Cattle Decapitation. Ci siamo subito sentiti lusingati. Grazie a questo rispetto reciproco è nata l’idea di lavorare insieme; Bartsch si è mostrato recettivo all’idea e ci ha onorati della sua presenza sul disco”.
QUANDO AVETE INTENZIONE DI TORNARE IN EUROPA E/O IN ITALIA? SECONDO VOI, CI SONO DELLE DIFFERENZE TRA IL PUBBLICO AMERICANO E QUELLO EUROPEO?
“Proprio in questo momento, stiamo pianificando di tornare in Europa la prossima primavera. Un tour è in cantiere per marzo, mentre ci stiamo già portando avanti con gli slot nei bill dei numerosi festival estivi che ci sono dalle vostre parti. Potenzialmente, potremmo visitare l’Europa tre volte nel corso del 2016! Per quanto riguarda il pubblico, credo che la differenza principale tra i fan del Vecchio e del Nuovo Continente sia nella loro risposta fisica alla musica. Negli Stati Uniti si ha quasi sempre una discreta quantità di persone che scatena il putiferio nel pit. In Europa, invece, gli spettatori sembrano molto più portati per l’headbanging. Ciò non significa necessariamente che apprezzano di meno la performance: semplicemente, quando ascoltano musica aggressiva o un brano li piace, reagiscono in maniera diversa dai loro cugini americani”.
PER MOLTE PERSONE, IL VIDEO DI “FORCED RENDER REASSIGNMENT” E’ TRA I PIU’ DISTURBANTI E BRUTALI CHE SIANO MAI STATI FILMATI NELLA STORIA DELLA MUSICA. AVETE IN MENTE QUALCOSA DI SIMILE PER IL NUOVO ALBUM?
“In effetti abbiamo in programma di realizzare un video, ma non credo sarà così sanguinario. Pensando alle canzoni di ‘The Anthropocene…’, il potenziale per un’altra ‘festa dello splatter’ potrebbe risiedere in ‘Clandestine Ways (Krokodil Rot)’. Se escludiamo questo brano, il resto della tracklist è avvolto da un’atmosfera piuttosto epica, con testi meno diretti e brutali; questo mi porta a pensare che non forzeremo l’elemento gore, mantenendo i temi del video in linea con il mood canzone. ‘Forced Render Reassignment’ arrivò in un grande momento e i fan lo apprezzarono moltissimo, ma in futuro non sarà facile replicare o superare simili picchi di violenza”.
SIETE SOTTO CONTRATTO CON LA METAL BLADE DAL 2002; QUAL E’ IL SEGRETO DIETRO UNA PARTNERSHIP COSI’ FORTE?
“La chiave sta nel rispetto reciproco instauratosi tra le due parti, che permette al rapporto di mantenersi solido e duraturo. Ci hanno sempre lasciato la massima libertà artistica, a prescindere dalle tendenze del momento. Non siamo la classica death metal band e quelli della Metal Blade lo hanno capito, accettando le nostre esigenze. La nostra musica non potrà mai essere fatta con lo stampino e credo che questa caratteristica li sia sempre piaciuta. Naturalmente, la collaborazione è alimentata anche dal nostro progressivo miglioramento in tutti i settori, dalla musica alla resa sonora, passando per il packaging degli album. Il nostro rendimento e la nostra qualità sono cresciuti nel corso degli anni, puntando di giorno in giorno verso una traiettoria sempre più alta”.
VI ANDREBBE DI COMMENTARE BREVEMENTE O DI RACCONTARE UN ANEDDOTO PER OGNUNO DEI VOSTRI ALBUM?
Human Jerky: “Un ottimo inizio, selvaggio e brutale. Prima che entrassi a far parte della band, ricordo di aver visto i Cattle Decapitation suonare di supporto a questo disco e la loro performance mi ridusse in pezzi”.
Homovore: “Da un punto di vista esterno, questo disco non mi ha mai colpito tanto quanto ‘Human Jerky’. Ad ogni modo, contiene alcune delle migliori canzoni dei Cattle Decapitation degli esordi”.
To Serve A Man: “Il primo disco dei Cattle Decapitation su cui ho suonato. Entrai nella band poco prima delle registrazioni e cercai in tutti i modi di dare il massimo. Contiene un paio di classici, ma riascoltandolo oggi non posso fare a meno di notare alcune sue ingenuità. E’ un po’ monotono e di fatto il tipo di brutalità espresso è lo stesso dall’inizio alla fine, senza alcuna variazione”.
Humanure: “Il nostro primo tentativo di comporre musica dal taglio più epico. Allungammo il minutaggio delle singole canzoni e virammo su strutture meno lineari e dirette. Non fosse stato per alcuni aspetti della produzione, avrebbe avuto sicuramente più fortuna. In quel periodo i dischi death metal erano soliti suonare in maniera pulita, quasi clinica, e ‘Humanure’ perse parecchio della sua atmosfera old-school. Ciò spense l’entusiasmo di molti ascoltatori. Ci sono comunque un sacco di belle canzoni qui dentro e la cover è ormai considerata un classico!”.
Karma Bloody Karma: “Per me, l’opera più criptica della nostra discografia. Un approccio strumentale super-caotico e un tocco epico ancora più marcato rispetto a quello di ‘Humanure’ li conferiscono un’atmosfera unica. Tutto suona scardinato e contorto, come se la tracklist fosse sul punto di deragliare da un momento all’altro. Un sacco di sperimentazioni e le insolite percussioni del nostro ex-batterista Michael Laughlin chiudono il cerchio, rendendolo un disco veramente speciale. Anche la produzione di Billy Anderson ha un flavour piuttosto eccentrico!”.
The Harvest Floor: “Di gran lunga il disco più tecnico mai realizzato dai Cattle Decapitation. Una tempesta furiosa di devastazione e caos. Sospinto dal drumming del nuovo batterista (per l’epoca) Dave McGraw e da una produzione tipicamente death metal sempre a cura di Billy Anderson, questo album ci ha indirizzati in una direzione più moderna, invogliandoci a guardare sempre avanti”.
The Monolith Of Inhumanity: “Qui abbiamo cominciato ad esprimerci al massimo. Il songwriting è molto più conciso e la resa strumentale più di buon gusto. La produzione moderna di David Otero fa sì che tutto suoni in modo chiaro e impattante. Contiene un sacco di classici del nostro repertorio”.
The Anthropocene Extinction: “Un disco che segna un ulteriore affinamento e snellimento del nostro sound. Più epico di ‘Monolith…’ e con un’atmosfera di grande respiro, merito soprattutto della performance vocale di Travis. L’inno definitivo dei Cattle Decapitation… almeno fino al prossimo disco!”.
GRAZIE PER IL VOSTRO TEMPO E LA VOSTRA DISPONIBILITA’. VOLETE AGGIUNGERE QUALCOSA?
“Grazie a voi per il tempo e l’interesse! Ci vediamo in Europa il prossimo anno!”.