E’ sempre un piacere poter parlare con persone appassionate del proprio lavoro, preparate ed intelligenti, che non rispondono a monosillabi ma che anzi tentano di spiegare il proprio punto di vista nel miglior modo possibile. E’ questo il caso dei ragazzi dei Cattle Decapitation, death metal band in ascesa vertiginosa sulla scena che – dopo anni di continui e clamorosi miglioramenti – ha toccato il proprio apice compositivo con l’ultimo e portentoso “Monolith Of Inhumanity”. I Cattle Decapitation sono passati dall’essere conosciuti solo per le loro copertine truculente e per la loro attitudine da vegan warrior all’essere rispettati da praticamente tutta la scena death. Abbiamo avuto la possibilità di fare due chiacchiere con il chitarrista Josh Elmore, che milita nella band sin dal 2001 ed ha quindi potuto vivere passo dopo passo gran parte della vita della band. Sebbene solitamente i fari siano puntati sull’istrionico frontman Travis Ryan, Josh non è meno importante all’interno della band, essendo comunque un musicista eccellente ed un songwriter di prim’ordine. Lasciamo volentieri a lui la parola.
COSA RENDE “MONOLITH OF INHUMANITY” IL MIGLIORE ALBUM DEI CATTLE DECAPITATION FINO AD ORA?
“La band si è superata in ogni aspetto. Soprattutto, composizione ed arrangiamenti sono stati creati per arrivare subito dritti al sodo ed essere meno tortuosi. Volevamo ‘sentire’ ogni secondo di ciascuna canzone. Inoltre, la registrazione e la produzione di ‘Monolith Of Inhumanity’ sono più pulite ed energiche rispetto al passato. Le performance sono migliori e permettono a ciascuno di dare il meglio dove necessario. In generale, tutto è molto più semplificato. C’è voluto un po’ per giungere al punto in cui, nel percorso della band, ci sentissimo a nostro agio con noi stessi. Senza dubbio, abbiamo una visione delle cose e siamo felici di realizzarla, non sempre siamo stati in grado di essere all’altezza delle nostre aspettative in questa visione. In questo momento siamo il più vicino possibile al raggiungimento dello scopo. Con la prossima pubblicazione speriamo di avvicinarci ancora di più”.
PENSATE DI AVER GIA’ CREATO IL VOSTRO ALBUM DEFINITIVO? DA DOVE PRENDETE CONTINUA ISPIRAZIONE?
“Il prossimo album sarà sempre il definitivo! Questa band ha un costante bisogno di evolversi. Perciò, sostenere che un qualsiasi nostro album ci rappresenti al 100% sarebbe come guardare al passato. Forse, nel momento in cui la band decidesse di sciogliersi, potremmo guardarci indietro e dire quale album ci ha rappresentati al meglio. Sembra che il gruppo stia entrando decisamente in una nuova era. L’ispirazione nasce dal profondo desiderio di superare i lavori precedenti. Ogni album racchiude in sé nuova ispirazione, influenze e tempo speso a migliorare le capacità strumentali. Come ti dicevo, è il desiderio di evolvere che ci guida”.
HAI DETTO CHE, PER QUANTO RIGUARDA LA STESURA DEI BRANI DI “MONOLITH OF INHUMANITY”, AVETE ESPLORATO DIVERSE TECNICHE INNOVATIVE: CI PUOI SPIEGARE PIU’ NEL DETTAGLIO COME AVETE SVILUPPATO LA STESURA?
“Puoi scrivere un riff eccezionale o una frase melodica, ma se non sono supportati da un buon contesto nella canzone restano un diamante in una discarica. In questo album abbiamo voluto scrivere dei riff memorabili, solidi e densi di contenuto. In passato potremo esserci focalizzati più sulla strumentazione caotica e confusa, ma con ‘Monolith’ tutto doveva essere ben definito e calcolato. Nessun riff ‘prendere o lasciare’. C’era davvero il desiderio di ottenere una vibrazione differente in ogni brano del disco. Ogni canzone doveva essere a se stante, ma, al contempo, essere parte integrante dell’album”.
COSA CI DICI DEL VIDEO DI “KINGDOM OF TYRANTS”? NON E’ UN CLASSICO VIDEO, SEMBRA PIU’ UNA SORTA DI MINI FILM, NON E’ COSI’?
“Sì. Il produttore, Mitch Massie, aveva un’idea molto ambiziosa per il video. Non ho mai visto nessuno così completamente coinvolto ed immerso nella realizzazione di qualcosa. Ricevere il suo intervento sulla canzone per lo sviluppo della storia è stato come gettare uno sguardo profondo in ciò che sarebbe poi stata la versione definitiva del video. L’introduzione della parte di ‘The Monolith’ come sviluppo dell’azione del video di ‘The Kingdom’ ha dato al tutto una patina più epica e cinematografica. Un’altra cosa strana è che, se guardata in sequenza, la trama dei video ha un senso. Spesso, quando un video metal cerca di raccontare una storia, la trama diventa confusa a causa di una mancanza di attenzione nello sviluppo della storia: vedrai più che altro una serie di temi e motivi comuni e raramente una trama con una struttura coerente. Mitch ha fatto un lavoro eccezionale e credo che il video sia veramente ben fatto”.
QUANDO CREI NUOVA MUSICA, SEI INTERESSATO AD ASCOLTARE QUELLA CREATA DA ALTRI? E SE SI’, PERCHE’?
“Io credo che l’età giochi un ruolo importante in questo. Mentre crescevo, il mio desiderio di ascoltare qualsiasi cosa nuova era insaziabile. Oggi so quali sono i generi verso cui mi sento più vicino e conto sui consigli degli amici o dei blog per conoscere nuove band, eccetera. Non ho più bisogno di ascoltare ‘la band più brutale’ o ‘quella più tecnica’, non potrebbe fregarmene di meno. Ascolto moltissimo Appalachian folk/bluegrass/rural e anche un sacco di black metal super grim quasi inascoltabile (ride, ndR.) Va bene per me. Ad ogni modo, credo che là fuori esista un fantastico mondo di musica, devi solo scavare un po’”.
SAPPIAMO CHE TUTTI I MEMBRI DELLA BAND HANNO UN LAVORO: COME RIUSCITE A TOGLIERE TANTO TEMPO AL VOSTRO LAVORO PER RESTARE IN TOUR COSI’ A LUNGO?
“Io credo che, almeno per me, sia più problematico prendere dei giorni a piccoli scaglioni piuttosto che lunghi periodi. Ora ci siamo organizzati, andiamo via per un mese, un mese e mezzo e poi torniamo per la stessa quantità di tempo. Questo è bello perché vediamo più spesso le nostre famiglie, ma dire al lavoro che te ne vai via un mese ogni due non è il massimo. Se partissi una volta l’anno per quattro mesi o giù di lì sarebbe quasi più facile, perché così potrei avere un programma più consistente. Travis è un lavoratore indipendente, perciò se ne può andare quando vuole senza troppi problemi. Anche Derek è in parte indipendente, e Dave lavora in un negozio di batterie, dove sono solidali coi programmi di un musicista in tour. Io lavoro in uno studio legale, quindi ho sempre paura che prima o poi perdano la pazienza. Comunque, lavoro qui da dodici anni, per quanto ne valga la pena”.
VOI PASSATE TANTO TEMPO “ON THE ROAD”, LO TROVATE REMUNERATIVO DAL PUNTO DI VISTA MATERIALE E CREATIVO? E, D’ALTRO CANTO, NON LO TROVATE STANCANTE?
“Stancante? Assolutamente sì! Fra tutti gli impegni della vita personale, lavoro e band siamo sempre sommersi di impegni, non ci sono pause. Anche se non lavoriamo sui Cattle in tour o in studio, siamo tutti molto occupati. Non ci riposiamo una settimana, dopo il tour. In alcuni casi organizziamo il nostro rientro coi datori di lavoro mentre siamo in aeroporto in attesa di una coincidenza. Alcuni di noi sono anche andati a fare un turno subito dopo viaggi internazionali. Vai a casa, fai una doccia e vai al lavoro per un intero turno. Per certi versi, la possibilità di lavorare su qualcosa di familiare potrebbe essere terapeutico dopo l’intensità di un tour, quasi ti aiuta a ritrovare il ritmo dopo che lo stato chimico del tuo corpo è stato alterato dall’adrenalina e dall’assenza di sonno per diverse settimane o, a volte, per un mese! A volte viaggiare può portare ispirazione a Travis per i testi, o magari una band con cui siamo in tour ci ispira musicalmente, ma di solito la stesura di un riff non capita in viaggio. Se potessimo viaggiare negli States col bus, avremmo molto più tempo libero per sederci in poltrona e comporre insieme. Stare in un camioncino con roulotte ti lascia poco tempo (o poco spazio!) per suonare durante i viaggi o nelle pause. Diventa essenzialmente una questione di lavoro individuale sui riff mentre sei in tour, per poi poterli presentare agli altri una volta rientrati”.
DAI VOSTRI LAVORI PASSATI, PENSATE CI SIANO BRANI CHE, PIU’ DI ALTRI, CONTINUANO A TORNARE O RECLAMANO PIU’ ATTENZIONE?
“Ci sono pezzi che stiamo provando a rivisitare per re-inserirli in scaletta. Sfortunatamente, a volte, del materiale viene trascurato e, sebbene ci sia la volontà di lavorarci su nuovamente, non lo si fa mai. Ci sono un paio di canzoni di ‘Humanure’ e ‘Karma Bloody Karma’ che vorremmo riproporre, ma trovare il tempo per impararle nuovamente, con tutto quello che abbiamo da fare, diventa una sfida. E’ anche utile ritornare su quei brani per imparare e magari rivedere certi riff o tecniche usati nelle registrazioni con occhio più critico e con più esperienza alle spalle. In alcune vecchie canzoni ci sono dei passaggi che riusciamo ad eseguire molto meglio oggi che in passato. Dal vivo, la velocità di allora paragonata a quella di oggi è drammatica”.
C’E’ UNA RELAZIONE FRA IL MODO IN CUI L’ARTISTA VEDE IL MONDO E LA MUSICA CHE SCRIVE? LE PERSONE CHE HANNO UNA VISIONE DEL MONDO SIMILE, FANNO ANCHE MUSICA SIMILE?
“Non necessariamente. Conosco gente che fa parte di band follemente brutali e che sono persone piacevoli e apparentemente felici, ed altri che fanno parte di band che suonano ‘musica allegra’ e sono i più grandi bastardi della terra. Gli esseri umani sembrano sempre alla ricerca di equilibrio. Nonostante l’aggressività di testi e musica, la maggior parte della gente che fa metal è pacifica e mite. Chi fa metal guarda il mondo con occhio più cinico e questo, forse, si manifesta nei testi e nel genere estremo della musica”.
PENSI CHE IL METAL SIA ANCORA ESPRESSIONE DI RIBELLIONE, OPPURE OGGI HA UN SIGNIFICATO DIVERSO?
“Io credo che vivere nel modo in cui vivi per essere contemporaneamente un lavoratore a tempo pieno e il membro di una band sia già di per sé molto più ribelle rispetto alla musica o ai testi che scrivi. Qualsiasi ragazzino può stare dodici ore chiuso in camera con chitarra e computer a scrivere ed esercitarsi, per poi formare una ‘band’ e diventare ‘famoso’ on line. Ci sono persone veramente dotate che sono solo presenze della rete, ma a parte questo metodo alternativo di divertimento, qual è il loro contributo? Forse sarò all’antica, ma la musica in generale ed il metal in particolare sono un’esperienza da fare dal vivo. Suonare live e andare in tour è fondamentale. A prescindere dal tipo di musica che fai, stare nella tua stanza ti mette sullo stesso piano di uno che che gioca al fantacalcio. Io nutro un immenso rispetto per quelli che suonano dal vivo e riescono a raggiungere un equilibrio fra band, lavoro, relazioni, eccetera piuttosto che un ragazzino che fa una bella cover di una canzone degli Spawn of Possession e la posta su YouTube”.
CHE CI DICI DELLA COLLABORAZIONE CON TOM BUNK PER UN PROGETTO MOLTO PARTICOLARE CHE VI RIGUARDA?
“Tom Bunk è stato uno degli artisti originali della collezione di figurine ‘Sgorbions’ degli anni ’80. Per chi non lo sapesse, gli Sgorbions erano delle serie di pacchetti di cinque figurine che venivano venduti con un pacchetto di chewing-gum. Le potevi trovare in qualsiasi negozio di dolciumi. I personaggi delle figurine erano grottesche parodie delle allora famose bambole ‘Cabbage Patch’. Invece che tenere bambole, gli Sgorbions venivano ritratti storpiati e mutilati. A quei tempi negli USA c’era questa moda dei giocattoli triviali e gli Sgorbions rientravano perfettamente nel tema. Sono stati parte dell’infanzia mia e di Travis. Un nostro amico conosceva Bunk da qualche convention di fumetti e ci ha suggerito l’idea di fare una figurina Sgorbion per ognuno di noi da inserire nel pre-order pack di ‘Monolith Of Inhumanity’. Fortunatamente per noi, il signor Bunk ha accettato ed eravamo eccitatissimi nel vedere, due mesi dopo, i disegni delle nostre card individuali. A chiunque mostriamo le figurine, che abbia dai dieci anni fino alla nostra età, ricorda e ama gli Sgorbions, quindi poter produrre una figurina che ci raffigura è fantastico”.
COSA CI PUOI DIRE DEI MURDER CONSTRUCT, NEI QUALI E’ COINVOLTO TRAVIS? COME E’ NATA LA BAND E QUALI SONO LE DIFFERENZE RISPETTO AI CATTLE DECAPITATION?
“Murder Construct è un progetto nato dalla mente di Leon Del Muerte (ex Intronaut, Exhumed, Impaled). Dieci anni fa ha chiesto a Travis di essere il cantante del gruppo. Ci sono voluti molti anni affinché band e canzoni prendessero corpo, ma alla fine eccoli qua con un EP ed ora anche un full length. Tutti i membri del gruppo hanno ‘gruppi principali’ che portano via la maggior parte del tempo, o carriere ‘serie’ da portare avanti che lasciano loro giusto il tempo necessario per i Murder Construct. A parte la voce di Travis, la musica dei Cattle e quella dei Murder Construct è decisamente diversa: i Murder Construct sono puramente grind. Di sicuro sono più creativi del 99% delle band grind, ma nel profondo questo è ciò che sono. I Cattle inseriscono nella loro musica il death e black metal, il grind, l’heavy metal tradizionale, il noise ed altri stili. Per un ascoltatore inesperto i due gruppi potranno sembrare simili, ma le influenze sono abbastanza diverse, tanto da essere definiti entità indipendenti”.
GRAZIE MILLE E A PRESTO.
“Grazie a voi dell’intervista e speriamo di tornare presto in Italia a suonare per i nostri fan italiani”.