Nella mia carriera di fan dei Celtic Frost ho sempre avuto un rispetto speciale per Martin Eric Ain. Intanto perché, mi rendo conto della futilità della cosa, nelle orribili foto degli anni ’80 della band era sempre quello meno ridicolo, con meno occhiaie e meno permanente. E poi perché, forse romanticamente, ho sempre pensato che fosse lui il vero mastermind del gruppo che, nell’ombra, scriveva i brani più memorabili dei Celtic Frost lasciando con lodevole umiltà che Tom Warrior si beccasse tutta la gloria. Questo per dire che intervistare Martin Eric Ain è intervistare il classico eroe dell’adolescenza, uno che in qualche modo ha contribuito a formare il modo in cui ascolto la musica, leggo i testi e, probabilmente, elaboro il mondo. Un tipo acuto fino ad essere tagliente, divertente ma decisamente aggressivo. Esattamente il tipo di persona che ti aspetteresti di trovare in una band come i Celtic Frost…
SPESSO MI CHIEDO COSA SPINGA UN GRUPPO A TORNARE IN ATTIVITÀ DOPO PIÙ DI UN DECENNIO DI INATTIVITÀ…
“Crisi di mezza età…”
NON SAREBBE UNA CATTIVA RAGIONE!
“No, in effetti no. Credo, comunque, che si tratti di una crisi di qualche tipo, legata al desiderio di capire cosa significassero i Celtic Frost e quale fosse la loro identità. È tutto legato alla volontà di riportare in vita quel feeling. Credo che una delle ragioni più importante fosse capire se il successo dei Celtic Frost fosse dovuto solo al fatto di trovarsi nel posto giusto al momento giusto o se si trattasse di una cosa legata all’alchimia tra di noi. Io e Tom volevamo provare che si trattava di noi e non delle circostanze in cui ci trovavamo a rendere grandi i Celtic Frost…”
E PENSATE DI AVERLO PROVATO?
“Direi di sì. Abbiamo realizzato un album in pieno stile Celtic Frost dal punto di vista emotivo. Si tratta del disco più emozionale e oscuro che abbiamo mai realizzato.”
SEMBRA CHE “MONOTHEIST” RIPERCORRA SISTEMATICAMENTE TUTTE LE VOSTRE INFLUENZE: IL METAL, IL DARK-WAVE, IL GOTHIC…
“Si tratta di un processo naturale. Ci sono voluti quattro o cinque anni per realizzare “Monotheist” e abbiamo scritto molte più canzoni di quante se ne trovino nell’album. Abbiamo lavorato molto sulla composizione, cambiando ciò che non ci piaceva, lasciando che i pezzi riposassero e poi riprendendoli…non è stato facile, anche se alla fine tutto ha trovato la propria collocazione. Il processo è diventato progressivamente più veloce man mano che ci accorgevamo di essere una vera band.”
VI SEPARASTE A CAUSA DI DIVERGENZE PERSONALI O DELLA DISILLUSIONE CHE NUTRIVATE VERSO IL FUTURO DELLA BAND?
“Credo si trattasse di una combinazione delle due cose. Anzi, ne sono sicuro. Molte cose contribuirono allo split: la situazione in cui eravamo, le cose successe negli anni precedenti, incomprensioni sul piano personale, conflitti. Negli ultimi cinque anni sono successe moltissime cose. Prima eravamo in tre: io, Tom e Erol. Poi Erol ha abbandonato il progetto ed è subentrato Franco. Abbiamo avuto modo di abituarci a questo genere di evoluzione “a salti”.”
PERCHÈ EROL HA LASCIATO LA BAND?
“Io e Tom siamo diventati più radicali nel nostro approccio alla composizione. Abbiamo ripreso le fila di “Into The Pandemonium”, abbiamo sperimentato molto, soprattutto in considerazione del fatto che non avevamo un bassista. Quando Franco è entrato nel gruppo siamo andati ancora più indietro, fino a riscoprire gli Hellhammer, le nostre origini. Erol non era a suo agio con questo approccio più estremo e radicale, perché il suo background è del tutto diverso dal nostro. Inoltre Erol si era sposato, aveva avuto dei figli e non riusciva a seguire il processo di evoluzione. Non credo che avrebbe accettato di fare un lungo tour senza la possibilità di vedere i suoi figli.”
HAI PARLATO DEGLI HELLHAMMER E DELL’APPROCCIO MINIMALE E RADICALE CHE AVEVANO ALLA COMPOSIZIONE; CREDO CHE QUESTO SIA IL TRATTO DI QUELLA BAND CHE PIÙ HA INFLUENZATO IL BLACK METAL. COSA PASSAVA PER LE VOSTRE TESTE DURANTE QUEL PERIODO? ERAVATE COSCIENTI DELLA RIVOLUZIONE ALLA QUALE STAVATE DANDO VITA?
“Lo facevamo per noi, per liberarci delle nostre frustrazioni, ma non avevamo una visione lungimirante. Non ci vedevamo come iniziatori di un movimento e comunque non stava a noi decidere se lo eravamo o no. Avevamo un bisogno disperato di comporre musica per poterci relazionare con ciò che ci stava intorno.”
PENSI CHE AFFERMARE CHE I CELTIC FROST SIANO TRA GLI ISPIRATORI DEL BLACK METAL SIA CORRETTO?
“In un certo senso. Ma è ovvio che senza i Venom non ci sarebbero stati gli Hellhammer e che l’album “Black Metal” l’hanno composto loro. E cosa dire di Bathory, Sodom, Mercyful Fate? E ancora prima i Black Sabbath. Per noi si tratta di un complimento, ma non credo si tratti di una verità assoluta.”
DI COSA TRATTANO I TESTI DI “MONOTHEIST” E COME È CAMBIATO IL VOSTRO MODO DI SCRIVERE LE LIRICHE DURANTE GLI ANNI?
“Perché non mi fai una domanda che presupponga per risposta solo ‘sì’ o ‘no’? È come se mi chiedessi le differenze tra l’antico testamento e il nuovo testamento! Cazzo, allora partiamo dalla Genesi e arriviamo alla Crocifissione, tanto abbiamo tempo! Scherzi a parte, si tratta di una domanda molto difficile. Siamo cresciuti come persone, come personalità e come uomini. Tom ha scritto un libro in inglese ed è una cosa straordinaria se pensi al fatto che quando l’ho incontrato non parlava una parola di inglese, essendo cresciuto in una famiglia tedesca. E ora ha scritto un libro intero in inglese! E questo ha influenzato anche il modo in cui scrive i testi, come ogni altra esperienza che abbiamo attraversato come persone. Oggi i suoi testi sono molto più intimi, molto più personali. Per quanto mi riguarda io uso ancora le mie influenze letterarie per scrivere i testi, ma anche nel mio caso c’è stata un’evoluzione molto concreta.”
LA VOSTRA CARRIERA È COSTELLATA DI PROGETTI MAI REALIZZATI: “NECRONOMICON” E “UNDER APOLLYON SUN”, AD ESEMPIO, SONO DUE DISCHI DI CUI SI È PARLATO MOLTO MA CHE NON HANNO MAI VISTO LA LUCE. SONO CONFLUITI IN “MONOTHEIST” O SONO PERSI PER SEMPRE?
“Sono dischi persi. “Necronomicon” avrebbe dovuto essere l’ultimo disco dei Celtic Frost e in qualche modo “Cold Lake” ha sortito quell’effetto, visto che in molti ci hanno considerato morti e sepolti dopo quell’album. La nostra idea era di realizzare i primi tre dischi e concludere la nostra storia con “Necronomicon”. Poi sono cambiate molte cose e siamo arrivati a “Monotheist”.
COSA C’È DIETRO A “COLD LAKE”, UNO DEI DISCHI PIÙ “SBAGLIATI” DELLA STORIA DEL METAL?
“Chiedi a Tom…”
NON MI SEMBRA UN MODO CARINO DI METTERE LA COSA…
“Non riesco a spiegarlo. Posso capire le ragioni di Tom, ma io a quel punto ero già stanco dei Celtic Frost, soprattutto dopo il tour di “Into The Pandemonium”. Eravamo distrutti, non avevamo niente da dare. Tom volle provare qualcosa di completamente diverso, l’unico errore fu di farlo con il nome di Celtic Frost.”
LUI COME CONSIDERA QUEL DISCO? PENSA CHE SI TRATTI DI UNA SORTA DI ERRORE?
“Non pensa che si tratti di una sorta di errore. Pensa che si tratti di un abominio, di una cosa che non sarebbe mai dovuta succedere. Questo è quello che pensa. Io non ho questa visione estrema della cosa, ma capisco cosa intende.”
“TO MEGA THERION” E “INTO THE PANDEMONIUM” SONO DISCHI ESTREMI SOTTO MOLTI ASPETTI: SONO COMPLESSI, AVANGUARDISTICI, VISIONARI. COME LI CONSIDERI ORA? COSA È RIMASTO DI TE IN QUELLE REGISTRAZIONI?
“Credo si tratti di ottimi dischi, che hanno ulteriormente guadagnato dalle rimasterizzazioni fatte di recente. Penso che “Morbid Tales” e “To Mega Therion” siano invecchiati leggermente meglio di “Into The Pandemonium”, ma in generale è un trittico molto potente. Semplicemente penso che brani come “One In Their Pride” sia un brano datato, mentre altri brani dei dischi precedenti abbiamo mantenuto la loro freschezza.”
MENTRE TOM SPERIMENTAVA NUOVE STRADE CON GLI APOLLYON SUN TU COSA FACEVI? HAI CONTINUATO A SUONARE?
“Assolutamente no. Per i primi due anni non ho potuto toccare uno strumento, perché la cosa mi dava attacchi d’ansia. Ero del tutto esaurito. Poi ho cominciato a suonare in un tributo agli AC/DC per divertirmi e a fare qualche concerto. Ho imparato a divertirmi suonando, una cosa che prima non avevo mai fatto. Ho cominciato a organizzare feste e concerti e sono entrato professionalmente in questo settore. Ora ho un negozio di DVD e due bar.”
SEI STATO LONTANO DAI PALCHI PER QUINDICI ANNI E ORA TI ASPETTA UN TOUR MONDIALE…DIREI CHE I PROSSIMI MESI SARANNO INTENSI PER TE…
“È una follia. Non suoni per quindici anni e poi fai due concerti da headliner di fronte a quarantamila persone. È inimmaginabile. È una cosa tipica per i Celtic Frost: ‘se vuoi fallire, fallo nel modo più grandioso e spettacolare possibilÈ. Perché fallire di fronte a ottanta persone, meglio farlo ad un festival. Ovviamente non è la nostra intenzione, ma non escludo che possa accadere.”
PENSI CHE L’ESPERIENZA DEGLI APOLLYON SUN ABBIA AVUTO QUALCHE PESO IN “MONOTHEIST”?
“Negli Apollyon Sun c’era molto di Tom, così come in “Monotheist”. Siamo la somma di tutte le parti che compongono le nostre esperienze. Ha imparato a cantare in molti modi diversi con gli Apollyon Sun e questo si sente anche su “Monotheist”. Ha imparato a usare il computer e gli strumenti elettronici, che puoi ritrovare anche in questo nuovo disco. Certamente c’è qualcosa degli Apollyon Sun nei Celtic Frost.”
VISTO CHE HAI UN NEGOZIO DI DVD, DEVO CHIEDERTI COSA TI PIACE VEDERE AL CINEMA, QUALI FILM APPREZZI…
“C’è stato un film fondamentale nel processo di composizione e registrazione di “Monotheist” e si tratta de “La Passione di Cristo” di Mel Gibson. L’abbiamo visto insieme perché pensavamo che potesse essere un’influenza interessante ed in effetti è stato così. È un film che mi ha molto toccato.”
AVETE UNA GRANDE RESPONSABILITÀ ORA CHE SIETE TORNATI A SUONARE: CI SONO MOLTI SOLDI CHE GIRANO INTORNO AI CELTIC FROST. COME VIVETE QUESTA SITUAZIONE?
“Siamo sia musicisti che imprenditori. Abbiamo speso molti soldi in questo progetto e sappiamo gestirci. Una lezione che ho imparato da questa band è che volevo diventare un musicista per smettere di occuparmi del business, ma in questo ho fallito. The worst business is show business. Un approccio del tutto idealistico al music business è il modo migliore per rimanere grandiosamente fottuti. Questo è stato il nostro caso: prima di oggi non siamo praticamente mai stati pagati. Ci sono persone che detengono i diritti dei nostri primi album e che li avranno fino a settantacinque anni dopo la nostra morte. Pensaci! Se firmi un contratto così, firmi un contratto col Diavolo. Eravamo ragazzi. Stavolta abbiamo dovuto imparare a gestire i soldi, a investirli saggiamente, a usare il tempo in modo razionale. Se otterremo abbastanza soldi per fare un altro disco lo faremo, perché il gruppo è in gran forma, ma non vogliamo rimanere col culo per terra. La vita è imprevedibile…”
IL TITOLO DELL’ALBUM È UNA PAROLA MOLTO SCOMODA. SEMBRA CHE I GRANDI MONOTEISMI SIANO ALLA BASE DI QUASI TUTTI I CONFLITTI. D’ALTRA PARTE SI TRATTA DI UN TERMINE ANTICO, CHE DESIGNA UNA NECESSITÀ PRIMORDIALE DELL’UOMO. COSA RAPPRESENTA PER TE QUESTA PAROLA?
“Non si riferisce necessariamente ad una religione o ad un sistema monoteistico specifico. Il monoteista crede in un solo Dio e questo è ciò che ci interessava sottolineare, senza dover spiegare di quale Dio si tratta. Se guardi attentamente il titolo sulla copertina, vedrai che contiene una croce e dunque si può pensare che ci riferissimo specificamente al cristianesimo. In parte è così, perché siamo tutti cresciuti in un ambiente cristiano e abbiamo assorbito quella cultura. Se guardi ancora più attentamente la copertina ti accorgi che c’è anche una croce capovolta. Quindi? Siamo di nuovo satanisti? Siamo cristiani? Si tratta di un simbolo cristiano? In qualche modo sono domande che poniamo in modo provocatorio attraverso il titolo. Da un’altra prospettiva, possiamo dire che “Monotheist” si riferisce a noi come persone, a ciò in cui crediamo, alle nostre ansie personali alle nostre paure.