CHANGELING – Il nemico è la paura

Pubblicato il 23/06/2025 da

Changeling è il nuovo gruppo di Tom Geldschläger, chitarrista degli Obscura in “Akróasis” ed autore di due dischi di progressive metal con lo pseudonimo Fountainhead. L’artista tedesco, apprezzato anche in veste di produttore, compositore ed ingegnere del suono, ha investito molto in questo progetto, nel quale ha coinvolto colleghi del livello di Morean (voce, Alkaloid, Dark Fortress), Arran McSporran (basso fretless, Virvum, Vipassi) e Mike Heller (batteria, Fear Factory) e, soprattutto, una cinquantina di ospiti tra i quali Andy Larocque (ex Death, King Diamond), Yatziv Caspi (ex Orphaned Land) e Ally Storch (Subway To Sally).
Il risultato di un lavoro durato anni è l’album di debutto omonimo, pubblicato lo scorso aprile, un’opera mastodontica che parte dal death metal più tecnico e pieno di orchestrazioni per avventurarsi in diversi territori quale il jazz, la fusion ed il prog e che potrebbe essere definito come una sorta di summa di quanto Tom ha realizzato finora.
Dall’incontro con il musicista, avvenuto subito dopo l’uscita di “Changeling”, è nata questa lunga intervista in cui si parla di come il disco è nato e ha preso forma, nonché del passato e del futuro dello stesso Tom, rivelatosi un interlocutore affabile, loquace e fortemente determinato nel raggiungere i propri obiettivi.

CIAO TOM, BENVENUTO SU METALITALIA.COM E COMPLIMENTI PER IL DISCO. COME STAI?
– Tutto bene, ma sono molto stanco e avrei bisogno di una vacanza! In questi giorni (l’intervista è stata fatta durante il ponte del Primo Maggio, ndr) le persone normali sono in ferie. Sono geloso, questa è la verità. Vorrei farmi una vacanza come tutti!

L’ALBUM E’ STATO PUBBLICATO DA POCHI GIORNI. SEI SODDISFATTO?
– Beh, ma l’album non è ancora uscito in tutti suoi formati, in realtà. Per me, non è finito. Ci sto ancora lavorando, perché ci sono ancora diverse cose che devo finire.
Quando tutti mi chiedono come mi sento la risposta sincera è, come sempre, che non posso permettermi il lusso di sentirmi soddisfatto in questo momento, perché devo ancora finire il mix Atmos, che uscirà il 23 maggio, e anche il libro delle trascrizioni dell’album, che è un progetto enorme.
E finché queste due cose non saranno effettivamente finite, non riuscirò nemmeno a pensare a come mi sento riguardo all’uscita dell’album.

COSA MI DICI INVECE DELLE PRIME REAZIONI DOPO L’USCITA DELL’ALBUM?
– Oh, sì, sono contento. Voglio dire, le reazioni del pubblico sono state per la maggior parte incredibili. Circa il 95% dei feedback sono stati positivi, e poi il 5% estremamente negativi, davvero negativi.
Quindi penso che sia una percentuale molto buona, e non ho sentito una sola reazione che dicesse che va abbastanza bene o che è noioso.
Va bene così. Non ci sono state vie di mezzo e lo considero un buon segno.

CI RACCONTI COME HA PRESO FORMA IL PROGETTO CHANGELING? SE NON SBAGLIO ALL’INIZIO ANCHE CHRISTIAN MUENZNER ERA COINVOLTO. COS’E’ SUCCESSO CON LUI?
– Beh, è ​​una storia un po’ lunga. Hai qualche minuto per ascoltarla? Io e Christian eravamo entrambi molto frustrati perché non potevamo suonare o fare nulla con gli Obscura, ed entrambi volevamo uscire da questa situazione prima che la pandemia esplodesse.
Abbiamo iniziato a lavorare insieme per scrivere nuova musica nel nostro stile; l’idea era anche quella di andare in tour e suonare le canzoni che entrambi avevamo scritto per gli Obscura, ma che non ci era permesso usare. Non potevamo proprio utilizzarle, ciò era realmente avvilente, ed è per questo che abbiamo pensato di dare inizio ad un nuovo gruppo.
Poi, mentre scrivevamo insieme per quel progetto, alla fine ci siamo resi conto che non stava funzionando per nessuno di noi, perché avevamo priorità diverse. Poi lui ha deciso di tornare negli Obscura, sfortunatamente, e purtroppo si è portato le canzoni con sé.

ANCHE DOPO L’USCITA DI “CHANGELING” PENSI SIA STATA UNA SFORTUNA PER TE?
– Cosa posso dire? Sfortunatamente per tutti? Ma sì, lui si è preso i pezzi che avevamo composto, e io ho continuato a scrivere da solo, dopo aver deciso che non volevo abbandonare il progetto e le canzoni che avevo già scritto.
E così è nato il mio nuovo album solista, intitolato “Changeling”, ci ho lavorato per alcuni anni, mettendo insieme una band solida, con Mike, Arran e Morean e tutti gli altri musicisti ospiti a completare la formazione che ha preso parte al disco.
È stato un processo molto lungo, molto dispendioso in termini di tempo, denaro e stress. Ma poi alla fine ce l’ho fatta, ed ho iniziato a cercare un’etichetta. Season of Mist ha dimostrato interesse, volevano pubblicare l’album, mi hanno detto: “Ci piacciono questi pezzi, vogliamo pubblicarli. Tuttavia, sarebbe meglio se fosse un’uscita a nome di una band, di un progetto nuovo“, ed è così che da Fountainhead sono passato a Changeling.
Ora sono Changeling, una band vera e propria, anche se è lo stesso album che ho fatto io. Per quanto riguarda Christian, beh, sappiamo tutti come è andata a finire. Siamo grandi amici. Ci siamo riavvicinati di recente e, se in futuro ci sarà l’opportunità di fare qualcos’altro insieme, sicuramente lo faremo.
Ma per ora la gente può apprezzare la sua musica attraverso tutti i progetti che sta portando avanti, è una continua evoluzione. Da tutta questa storia, immagino che alla fine ne sia uscita solo altra bella musica, si spera.

GRAZIE PER L’ESAURIENTE SPIEGAZIONE. E COME SEI ENTRATO, INVECE, IN CONTATTO CON GLI ALTRI TRE COMPONENTI DELLA BAND, ARRAN MCSPORRAN, MOREAN E MIKE KELLER?
– Volevo e avevo davvero bisogno di lavorare con musicisti che già conoscevo personalmente, con cui avevo trascorso del tempo di persona, come nel caso di Mike, perché ci siamo conosciuti in tour quando suonavo ed avevo la mente a pezzi.
Io e Florian Morean siamo amici da molti anni ormai, e volevamo fare qualcosa insieme da tempo, ma non si era mai presentata l’occasione giusta finora. Quindi ho chiesto a entrambi senza mezzi termini: “Ehi, ti piacerebbe partecipare?“. E entrambi hanno detto di sì, fortunatamente.
Poi avevo in mente qualcun altro per il basso, con cui avevo lavorato personalmente ed era venuto in tour con me, ma non era disponibile. E questa si è rivelata una benedizione, perché poi è entrato in scena Arran, e si è rivelato essere semplicemente il bassista perfetto per l’album, per questa musica. Sono così felice che sia stato coinvolto nel progetto per caso, perché ora non riuscirei a immaginare nessun altro suonare il basso nell’album, ed è fantastico.

UNA DOMANDA RIGUARDO MOREAN, AUTORE DI UNA PRESTAZIONE VERAMENTE NOTEVOLE. HAI CERCATO, IN FASE DI SCRITTURA, DI CUCIRE LE CANZONI SU MISURA PER LE SUE QUALITA’ OPPURE E’ STATO COINVOLTO DIRETTAMENTE NELLA COMPOSIZIONE DEI PEZZI?
– Ho scritto tutto prima che i musicisti entrassero in gioco, comprese le linee vocali e solo in seguito Florian ha completato il lavoro scrivendo i testi.
Da questi, siamo tornati indietro e abbiamo modificato le linee vocali in base ai testi stessi. Quindi ti posso confermare come Morean sia stato molto coinvolto in questo lavoro. Ma ho scritto la musica prima, prima dei testi e molto prima che andassimo in studio a registrare. Tutto era già scritto.

HAI COINVOLTO ANCHE MOLTI OSPITI E PROBABILMENTE HAI DOVUTO COMPIERE UN GRAN LAVORO PER INTEGRARLI TUTTI NEL DISCO. COME LI HAI SCELTI? QUANTO TEMPO C’E’ VOLUTO PER PORTARE A TERMINE QUESTO PROCESSO?
– È difficile dirlo. Credo che l’intero processo, fino alla registrazione, abbia richiesto quasi tre anni. Ma non ci ho lavorato solo io. Ho fatto suonare il disco alla band, poi ho chiamato i musicisti ospiti e ho registrato tutto, in modo che tutte le componenti si potessero fondere alla perfezione.
In totale, ci sono voluti circa quattro anni di lavoro sull’album, e poi un altro anno prima che uscisse.

ASCOLTANDO IL DISCO SI INTUISCE CHE IL LAVORO COMPIUTO SIA STATO GIGANTESCO…
– Lo spero. Voglio dire, se vuoi fare qualcosa di sostanziale, che dia un contributo e che sia unico, allora devi anche fare uno sforzo in più per realizzare ciò che hai in mente. Quindi penso che il tempo che ho speso e lo sforzo profuso siano abbastanza proporzionati al progetto che volevo portare a termine, nel bene e nel male.
Sai, non significa che il disco debba per forza piacere a tutti, ma è una dichiarazione di intenti piuttosto importante, ad un grande impegno dovrebbe sempre corrispondere una grande impresa.

HAI LAVORATO PER MOLTO TEMPO IN SOLITUDINE. DA QUESTO PUNTO DI VISTA, E’ UN DISCO CHE CONSIDERI INTIMO O PERSONALE?
– Sì e no. Voglio dire, ci ho lavorato molto e ne sono molto orgoglioso, ho dato tutto me stesso come mai in passato, anche solo in termini di portata. Ma non so dirti se sia un progetto che considero come qualcosa di personale.
Credo che i miei due album solisti precedenti fossero più personali all’epoca, la musica e i testi parlavano di cose che provavo e attraversavo in quel momento. Quindi “Changeling” non è un disco personale, almeno in questo senso.

CAPISCO COSA INTENDI…
– E’ semplicemente una cosa diversa, un tipo di album differente. Non è personale, nel senso che ascoltandolo si possa capire qualcosa di me come persona. Non è quel tipo di album, e non era nemmeno pensato per esserlo. Ma sono molto contento che sia un’entità a sé stante, e che si regga sulle proprie gambe.

COME LO DESCRIVERESTI IN TERMINI MUSICALI?
– Non lo so, tu come lo descriveresti?

COME DEATH METAL SUONATO CON UNA TECNICA ELEVATA E APERTO AD ESCURSIONI IN MOLTI ALTRI GENERI, TRA CUI JAZZ, FOLK E PROG.
– Oh, grazie per avermi aiutato a spiegare e ad individuare una categoria musicale.
Penso che debba essere accattivante, sai, descrivere un album, ma un musicista lo fa solo per venderlo, è promozione.
Qualcuno ha detto che è technical death metal: beh, l’album non è solamente questo. Un album è una dichiarazione, è musica, arte, lavoro, questo è un album. Tutto il resto è solo un’etichetta che aiuta le persone a capire, a categorizzare, ad inquadrare, giusto? E quindi è necessaria, ma è qualcosa a cui non penso quando lavoro. Credo di non pensare a come dovrebbe essere, o a quali sarebbero le definizioni, o a quali sono i diversi generi quando sto lavorando. E non credo che nessuno dovrebbe davvero farlo, perché stai lavorando a un’opera d’arte, non ad un mero strumento promozionale, capisci?

CERTO, SONO ETICHETTE CHE SI DANNO SOLO PER FAR COMPRENDERE DI COSA SI PARLA…
– Ricordo che uno dei miei album preferiti di sempre è “City” degli Strapping Young Lad. Un disco fenomenale, e ricordo che, quando uscì – perché sono fottutamente vecchio – tutti facevano fatica a descriverne la musica. Poi la gente in qualche modo concordò sul fatto che fosse industrial metal, semplicemente perché utilizzava tecniche di produzione simili. Sai, riferimenti a qualcosa come Ministry o Fear Factory.
E chiunque conosca l’album sa che si tratta solo di una valutazione superficiale, perché è semplicemente e solamente la musica di Devin Townsend, senza aggiungere altre definizioni. È il modo in cui lui vede e sente la musica. Ora, dopo anni, abbiamo così tanti dei suoi dischi che la gente ha creato una sua categoria.
Quindi, con “Changeling”, capisco perfettamente che la gente abbia bisogno di questi punti di riferimento ed il più semplice è il technical death metal, e per me va benissimo. Ma poi chiunque abbia ascoltato il disco saprà probabilmente che è anche molto altro, e in definitiva volevo solo che fosse un pezzo unico, a sé stante.
Se la gente fa fatica a trovare una categorizzazione, va bene, perché penso di aver raggiunto il mio obiettivo di renderlo un pezzo unico. Il mio lavoro è concluso e la gente è libera di inventarsi le proprie etichette, a patto che sia aperta anche ad ascoltarlo secondo i propri parametri, questo è il mio pensiero.

A PROPOSITO DI ASCOLTARE SECONDO I PROPRI PARAMETRI, RICORDO CHE NEL PRESSKIT LA TUA MUSICA ERA DESCRITTA COME “PER I FANS DI MORBID ANGEL E STEVE VAI”…
– Penso che sia una cosa positiva che per l’album ognuno abbia una band diversa o un paragone diverso da proporre.
Se compilare una lista di band che la gente pensa di aver sentito nel mio album dovesse diventare un lavoro lungo, per me sarebbe un ottimo segno perché, se tutti portassero gli stessi tre punti di riferimento, non avrei fatto bene il mio lavoro, significherebbe che ho semplicemente copiato qualcosa e non sarei riuscito a creare qualcosa di unico. E quindi quando fai qualcosa di unico, che è un’entità a sé stante, le persone faticano a confrontarlo con ciò a cui sono abituati, finché non hanno avuto un’esposizione sufficiente da riuscire a realizzare che si tratta appunto di qualcosa di unico. Ed è così che funziona.
Penso che il fatto che le persone facciano fatica a descrivere la musica, o che ognuno senta qualcosa di diverso, sia a mio avviso un buon segno che le persone si stanno connettendo con essa e che cercano davvero di darle un senso e di integrarla nei loro ascolti. Non sei della stessa idea?

CERTAMENTE. PER PORTARTI IL MIO ESEMPIO, IERI SERA SONO ANDATO AD UN CONCERTO DI UN GRUPPO AMERICANO CHE SI CHIAMA CHAT PILE, NON SO SE LI CONOSCI…
– Sì, e mi piacciono molto!

…E SI SENTIVANO PARERI MOLTO DIFFERENTI SUL GENERE CHE PROPONGONO. CHI PARLAVA DI HARDCORE, CHI DI NOISE, CHI DI ALTERNATIVE. HO PENSATO FOSSE UN BUON SEGNALE, POICHE’ SIGNIFICAVA CHE LA BAND AVEVA PRESO UNA VIA ORIGINALE.
– Sì, assolutamente. E penso che sia anche normale. Un ottimo segno per la band. La penso allo stesso modo. Ho ascoltato solo l’ultimo album, ma da quello che ricordo, è una combinazione unica, e penso che sia fantastico.
E’ qualcosa del tipo, se fai qualcosa di unico, nessuno può portartelo via. Forse ci vuole un po’ per abituarsi, ma è di gran lunga preferibile per un artista.
È una posizione che, come artista, è decisamente preferibile al semplice adattamento a una certa categoria, per poi diventare dipendente dalla popolarità o meno di quella categoria, perché in questo modo non sei separato da quello che fanno tutti gli altri. E penso che tu  essere voglia qualcosa a parte, è quello che ho personalmente sempre voluto.

IL PRESSKIT PARLA DI UNA STORIA CHE LEGA LE DIVERSE CANZONI DI “CHANGELING”. SI TRATTA DI UN CONCEPT ALBUM?
– Certo. E’ un concept album, esatto, ci sono un cammino musicale ed uno lirico che procedono contemporaneamente.
Il concept musicale racconta di come stiamo andando dal passato al futuro. Quindi il disco è diviso in quattro capitoli, e nel primo capitolo ci sono le idee, i suoni e le canzoni che appartengono al passato. Rendiamo omaggio alle band che mi hanno ispirato, a cose che ho fatto in passato in questo contesto, diciamo, del technical death metal. E ci sono questi assoli di tre band che mi hanno ispirato molto per quanto riguarda il metal, che sono Cynic, Death e Morbid Angel.

NON L’AVEVO REALIZZATO…
– Non è facile da scovare.
Quindi, questo è il primo capitolo, e poi nel secondo entriamo, diciamo, nel presente, perché è ancora death metal e usiamo sempre gli stessi elementi, ok? Ma l’orchestrazione, le strutture delle canzoni, le idee musicali, tutto diventa un po’ più avventuroso e interessante. Per esempio, il brano “Abyss”, che modula in su e in giù di un quarto di tono. È musica microtonale, anche se cerco di fare queste cose in modo che non siano troppo vistose e voglio che il brano rimanga comunque ascoltabile di per sé, per chiunque lo ascolti. Se ti piace la canzone e il suo percorso, allora non importa se è microtonale. Ma questo elemento, si spera, aggiunge qualcosa in più che non si trova da nessun’altra parte, che intensifica il percorso stesso.
Il secondo capitolo è dedicato ad esperimenti di questo tipo. E poi i capitoli tre e quattro, che sono gli ultimi, constano di due brani ciascuno, ecco perché sono così lunghi. Con questi, andiamo verso il futuro: per quanto possibile, cerco di presentare una visione per il futuro di questa musica, con combinazioni di suoni, influenze e orchestrazioni mai viste prima.
Bene, è così che il disco si evolve, partendo da qualcosa di minore e forse anche scontato verso prospettive più ambiziose. Volutamente, alcuni momenti all’inizio del disco sono pensati per suscitare nostalgia, tipo: “Sono sicuro di averlo già sentito“. È bello, sai, riportare alla mente qualcosa dal passato. E poi, man mano che il disco procede, perdiamo quel senso di familiarità, e il tutto diventa sempre più avventuroso e distante.
Allo stesso tempo, i testi descrivono un viaggio psichedelico, si tratta di un’esperienza psichedelica molto intensa. E così, con ogni canzone, attraversiamo uno stato diverso, un capitolo diverso del viaggio. In alcuni brani, proviamo una sensazione di mania e paranoia, poi c’è la depressione, infine la dissoluzione della realtà. Le diverse fasi di un’esperienza psichedelica, per chiunque l’abbia vissuta, si riflettono nelle diverse canzoni. Il viaggio diventa sempre più intenso, e poi in “Abyss”, a metà dell’album, raggiunge la massima intensità, il punto più basso del percorso, la fase di ‘morte dell’ego’, se vogliamo chiamarla così.
Da lì, il protagonista riemerge e rientra nella realtà. Ma è anche cambiato, ha imparato qualcosa da questa esperienza, ha una nuova prospettiva e un nuovo punto di vista sul mondo che lo circonda, ed è di questo che parla l’ultimo brano, “Anathema”, in pratica Florian che racconta la sua esperienza e ciò che ha imparato. Queste due cose, in un certo senso, procedono contemporaneamente.

LA PROSSIMA DOMANDA RIGUARDA PROPRIO “ANATHEMA”: TUTTI CI ASPETTAVAMO UNA SUITE ED E’ ARRIVATA, MA SUONA MOLTO DIVERSA DA “WELTSEELE”, IL BRANO DI QUINDICI MINUTI CHE AVEVI COMPOSTO PER GLI OBSCURA AI TEMPI DI “AKROASIS”. COME E’ NATO QUESTO PEZZO?
– Bene. Il fatto che sia riuscito a sorprenderti è un buon indicatore, significa che la canzone ha funzionato.
Questa canzone è “Weltseele part II”. Sicuramente una correlazione tra i due brani c’è, ma non sarebbe stata una buona idea chiamarli nello stesso modo, o avere, per esempio, un collegamento testuale tra loro. Quindi l’unico aspetto che hanno in comune è che quando ho scritto questo album ho detto: “Ok, farò un’altra canzone epica di almeno quindici minuti per band death metal e orchestra“. Perché questa era anche l’idea quando ho iniziato a scrivere “Weltseele” per gli Obscura, quello è stato il punto di partenza, capisci?
Allora, perché scriverne un’altra? Beh, il problema è: se hai già scritto qualcosa di così particolare, qualcosa con cui gli ascoltatori ti identificano, cosa decidi di fare? Ripeti la stessa formula o fai qualcosa di completamente diverso?
Se ripeti la stessa formula, diventa semplicemente una specie di prodotto a buon mercato. È come se fossi a corto di idee. Anche se forse avrei potuto scrivere una bella canzone che ripetesse quanto fatto in passato, personalmente, non mi sarebbe sembrato giusto usare la medesima struttura e le stesse idee. Ma poi, se fai qualcosa di nuovo, il rischio è che la gente non lo capisca subito.
Ma poi ho anche pensato: “Beh, all’inizio il pubblico non ha capito “Weltseele” molto bene. La gente l’ha odiata quando è uscita“. Ricordo che la mia casella di posta era piena di gente che diceva: “Che cazzo è sta roba?“, “L’ho ascoltata due volte e ancora non ho capito cosa volevi fare”. Ma poi alla fine si sono abituati, e ora tutti dicono: “Oh, sì. “Welteseele” è pazzesca“, “Che pezzo fantastico“. C’è comunque voluto un po’ di tempo per capirla, e penso che sia stato meglio così.

Va benissimo, perché ci ho messo molto tempo a capire alcuni dei brani che ora sono i miei preferiti. Sai, c’è un artista chiamato Squarepusher, uno dei miei musicisti preferiti al mondo, e il mio album preferito tra i suoi è “Ultravisitor”. Quando l’ho sentito per la prima volta, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, semplicemente, mi è piaciuto. Adoro quando la musica ti porta in luoghi che non puoi comprendere appieno alla prima impressione, ma senti che c’è qualcosa di grandioso in quello che stai ascoltando. E, se ci passo un po’ di tempo, sarà davvero bello e gratificante. Quindi cerco di fare lo stesso, se ci riesco. E’ così che ho dato vita ad “Anathema”. Cercavo qualcosa di differente, una nuova struttura, una nuova idea per la canzone che fosse altrettanto interessante e stimolante, ma che funzionasse in modo completamente diverso. Scusate per questa spiegazione cos’ lunga!

Ho cercato quest’idea a lungo, e non ero del tutto soddisfatto di ciò che avevo trovato. Poi ho dato lezioni di chitarra al regista di “Good Bye, Lenin!”, un film candidato ad un premio come miglior film straniero. Comunque, sai, siamo diventati amici e ci ha portato alla sua festa di compleanno ed in seguito siamo andati alla Filarmonica per vedere un’esecuzione di un brano che gli piaceva molto, e quel brano era la “Sinfonia delle Alpi” di Richard Strauss.
Non l’avevo mai sentito prima, quindi ho pensato: “Che figata, proviamo ad ascoltarla per bene“, e mi ha lasciato senza parole. Quel brano mi ha lasciato letteralmente senza parole. L’esecuzione mi ha davvero illuminato, perché l’evolversi della canzone raccontava l’ascesa su una montagna delle Alpi: c’è un protagonista che va a fare un’escursione in montagna e subito la situazione si fa pericolosa. All’inizio è nuvoloso, non vede molto, è buio, poi alla fine sorge il sole, e c’è un piccolo fiume, e una natura meravigliosa. Ma poi arriva anche un temporale a complicare questo suo cammino.
La musica attraversa tutte queste diverse esperienze mentre l’uomo sale sulla montagna e, una volta in cima, improvvisamente c’è questo enorme altopiano, rappresentato da un muro di suono dell’orchestra che sembra dire: “Sei in pace. Ora sei arrivato“. E’ completamente travolgente, eppure trasmette anche un senso di calma, pace e realizzazione. Ma non è finita, c’è anche la discesa dalla montagna.

Quando ho sentito questa sinfonia, ho improvvisamente capito: “Ok, questa è la struttura. Questo è ciò che devo scrivere per il gruppo e per l’orchestra, il mio pezzo deve funzionare allo stesso modo“. E se lo ascolti, è proprio così. “Anathema” è un’ascesa verso un altopiano, e attraversa tutti questi diversi cambiamenti e tutte queste diverse situazioni.
Ho dato al pezzo una struttura circolare, quindi c’è una sorta di tema principale che ritorna sempre, poi va in un’altra direzione, tutto ciò per innumerevoli volte. A un certo punto, durante la canzone, si raggiunge questo plateau finale, che non è altro che un gigantesco muro di suono ed è l’apice di tutto, nel vero senso della parola. Perché ciò che abbiamo sentito fino a quel momento porta a questo climax.
Dopo aver raggiunto l’apice, rimane solo la discesa, una specie di disintegrazione. Accumuliamo slancio, a poco a poco, attraverso questo lungo viaggio e poi, a un certo punto, ci troviamo in ​​cima alla montagna, possiamo vedere per chilometri, ed è semplicemente: “Wow“. Ma poi devi anche scendere dalla montagna, il tragitto è ancora pieno di pericoli.

HAI LAVORATO COSI’ TANTO SU QUEST’ALBUM CHE NON STUPISCE SIA PIENO DI DETTAGLI.
POTRESTI SPIEGARCI COME HAI SCELTO IL NOME CHANGELING ED IL SIGNIFICATO DELL’IMMAGINE DI COPERTINA?

– Ok, anche se non c’è niente di così spettacolare, nella scelta del nome intendo. Non ci abbiamo pensato per lungo tempo, poi Florian ha scritto questi testi fantastici, tra cui una canzone intitolata proprio “Changeling”. Ho pensato che fosse un titolo perfetto per l’album, perché io sono il Changeling: continuo a fare cose diverse nella mia carriera, e a indossare tutti questi ruoli che c’entrano poco l’uno con l’altro. Suonava come la descrizione ideale di ciò che faccio. Sono anche un grande fan di Star Trek, e in Star Trek c’è questa razza di esseri chiamati Changeling, che possono mutare forma.
Così il nome è rimasto. Quando Seasons of Mist è venuta da me chiedendomi un nuovo moniker per il progetto, ne ho valutati diversi, ma allineare il nome dell’album e quello del gruppo mi è sembrata la cosa migliore. Ecco perché Changeling.
Per quanto riguarda la grafica di copertina, sono contento che tu me l’abbia chiesto, perché mi piace molto e ne sono molto orgoglioso.

NON L’HO TROVATA METAL IN SENSO STRETTO MA, QUANDO HAI PARLATO DI VIAGGIO PSICHEDELICO, LA SCELTA MI E’ APPARSA PIU’ CHIARA.
– Sì, quest’artwork è death metal, credo, ma non lo è in toto. C’è anche il lato psichedelico del disco, non si tratta di qualcosa di netto, è tutto fuso insieme.
È stato come se le stelle si fossero allineate, perché avevo già realizzato e pagato artwork completamente diversi. Ma poi ho contattato il mio amico Aaron Pinto, batterista dei Gutslit, con cui eravamo stati in tour in India qualche anno fa, e sono rimasto davvero colpito dalle magliette che aveva disegnato per la sua band.
Non è solo un batterista, ma anche un designer di professione. Così gli ho chiesto: “Vuoi collaborare per questo progetto? Ti andrebbe di disegnare una maglietta per noi?“. Gli ho mandato la base, e lui mi ha consegnato quest’opera d’arte. Ho pensato subito: “Oh cavolo, è troppo bella per essere solo una maglietta. Sarebbe una maglietta fantastica, ma possiamo usarla per la copertina dell’album?“. Per fortuna è stato così gentile da dirmi semplicemente: “Sì, fallo pure!“. Adoro il risultato.

CHANGELING E’ SOLO UN PROGETTO DA STUDIO O VI VEDREMO SU UN PALCO PRIMA O POI?
– Mi puoi già vedere su un palco, da sempre!

CON QUESTI PEZZI?
– Capisco la domanda, perché la gente non ha visto né me né le persone presenti nell’album suonare questa musica. Ma la suono già da due anni. Un anno e mezzo fa ero in tournée in India e già suonavo le canzoni di Changeling.
Ora, la domanda è: “Possono vedermi suonare più persone?. E possiamo fare in modo che tutte, o anche solo alcuni, dei fantastici musicisti presenti nell’album possano unirsi e tramutare l’esperienza del disco in uno spettacolo?”. La risposta è: “Non lo so”. Perché non ho ricevuto alcuna offerta per suonare.
Tutti mi chiedono: “Ehi, questa sarà una band che suona dal vivo?“, e la mia risposta è sempre: “Sì, dovrebbe esserlo, se qualcuno vorrà“. Ma non abbiamo ricevuto nessuna offerta per suonare, quindi se qualcuno legge questa intervista e pensa di volerci veder suonare, per favore ci contatti (ride, ndr).
Quindi sì, voglio suonare, vogliamo suonare. Sono pronto, siamo pronti, abbiamo solo bisogno di un’opportunità.

MAGARI DOPO L’USCITA DELL’ALBUM CI SARA’ QUALCHE OPPORTUNITA’ IN PIU’…
– Lo spero. L’album è fuori da una settimana, contattatemi!

LA PROSSIMA DOMANDA E’: CI SARA’ UNA SECONDA PARTE DEL PROGETTO CHANGELING?
– Non lo so, perché è ancora presto. Come ho detto prima, devo ancora finire il mixaggio in Spatial Audio. Per me è la cosa più importante al momento. Questo album è stato scritto per essere ascoltato in Spatial Audio, ora è in una versione stereo, in pratica una versione attenuata di quello che dovrebbe essere in realtà. Quindi è davvero importante che ora possa finire il lavoro. Sto lavorando anche al libro delle trascrizioni…
Una volta finito tutto, potrò iniziare a pensare al futuro. Voglio fare un altro disco? Sì. Ma dipende anche molto da come andrà questo album. Ricevo continuamente messaggi da persone che mi dicono: “Ho l’album! Quando uscirà il prossimo?” E io rispondo: “Amico, l’hai appena ascoltato in streaming. Non l’hai pagato, l’hai trasmesso in streaming – cosa che apprezzo ancora, significa molto per me quando le persone si connettono con me, in qualsiasi forma – non chiedermi di dare seguito a un album che è costato trentacinquemila euro e cinque anni della mia vita, quando tu hai appena ascoltato il mio album in streaming“. Da quella cifra riceverò 0,00000001 centesimo di euro.

Spesso si dice che io sono arrogante, perché dovrei essere felice che la gente ascolti la mia musica. Ma lo sono! Questo significa davvero tanto per me, ma la realtà è che il mercato è così fottuto che per fare un album di questo tipo bisogna essere un po’ pazzi. L’ho fatto e sono contento di poter ancora camminare e parlare, perché onestamente realizzare questo album ha avuto un impatto enorme sulla mia salute nel corso degli anni.
Ora che è appena uscito, la gente mi chiede di farne un altro. Voglio promuovere l’album, ma voglio anche essere onesto: la verità è che, per favore, non dovete chiedermelo ora, perché ce l’ho fatta a malapena a portare a termine il primo. Comprate l’album e poi ne parliamo. E se è un comportamento arrogante, mi dispiace, ma è la realtà (ride, ndr). Se abbastanza persone si identificano davvero con l’album e lo acquistano o lo scaricano, allora le possibilità che ce ne sia un altro sono più alte.

A QUESTO PUNTO TI CHIEDO: ASCOLTI MUSICA IN FORMATO DIGITALE?
– Ascolto anche in digitale ma sono abituato al supporto fisico. Mio padre vendeva vinili e così avevamo la casa piena di dischi. Anche dischi italiani anni ’70. Com’è la scena italiana in questo momento? C’è qualche gruppo che mi consiglieresti di ascoltare?

CI SONO GRUPPI INTERESSANTI, PER ESEMPIO I MESSA O, IN AMBITO DEATH METAL, I BEDSORE, MA SICURAMENTE NON E’ FLORIDA COME NEGLI ANNI ’70.
– Conosco i Messa, li ho visti anche suonare, ascolterò i Bedsore!
Proprio in questi giorni sto registrando con una band italiana emergente. Si chiamano Dismantle The Sun, ed è un progetto di un mio amico che ha avuto la visione di realizzare il primo album metal puramente polifonico al mondo. Quindi si tratta di quattro strumenti indipendenti che suonano cose indipendenti. Come una fuga classica, ma in stile death metal. Ed è una band italiana!
Questo per dimostrare che ci sono cose interessanti che stanno succedendo nel vostro paese nel metal, come ovunque del resto, gente che non ha paura di sperimentare, in questo momento. Sono in giro da un po’, ma non hanno ancora pubblicato nulla perché ci hanno messo troppo tempo a portare a termine queste idee e a scrivere musica così intensa. Ma sono davvero entusiasta di lavorare insieme a loro.

UN’ULTIMA DOMANDA: DALLE NOTE DI STAMPA SI INTUISCE CHE HAI ALTRE ATTIVITA’.  E’ QUALCOSA AL DI FUORI DELLA MUSICA? DI COSA SI TRATTA?
– In realtà, sono attività legate al mondo della musica. Tengo delle clinic. Forse sono stati utilizzati termini diversi per definirli, ma io parlo davanti al pubblico come se fosse un evento, su argomenti specifici.
Una delle situazioni più comuni è fare discorsi e presentazioni su tecniche di chitarra che non si conoscono, o strategie per diventare più efficienti con i propri strumenti. Quello che faccio spesso è presentare la chitarra fretless, uno strumento che magari molti non hanno mai visto o provato, ma che potrebbe essere interessante.
Negli ultimi due anni ho parlato della salute mentale ed emotiva dei musicisti. Perché, francamente, penso che sia l’argomento più importante nella vita di qualsiasi artista: mantenersi equilibrati, sani di mente, desiderosi di sopportare la pressione dell’essere un artista in questo mondo, e tutto ciò che ne consegue.

GRAZIE PER QUESTA LUNGA CHIACCHIERATA.
– Grazie per avermi dato l’opportunità di parlare liberamente. E grazie per aver scritto dell’album e per averlo supportato. Lo apprezzo molto.

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