CHAOS INCEPTION – Anatomia del death metal

Pubblicato il 29/03/2025 da

Con una ventina d’anni di esperienza nel death metal, i Chaos Inception sono una realtà che ha spesso marciato controcorrente, mantenendo salda la propria intransigente visione artistica in un panorama musicale che ha vissuto molteplici fasi e tendenze.
Guidato dal chitarrista e principale compositore Matt Barnes (anche in Monstrosity, Quinta Essentia e Diabolic), il gruppo statunitense ha sempre puntato più sulla qualità che sulla quantità, puntualmente affinando il proprio sound negli anni e rimanendo al contempo fedele a un’idea di death metal puro, privo di compromessi e lontano da mode passeggere.
Con il loro ultimo album, “Vengeance Evangel”, i Chaos Inception riaffermano questa loro identità con un’opera intensa, brutale e carica di una spiritualità combattiva, che riflette la dedizione totale della band alla propria arte.
In questa intervista, Barnes ci offre uno sguardo approfondito sul processo creativo dietro il disco, sulle difficoltà affrontate nella produzione e sul significato più profondo della loro musica.
Con grande sincerità e un pizzico di ironia, il chitarrista parla a fondo delle proprie influenze e snocciola considerazioni critiche sulla scena attuale, sul ruolo dell’originalità nel metal contemporaneo e sulle sfide che il genere deve affrontare in un’epoca in cui l’accesso alla musica è più facile che mai, mentre l’attenzione del pubblico si fa sempre più frammentata.

DOPO DODICI ANNI, I CHAOS INCEPTION TORNANO FINALMENTE CON “VENGEANCE EVANGEL”. COSA HA ALIMENTATO LA VOSTRA DETERMINAZIONE A TORNARE DOPO COSÌ TANTO TEMPO? C’È STATA UNA PARTICOLARE FILOSOFIA O MENTALITÀ CHE HA GUIDATO IL PROCESSO DI SCRITTURA DELL’ALBUM?
– Beh, avevamo detto che avremmo pubblicato il disco e così abbiamo fatto. Non abbiamo mai avuto dubbi in proposito e la band non si è mai sciolta, ma durante questo processo è andato storto praticamente tutto il possibile. Ci sono stati molti alti e bassi, e ho cercato di incanalare tutto ciò nella mia performance sull’album. Spero che qualcuno lo ascolti con attenzione per coglierlo!
Rabbia, frustrazione, esaurimento ed esaltazione hanno accompagnato la registrazione. La maggior parte delle canzoni era stata scritta da tempo, mentre una è stata composta velocemente all’ultimo minuto, una volta che avevamo Kevin Paradis a bordo: la canzone più veloce dell’album.
L’idea guida era scrivere un disco pieno di brani validi, senza che suonassero tutti uguali, e senza riempire il lato B con pezzi scadenti. Quindi trovi un mix di brani diretti e travolgenti, alcuni pezzi trionfali con ritmiche a terzine, altre composizioni più inquietanti… in generale, volevamo creare qualcosa che, una volta finito, ti facesse venir voglia di riascoltarlo dall’inizio. Credo che ci siamo andati molto vicini.

L’ALBUM È STATO DESCRITTO COME ‘ARROGANTE’, IN SENSO POSITIVO. COME DEFINIRESTI QUESTO ATTEGGIAMENTO NELLA VOSTRA MUSICA?
– Penso che, quando si è in una band, sia sano sviluppare una sorta di alter ego musicale, diverso da chi siamo nella vita reale.
Non siamo persone arroganti, ma alcune persone che hanno ascoltato l’album in pre-produzione hanno detto che suonava ‘arrogante’, quindi abbiamo deciso di usare questo termine nel comunicato stampa.
Questo disco ha un’attitudine. Si può sentire un po’ di spontaneità all’inizio e alla fine delle canzoni, punti in cui la maggior parte delle band probabilmente avrebbe sistemato tutto per ottenere un timing perfetto, ma noi ci siamo lasciati andare e abbiamo iniziato a lasciare tutto così.
Ricordo di aver chiesto ad Andrea Petucco, che ha mixato l’album, se secondo lui dovevamo ripulire alcune cose, e lui mi ha risposto più o meno così: “No, sembra che abbiate appena finito il pezzo, fatto il dito medio e lanciato le chitarre per terra”. Io, ad esempio, vedo quel basso all’inizio di “10,000 Dead By Pincer” come un grosso sputo che vola dalla bocca di Lemmy dritto nell’orbita oculare di uno scettico, quasi a dire “Ah sì? Pensate che siamo troppo vecchi per questo? Che ci siamo venduti? Che sia solo un gioco?“.

“VENGEANCE EVANGEL” ATTINGE PRINCIPALMENTE DALLA TRADIZIONE DEL DEATH METAL DELLA FLORIDA, MA QUA E LÀ PERCEPISCO ANCHE INFLUENZE BRASILIANE E OLANDESI (CENTURIAN, NOX). QUALI ASPETTI DI QUESTE INFLUENZE RITIENI PIÙ EVIDENTI NELL’ALBUM?
– Ecco una storia divertente, che probabilmente ho già raccontato: quando ho incontrato per la prima volta uno dei maestri, Gene Palubicki (Angelcorpse, Perdition Temple), lui aveva un banco distro al Brass Mug in Florida e io stavo dando un’occhiata alla sua merce. Tra i dischi c’era il primo album dei Chaos Inception. Gli ho detto: “Wow! Hai il mio album qui.”
A quel punto siamo entrati in una piccola discussione perché lui sosteneva che io non fossi nella band, che quei ragazzi venissero dal Brasile. Gli ho persino indicato la mia foto sul disco, ma continuava a insistere che non fossi io. Credo di aver dovuto tirare fuori la patente per convincerlo.
Penso spesso a quell’episodio, e da allora è diventato un mio obiettivo: volevo che la gente non pensasse che fossimo solo un gruppo di ragazzi dell’Alabama che facevano questa musica, ma che, ascoltandoci, sembrasse di sentire dei pazzi scatenati provenienti da qualche luogo esotico.
Quando ho iniziato ad ascoltare band come Morbid Angel, Deicide, Angelcorpse, Centurian, Rebaelliun, Krisiun, ecc., pensavo che fossero dei veri e propri maniaci. Cosa stava passando per la testa di Trey quando ha scritto quei riff su “Blessed Are The Sick”, no? Per me tutte quelle band hanno un approccio che mi colpisce allo stesso modo. Mi dà un senso di pace interiore. Non so perché. Mi fa sentire felice e potente. Non lo percepisco come qualcosa di brutale o rabbioso. È più simile a un incantesimo mistico. Forse quello che le accomuna è il modo in cui costruiscono i riff: usano tecniche particolari sulla chitarra per i riff principali, non si limitano a spostare le note come facevano i Death.
C’è sempre qualcosa di leggermente sbilenco – uno slide, un trillo, un dettaglio – che ti fa dire: “Aspetta, cos’è appena successo?”. Cerco sempre di non rubare riff, ma vogliamo essere parte di quella tradizione e magari creare addirittura il miglior album mai realizzato in quel filone. Questo è l’obiettivo finale.

GLI ASSOLI DI CHITARRA HANNO UN RUOLO CRUCIALE IN “VENGEANCE EVANGEL”. HAI MENZIONATO INFLUENZE JAZZ DAGLI ANNI ‘60 E ‘70. IN CHE MODO HANNO PLASMATO IL SUONO DELL’ALBUM?
– Devo ringraziare Mark English, che è stato il mio mentore alla chitarra nei Monstrosity, per questo. Per tutti i miei album precedenti, ogni singola nota era composta e scritta su carta: portavo quel foglio in studio e registravo gli assoli seguendolo.
Anche quando ero in tour con Mark facevo lo stesso: avevo un quaderno con gli assoli dei Monstrosity e cercavo di riprodurli fedelmente ogni sera. Mark, invece, non aveva nessun quaderno e ogni sera suonava qualcosa di nuovo. Mi stupiva il modo in cui riusciva a farlo. Per prima cosa, serviva una grande tecnica, che io non avevo al suo livello. Poi, serviva coraggio. Dopo tanti anni trascorsi accanto a lui, mi ci sono avvicinato un po’.
Una volta trovato il coraggio di improvvisare, devi anche capire chi sei, perché mi sembra un approccio molto più onesto, personale e diretto allo strumento. Inoltre, mi sono reso conto di essere troppo vecchio per migliorare ulteriormente, quindi tanto valeva comportarmi come se sapessi quello che stavo facendo con la chitarra, anche se metà delle volte finivo per inciampare. Pensi che Greg Ginn si sia mai preoccupato dei suoi assoli o di cosa la gente pensasse delle sue capacità di chitarrista?
Applicando questi ragionamenti, alcune influenze iniziali sono emerse in modo inconscio, e nel contesto del death metal suonavano strane anche a me. Riconoscevo i suoni del jazz che mio padre metteva su in casa e in macchina quando ero bambino. Artisti come Barney Kessel, Tal Farlow, George Benson e altri. Ho ripreso in mano molti di quei vecchi dischi e, in alcuni punti, ho trovato spunti che potevano funzionare nel contesto dei Chaos Inception.
Se vuoi davvero suonare qualcosa di caotico, non può essere sempre la solita roba. Alcuni di quei chitarristi jazz suonavano cose che per me non avevano assolutamente senso – facevano sembrare gli Slayer come Eric Clapton – quindi o erano dei geni o degli idioti, o entrambe le cose.
Io ho puntato di più sulla strada dell’idiota e ovviamente non ho mai imparato a suonare jazz (quegli accordi sono semplicemente fuori dalla mia portata), ma se mi sentivo a corto di idee pensavo: “Fallo alla Kessel” e saltava fuori qualcosa di figo.
Quindi questo album contiene alcuni dei miei assoli preferiti in assoluto, e posso riascoltarlo più volte perché c’è sempre una sorpresa, proprio perché, in molti casi, non avevo davvero pianificato cosa avrei suonato.

ALCUNI BRANI POTREBBERO RICHIEDERE PIÙ ASCOLTI PER ESSERE PIENAMENTE APPREZZATI. PENSI CHE I FAN DEL METAL DI OGGI ABBIANO LA PAZIENZA PER ALBUM PIÙ PROFONDI E COMPLESSI?
– Non ne sono sicuro. Credo che la maggior parte delle canzoni dell’album siano immediate, ma lo prendo come un complimento se dici che richiedono più ascolti. Per come la vedo io, tutte tranne una sono di impatto immediato, e forse quella canzone che fa eccezione semplicemente non merita di essere apprezzata allo stesso livello. Per essere generosi, chiamiamola “una traccia meno immediata”.
Per quanto riguarda i Chaos Inception, so che solo una manciata di persone ha davvero capito ciò che intendo fare davvero. Se ci sono troppe band, potremmo essere solo una tra tante, ma il problema è che oggi l’accesso alla musica è così facile che la gente non dedica più molto tempo a un singolo album. Nessuno al mondo mette più da parte i soldi del pranzo per comprare un disco ogni due settimane e ascoltarlo fino alla nausea.
Penso che nella scena ci sia un po’ di pensiero di gruppo quando certi album vengono definiti ‘disco dell’anno’ e tutti usano lo stesso linguaggio pomposo per elogiare quello che magari è un album death metal piuttosto generico.
È una specie di trucco, perché poi tutti sentono il bisogno di ascoltarlo e commentarlo. È quello che viene chiamato ‘astro-turfing‘, una sorta di movimento underground artificiale, manipolato dall’etichetta, dai critici o dagli influencer. Dimmi se sbaglio, ma sembra che ogni anno esca un album che viene esaltato come il capolavoro assoluto, e almeno metà degli ascoltatori lo trova una schifezza. Spesso i testi parlano di spazio cosmico o di droga. Questa spaccatura nell’opinione non dovrebbe avvenire in modo naturale, perché sui veri classici c’è sempre un consenso generale.
Comunque, stavo leggendo un compendio di vecchi Petrified Zine e nel primo numero quasi tutte le recensioni erano positive, e molti degli album recensiti oggi sono considerati dei classici. Nel secondo numero c’erano alcune recensioni negative, ma per lo più positive, e c’erano molte band di cui non avevo mai sentito parlare. Quindi, già negli anni ’90 c’era un’esplosione di gruppi, e questo fenomeno è aumentato in modo esponenziale.
Oggi registrare è più facile di quanto lo fosse quarant’anni fa, ma ultimamente è sempre più difficile trovare un’etichetta disposta a pubblicare un disco.
In tutto questo marasma, sono molto felice che Lavadome apprezzi la nostra musica e sia disposta a metterci la faccia per pubblicarla.
La maggior parte delle band che suonavano nel nostro stile si è ritirata o sta pubblicando lavori deludenti. Noi suoniamo un genere di nicchia del metal. Se sei dentro a questo genere e ti senti deluso dalle uscite recenti, dovresti davvero dare una possibilità a questo album. Te lo garantisco.

AL DI LÀ DELLE PERCEZIONI DI OGNUNO, CREDO CHE IL DISCO POSSA COMUNQUE ESSERE DEFINITO RICCO E DINAMICO, PUR NEL SUO RESTARE FEDELE ALL’ESSENZA DEL DEATH METAL. COME BILANCIATE TRADIZIONE E INNOVAZIONE QUANDO COMPONETE?
– Studio la storia dell’heavy metal, conosco la tradizione, conosco il nostro posto all’interno di essa e cerco di mantenerla pura. L’innovazione non arriva attraverso espedienti come: “Siamo una band death metal che indossa costumi” o “Siamo una band death metal con influenze jazz” – sì, lo so che l’ho detto prima, ma l’influenza è così sottile che qualcuno potrebbe anche non accorgersene.
Noi diciamo di essere una band death metal che scrive canzoni che non avete mai sentito prima. Scriviamo riff che non avete mai sentito prima. Propongo assoli che non ho mai sentito prima.
Non rubiamo nulla e conosciamo questa musica, quindi qualsiasi cosa che sa di plagio viene scartata. Rifiutiamo tantissimi riff. Gary, il nostro cantante e batterista, è un ottimo punto di riferimento perché riconosce all’istante qualsiasi somiglianza sospetta e poi la prende in giro senza pietà finché non mi arrendo e cambio il riff.
Di solito arrivo alle prove con un riff e dico: “Gary, spara un blast-beat“. Così posso sentire come suona e come si sente. Una volta che ho una serie di riff che superano il test, inizio a metterli insieme.
Il modo ‘facile’ di innovare sarebbe aggiungere bacchette fatte di ossa di animali, una busta di plastica con un topo morto dentro, interludi elettronici, un cappello con un orologio sopra, strutture di canzoni messe al contrario, o altre trovate simili.
Queste canzoni invece sono essenziali e, si spera, senza vicoli ciechi o deviazioni inutili. Sono pensate per avere slancio e una direzione precisa. La canzone inizia ed è come scoccare una freccia: segue la sua traiettoria naturale fino alla conclusione.
Direi che l’innovazione non è una priorità, tranne che nei dettagli. È chitarra, basso, voce e batteria che martellano in un assalto continuo. Facciamo il possibile con questa formula, senza modificarla. Non la cambiamo perché il nostro obiettivo è realizzare il miglior album possibile con questa formula. Niente di meno.

PENSI CHE L’ORIGINALITÀ SIA UNA CATEGORIA SOPRAVVALUTATA NEL METAL DI OGGI? UNA BAND PUÒ ESSERE DAVVERO ECCEZIONALE E DEGNA DI NOTA SENZA SUONARE TROPPO ORIGINALE? SE LA RISPOSTA È SÌ, QUAL È L’INGREDIENTE FONDAMENTALE CHE UNA BAND DEVE POSSEDERE, OLTRE ALL’ORIGINALITÀ, PER DISTINGUERSI DAVVERO DALLA MASSA?
– Bella domanda. In parte ho già risposto prima. Vale la pena rimanere saldamente all’interno di una tradizione e produrre il meglio che quella tradizione ha da offrire. Trovo sempre deludente quando una band cerca di innovare in modo ‘facile’ o scontato, come quando i Morbid Angel hanno inserito brani techno. Ovviamente ascolterò sempre ciò che fanno e li sosterrò, ma in quel caso hanno mancato il bersaglio. Avrebbero potuto semplicemente usare la chitarra e la canzone sarebbe stata la stessa, e il pubblico voleva sentire la chitarra pesante.
D’altro canto, i Suffocation non si sono mai allontanati dal loro sound, ma sono comunque originali e non stanno scrivendo sempre lo stesso album. Per me, la migliore band attuale restano sempre i Suffocation. Se analizzi i dettagli, nessuno è mai riuscito a copiarli davvero. Molti ci provano in superficie, ma nessuno ha riff come i loro.
Alla fine tutto si riduce ad avere le palle e una personalità: se hai la sicurezza di pubblicare la tua vera espressione personale, è più probabile che tu sia originale.
Se invece sei un mestierante che vuole solo stare in una band senza aver fatto i sacrifici necessari, non potrai mai raggiungere l’originalità nei dettagli. Potrai solo ‘innovare’ inserendo elementi a caso in una tradizione, solo perché pensi che sia una trovata intelligente. Come quando i Master hanno usato un flauto o quando i Blood Incantation hanno preso un riff di prog anni ’70 e l’hanno infilato in un album death metal. È come mettere il ketchup su una bistecca bruciata. Funziona per alcuni, ma il nostro approccio è più sfumato e rispettoso dell’ascoltatore, secondo me.

PER LA MAGGIOR PARTE DEGLI ARTISTI, L’ORIGINALITÀ È PRECEDUTA DA UNA FASE DI APPRENDIMENTO E, SPESSO, DI EMULAZIONE. COM’È STATO QUESTO PERCORSO PER TE? COME DESCRIVERESTI IL TUO SVILUPPO COME ARTISTA E IL PASSAGGIO VERSO UNA TUA VOCE PERSONALE?
– Ho iniziato con i libri di tablature di Black Sabbath e Iron Maiden, quindi consiglio sempre di imparare a suonare le cover per conoscere la tradizione e capire come scrivere canzoni. Se sei in una band death metal, puoi anche prendere influenze esterne, ma sarebbe meglio usarle per arricchire la struttura del tuo brano death metal. È quello che faccio io, almeno.
Ho capito che quando non ascolto metal, mi piacciono le canzoni brevi e dirette. Adoro i primi pezzi di Elvis Costello, che durano circa due minuti e hanno grande slancio. Mi piacciono le canzoni di Chuck Berry o dei Ramones, dove accendi il motore, parti per un viaggio e poi parcheggi o ti schianti. Ho cercato di fare di più in questo senso su questo album, anche se ovviamente non sempre la cosa riesce.
D’altra parte, un album ha otto-dieci brani e non possono tutti suonare uguali, quindi magari è giusto impostare un’atmosfera da film horror in un paio di tracce. Non è facile mettere insieme dieci canzoni death metal tiratissime che siano riconoscibili, buone, diverse tra loro, che non suonino come qualcun altro e che non puntino su innovazioni banali. Devi avvicinarti all’ideale da più prospettive possibili per riuscirci.
Com’era quella vecchia storia delle persone cieche che toccano un elefante e lo descrivono in modo diverso? Non me la ricordo bene, ma è un po’ così: stiamo guardando questo stile musicale e cercando di definirlo da più angolazioni diverse (le canzoni).

QUALI SONO STATE LE PRINCIPALI SFIDE COMPOSITIVE E PRODUTTIVE NEI PRIMI GIORNI DEI CHAOS INCEPTION E COME SONO CAMBIATE NEL TEMPO?
– Inventare buoni riff è la parte più difficile. Una volta che ne hai alcuni validi, mettere insieme la canzone diventa facile. Il primo riff, quello che dà il via al brano, deve emergere dal nulla, quindi è davvero difficile da trovare. Ma una volta che lo hai e ne aggiungi un paio, la canzone prende forma. Avere i riff principali è come avere un soggetto e un verbo: il resto del brano è come scrivere una frase con quegli elementi. Si potrebbe dire che la struttura della canzone è la tua sintassi personale.
Sembra che questa sintassi si sviluppi molto presto nella vita, magari persino ascoltando le sigle dei cartoni animati che guardavi da bambino. Mi stupisce sempre vedere quanto alcuni collaboratori abbiano idee di struttura musicale completamente diverse. Mi è capitato che qualcuno mi dicesse che il ritornello dovrebbe essere la strofa e che il riff del solo fosse il ritornello, e io pensavo: “Ma che diavolo ha nelle orecchie questo tizio!?“.
Anche se spesso mi sembra un disastro, alla fine di solito funziona e gli ascoltatori sembrano apprezzare la versione riorganizzata. Tuttavia, continuo a pensare che la canzone sarebbe stata migliore se fosse rimasta sulla mia traiettoria. Chi lo sa?
Uno dei problemi principali con l’uscita di questo album è stato cercare di registrare la batteria da soli, visto che lo studio con cui avevamo pianificato di lavorare ha chiuso i battenti. Credo che quella situazione abbia causato un ritardo di due anni. È stato il motivo principale per cui abbiamo coinvolto Kevin Paradis alla batteria.
Gary aveva già scritto il 95% delle parti di batteria, ma non riuscivamo a trovare un modo per registrarle decentemente senza spendere cinquemila dollari. Così ha contattato Kevin e gli ha detto esattamente cosa suonare, per meno della metà di quella cifra.
Sono rimasto sbalordito da quanto sia riuscito a comunicare le parti con precisione. Ovviamente, Kevin ci ha messo del suo in alcuni punti e ha suonato cose che pensavamo fossero umanamente impossibili. Alla fine è andata alla grande.

RESTANDO ORA SUL NUOVO DISCO, CHE RUOLO HA IL CONTENUTO LIRICO NELL’ATMOSFERA COMPLESSIVA DI “VENGEANCE EVANGEL”?
– Nel nostro metodo di lavoro, prima vengono i riff, poi il titolo della canzone, poi l’arrangiamento e, infine, i testi. Spesso i titoli dei brani sono una sfida, perché non sappiamo davvero come scriverne i testi. Prendi “Artillery of Humwawa”: il titolo è venuto per primo e suonava bene, ma io sapevo a malapena chi o cosa fosse Humwawa, e me ne importava ancora meno. Era lì perché, leggendo il titolo, sapevi già cosa aspettarti dalla canzone. Poi ho scoperto che Humwawa è una divinità inventata, signore della corruzione e cose simili. Da lì il pezzo è diventato qualcosa che mi sono reso conto di aver già scritto più volte, persino sul mio primo demo tape da one-man band nel 1999: un brano sui pericoli di addentrarsi troppo nell’occulto.
Secondo me, il vero pericolo dell’occulto non è che finirai posseduto o che morirai perché hai evocato un’entità potente in grado di darti ricchezze o di farti esplodere la testa, ma semplicemente che potresti perdere un sacco di tempo a studiare qualcosa che non ha alcun valore di verità.
Si adatta alla musica e suona bene? Sì. Ci crediamo davvero? No. Non voglio definirli degli scherzi tra noi, ma nei testi ci sono molte frasi che ho inserito apposta per far drizzare le orecchie all’ascoltatore. “Ha detto davvero quella cosa?”. Stai ascoltando con attenzione o ci sono semplicemente troppe band in giro per approfondirne una in particolare?
In generale, i testi dovrebbero essere positivi e d’ispirazione, anche se in superficie rientrano nella tradizione del genere. C’è un significato reale in tutte le liriche. Spero che non siano troppo criptiche per arrivare a qualcuno di questi significati.

SE “VENGEANCE EVANGEL” FOSSE UN CAMPO DI BATTAGLIA, QUALE TRACCIA SAREBBE IL GRIDO DI GUERRA DEFINITIVO E PERCHÉ?
– Senza un attimo di esitazione, “The Omegaddon”: “At the threshold of eschaton, arise to thwart ARMAGEDDOOOOOOON!”.
Devo fare un plauso a Gary per aver reso quella parte con una tale convinzione. È la cosa migliore che abbia sentito negli ultimi anni e quasi mi viene da piangere ogni volta che l’ascolto. Arriva alla fine di quel ritornello e introduce la seconda strofa di “The Omegaddon”.
Ecco cosa intendo quando dico che la nostra musica è ispiratrice e positiva. Sento che, armati di questa musica, si potrebbe davvero salvare il mondo intero dall’estinzione. Potrei marciare fino ai cancelli dell’inferno e affrontare un intero esercito con quella frase. Non sarò mai sconfitto perché abbiamo creato quei tre minuti di musica. P
uoi superare qualsiasi cosa nella vita se riesci a incamerare quella forza nel tuo spirito. Puoi combattere qualsiasi guerra, dalle sfide più banali fino a sconfiggere la morte stessa, se hai quel tipo di potere dentro di te. Solo la musica o l’amore (che probabilmente sono la stessa cosa o provengono dalla stessa fonte) possono darti quella sensazione.

DATO L’ACCENTO CHE PONETE SULLA PUREZZA E SULL’ENERGIA GREZZA NEL VOSTRO SOUND, COSA PENSATE DEL CRESCENTE RUOLO DELL’IA E DEGLI STRUMENTI DIGITALI NELLA PRODUZIONE MUSICALE MODERNA E NELLA CREAZIONE DELLE COPERTINE?
– I computer e le loro meraviglie mi annoiano terribilmente. Sono felice che qualcuno se ne interessi, perché comunque sono uno strumento utile. Ho seguito molti corsi di scienze cognitive, dove l’IA e il futuro erano argomenti centrali di discussione, e la mia reazione era quasi sempre: “E quindi?” Potremmo finire per creare il Terminator o HAL di “2001: Odissea nello spazio”, oppure avere solo un altro strumento utile, tipo una mappa sul telefono.
Non consiglierei a nessuno di usare l’IA come amico, come si vede nelle pubblicità dove la gente parla con il telefono e il telefono gli dice cosa fare: smettetela di essere dei perdenti e trovatevi degli amici veri. Se stai facendo musica o arte, mettici il tuo sangue, la tua umanità.
Non capisco nemmeno perché abbiano chiamato quell’album dei Deicide ‘arte generata dall’IA’. È solo un’immagine creata al computer. Il computer adesso è forse una persona con un’identità e un’anima solo perché può generare un’immagine scadente di una faccia mostruosa?

TORNANDO ORA ALLE TUE ABITUDINI, MAN MANO CHE CREI NUOVA MUSICA, TI SENTI PIÙ O MENO INTERESSATO A CERCARE E ASCOLTARE NUOVA MUSICA DI ALTRE PERSONE? E PERCHÉ?
– Di recente ho capito una cosa: quando sono a casa, ascolto molte cose che in realtà non mi piacciono così tanto, ma le studio. Sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo che possa scuotere il mio cervello e accendere la scintilla di un’idea. Di solito scopro qualcosa di incredibilmente estremo e inquietante, creato da un pazzo, o vedo una copertina assurda e sento il bisogno di ascoltarlo. Molto black metal bestiale e altra roba caotica. Questo è quello che ascolto in cuffia a casa.
D’altro canto, do sempre una breve occhiata alle nuove uscite metal più popolari, solo per capire quale sia la tendenza del momento. In macchina devo invece ascoltare qualcosa che mi piace davvero. Forse perché in un veicolo non si colgono abbastanza le sfumature e bisogna già conoscere il brano per apprezzarlo. O forse perché quando guidi hai una missione e ti serve motivazione.
Ho ascoltato “Vengeance Evangel” in macchina almeno duemila volte, più di qualsiasi altro album a cui abbia mai lavorato.

COME BAND SIETE RIUSCITI A SVINCOLARVI DA MODE E ASPETTATIVE. QUALI PENSI SIANO LE MAGGIORI SFIDE CHE IL DEATH METAL AFFRONTA OGGI?
– Prima di tutto, grazie! La sfida più grande è trovare un pubblico per questa musica, soprattutto a questo punto della nostra vita. Abbiamo accettato il fatto che abbiamo troppe responsabilità a casa per poter caricare il furgone e partire in tour alla ricerca di un pubblico.
Non è che non riusciremo a fare un altro album ai nostri livelli, ma senza qualcuno che compri la nostra musica, sarà difficile trovare un’etichetta disposta a investire su di noi. Sarebbe utile se la gente comprasse i dischi adesso e non tra dieci anni – credo che gli altri nostri album siano esauriti presso le etichette.
Lavadome sta stampando “Vengeance Evangel” in edizione limitata su CD e ci sono piani per una cassetta, ma per quanto riguarda il vinile, abbiamo bisogno di un’etichetta partner o dobbiamo prima vendere qualche CD. Il disco rigido con i file dei primi due album è stato rubato, quindi non so se potremmo mai farne una versione in vinile. Ma abbiamo già una versione di “Vengeance Evangel” masterizzata appositamente per il vinile, pronta a essere stampata, se qualcuno fosse interessato a pubblicarla.

ORA CHE “VENGEANCE EVANGEL” È USCITO, COSA VI ASPETTA COME CHAOS INCEPTION? POSSIAMO ASPETTARCI UN TOUR, NUOVA MUSICA O ALTRO?
– Io e Gary ci vediamo una volta a settimana per provare, a prescindere dai piani. Io suono la chitarra tutti i giorni. Ci piacerebbe vedere un po’ di movimento attorno a questa uscita per darci la motivazione necessaria a lavorare su altro.
Non si tratta di guadagnare – anche se non ci dispiacerebbe – perché abbiamo rinunciato a quell’idea anni fa. Però fa la differenza sapere che c’è qualcuno che apprezza quello che facciamo e ci dà la spinta per continuare. Abbiamo alcune persone che ci scrivono da anni e ci hanno incoraggiati a portare a termine questo disco, e il loro supporto è stato fondamentale per riuscirci.

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