Un anno impegnativo per Zackary Stevens, il 2015. L’ex-cantante dei Savatage, indubbiamente una delle band più chiacchierate nel corso di questo frizzante 2015, negli ultimi tempi si è infatti visto impegnato su tre fronti: prima col proprio rientro nelle file della poderosa Trans-Siberian Orchestra, poi col concerto della reunion della sua band originale e infine con un nuovo disco, il settimo, dei suoi Circle II Circle. Proprio sul finire di questo anno solare, a noi di Metalitalia.com è parso quindi giusto contattare il bravo vocalist, chiedendo lui informazioni e confidenze tanto sull’album nuovo, quanto sulla fatidica nottata del Wacken Open Air…
IL PRECEDENTE ALBUM “SEASONS WILL FALL” HA RICEVUTO UNA BUONA ACCOGLIENZA. AVETE PROVATO QUALCHE PREOCCUPAZIONE AL PENSIERO DI DOVERVI CONFRONTARE CON QUEL LAVORO? E’ TUTTORA ADDITATO COME UNO DEI VOSTRI MIGLIORI…
“Devo ammettere che abbiamo sentito un po’ di pressione. Succede sempre, devo dire, ma questa volta l’ho sentito di più… ognuno di noi l’ha sentito di più. ‘Reign Of Darkness’ è infatti un album direttamente confrontabile con quello che hai citato: stessa line-up, stessa situazione intorno alla band. Il nuovo prodotto doveva quindi per forza essere competitivo col precedente. Come hai detto tu, ‘Seasons Will Fall’ era un album fantastico, ci ha soddisfatto appieno, e quindi anche verso noi stessi il cercare di ‘far meglio’ era una priorità. Lo era però anche cercare di fare qualcosa di diverso… dopotutto è il settimo album, e dobbiamo dimostrare di meritarci di essere ancora qui. Non ci siamo lasciati mettere sotto però da queste preoccupazioni, per nulla. I punti da seguire per noi erano chiari: avere una grande produzione dal punto di vista sonoro era la prima cosa, affrontare una direzione musicale leggermente nuova la seconda. L’avrete sentito anche voi: ‘Reign of Darkness’ è leggermente più oscuro, meno prevedibile degli altri nostri lavori. L’approccio generale è meno diretto, ci sono meno pezzi veloci e sparati come magari vi eravate abituati ad aspettare, ma le canzoni in generale hanno una struttura più ragionata. Il range espressivo, su quest’album, ci sembra decisamente maggiore, ne siamo davvero felici”.
SEMBRA CHE AVEVATE UN PIANO BEN DEFINITO DA SEGUIRE… QUESTO VI HA FACILITATO O AL CONTRARIO VI HA RUBATO MOLTO TEMPO?
“Ci abbiamo messo tanto tempo in effetti, ma ne è valsa la pena. Le composizioni erano già pronte e registrate in Gennaio, ma l’album non ha visto gli scaffali che in Novembre (intervista raccolta in Ottobre, ndR). Puoi capire anche tu che è passato molto tempo prima che l’etichetta lo mettesse finalmente sul mercato come prodotto finito, quindi i tempi di post-produzione e editing sonoro sono stati lunghi. In buona parte questo apparente ritardo è dovuto proprio alla ricerca più profonda di un sound che veramente fosse adatto a queste composizioni così diverse”.
HAI DETTO CHE LA LINE-UP E’ LA STESSA, UNA COSA CHE IN EFFETTI NON È SUCCESSA SPESSO NEI CIRCLE II CIRCLE. PENSI CHE QUESTA STABILITA’ A LIVELLO PERSONALE ABBIA INFLUENZATO LA CREAZIONE DELL’ALBUM STESSO?
“Penso proprio di sì. Con ‘Season Will Fall’, cambiammo quasi tutta la line-up, rispetto al 2012 invece l’unico cambio che registriamo adesso è l’ingresso di Marcelo Moreira degli Almah alla batteria. E’ un vero professionista, dal talento esagerato, e il tocco si sente che è un po’ diverso, ma gli altri cinque strumentisti sono rimasti gli stessi. Per il resto, l’alchimia creatasi tra di noi ha decisamente contribuito a farci lavorare per così dire… sul velluto! Penso che questa tranquillità abbia reso i brani in qualche modo più solidi”.
PERFETTO. VORREI ADDENTRARMI SUL DISCORSO DEL SOUND PIU’ OSCURO. LO ABBIAMO OVVIAMENTE NOTATO ANCHE NOI. LA DECISIONE DI ESPLORARE TERRITORI APPUNTO PIU’ ‘DARK’ ERA QUINDI STATA PRESA IN PARTENZA?
“E’ stato un procedimento piuttosto naturale. Semplicemente, raccogliendo le idee, jammando, ci siamo accorti che la cosa funzionava. Questa vota, il lavoro di scrittura è stato più globale, diciamo. Invece che solo io e Mitch (Steward, basso, ndR), questa volta anche Christian (Wentz, chitarre, ndR) e Marc (Pattinson, chitarre, ndR) hanno partecipato attivamente, cosa che ci presenta come una band con quattro forti compositori. E spero proprio che anche Marcelo in futuro offrirà la sua creatività al servizio delle composizioni della band! Comunque, il mix delle proposte che ognuno di noi proponeva aveva questo approccio più ragionato, più oscuro, motivo per cui ci siamo concentrati su questo. Tra l’altro, abbiamo lavorato a coppie su ciascun pezzo, e se crei le varie combinazioni possibili da noi quattro… c’è più varietà di prima, no (ridacchia, ndR)?”.
CERTO, MA C’E’ ANCHE PIU’ CONFUSIONE FORSE. COME FATE A FARE FUNZIONARE LE COSE? DA DOVE PARTITE PER LAVORARE A UNA CANZONE? C’E’ QUALCHE SCHEMA CHE SI RIPETE NEL VOSTRO ITER?
“In genere si parte da un riff, o comunque da della musica. La partenza è sempre quella. Non definisco mai una melodia, figuriamoci un testo, prima di avere una buona musica sottomano. Vedi, io la musica per un brano posso sentirla perfettamente nella mia testa, ma finché questa non viene stesa e lavorata anche con gli altri non me la sento di partire con la stesura della linea vocale definitiva e del testo. A raccontartela così è decisamente un lavoro di squadra… ed è proprio questo che vogliamo!”.
LA RICERCA DI NUOVI SUONI O DI NUOVE INFLUENZE DA INSERIRE E’ UNA CHIMERA CHE MOLTE BAND AFFRONTANO. IL MOTIVO E’ SEMPRE CHE, COL TEMPO, I CONFINI DEL GENERE DI METAL CHE UNO SI CREA ATTORNO STANNO SEMPRE PIU’ STRETTI. VOI SENTITE QUESTA DIFFICOLTA’ NELL’ESPRIMERE IDEE NUOVE ALL’INTERNO DI UN GENERE, IL GENERICO POWER METAL, CHE COSI’ TANTO HA DETTO DAGLI ANNI ’90 AD ADESSO?
“Di sicuro una band come la nostra soffre molto della cosiddetta ‘età d’oro’ del metal classico. Un’esplosione di prodotti e di band, generalmente di qualità altissima, che ovviamente hanno influenzato e plasmato tutto quello che è venuto dopo. Noi compresi, non ho problemi ad ammetterlo. Noi siamo palesemente influenzati da quel periodo, ma questo è qualcosa cui non vogliamo, né ci importa, rinunciare. Sentendo un disco dei Circle II Circle è possibile riconoscere echi, oltre che dei Savatage, anche di DIO, dei primi Queensryche, ma pensiamo che questo sia normale per una band come la nostra. Ma perché dovrebbe essere un male ispirarsi a ‘Operation Mindcrime’? E’ un capolavoro, e come tale ha un effetto su tutto quello che viene dopo. Poi, ognuno di noi ascolta tante altre cose, ma la musica con cui abbiamo cominciato e che vogliamo suonare è quella. Io in questi giorni sto ascoltando molto gli Amorphis e l’ultimo Lamb Of God, ma lo facico per piacere, non per cercare nuovi spunti. Quindi, per rispondere alla tua domanda, non sento particolari difficoltà ad esprimermi in un genere che molti paiono definire come ‘saturo’. Semplicemente, faccio la mia musica, sperando che sia fresca, perché composta con il cuore. Tra l’altro, non credo nemmeno che questo tipo di metal stia diventando ‘vecchio’, solo perché le prime band che lo suonavano come i Black Sabbath appartenevano agli Anni ’70. Semplicemente, per noi e per altre band, penso che la vera sfida sia proprio quella di mantenere acceso l’interesse dopo che band così grandi hanno lasciato i loro segni”.
HAI PARLATO DELL’EPOCA D’ORO PER LA MUSICA ROCK E METAL, E QUINDI MI AGGANCIO CON UNA DOMANDA INTERESSANTE. NEGLI ANNI ’80, ERA FACILE CAPIRE SE UNA BAND ERA DI SUCCESSO, IL LEGAME ‘SUCCESSO’ CON ‘COPIE VENDUTE’ O ‘GENTE AI CONCERTI’ ERA MOLTO PIU’ SOLIDO DI ADESSO. ORA, NEL 2015, QUALE PENSI SIA IL METRO PER MISURARE IL SUCCESSO DI UNA BAND COME LA VOSTRA?
“Io misuro il successo dei Circle II Circle con la nostra capacità di essere arrivati al settimo album senza avere perso l’interesse dei nostri fan. Nel mercato di adesso, costellato di meteore e di band che perdono il proprio seguito dopo due o tre album non è una cosa scontata. Con l’epoca che attraversiamo ora, misurare il successo dal numero di copie vendute non è più attendibile. Certo, è una stima valida in positivo, diciamo, ma non fornisce altre indicazioni. Come sappiamo tutti, il fenomeno del download falsa e sporca grandemente questo risultato. Anche il discorso affluenza al tour non è proprio preciso, perché dipende molto dal paese in cui si suona e dal periodo. La situazione per noi è comunque che ci sarà sempre là fuori qualcuno di ‘più grande’ e quindi il nostro successo ce lo dobbiamo misurare non su numeri assoluti, ma, come dicevamo in apertura, sul target che ci creiamo con la nostra carriera”.
E, SUL VOSTRO TARGET, LE COSE STANNO ANDANDO BENE.
“Sembrerebbe proprio di sì. Con la recente messa online del singolo ‘Victims Of The Night’, abbiamo fatto in una notte le stesse visite e gli stessi download digitali dell’album scorso in un intero mese. Questi sono i traguardi a cui ambiamo! Tra l’altro, noi facciamo metal, e questo già ci pone in un’ottica più ristretta, non certo quella di un Justin Bieber che è conosciuto da praticamente tutti i quattordicenni di questo emisfero! La nostra audience è più ristretta, ma è anche esigente, e l’essere ancora qui vuol dire che riusciamo ancora ad accontentare i fan. Sì, penso di poterlo dire: anche senza guardare alle vendite… le cose stanno andando bene!”.
MA COMUNQUE, ALLO STATO ATTUALE, ANDARE IN TOUR RENDE PIU’ CHE VENDERE DISCHI?
“Sì, può essere, ma come si può andare in tour senza avere un disco nuovo? L’alternanza tour-disco è una costante di tutte le band come la nostra: lavori a del materiale nuovo e poi lo porti in giro a far sentire, e vendi copie anche grazie a quello. Non c’è un aspetto che trovo più lucroso, l’uno serve all’altro, diciamo. E’ una domanda difficile, stiamo parlando di un equilibro delicato, che non si può interrompere”.
PRIMA DI CONCLUDERE, NON POSSIAMO NON PASSARE CON LA MENTE AL RICORDO DELLA BELLISSIMA NOTTE DEL 30 LUGLIO, QUANDO TRANS-SIBERIAN ORCHESTRA E SAVATAGE SI SONO RIUNITI SUI DUE PALCHI DEL WACKEN OPEN AIR PER UNO SPETTACOLARE DOPPIO CONCERTO…
“E’ vero, come non parlarne! Dal punto di vista emozionale è stato fantastico. Dopo tutti quegli anni, è stato fantastico ritrovarsi con i ragazzi della mia vecchia band, per un’occasione così bella. Era una cosa che si doveva fare, un circolo che non si era chiuso e che finalmente su quei palchi ha trovato la sua conclusione. Ovviamente, però, per noi non c’è stata solo quella notte come per gli altri che erano presenti. Noi abbiamo provato insieme veramente tanto. Certo, non si è provato tutto, come ad esempio l’impianto luci o i fuochi artificiali, ma si è decisamente provato tanto assieme. Per mesi. Quindi noi abbiamo cominciato a vederci da prima. E anche solo la preparazione, in Florida, è stata importante per noi. Perché ha richiesto molto tempo e molto impegno, e nell’impegnarmi ho potuto vedere come, a me e a tutti gli altri, la cosa importasse veramente. Abbiamo capito quanto contavamo l’uno per l’altro, e abbiamo ricominciato a provare sentimenti che magari avevamo sepolto nel nostro cuore per lunghi e freddi anni. Poi il giorno del concerto è stato veramente folle, abbiamo provato una pressione e un’eccitazione veramente forti… ma ti ripeto, ad oggi, sono veramente grato per quelle settimane di preparazione passate assieme. Sono state veramente importanti, per me e per tutto quello che è successo a Wacken.”