CLAIRVOYANTS – Sulla Propria Via

Pubblicato il 06/08/2012 da

Parecchi anni passati a farsi le ossa nei locali di tutta Italia come cover band degli Iron Maiden, i Clairvoyants nel 2009 hanno avuto il coraggio di mettersi in gioco con un album di pezzi propri intitolato “Word To The Wise”. Il disco non nascondeva le influenze della band di Steve Harris ma ad ogni modo lasciava intravedere un potenziale che il gruppo comasco avrebbe sfruttato nel successivo “The Shape of Things To Come”. Con una sterzata verso lidi più affini all’hard rock e brani più ispirati e convincenti rispetto all’esordio, i Clairvoyants hanno finalmente dimostrato i propri numeri e soprattutto una discreta personalità. Tante sono le cover band presenti in Italia e poche sono quelle che riescono ad esprimersi ad un certo livello con del materiale originale. Come questo può accadere, come un artista può cercare una propria via, una propria identità in un paese, l’Italia, che sembra al contrario dare più spazio alle cover band, lo trovate nelle parole degli stessi Clairvoyants.

Rispondono:

Luca Princiotta – chitarra
Gabriele Bernasconi – voce
Paolo Turcatti – basso

SIETE DA POCO USCITI CON IL NUOVO ALBUM “THE SHAPE OF THINGS TO COME”, VOLETE RACCONTARCI COME SONO NATI I NUOVI PEZZI?
Luca: Dopo l’uscita del primo album ci siamo dedicati esclusivamente alla promozione del nostro debutto discografico, prendendoci una pausa dalla composizione. Dopo circa un anno di concerti abbiamo iniziato ad appuntarci nuove idee e così sono nati i primi riff di chitarra. Le prime canzoni sfornate avevano un sound più hard rock moderno e groovy, mentre le altre erano caratterizzate dal nostro classico sound più power. In breve tempo siamo riusciti ad avere un numero tale di brani da poter fare una scelta accurata. Il processo compositivo non è cambiato: solitamente registro delle idee nel mio studio, le sviluppo fino ad avere una struttura semi-definitiva del pezzo e poi invio il file agli altri componenti della band i quali si occupano dei rispettivi arrangiamenti. Un ruolo molto importante in questo nuovo album è stato ricoperto anche dal duro lavoro svolto in sala prove”.

QUALI TEMATICHE TRATTANO I BRANI?
Gabriele: “Molti dei testi parlano di come spesso sia essenziale trovare la forza di andare avanti nonostante le difficoltà, siano esse imposte dalla società (‘I Don’t Believe Their Lie’), dai problemi della vita quotidiana e dei rapporti con le persone (‘Endure and Survive’), o persino da noi stessi (‘No Need to Surrender’). Quando scrivo, traggo spesso ispirazione dagli eventi della mia vita, dalle sensazioni che provo, e uso la musica per esorcizzare le emozioni negative e darmi la forza per superare i momenti bui. Ci sono poi anche testi che non seguono questo filo conduttore: ad esempio “Prometheus” racconta la storia del famoso titano che ha rubato il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini, oppure “Sinner’s Tale” parla di una storia d’amore mai nata”.

GABRIELE, TU SUL NUOVO ALBUM UTILIZZI UN APPROCCIO PIU’ CALDO E MENO “ALLA DICKINSON” DICIAMO. COME MAI QUESTA SCELTA STILISTICA?
Gabriele: “Semplicemente perché la mia voce, per gusto personale, si sta evolvendo in quella direzione. Avendo una tessitura vocale più tipica del baritono che del tenore, sto esplorando territori più consoni alla mia vocalità naturale, abbandonando la costante ricerca dell’acuto e dell’estensione per cimentarmi con scelte più interpretative e ‘calde’, come dici tu. Inoltre i miei cantanti di riferimento, nel corso degli anni, si sono spostati dagli araldi del power metal come Michael Kiske e Timo Kotipelto verso le voci più storiche dell’hard rock e dell’heavy classico come David Coverdale e Ronnie James Dio. Voci che sento molto più vicine al mio modo di approcciare il canto, e che mi comunicano anche molto di più rispetto al classico cantato power metal pulito e acuto di cui ormai mi sono un po’ stancato. Per darti un’idea precisa, il cantante che ammiro maggiormente al momento è Russell Allen (Symphony X, Adrenaline Mob): una voce potentissima in grado di spaziare agilmente dal growl più violento al cantato pulito e controllato tipico del prog”.

IL NUOVO ALBUM E’ GENERALMENTE PIU’ ORIENTATO VERSO L’HARD ROCK RISPETTO AL PIU’ MAIDENIANO DEBUTTO “WORD TO THE WISE”, CONCORDATE?
Paolo: “Sicuramente! I primi brani di ‘Word to the wise’ risalgono ormai al lontano 2005, quando probabilmente avevamo maggiori legami con i Maiden e l’heavy metal classico in generale. Nel nuovo disco sono emerse maggiormente le influenze hard rock, genere a cui ogni componente della band è molto legato e che ci mette d’accordo un po’ tutti! Tali influenze sono evidenti in diversi brani, su tutti ‘No Need to Surrender’, ‘I Don’t Believe Their Lie’ e ‘To Heaven and Back'”.

QUALI BAND HANNO ISPIRATO QUESTO CAMBIAMENTO?
Luca: “Personalmente nel passare dello scorso anno ho ascoltato tantissima musica e mi sono sentito ispirato da varie band e generi musicali. Però, onestamente quando compongo un riff non mi viene mai da pensare a quale gruppo possa assomigliare, solo a posteriori capita di sentire le influenze che ti fanno dire: questo assomiglia ai Megadeth, questo agli Alter Bridge, questo ai Gotthard e via dicendo”.

NONOSTANTE ABBIATE DIMOSTRATO DI SAPER COMPORRE DEI BUONI PEZZI, CONTINUATE ANCHE CON LA VOSTRA VESTE DI COVER BAND. NON TEMETE CHE QUESTO POSSA IN QUALCHE MODO LIMITARE LA VOSTRA CARRIERA DI BAND ORIGINALE?
Paolo: “Questo è solo un lato della medaglia. Sicuramente in Italia sono forti i pregiudizi verso di noi, ne abbiamo avuto la conferma leggendo le recensioni del nostro disco d’esordio. Con il nuovo disco da questo punto di vista sta andando molto meglio, ed in tanti hanno evidenziato la nostra personalità compositiva. Dall’altro lato il continuare la nostra attività live come tribute band ci permette anche di portare un assaggio della nostra musica in tanti contesti in cui altrimenti non avremmo avuto modo di farlo, e perché negarlo, è anche il principale canale attraverso cui vendiamo dischi. Questo al netto del fatto che comunque per noi tributare la musica dei Maiden è ancora un divertimento e finché ci divertirà, continueremo anche per questa strada”.

SPESSO SUONATE IN COMPAGNIA DI OSPITI ILLUSTRI QUALI DENNIS STRATTON, ANDRE’ MATOS, BLAZE, JORN LANDE, DAVID DEFEIS O TIMO KOTIPELTO. QUALE DI QUESTI VI HA FATTO L’IMPRESSIONE MIGLIORE?
Gabriele: “Tutti, ognuno a suo modo. A livello artistico sono tutti dei seri professionisti da cui ogni musicista avrebbe molto da imparare, e da cantante posso dire che è stato un vero privilegio poter lavorare fianco a fianco con voci così illustri della scena metal mondiale. Con André abbiamo sviluppato un buon rapporto di amicizia che è sfociato nella collaborazione su ‘Word to the Wise’, e spesso abbiamo condiviso il palco in sede live. Jorn a mio parere è una delle voci migliori del panorama heavy rock odierno, e scambiare finezze vocali con lui poco prima dello show è stato davvero impareggiabile. Con Dennis Stratton abbiamo ormai un rapporto quasi confidenziale, poiché ha suonato con noi davvero molte volte in occasione di serate speciali dedicate alla musica degli Iron Maiden, e io stesso ho cantato insieme al suo personale tributo ai Maiden con ai membri della sua band, gli RDB. Abbiamo avuto la grande fortuna e il privilegio di avere a che fare con persone umili, oneste e che credono al 100% in quello che fanno. Ogni volta che abbiamo l’opportunità di collaborare con uno di questi artisti, ne usciamo nuovamente spronati a cercare di ottenere sempre il meglio da ciò che facciamo!”.

COME SI PASSA DA COVERBAND A BAND CON PEZZI PROPRI? QUAL E’ STATO IL VOSTRO PROCESSO EVOLUTIVO?
Luca: “Dopo alcuni anni passati a suonare cover sono iniziate ad arrivare richieste ed incoraggiamenti a comporre materiale inedito da persone che seguivano i nostri live, così abbiamo scritto i primi brani quasi per gioco. Il risultato ci è sembrato convincente e siamo andati avanti fino a quando non ci siamo trovati con un album in mano. E’ successo tutto in maniera naturale. Nessuna forzatura. La prova del nove è stata quella di presentare il nostro repertorio dal vivo. Qua ci siamo accorti che non è così semplice proporre materiale inedito perché molta gente non lo conosce e perché ci si mette in discussione con la qualità dello spettacolo e della musica scritta da noi e non ci si può nascondere dietro ad un brano famoso che tutti conoscono e cantano. Con l’esperienza però abbiamo imparato ad affrontare qualsiasi tipo di situazione e a dare sempre il massimo ed è fantastico vedere che la gente inizia a cantare i nostri pezzi!”.

QUALE CONSIGLIO VI SENTITE DI DARE AD UNA GIOVANE BAND CHE VOLESSE SEGUIRE LA VOSTRA STRADA E REALIZZARE UN ALBUM DI PEZZI PROPRI IN UN PERIODO ECONOMICAMENTE DIFFICILE COME QUESTO?
Gabriele: “Per quanto possa sembrare quasi troppo facile a dirsi, ci tengo a sottolineare che i soldi non sono fondamentali. La prima cosa da cercare deve essere l’autenticità, il talento, la musica sepolta in profondità nell’anima. Quando la musica inizia a scorrere, bisogna rimboccarsi le maniche e non aspettarsi mai che qualcuno ti ‘scopra’. E’ inutile credere al sogno del talent scout che ti proietta come per magia nel mondo delle rockstar; bisogna lavorare duro per creare un prodotto professionale e serio, anche in economia di mezzi (oggi non è difficile, basta informarsi come si deve sulle ultime tecnologie audio disponibili). Questo prodotto deve essere messo in mani fidate; in certi casi all’inizio è meglio affidarsi ad una piccola etichetta indipendente che lavora con onestà piuttosto che gettarsi nelle mani di una major che – se anche ti da ascolto – è probabile che non investa su di te nulla più del minimo sindacale. E poi mai mollare. Promozione, concerti, registrazione, promozione, concerti. In fin dei conti, tutto quello che viene dopo la composizione della musica deve essere trattato con la stessa serietà con cui si tratta qualsiasi altro lavoro, perché è un lavoro a tutti gli effetti. E questo in Italia non è così semplice da fare, perché spesso la professione del musicista non viene considerata tale. Ma come dico spesso durante i nostri concerti, se nessuno si mette a farlo a denti stretti e pugni chiusi, le cose non cambieranno mai!”.

AVETE SUONATO AL GODS OF METAL 2012, E PER VOI DEVE ESSERE STATO UN BEL TRAGUARDO…
Paolo: “E’ stata senza dubbio un’esperienza gratificante! Abbiamo avuto la possibilità di esibirci nel festival numero 1 in Italia per il nostro genere di musica. Questo ha rappresentato sicuramente un bel traguardo per noi, ma al tempo stesso ci ha fornito ulteriori stimoli a continuare a lavorare sodo per far sì che quella del Gods non sia stata una sporadica apparizione su palchi di quel genere ma solamente la prima di tante! Ringraziamo ancora una volta tutti coloro che si sono presentati già fin dall’apertura dei cancelli, nonostante li aspettasse una lunga giornata di caldo terrificante! Non ultimo, l’aver condiviso il backstage con delle vere e proprie icone del panorama heavy (Joey Demaio, Mike Portnoy, Russell Allen, Kai Hansen, Michael Kiske…) è stata davvero un’emozione che ci porteremo dentro per diverso tempo!”.

LUCA, TU INVECE HAI CALCATO IL PALCO DI WACKEN CON DORO E DI FRONTE AVEVI 50.000 PERSONE. COME CI SI SENTE A TROVARSI DAVANTI A UNA FOLLA SIMILE SU UNO DEI PALCHI PIU’ PRESTIGIOSI DEL MONDO IN AMBITO METAL?
Luca: “E’ stata un’esperienza fantastica! Penso sia il sogno di ogni musicista! Poco prima di salire su quel palco ho iniziato a pensare a tutti i sacrifici, le ore passate a studiare, le ore passate a leggere interviste e guardare le foto dei grandi della musica ed ora toccava a me: ero lì, pronto a calcare uno dei palchi che hanno fatto e che sta facendo la storia del metal!”.

SIETE MUSICISTI PROFESSIONISTI O FATE ALTRI LAVORI?
Paolo: “Attualmente l’unico musicista professionista è Luca, che si divide tra Clairvoyants, Doro, l’attività di insegnamento e altri progetti minori… Inutile dire che tutti noi speriamo che il futuro ci riservi la possibilità di poter fare della musica la nostra unica professione!”.

COSA SERVE PER DIVENTARE MUSICISTI PROFESSIONISTI IN ITALIA? TALENTO, FORTUNA…SOLDI…?
Gabriele: “Talento, innanzitutto. Non dobbiamo mai dimenticarci che la musica è prima di tutto un’arte, e nell’arte – qualsiasi essa sia – si arriva da qualche parte solo se si ha talento. Ma il talento non è una cosa che si possiede o non si possiede; può essere coltivato, basta mantenersi umili, onesti, determinati e professionali. Studiare aiuta molto, anche se per alcuni può non essere fondamentale; comunque il primo passo deve essere cercare il proprio talento, la propria musica, il proprio individuale e originale modo di esprimersi. Poi ovviamente la fortuna aiuta, come in ogni campo… trovarsi nel posto giusto al momento giusto può cambiarti la vita, ma è altrettanto vero che le occasioni bisogna cercarsele, non aspettare che ti piovano addosso! Infine, i soldi dovrebbero essere il premio, non il requisito! So bene che i soldi aiutano sempre, sia ad ottenere in fretta prodotti più professionali e meglio ‘confezionait” di altri, sia ad accedere a possibilità che altri non hanno (penso a scuole di musica più prestigiose, strumentazione migliore, ecc.). Ma ricordiamo sempre che un pezzo di carbone rimane sempre un pezzo di carbone, anche se lo dipingiamo d’oro e lo mettiamo in uno scrigno ingioiellato; mentre un diamante rimane sempre un diamante anche senza alcun orpello. Per cui ragazzi, cercate il diamante sepolto in profondità nel vostro cuore e impegnatevi a portarlo alla luce, senza badare al contorno. Il contorno verrà da sé!”.

 

 

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