Dopo un disco di successo come “Psychic Warfare”, migliorarsi non era impresa facile. I Clutch invece continuano a lasciare i loro fan a bocca aperta, il nuovo “Book Of Bad Decisions” è un ulteriore passo avanti di una carriera in continua crescita che, speriamo, raccoglierà consensi anche in un Paese difficile come l’Italia. Abbiamo intercettato il batterista della band, Jean-Paul Gaster, persona solare ed entusiasta, con cui abbiamo analizzato una delle uscite più calde di questo 2018.
IL VOSTRO PRECEDENTE DISCO, “PSYCHIC WARFARE” HA OTTENUTO GRANDI RISULTATI IN TERMINI DI RESPONSI E VENDITE, TANTO DA ARRIVARE AL PRIMO POSTO NELLA CLASSIFICA AMERICANA DEGLI ALBUM ROCK.
– Vedi, eravamo consapevoli, mentre il disco prendeva forma, di aver scritto musica molto buona, tutti noi eravamo e siamo ancora oggi molto soddisfatti del lavoro svolto. “Psychic Warfare” ci ha dato la possibilità di suonare in un sacco di nuovi posti e Paesi in cui non avevamo mai messo piede. Quando abbiamo iniziato a lavorare sul nuovo “Book Of Bad Decisions” sapevamo di dover scrivere un disco all’altezza del suo predecessore, un’impresa non certo semplice. Questa consapevolezza ci ha permesso di lavorare senza tensione, abbiamo cercato solamente di dare il massimo per produrre un album in grado di soddisfare noi e i nostri fan. Alla fine penso che anche con “Book Of Bad Decisions” siamo riusciti a fare un buon lavoro, questo disco è differente da “Psychic Warfare”, si tratta di un ulteriore passo avanti nella nostra carriera. Non ci piace ripeterci, cerchiamo sempre di proporre qualcosa di nuovo nella nostra musica, come band vogliamo crescere, maturare ed evolverci sempre, mantenendo comunque quel sound che ci caratterizza sin dagli esordi.
ANCHE IN QUESTO CASO ERAVATE CONSAPEVOLI DI AVER REALIZZATO QUALCOSA DI SPECIALE?
– Sì, perché noi proviamo sempre a comporre qualcosa di speciale quando siamo in studio. Se ci sono canzoni che non ci soddisfano al cento per cento cerchiamo di sistemarle oppure le scartiamo. Ogni nota che puoi ascoltare su “Book Of Bad Decisions” ci ha convinto in toto. Questa volta abbiamo scelto di cambiare città per registrare il disco e siamo andati a Nashville, negli Sputnik Sound Studios insieme al produttore Vance Powell. Questa scelta ci ha permesso di lavorare in modo nuovo, cosa per noi fondamentale perché, come ti dicevo prima, odiamo ripeterci. Fare le stesse cose all’infinito a mio avviso non è salutare per una band che vuole essere creativa.
VANCE POWELL, OLTRE AD ESSERE UN PRODUTTORE CHE HA VINTO BEN SEI GRAMMY, E’ STATO ANCHE UN OTTIMO LIVE ENGENEER. LA VOSTRA MUSICA POSSIEDE UNA FORTE ATTITUDINE LIVE, FORSE PER QUESTO MOTIVO AVETE SCELTO LUI?
– In realtà abbiamo scoperto che Vance è stato un tecnico del suono live solo dopo averlo scelto. Dovevamo scegliere un produttore per “Book Of Bad Decisions” ed ovviamente conoscevamo di fama Vance Powell che, come hai giustamente ricordato, ha vinto un sacco di Grammy. Io e gli altri ragazzi della band ci siamo messi ad ascoltare tutti i dischi delle band prodotte da Vance, per capire il suo modo di lavorare e per studiare le sue produzioni. Personalmente sono rimasto molto colpito da una band, i The Dead Wather, e dal loro disco “Horehound” in cui Vince ha lavorato come ingegnere del suono. Adoro alla follia il suono di batteria che Vance ha saputo tirar fuori in quell’album, perché viene fuori in modo deciso, potente e molto naturale, senza tanti effetti. Anche il nostro cantante Neil Fallon ha apprezzato il sound delle voci su quel disco, di conseguenza abbiamo deciso di collaborare con Vance. Solo dopo esserci incontrati ed aver parlato un po’ delle nostre idee, abbiamo saputo il passato da live engeneer di Vance. Il suo background live ci è stato molto utile, noi stessi ci consideriamo una band che dà il massimo dal vivo e volevamo che questa nostra caratteristica emergesse dalla produzione del disco.
NEI VOSTRI CONCERTI, PRIMA ANCORA DELLA PUBBLICAZIONE DI “BOOK OF BAD DECISIONS”, AVETE INIZIATO A PROPORRE NUOVI PEZZI. AVETE VOLUTO IN UN QUALCHE MODO TESTARLI?
– Esattamente, hai centrato la questione. Non siamo una band dove ognuno fa le cose a casa propria, manda i file audio via internet e cose del genere. Preferiamo sviluppare le canzoni alla vecchia maniera. Una volta pronti i pezzi, alcuni li proponiamo dal vivo per testarli e per vedere la reazione dei fan. In questo modo arriviamo in studio molto preparati perché sappiamo praticamente a memoria cosa e come suonare. In fondo, se tu vuoi scrivere musica che funzioni dal vivo, quale giudice migliore del pubblico potrebbe esprimere un parere autorevole? Nessuno! Tanti sono i fattori, oltre al giudizio dei fan vogliamo capire se noi stessi ci divertiamo a suonare una determinata canzone dal vivo. In studio è difficile capirlo perché siamo tutti coinvolti e concentrati sulla produzione ed è facile dimenticare che i pezzi poi dovranno rendere al massimo su un palco. In questo modo invece arriviamo con le idee ben chiare e pronti a registrare.
L’AQUILA DI MARE TESTABIANCA CHE TRONEGGIA NELLA COPERTINA DEL VOSTRO DISCO E’ UN SIMBOLO FORTEMENTE AMERICANO.
“Questo rapace, nonostante sia divenuto il simbolo dell’America dalla fine del 1700, ha rischiato di estinguersi, ora per fortuna la specie si sta ripopolando. Abbiamo scelto l’aquila per la nostra copertina proprio per il suo valore simbolico, perché rappresenta l’America, ma soprattutto il popolo. Vorrei fare una precisazione, in questa copertina non c’è una connotazione politica, è una cosa che non ci interessa, abbiamo voluto un simbolo che rappresentasse gli Stati Uniti come il Paese delle opportunità, dove anche una persona umile rimboccandosi le mani può ottenere successo grazie solamente ai suoi meriti.
LA CONSAPEVOLEZZA DELLE VOSTRE CAPACITA’ DI MUSICISTI E TUTTA L’ESPERIENZA ACCUMULATA IN TANTI ANNI DI CARRIERA SI SENTONO SUI NUOVI BRANI, CHE COMUNQUE MANTENGONO LA RABBIA E IL GROOVE PIU’ EMOTIVO CHE ABBIAMO IMPARATO AD APPREZZARE SIN DAI VOSTRI PRIMI LAVORI.
– Sono d’accordo, questo aspetto per noi è fondamentale. Dopo più di venticinque anni di carriera abbiamo imparato come funziona il business, siamo maturati come musicisti e compositori e certi aspetti di un disco li studiamo più attentamente oggi rispetto a quando eravamo più giovani e impulsivi. Parlando di “Book Of Bad Decisions” ad esempio, un aspetto in cui abbiamo investito molto tempo è stato l’ordine dei pezzi in scaletta e il numero di canzoni da includere. Inizialmente la nostra idea era di inserire nel disco dieci/dodici canzoni delle quindici registrate, poi però abbiamo pensato all’opportunità di pubblicare l’album in formato doppio vinile. Per questo motivo tutte e quindici le canzoni sono finite in scaletta. In poche parole l’album così com’è nasce dal nostro desiderio di pubblicarlo in versione a due LP. Questo è solo un esempio per spiegare come alcuni aspetti della nostra musica vengano affrontati con una certa maturità che vent’anni fa non avevamo. Allo stesso tempo non vogliamo sacrificare la nostra spontaneità degli esordi, qui entrano in gioco la consapevolezza e l’esperienza che ci permettono di mettere insieme emozioni, naturalezza con certi ragionamenti più sottili.
ANCHE SE NON VI INTERESSA LA POLITICA, LA CANZONE “HOW TO SHAKE HANDS” NE PARLA, IN MODO UMORISTICO! FA SORRIDERE IL VERSO IN CUI DITE DI VOLER METTERE LA FACCIA DI JIMI HENDRIX SULLE BANCONOTE DA 20 DOLLARI E QUELLA DI BILL HICKS (COMICO E MUSICISTA STATUNITENSE) SUI 5 DOLLARI.
– Questa canzone è una delle mie preferite, anche per quanto riguarda i testi. Vedi, le ultime vicende politiche in America ci hanno fatto capire che oggi chiunque potrebbe diventare presidente degli Stati Uniti. Non c’è più cognizione di causa! Da questa considerazione nasce la canzone, a cui volutamente è stata data una connotazione molto ironica. Allora, se fossimo noi a candidarci, vorremmo vedere la faccia di Jimi Hendrix sulle banconote da venti dollari (ride, ndr). Spero che nessuno si senta offeso da questa canzone, purtroppo al giorno d’oggi non si può più fare umorismo senza essere messi in croce, non vogliamo prendere in giro nessuno, nessun credo politico né fare critiche specifiche. Prendete semplicemente la canzone com’è, ironica e divertente. Sono molto curioso di vedere se dal vivo questa canzone farà divertire o incazzare qualcuno!
CERTI ARGOMENTI POSSONO AIZZARE LE PERSONE DALLA MENTALITA’ MOLTO CHIUSA. AMMETTI CHE UN PO’ VI PIACE PROVOCARE…
– No, davvero, questa non è la nostra intenzione, soprattutto dal punto di vista politico. Noi siamo una band rock’n’roll e credo fermamente che la politica debba rimaner fuori dalla nostra musica. La gente che viene ai nostri concerti vuole solo rilassarsi per un paio d’ore, divertirsi e bersi un paio di birre per mettere da parte i problemi della vita quotidiana. Siamo già bombardati sui media da messaggi politici ogni santo giorno, se iniziassimo anche noi sarebbe la fine! La nostra idea, mi ripeto, è di strappare un sorriso ai fan e cerchiamo di farlo anche con canzoni non provocatorie, ma ironiche. Parlare di banconote con la faccia di Jimi Hendrix è puro humor, non offende il credo politico di destra o sinistra! Il rock’n’roll è questo per noi, lasciamo certi discorsi a band più brave e profonde!
UNA DELLE CANZONI PIU’ PARTICOLARI DEL DISCO E’ “LORELEI”, LA TRACCIA CONCLUSIVA, CHE ALL’ASCOLTO PARE SLEGATA DA TUTTI GLI ALTRI PEZZI.
– “Lorelei” è una canzone particolare che inizialmente è stata pensata come una ballad, poi abbiamo deciso di svilupparla in modo differente. Personalmente sono molto soddisfatto delle mie parti di batteria, ci ho messo molta dinamicità e determinazione. Il brano possiede un groove pazzesco secondo me ed anche se si discosta dagli altri pezzi del disco, non lo considero inferiore.
VOI CLUTCH SIETE CRESCIUTI MOLTO, AVETE UN SACCO DI FAN E I VOSTRI DISCHI HANNO OTTENUTO OTTIMI POSTI IN CLASSIFICA. NORMALMENTE UNA BAND CON UN CURRICULUM COME IL VOSTRO POTREBBE AFFIDARSI A GROSSE ETICHETTE, INVECE VOI CONTINUATE A PRODURVI TRAMITE LA VOSTRA WEATHERMAKER. IN PRATICA SIETE DEGLI ARTIGIANI DELLA MUSICA, COMPONETE E PUBBLICATE TUTTO DA SOLI.
“Mi piace questa definizione, artigiani, perché rende bene il concetto. Avere in prima persona la gestione della band è un vantaggio notevole perché ci permette di mantenere il controllo di ogni aspetto della nostra attività, artistica e manageriale. Possiamo essere noi stessi, non dobbiamo scendere a compromessi per i capricci di qualche genio del marketing, non farei mai cambio. L’idea di fondare una nostra etichetta ci è venuta ormai più di dieci anni fa e ancora oggi continuiamo a crescere. Le cose però non sono sempre state facili, ai tempi il nostro è stato un salto nel vuoto perché abbiamo corso rischi enormi. Siamo riusciti però a sopravvivere e a consolidare la nostra reputazione anche lavorando da soli.
PRIMA HAI DETTO CHE “BOOK OF BAD DECISIONS” NASCE DALL’IDEA DI REALIZZARLO COME DOPPIO VINILE. UNA SCELTA SIMILE NON AVREBBE POTUTO FARLA UNA NORMALE BAND SOTTO CONTRATTO CON UN’ALTRA ETICHETTA PERCHE’ IL FORMATO A TRENTATRE GIRI NON E’ PROPRIO LA PRIORITA’ NELL’ERA DI INTERNET.
– Questo è uno dei lussi che possiamo concederci grazie alla nostra etichetta. Il vinile è un formato che sta vivendo una seconda giovinezza e tutti i fan della nostra generazione sono nati e cresciuti con gli LP. Anche se oggi la precedenza viene data ormai alle piattaforme digitali, noi cerchiamo di seguire il nostro cuore e di valorizzare i formati fisici, vinile e cd. Se fossimo una band agli esordi non potremmo concederci questo lusso, in tanti anni ci siamo costruiti una reputazione ed un seguito che ci permette di fare scelte anche azzardate.