COFFIN BIRTH – Nel segno del serpente

Pubblicato il 16/01/2019 da

Si chiamano “Coffin Birth” e nelle ultime battute dello scorso anno, quasi per gioco, hanno espulso per la Time To Kill Records, un micidiale formato di death-rock-punk dal forte sapore old school. Merito del celeberrimo pedale HM2 ma soprattutto delle forze scese in campo per quello che, a tutti gli effetti, si tratta di un signor supergruppo dalle chiare tinte tricolore. Un progetto nato dagli esperimenti realizzati dal duo made Hour Of Penance, Giulio Moschini e Marco Mastrobuono, al quale si sono poi aggiunti il ‘collega’ Davide Billia on the drums, il buon Francesco Paoli (direttamente dai Fleshgod Apocalypse) nelle vesti di chitarrista, ed il singer maltese Frank Calleja, già voce dei Beheaded. Un quintetto spudorato che ha dato vita ad un qualcosa di veramente godibile e contemporaneamente massacrante: un serpente maligno dal morso letale, intriso di odio, veleno e violenza. Una interessante realtà italo/maltese che promette nuovi colpi in futuro. Di questo ed altro ne abbiamo parlato coi due mastermind del progetto Coffin Birth oltre al cantante Calleja. Buona lettura!

RAGAZZI, BENTORNATI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. SE SIAMO PRONTI PARTIAMO: ANCHE SE AVEVATE GIA’ ANTICIPATO QUALCOSINA IN SEDE DI PRESENTAZIONE DELL’ALBUM, VOLEVAMO SAPERE DA DOVE NASCONO I COFFIN BIRTH.
Marco: – Il progetto Coffin Birth è nato per puro caso. Insieme a Giulio stavo scrivendo del nuovo materiale per il nostro gruppo e, in particolare, eravamo alla ricerca di nuove sonorità. Ed è stato a questo punto che, per alcuni riff, abbiamo iniziato ad utilizzare il classico pedale HM2 rendendoci subito conto che era veramente qualcosa di ingestibile per il tipo di riffing che avevamo in mente. Avevamo comunque già steso parecchio materiale, molto valido tra l’altro, e sarebbe stato veramente un vero peccato buttarlo via. Abbiamo perciò deciso di svilupparlo e arrangiarlo, dando così il via a quello che sarebbe diventato “The Serpent Insignia”.

SEMPRE IN SEDE DI PRESENTAZIONE, SI LEGGE CHE, DOPO UNA SERIE DI ‘ESPERIMENTI’ SONORI, MARCO E GIULIO ABBIANO DECISO DI STENDERE I DIECI BRANI CHE AVREBBERO PRESO POI FORMA NEL FULL-LENGTH. COME HANNO COLLABORATO GLI ALTRI COMPONENTI DELLA BAND NEL COMPLETAMENTO DEI PEZZI?
Marco: – Poco dopo la stesura dei primi brani abbiamo contattato Francesco Paoli. Inizialmente doveva essere il batterista, poi il cantante… alla fine è diventato il secondo chitarrista della band. Con Davide è stato molto semplice, dato che comunque suona con me e Giulio ormai da diversi anni. La vera sorpresa invece è stata Frank: ha scritto i testi e le linee vocali di tutti e dieci i brani a una velocità incredibile, e penso sia veramente uno dei punti di forza del disco. Da quando gli abbiamo scritto, la prima volta, chiedendo se fosse interessato, a quando ha mandato la prima preproduzione penso non siano passati più di due mesi!

BAND ED ALBUM CHE TROVANO IL LORO PERFETTO COMPIMENTO NELLA MAGISTRALE COPERTINA, REALIZZATA DAL BUON ROBERTO TODERICO. UNA COVER PIU’ CHE AZZECCATA, VOI CHE NE DITE?
Marco: – Lavoro con Rob ormai da anni e con diverse band. Non posso che confermare la sua incredibile professionalità e passione in quello che fa, e mi sento di consigliarlo fortemente a chiunque abbia bisogno di un vero artista che metta il 110% in quello che fa.

ENTRIAMO QUINDI A PIEDI UNITI NELL’ALBUM: UN DEATH/ROCK/PUNK DAI FORTI RICHIAMI OLD SCHOOL MA COMUNQUE FRESCO E MAI SCONTATO NONOSTANTE, COME DETTO, ALCUNE FORMULE UTILIZZATE RIMANDINO A SONORITA’ SCANDINAVE E D’OLTREOCEANO GIA’ SENTITE IN PASSATO. CONDIVIDETE QUESTA BREVE ANALISI?
Giulio: – Sì, in parte! Diciamo che l’HM2 come pedale ti forza a suonare in una determinata maniera che riporta inevitabilmente a quelle sonorità. Abbiamo comunque cercato di metterci del nostro, portando il tutto su un discorso più groovy anche per differenziare quello che già facciamo con le nostre band principali.

PARLARE DI AMALGAMA SEMBRA QUASI BANALE VISTO CHE, A CONTI FATTI, SUONATE (O AVETE GIA’ SUONATO) INSIEME DA DIVERSI ANNI. TUTTAVIA, DALLA PRIMA ALL’ULTIMA NOTA SI RESPIRA UN’ARIA FAMIGLIARE, COME SE I COFFIN BIRTH ESISTESSERO DA SEMPRE. FORSE, IL FATTO DI AVER PRESO QUESTA PRODUZIONE COME UNA SORTA DI GIOCO, VI HA PERMESSO DI ALLEGGERIRE IL TUTTO E SVOLGERE L’INTERO LAVORO COME PARTE DI’UNICA E PURA FORMA DI DIVERTIMENTO. CONCORDATE?
Marco: – Forse solo inizialmente. Quando abbiamo capito che il materiale che avevamo tra le mani era valido, abbiamo deciso di lavorare seriamente alla cosa e di cercare una line-up che potesse essere ‘sfruttabile’ al 100% così da rendere questo disco qualcosa di interessante. Non abbiamo mai avuto la pretesa di inventare nulla o di scrivere una nuova pagina del metal mondiale, ma credo che, se durante la scrittura e la registrazione di un album, riesci a divertirti, questo si rifletterà inevitabilmente sul risultato finale.

DI COSA PARLANO I DIECI BRANI DI “THE SERPENT INSIGNIA”?
Frank: – Le canzoni trattano argomenti diversi tra loro. “Red Sky Season”, “Throne of Skulls” e “Godless Wasteland” dipingono scenari surreali, andando in qualche modo a rispecchiare la realtà nella quale ci troviamo. La titletrack “The Serpent Insignia” e “Christ Infection Jesus Disease” sono più filosofici e trattano temi religiosi mentre “Sanguinary” e “The 13th Apostle” sono delle storie vere e proprie. Ho tuttavia cercato, come faccio sempre, di inquadrare ogni singolo pezzo in un unico tema principale: in questo caso quindi, visto che dal punto di vista biblico, vagamente tradotto, il “Serpent Insignia” è il segno tracciato dal serpente, l’intero full-length abbraccia il male nelle sue forme più svariate.

PERSONALMENTE HO APPREZZATO MOLTO “THE 13TH APOSTLE”, “RED SKY SEASON” E “CASKET RITUAL”: SE DOVESTE SCEGLIERE VOI UN BRANO CHE RAPPRESENTI AL MEGLIO QUESTA NUOVA CREATURA METALLICA, QUALE SCEGLIERESTE?
Giulio: – “From the Dead to the Dead” è la mia preferita: credo sia quella in cui emergono di più le varie influenze e anche il ‘come’ siamo riusciti a mischiarle creando qualcosa di leggermente diverso rispetto alle band di stampo più old school che vanno per la maggiore in questi ultimi anni.

OSSERVANDO I PRIMI RESPONSI ‘SOCIALI’ (l’intervista risale a pochi giorni prima della release ufficiale del disco avvenuta il 30 novembre 2018) SEMBRA PROPRIO CHE ABBIATE FATTE CENTRO: SIETE SODDISFATTI DEL VOSTRO LAVORO?
Marco: – Sotto ai cinquantamila euro guadagnati non è soddisfazione, è effetto placebo!
Giulio: – Per ora siamo molto soddisfatti, in questi giorni stanno uscendo le prime recensioni e stiamo ottenendo dei buoni risultati. Finchè non uscirà il disco sarà difficile fare delle stime! Comunque vada, il nostro obiettivo che ci eravamo prefissati lo abbiamo raggiunto.

I COFFIN BIRTH SONO IL RISULTATO DI DUE (CON L’AGGIUNTA DI FRANK) DELLE REALTA’ ITALIANE PIU’ IMPORTANTI IN CHIAVE DEATH-METAL: A TAL PROPOSITO, COME GIUDICATE L’ATTUALE SCENA DEL METALLO TRICOLORE?
Giulio: – Frizzantina.

COME CI SI SENTE AD ESSERE DEFINITI SUPERGRUPPO?
Giulio: – Avremmo preferito il termine ‘supercafoni’ ma va bene così (ride,ndR)!

I COFFIN BIRTH DIVENTERANNO UN QUALCOSA DI PIU’ DI UN PROGETTO ESTEMPORANEO?
Giulio: – Sì, come diceva Marco, i Coffin Birth sono nati quasi per sbaglio ma, in pochissimo tempo, sono cresciuti proprio per la voglia di fare e sperimentare qualcosa di diverso, musicalmente parlando, rispetto ai nostri gruppi principali. Abbiamo coinvolto amici e ci siamo pure divertiti. Per cui sì, visto che l’esperimento per ora è ben riuscito lo porteremo sicuramente avanti.

AVETE PIANIFICATO DELLE DATE LIVE PER PROMUOVERE “THE SERPENT INSIGNIA”?
Giulio: – Sì, al momento abbiamo in programma due impegni molto importanti: una data ad Amsterdam il 15 febbraio, in occasione di un festival organizzato dalla Time To Kill Records, ed un’altra a Roma il 23 dello stesso mese. In base anche al responso generale ci muoveremo di conseguenza, cercando di incastrare i live tra quelli dei nostri gruppi .

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