CORAM LETHE – Rialzarsi ancora

Pubblicato il 14/04/2018 da

Dopo avere fatto perdere le proprie tracce per qualche tempo – diretta conseguenza di un paio di cambi di formazione che hanno per forza di cose richiesto un periodo di assestamento – i veterani Coram Lethe sono finalmente tornati con “In Absence”, un disco che recupera parte dell’urgenza delle loro prime prove discografiche e le inserisce in quel contesto techno/progressive death metal che il gruppo toscano ha affinato negli anni. Un disco quindi più compatto e aggressivo dell’interlocutorio “Heterodox”, ma che puntualmente riesce a concedere respiro grazie a delle trame melodiche perfettamente architettate. Parliamo di questa sorta di nuovo inizio per la band – la quale il prossimo anno festeggerà il ventesimo anniversario della propria fondazione – con il chitarrista e membro fondatore Leonardo Fusi.

SONO TRASCORSI BEN SEI ANNI DALLA PUBBLICAZIONE DI “HETERODOX”: COSA E’ SUCCESSO IN CASA CORAM LETHE IN TUTTO QUESTO TEMPO?
– Sono stai sei anni di cambiamento. Abbiamo attraversato un periodo piuttosto travagliato con la dipartita del cantante e del bassista. Quindi c’è voluto un po’ di tempo per trovare nuovi innesti di valore e per far sì che i nuovi componenti si integrassero al meglio con la band. Con l’arrivo di Giacomo (voce) e Christian (basso) ci siamo inizialmente concentrati sui live per poi passare alla stesura di “In Absence”.

“HETERODOX” APPARIVA COME UNA SVOLTA VERSO LIDI PIU’ PROGRESSIVI E NON PRETTAMENTE DEATH METAL, ALMENO IN CERTI EPISODI. CON “IN ABSENCE” SIETE INVECE TORNATI AD UN SOUND PIU’ TAGLIENTE. CONSEGUENZA DEI CAMBI DI FORMAZIONE AVVENUTI NEGLI ULTIMI ANNI O SEMPLICEMENTE IL MATERIAL DI “HETERODOX” PER VOI NON HA RETTO LA PROVA DEL TEMPO?
– Non è stato un passaggio pensato o cercato. Il nuovo album è nato molto spontaneamente e sicuramente è il figlio naturale della nuova formazione. Abbiamo cercato di inserire ciò che più ci appassiona, ovvero la brutalità e la melodia; un accostamento che può sembrare un controsenso, ma che riteniamo sia la ricetta base degli album ben riusciti. Alla fine quello che conta è riuscire a trasmettere delle emozioni.

PERSONALMENTE SONO CONTENTO DI QUESTO CAMBIO DI APPROCCIO: AVENDO SEMPRE APPREZZATO I VOSTRI PRIMI LAVORI, TROVO CHE LO STILE DI “IN ABSENCE” VI SIA PIU’ CONGENIALE RISPETTO A QUELLO DI “HETERODOX”.
– Siamo molto felici di questa tua affermazione. E’ per noi un premio a questi sei anni di cambiamento.

CREDO CHE LA MUSICA DEI CORAM LETHE SI TROVI SPESSO IN BILICO FRA TECHNO-DEATH ANNI NOVANTA E FORME DEATH-BLACK PIU’ ESTREME. TROVO POI IL VOSTRO GUSTO MELODICO PARTICOLARMENTE ELEGANTE. VI CAPITA MAI DI DOVERE CONTROBILANCIARE UN BRANO SE, AD ESEMPIO, PENSATE CHE SUONI TROPPO AGGRESSIVO, TROPPO ANNI NOVANTA, TROPPO MELODICO, ECC? QUANTE PERSONE METTONO MANO AL SONGWRITING? SI TRATTA SEMPRE DI UN PROCESSO ORGANICO?
– Siamo molto critici ed esigenti con noi stessi; spesso scartiamo pezzi quasi completati ma che non ci convincono. Tutti i pezzi nascono in sala prove alla vecchia maniera, con la partecipazione di tutti i membri su un riff o una melodia che spesso nasce da una mia idea, ma che poi si modella pian piano con l’influenza di ogni componente. La melodia comunque è l’aspetto fondamentale del nostro sound e l’aggressività è la nostra attitudine.

QUAL E’ IL PRIMO BRANO CHE AVETE COMPOSTO PER “IN ABSENCE”? E L’ULTIMO? PENSATE CHE QUESTO POSSA FORNIRE DEGLI INDIZI SU DOVE LA VOSTRA MUSICA ANDRA’ A PARARE IN FUTURO?
– Il primo brano che abbiamo composto è “Cognitive Separation”, l’ultimo “To Rise Again”, ma credo che il futuro sarà ancora diverso. Senz’altro due rimarranno i punti fermi: aggressività e melodia.

A PROPOSITO DI FUTURO, CERCHERETE DI COMPORRE E RILASCIARE UN ALTRO ALBUM IN UN LASSO DI TEMPO PIU’ BREVE DA QUI IN POI?
– Adesso vogliamo concentrarci sui live e promuovere il più possibile “In Absence”, poi vedremo che succederà. Certo è che questa formazione è la più solida e affiatata che abbiamo avuto, quindi i presupposti per un bel futuro ci sono tutti.

AVETE RIMPIANTI QUANDO PENSATE ALLA VOSTRA CARRIERA? PERSONALMENTE CREDO CHE MERITERESTE QUALCOSA IN PIU’ IN TERMINI DI VISIBILITA’, ANCHE E SOPRATTUTTO CONSIDERATO QUANTO REALIZZATO NEI PRIMI ANNI 2000. PRODOTTI PROFESSIONALI QUANTO I VOSTRI ERANO COSA PIUTTOSTO RARA IN ITALIA ALL’EPOCA.
– Rimpianti no, anzi, siamo molto contenti quando ancora oggi dopo tanti anni le persone si ricordano dei nostri dischi del passato. Sicuramente potevamo sfruttare meglio gli ottimi responsi avuti, ma i vari cambi di line-up, qualche scelta sbagliata e la difficoltà mediamente alta di emergere nel nostro paese ci hanno un po’ frenato. Ma questo non ha mai affievolito la nostra perseveranza e la passione per questa musica.

TORNANDO AD “IN ABSENCE”, VI E’ UN CONCEPT SU CUI SI BASANO I TESTI DEL DISCO?
– Non vi è un vero concept su “In Absence”, anche se i fili conduttori che legano tutti i brani sono il disagio e la sofferenza. Alcuni pezzi trattano queste tematiche secondo esperienze personali, altri mettono in luce questi temi estrapolandoli dalla società moderna.

CHE ASPETTATIVE AVETE ATTORNO A “IN ABSENCE”? QUANDO SARA’ POSSIBILE CONSIDERARLO UN SUCCESSO PER VOI?
– Per noi aver dato vita ad “In Absence” dopo 19 anni di attività è il primo successo. La passione ha il potere di fermare il tempo e ti inietta una forza incredibile. Abbiamo fatto il release party al Circus di Scandicci ed il locale era pieno come da anni non lo si vedeva. Le prime recensioni sono ottime. Tutto questo è davvero molto gratificante per noi. Vogliamo continuare così!

RISPETTO A QUANDO AVETE INIZIATO, LA SCENA DEATH METAL ITALIANA HA COMPIUTO GROSSI PASSI IN AVANTI IN TERMINI DI VISIBILITA’. PENSATE CHE VI SIANO ULTERIORI MARGINI DI MIGLIORAMENTO PER IL NOSTRO PANORAMA? COME LO VIVETE DA MUSICISTI E DA ASCOLTATORI?
– La scena death metal italiana senz’altro è molto migliorata in termini di visibilità e questa deve essere una bella notizia per tutti noi amanti del genere. Ma i problemi ci sono ancora e forse sono anche aumentati: c’è sempre meno gente ai concerti ed i locali dedicati scarseggiano: questo lo viviamo male da musicisti ma ancor di più da ascoltatori. Quindi assolutamente possiamo e dobbiamo migliorare, supportando le band nostrane e non, seguendole più dal vivo per creare una scena più solida e importante.

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