Sorta di enfant prodige della scena underground nostrana, con un passato ormai importante di dischi e progetti alle spalle (The Clearing Path, Turris Eburnea, Vertebra Atlantis, ecc.), Gabriele Gramaglia si è da poco riaffacciato sul mercato con la terza fatica in studio dei Cosmic Putrefaction, creatura nella quale confluisce tutta la sua passione per quel death metal tenebroso e sperimentale che da qualche anno riscuote ampio successo nel circuito estremo. Un disco che può essere visto come l’attuale apice compositivo del musicista lombardo, il quale è persino riuscito a strappare un contratto con la rispettatissima Profound Lore per la pubblicazione di questo nuovo pugno di brani, distillato di metallo della morte di marca Demilich/Blood Incantation e punteggiature psichedeliche dal sapore cosmico. A voi le sue parole!
CIAO GABRIELE, BENVENUTO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. PARTIAMO DALL’INIZIO: COME NASCE – E COME SI È SVILUPPATO NEL CORSO DI QUESTI ANNI – IL PROGETTO COSMIC PUTREFACTION?
– Ciao a tutti, e grazie dell’invito! Allora, Cosmic Putrefaction nasce dalle ceneri di Oaken/Throne (una band in cui suonavo e che si è sciolta anni fa) con lo scopo di recuperare il materiale del debut album, mai pubblicato, del suddetto gruppo. Circa il 75% di quella musica è confluita nell’esordio di Cosmic Putrefaction, “At The Threshold of The Greatest Chasm”. Le circostanze mi hanno poi portato a considerare con maggiore importanza il progetto, che a questo punto suppongo sia diventato il mio monicker solista principale.
QUANDO SCRIVI NUOVA MUSICA PER I COSMIC PUTREFACTION O PER QUALCHE ALTRO TUO PROGETTO, LA PIANIFICHI IN QUALCHE MODO PRIMA DI INIZIARE A SUONARE O SEGUI SEMPLICEMENTE IL FLUSSO DEL MOMENTO?
– L’ultimo album si è costruito (anche) nell’arco di un paio di anni di sketch e di idee, che ho registrato tra telefono e progetti di Logic. Ad un certo punto però ho sentito la necessità interiore di pianificare la nuova uscita con più rigore; questa pianificazione rappresenta solitamente la fase di scrittura più densa ed intensa, e che salvo imprevisti tendo a concentrare in pochi mesi. Quindi la risposta specifica alla tua domanda è che opero facendo un mix delle due cose.
ENTRANDO PIÙ NELLO SPECIFICO, NEL MOMENTO IN CUI DECIDI DI COMPORRE UN BRANO, SU COSA TI BASI? UN SUONO, UNA SENSAZIONE CHE VUOI TRASMETTERE, UN’IMMAGINE MENTALE…
– Anche qui la risposta è un misto delle ipotesi che hai suggerito. Come scrittura, mi baso molto sul riff e in generale su frasi musicali che si distribuiscono e sviluppano nel tempo. Dopodiché, c’è sicuramente un’interazione con determinate sensazioni ed immagini, interazione che costituisce una corrispondenza biunivoca con il riff e che mi aiuta a plasmarlo o a procedere con gli arrangiamenti che talvolta stratifico sopra di esso in un determinato modo. Certe atmosfere, magari costruite tenendo a mente i campi armonici cui fanno riferimento i riff, evocate tramite pad, synth, chitarre riverberate e quant’altro, possono aiutare a dar forma a suggestioni più precise. Questi elementi che ho descritto vanno a loro volta di pari passo con la costruzione del concept, che li influenza, come allo stesso modo il concept viene in qualche modo influenzato da essi.
QUAL È IL TUO RAPPORTO CON LA TECNICA? CREDI CHE SIA NECESSARIA UNA FORMAZIONE ACCADEMICA, O COMUNQUE UNO STUDIO TEORICO DELLA MUSICA, PER POTERLA COMPORRE?
– Dunque, penso che questa sia una domanda difficile. Bisogna prima di tutto capire che cosa si intenda per tecnica e teoria. La mia idea è che probabilmente molte nozioni teoriche nella musica non sono altro che la scoperta di determinati rapporti ed equilibri già presenti in natura, e non solamente dei meri concetti arbitrari. Si pensi alla naturale propensione alla risoluzione della dominante verso la tonica, concetto applicato orizzontalmente (in senso geografico) a tantissima musica che ascoltiamo, proveniente da tutto il mondo. Questa nozione, come altre della teoria musicale, fa quindi parte di un vocabolario che si può scoprire anche in autonomia; lo studio musicale (indipendentemente dalla facoltà a cui si fa riferimento) può semplicemente aiutare a mettere un po’ di ordine, e nel mio caso posso affermare che sia stato così, specie per quanto riguarda stratificazioni e arrangiamenti. Naturalmente il primo assunto è una mia considerazione empirica, e probabilmente un etno-musicologo potrebbe smentirmi.
COME TI SPIEGHI LA RISCOPERTA, DA PARTE DI TANTI GIOVANI GRUPPI UN PO’ OVUNQUE NEL MONDO, DI CERTO DEATH METAL SPERIMENTALE? UN TEMPO ERANO I CANNIBAL CORPSE A DETTARE LEGGE FRA LE NUOVE LEVE, MA OGGI MI SEMBRA CHE UNA BUONA FETTA DI QUESTE ULTIME SIANO PIÙ CHE ALTRO INTERESSATE AD OMAGGIARE I VARI “OBSCURA” E “NESPITHE”…
– Ad essere sincero, anche qui non so darti una risposta certa, ma è giusto secondo me indagare e porsi delle domande. Di recente ho ascoltato una puntata del podcast di Will Smith (specifico che mi riferisco al Will Smith cantante di Afterbirth, ex Artificial Brain, etc.), che parlava del fatto che nei primi anni 2000 era andato a vedere i Demilich (forse nel loro primo tour negli States, o giù di lì) e il pubblico era praticamente composto da lui stesso, la/le band di supporto e una sedia. Attualmente invece, come da te affermato, c’è stata una riscoperta di quelle sonorità, e i Demilich sono tornati (sempre che ci siano mai stati realmente) sulla cresta dell’onda, con date importanti pur non avendo mai registrato un seguito di “Nespithe”, che ormai ha quasi trent’anni. Allo stesso tempo, coesiste anche una fortissima wave di death metal Incantation-iano, quella che alcuni chiamano ‘cavern-core’ o ‘new old-school death metal’. Io credo che nel 2022 ci sia un po’ tutto di tutto; fa parte dei pro e contro della mole pantagruelica di informazioni che porta con sé Internet. Io sono troppo giovane per fare questo tipo di considerazioni ma, come riporta sapientemente Encyclopedia Metallum, le release di questi anni sono almeno dieci volte superiori rispetto a quelle dei primi anni ’90, proprio a livello di quantità. Va da sé che possano statisticamente esplodere anche fenomeni analoghi a quelli che abbiamo descritto. Nel 2022, a causa di questo surplus di cose ed informazioni, credo che ci siano più domande che risposte. Succedono anche cose molto più inspiegabili, tipo: come mai Rihanna, nel 2015 o 2016, si presenta agli MTV Awards con un mega logo con lettering black metal (fatto da Luca Devinu e Christo-phe Szpajdel, tra l’altro) e nel 2022 ci troviamo Chiara Ferragni con la maglia dei Metallica, le Kardashian con la maglia degli Iron Maiden e le t-shirt degli Slayer in vendita da Zara? Chi lo sa…
NOTAVO CHE ALL’INIZIO, ALMENO PER I COSMIC PUTREFACTION, NON TI OCCUPAVI INTERAMENTE DELLE VOCI. POI, DA “THE HORIZONS TOWARDS WHICH SPLENDOUR WITHERS”, TI SEI FATTO CARICO DA PROTAGONISTA DI QUELL’ASPETTO. COME HAI MATURATO QUESTA DECISIONE? IN PRINCIPIO NON TI SENTIVI PADRONE DEL GROWL?
– Esattamente, non faceva proprio parte delle mie capacità vocali. Non che adesso io sia diventato Ross Dolan, ma comunque mi arrangio nel fare quello che ho in mente, tutto sommato. In questo mi ha aiutato una masterclass di canto di Enrico degli Hideous Divinity (che come forse saprete è anche un foniatra e penso l’unico al mondo ad aver fatto studi sul comportamento delle componenti vocali del corpo umano durante l’esercizio del canto estremo), alla quale partecipai con un amico qualche anno fa. All’epoca del debut ero davvero poco in grado di cantare come volevo (c’è giusto qualche mia doppia di voce), ma con un bel po’ di esercizio sono riuscito a portarmi a casa il secondo e il terzo disco. Mi riallaccio brevemente ad una domanda precedente: è meglio avere le idee (chiare) su come fare una cosa, senza magari essere dei mostri tecnicamente, piuttosto che viceversa. Questo per dire che nei dischi recenti (per quanto concerne la voce) ho fatto qualche sovraincisione in più per raggiungere il massimo della dinamica a cui potessi auspicare, sopperendo ad una tecnica non sopraffina al fine di raggiungere il risultato che avevo in mente. Mi considero più orientato alla composizione che alla performance, perciò secondo me la tecnica non è mai un fine, ma al più un mezzo con cui raggiungere uno scopo.
“CREPUSCULAR DIRGE FOR THE BLESSED ONES” È ANCHE IL PRIMO DISCO DEI COSMIC PUTREFACTION A VEDERE GIULIO GALATI DI HIDEOUS DIVINITY E NERO DI MARTE (FRA GLI ALTRI) ALLA BATTERIA. COM’È NATA QUESTA COLLABORAZIONE?
– È nata su suggerimento di Chris della Profound Lore, che mi ha spinto ad avere dei suoni di batteria registrati. Non so quanto sia noto, ma da quando mi sono messo in ‘proprio’, facendo di necessità di virtù, mi sono applicato per capire come funziona una batteria per programmarla a mio piacimento, tentando di renderla il più realistica possibile. Ho anche frequentato qualche clinic e masterclass di batteristi, pur non essendo il mio strumento. Anche “Crepuscular…” non avrebbe dovuto fare eccezione, tanto che scrissi e programmai la mia linea di batteria come al solito. Alla fine, ho però seguito il consiglio di Chris, decidendo di contattare Giulio per fargliela registrare vera, dal momento che mi avevano anche messo a disposizione un budget che mi avrebbe permesso di farlo. Giulio è un amico, lo conosco da qualche anno e ci ho fatto anche un paio di suonate assieme in sala prove. È un batterista eccezionale che non avrebbe neanche bisogno di presentazioni; quindi, quando si è palesata questa opportunità di collaborazione, è stato il primo a cui ho pensato. Tornando alle registrazioni, il suo lavoro si è basato molto sulle tracce preventivamente scritte, dal momento che ero comunque abituato a sentirle in un certo modo e quindi affezionato ad esse. Gli ho comunque concesso un po’ di libertà in alcuni passaggi, nei fill e nel cymbal work, e ovviamente le ha sfruttate al meglio. Ça va sans dire, il tocco, la pacca e la dinamica di un batterista, specialmente se è uno con le qualità di Giulio, fa ancora la differenza, anche rispetto ad una batteria programmata con tutta la dovizia del mondo.
CHE CI DICI INVECE DELL’ARTWORK DI “CREPUSCULAR…”? COME SEI ENTRATO IN CONTATTO CON DAVID GLOMBA E IN CHE MODO IL SUO LAVORO SI INTERSECA CON IL CONCEPT DEL DISCO?
– Per questo lavoro ero indeciso tra qualche nome (tra cui Glomba), e anche qui Chris mi ha indirizzato, dal momento che ci aveva appena lavorato per il debut dei The Temple, e nel suddetto aveva fatto un lavoro egregio. Dopo averlo contattato, con le mie seppur molto modeste abilità nel disegno, ho cercato di fornirgli uno sketch il più possibile dettagliato, al quale ho allegato anche una mail con una minuziosa descrizione per non lasciare proprio nulla al caso. L’artwork raffigura quindi in maniera molto figurativa il concept, rappresentando e raccontando gli eventi narrati negli ultimi due brani del disco, ovvero il punto di arrivo del viaggio.
L’ENTRATA NEL ROSTER DELLA PROFOUND LORE RAPPRESENTA SICURAMENTE UN BEL PASSO IN AVANTI PER IL PROGETTO…
– Sì, ne sono davvero molto contento, e non lo do affatto per scontato. Ciò nonostante, rimango molto legato anche a Luciano di I, Voidhanger, per tutto quello che ha fatto per me negli ultimi anni e per la crescita dei miei progetti.
I TITOLI DEI TUOI DISCHI HANNO SEMPRE UN QUALCOSA DI MAGNILOQUENTE E ALTISONANTE, E “CREPUSCULAR…” NON FA OVVIAMENTE ECCEZIONE. COME LI SCEGLI?
– Ti ringrazio, ed era anche quello l’obiettivo. Cerco sempre di dedicare alla scelta dei titoli molto tempo. La scelta di essi ha a che vedere con la volontà di ricalcare il più figurativamente possibile il contenuto narrativo del brano a cui si riferiscono. Mi devo sempre costringere a scriverli il più corti possibile, altrimenti l’istinto puro sarebbe di farli tutti alla “Papyrus Containing The Spell To Preserve Its Possessor Against Attacks From He Who Is in the Water” (noto brano dei Nile, ndR), e quindi mi devo anche porre dei limiti legati al buon senso.
TURRIS EBURNEA È UN ALTRA BAND CHE TI VEDE COINVOLTO CHE MI HA COLPITO MOLTO. L’EP PUBBLICATO LO SCORSO ANNO AVRÀ MAI UN SEGUITO O È DA CONSIDERARSI UN ESPERIMENTO ONE-SHOT?
– Purtroppo non ti so rispondere, siamo entrambi (la band è formata da Gramaglia e Nicholas McMaster dei Krallice, ndr) molto impegnati con i nostri rispettivi progetti. Però la volontà secondo me c’è… prima o poi, forse, si farà!
SEI ORMAI NOTO PER I TUOI PROGETTI ‘DA STUDIO’. PORTERAI MAI LA TUA MUSICA SU UN PALCO?
– Attualmente non credo. Peraltro, Cosmic Putrefaction è forse il progetto dove tale possibilità continuerà a restare la più remota. Per Vertebra Atlantis, invece, potrebbe essere più fattibile, anche se comunque ad oggi è difficile. Vedremo. Intanto cerchiamo di capire se riusciremo a fare un altro lavoro in modo solido. Ogni volta è come scrivere un tema da zero: bisogna capire come superare l’ostacolo del foglio bianco. Vi ringrazio ancora dell’intervista e saluto caldamente tutti i lettori. Alla prossima!