I Crawling Chaos tornano sulle scene con il loro secondo album “XLIX”, a diversi anni di distanza dall’esordio, e lo fanno con un lavoro maturo, ambizioso ed articolato, che conferma come la band emiliana sia in grado di operare una sintesi efficace tra il death vecchia maniera ed un’attitudine più moderna, arricchendo le strutture musicali con un concept legato all’opera di Machiavelli ma aperto a varie interpretazioni e quanto mai attuale. Ne parliamo con il chitarrista Andrea, giustamente entusiasta per il disco pubblicato e voglioso di ritornare all’attività live che è sempre stata uno dei punti di forza dei riminesi.
SONO PASSATI PARECCHI ANNI DAL VOSTRO ULTIMO ALBUM, “REPELLENT GASTRONOMY”. COS’E’ SUCCESSO NEL FRATTEMPO?
– L’idea di scrivere un nuovo album non è stata la diretta conseguenza della pubblicazione di “Repellent Gastronomy”, anzi. Dopo un anno dalla pubblicazione abbiamo cambiato bassista, con il ritorno alla line-up originale della band. Gli ultimi anni, inoltre, sono coincisi per tutti noi con grandi cambiamenti nella sfera professionale e privata, che ci hanno sottratto altro tempo e tante energie. Aggiungiamo anche che Shub (Andrea), Yog (Edoardo) e MG (Manuel) sono stati impegnati con progetti paralleli in cui hanno pubblicato altri album e fatto un paio di tour europei.
Quando abbiamo sentito che avevamo qualcosa da dire abbiamo iniziato a comporre e in meno di due anni l’album era pronto. La nostra priorità è sempre stata quella di pubblicare materiale di buona qualità, suonato bene, scritto come si deve e con un pensiero coerente alle spalle.
LE DIFFERENZE SOSTANZIALI TRA “REPELLENT GASTRONOMY” ED IL NUOVO ALBUM SEMBRANO ESSERE I PASSI AVANTI COMPIUTI A LIVELLO DI SCRITTURA E DI PRODUZIONE. IN PARTICOLARE, PER QUANTO RIGUARDA IL SONGWRITING, QUESTA VOLTA APPARE PIU’ RICCO E VARIEGATO, ED A RISALTARE SONO ANCHE I SUONI, ALLO STESSO TEMPO POTENTISSIMI MA PULITI. CONFERMATE QUESTA IMPRESSIONE? CON CHI AVETE LAVORATO PER OTTENERE QUESTI RISULTATI? PENSATE SIA QUESTA L’EVOLUZIONE PIU’ GROSSA RISPETTO AL DISCO PRECEDENTE?
– La differenza nel songwriting è enorme. Abbiamo tutti sviluppato maggior maturità e gusto nel fondere le varie influenze che caratterizzano l’album. “Repellent Gastronomy” era per lo più un’antologia di brani scritti nei quattro/cinque anni precedenti, senza un vero filo conduttore. “XLIX”, al contrario, nasce fin dall’inizio come un concept album e la scrittura è pertanto più compatta, quasi come fosse la sceneggiatura di una piccola opera teatrale.
Per quanto riguarda la produzione, “XLIX” è stato registrato e prodotto ai Domination Studio di San Marino da Simone Mularoni e Simone Bertozzi, ottimi amici e autentiche garanzie. Il loro supporto nella creazione del sound che avevamo in mente è stato fondamentale. Anche “Repellent Gastronomy” è stato registrato lì, ma la differenza sonora è abissale. Rispetto al passato abbiamo sperimentato molto di più con l’analogico e le canzoni suonano molto più ‘live’ rispetto al passato. Potremmo affermare che con “XLIX” abbiamo finalmente definito quel sound che avevamo in mente fin dagli albori della band.
I TESTI SONO MOLTO COMPLESSI E LEGATI TRA LORO PER RACCONTARE UNA STORIA. QUALI SONO LE TEMATICHE TRATTATE IN “XLIX”? C’E’ ANCHE UN SIGNIFICATO METAFORICO DIETRO A TUTTO CIO’?
– Il concept ruota attorno alle vicissitudini di un protagonista che non ha nome né volto. Egli vaga frustrato in una città fuori dallo spazio e dal tempo maturando una visione del progresso e della società che diventa un’ossessione da realizzare a ogni costo. L’iniziativa ad agire gli viene data dal ritrovamento di una edizione disturbante de “Il Principe” di Machiavelli. Ogni canzone affronta un aspetto specifico della sua storia, non necessariamente in ordine temporale, arricchendo la narrazione principale di dettagli che contribuiscono a creare un affresco più ampio, ricco di citazioni che attingono dalla letteratura alla storia, dalla filosofia all’esoterismo passando per la fiction pura. Alla fine della parabola narrativa il protagonista si rende conto che il suo folle progetto utopico crolla inesorabilmente, trascinandolo nello stesso caos da cui voleva uscire e costringendolo a prendere consapevolezza di essere solo una pedina nei cicli cosmici della Storia, che si ripetono in eterno.
Ognuno di noi può leggere il concept con la chiave di lettura che preferisce; per alcuni, ad esempio, la storia non è altro che il delirio schizofrenico che avviene nella testa del protagonista. Altri ancora possono trovarci l’esoterismo alchemico legato al numero sette o ai tarocchi.
VISTO CHE IL CONCEPT HA DELLE CONNESSIONI CON LA LETTERATURA, VIENE SPONTANEO CHIEDERVI: QUALI SONO I VOSTRI INTERESSI OLTRE ALLA MUSICA?
– All’interno della band abbiamo background culturali molto eterogenei: filosofia, storia, scienze naturali, letteratura. Siamo tutti appassionati lettori di romanzi e spaziamo dalla fantascienza, al fantastico, al romanzo storico e ovviamente abbiamo tutti divorato i romanzi del genere horror legato specialmente al periodo Poe/Lovecraft.
IL VOSTRO SOUND SEMBRA AVERE LE RADICI NEL DEATH METAL STORICO MA ALLO STESSO TEMPO PESCARE DA AMBITI DIFFERENTI; IN PARTICOLARE SI SENTONO ECHI DI NWOBHM, SOPRATTUTTO IN ALCUNI FRASEGGI DI CHITARRA, MA ANCHE SUONI PER COSI’ DIRE PIU’ ‘MODERNI’. QUALI SONO LE VOSTRE INFLUENZE?
– I nostri ascolti in ambito musicale spaziano veramente a trecentosessanta gradi e ognuno di noi porta un contributo diverso nella band a livello di influenze, sound e approccio al songwriting. A livello di genere metal di sicuro le band di riferimento sono Death, Behemoth, Gojira e Lamb of God, solo per citarne alcune. Ma nel disco si possono sentire influenze di musica elettronica, southern rock e addirittura prog anni ’70.
IL LIVELLO TECNICO DEI VOSTRI PEZZI E’ MEDIAMENTE MOLTO ELEVATO. PASSATE MOLTO TEMPO IN SALA PROVE E A STUDIARE I VOSTRI STRUMENTI? PENSATE CHE LA TECNICA SIA L’ASPETTO PRINCIPALE NEL GENERE CHE SUONATE?
– Per noi la tecnica è e resterà sempre uno strumento al servizio della musica. Non siamo fanatici della velocità e dello shredding selvaggio fine a se stesso. Se un pezzo scorre facile all’ascolto, fluido nei passaggi e nel suono significa che la tecnica è stata usata bene. Tecnica è anche saper trovare il suono adatto per creare la giusta atmosfera, non è legato solo ai bpm e ai sedicesimi suonati ogni battuta. Quindi, per rispondere alla domanda: sì, la tecnica è uno dei pilastri che tengono su l’album, ma da sola non sarebbe assolutamente sufficiente per la resa finale.
IN GENERALE, CHI ASCOLTA DEATH METAL HA UNA MENTALITA’ ABBASTANZA CONSERVATIVA IN QUANTO A GUSTI MUSICALI. E’ DIFFICILE TROVARE UN EQUILIBRIO TRA LA VOSTRA REALIZZAZIONE COME MUSICISTI E IL GIUDIZIO DEI FAN? QUAL E’ LA COSA PIU’ IMPORTANTE PER VOI FRA LE DUE?
– Non suoniamo per inseguire una corrente d’opinione musicale. Se un pezzo o un intero album funziona e colpisce le emozioni primordiali, le reazioni possibili sono due: se vince la musica l’ascoltatore si appassiona, gode di quelle vibrazioni e diventa un fan a tutti gli effetti; se vince il pregiudizio, o peggio l’invidia, fa l’ipocrita e si appella a un presunto canone per criticare. A noi interessano i primi.
IN ITALIA CI SONO ALTRE BAND DEATH METAL MA FORSE NON SI PUO’ DIRE CHE ESISTA UNA VERA E PROPRIA SCENA. COSA NE PENSATE? QUALI ALTRE BAND SENTITE COME AFFINI AL VOSTRO PERCORSO MUSICALE?
– L’Italia ha sempre partorito ottime band estreme fin dalla fine degli anni ’90. L’Emilia Romagna, negli ultimi dieci/quindici anni, ha visto nascere realtà molto interessanti. Difficile fare nomi senza il rischio di dimenticare qualcuno, ci limiteremo a citare alcune delle band che hanno scavalcato i confini nazionali come Fleshgod Apocalypse, Electrocution e Hideous Divinity. Per quanto riguarda la scena, credo che parte del problema, al netto delle varie rivalità che possono esserci tra band, sia di origine anagrafica. Una scena musicale come quelle punk/metal underground si costruisce sul senso di aggregazione e appartenenza (anche locale) che è propria più degli adolescenti e post-adolescenti piuttosto che degli adulti. Oggi, più che di una vera e propria scena parleremmo di una buona comunità di ascoltatori e musicisti.
AVETE UN’IDEA DI DOVE POTREBBE ANDARE A PARARE IL SUONO DEI CRAWLING CHAOS IN FUTURO?
– La parola d’ordine rimane sempre ‘sperimentare’. Analogico, digitale, elettronico. Chi lo sa! Su una cosa però cerchiamo sempre di rimanere fedeli: la riproducibilità del suono dal vivo. La performance live rimane sempre uno degli aspetti per noi più caratterizzanti del fare musica.
IN PASSATO AVETE CALCATO I PALCHI CON BAND PIUTTOSTO IMPORTANTI. VOLENDO ESSERE OTTIMISTI RISPETTO ALLA SITUAZIONE ATTUALE, AVETE INTENZIONE DI PROMUOVERE “XLIX” CON UNA SERIE DI CONCERTI?
– Sicuramente. Speriamo dalla primavera/estate 2021 di poter riprendere con tanti concerti. Al momento è ovviamente difficile fare previsioni, ma stiamo cercando tutte le situazioni possibili per suonare. Anzi, ne approfittiamo per rivolgerci anche ai lettori di Metalitalia.com: abbiamo fame di spaccare culi in giro per la penisola!
IL MONDO DELLA MUSICA COME USCIRA’ DA QUESTA PANDEMIA?
– La vita ricomincerà, inesorabile ed esplosiva, e noi saremo lì ad accoglierla. La preoccupazione va però a tutte le persone che lavorano nello spettacolo e che permettono a band come la nostra di poterci esprimere dal vivo. Gestori di locali, fonici, service devono resistere ed essere aiutati e supportati in questa attesa drammatica, perché dopo mesi di apatia e depressione arriverà sicuramente una voglia matta di arte, musica e espressività.