I Crawling Chaos hanno pubblicato nello scorso marzo “Wyrd”, il loro terzo album: un concentrato di death metal suonato con la consueta perizia senza mai perdere la necessaria aggressività e, soprattutto, con un concept complesso e ricercato, legato a storia, mitologia e letteratura, a fare da filo conduttore.
Non è certo una sorpresa che la band riminese abbia sfornato un prodotto di qualità così elevata, poiché, in vent’anni di carriera, il quartetto non ha mai deluso, centellinando le uscite per curarne ogni dettaglio e mantenere alto il loro livello, e già il precedente “XLIX” aveva fatto intuire un salto in avanti decisivo.
Ne parliamo con Edoardo Velli, nome di battaglia Yog, batterista e membro della band fin dai lontani esordi.
BENVENUTO SUL NOSTRO SITO E COMPLIMENTI PER IL DISCO.
SONO PASSATI QUATTRO ANNI DALL’USCITA DI “XLIX”. COSA E’ ACCADUTO DURANTE QUESTO LUNGO PERIODO?
– Ciao ragazzi e grazie per questa intervista!
Beh, considerando che tra “Repellent Gastronomy” e “XLIX” erano passati sette anni, direi che per noi quattro anni sono un tempo breve (ride, ndr). Diciamo che abbiamo tempi ‘eonici’, per dirla con il buon Lovecraft.
A parte gli scherzi, la pandemia ha davvero rallentato tutto e appena si è ricominciato a suonare in giro abbiamo messo molte energie per promuovere “XLIX” live. Contemporaneamente abbiamo concettualizzato e scritto “Wyrd”.
Siamo una band a cui non interessa pubblicare molto e frequentemente a tutti i costi. Scriviamo quando abbiamo qualcosa da dire e non pubblichiamo fintanto che quello che abbiamo scritto non ci soddisfa al cento per cento.
“XLIX” E’ STATO PUBBLICATO IN UN MOMENTO MOLTO DIFFICILE, NEL BEL MEZZO DELLA PANDEMIA E CON LIMITAZIONI MOLTO RESTRITTIVE PER I CONCERTI DAL VIVO. NONOSTANTE TUTTO CIO’, LA RISPOSTA ALL’ALBUM HA SODDISFATTO LE VOSTRE ASPETTATIVE O PENSI CHE SAREBBE POTUTA ANDARE MEGLIO?
– Chiaramente la pandemia ha inficiato molto l’efficacia della promozione dell’album, almeno in un primo momento.
Noi non siamo decisamente una band da social. Siamo molto legati all’attività live e alla musica fatta, non so se mi spiego.
Al contempo, però, “XLIX” per noi è stato un album di svolta, col quale abbiamo decisamente maturato il nostro sound e il nostro songwriting. Si può dire che quell’album ha reso i Crawling Chaos la band che voleva essere fin dall’inizio. Questa cosa è stata ben recepita da chi ci ha ascoltato. E’ stato un album molto amato da chi ci segue.
COME AVETE LAVORATO PER ARRIVARE FINO A “WYRD”? SAPPIAMO CHE SIETE ENTRATI IN STUDIO A FINE 2023: SEMBRA CHE IL PROCESSO SIA STATO PIUTTOSTO LUNGO…
– Da “Repellent Gastronomy” passando per “XLIX” fino ad arrivare a “Wyrd”, il processo compositivo è stato sempre più o meno lo stesso. Il riffing ed il songwriting principale dei brani viene da Andrea Shub, che crea una bozza dei diversi brani che viene proposta a tutta la band. Spesso io e Shub cominciamo a jammare in saletta per trovare qualche soluzione di batteria e creare una impalcatura strutturale.
Quando la cosa comincia a prendere forma si porta in sala prove e si inizia a lavorare tutti insieme. Con Will si impostano le linee di basso e in seguito Manuel MG inizia a pensare ai propri assoli e ai testi, che vengono scritti cercando di adattarli alla metrica del pezzo e, a sua volta, questo può essere modificato in seguito. E’ tutto molto dinamico e si lavora insieme.
Siamo molto pignoli e spesso continuiamo a perfezionare i brani per molto tempo, fino a che non ci soddisfano completamente. Questo è un altro dei motivi che ci portano ad avere tempi dilatati. Ma noi non abbiamo fretta.
Inoltre ormai siamo di casa ai Domination Studios di Simone Mularoni: registrare in quel posto è veramente un’esperienza bella, divertente e anche molto formativa. Si passano ore a dettagliare i suoni, ci si gasa insieme per le parti che si suonano. C’è una grandissima attenzione al dettaglio che spesso è ciò che fa la differenza. Il tutto in un clima rilassato ed amichevole.
E non dimentichiamo anche che Simone Bertozzi si è occupato in modo magistrale del comparto tecnico ed ha passato le ore più impestate durante le fasi di registrazione.
COME PER “XLIX”, ANCHE IN “WYRD” TRA I BRANI C’E’ UNA SORTA DI FILO CONDUTTORE A LIVELLO TEMATICO. CE NE PUOI PARLARE?
– In questo nuovo lavoro, “Wyrd”, in realtà andiamo a esplorare la tematica del destino, in modo diciamo complementare all’approccio avuto con “XLIX”. Se nel precedente lavoro il destino era visto quasi come una maledizione auto-avverante, una verità ciclica che caratterizza la storia dell’umanità, in “Wyrd” il fato viene narrato da un punto di vista più mistico e legato alla vita di ogni singola persona. Le figure femminili sono come delle guide attraverso cui esploriamo il concetto fondamentale: “Siamo realmente liberi di decidere il nostro destino?”.
Anche se viene affrontata da un punto di vista mitologico, la domanda ci viene dalla fisica: “Se potessimo leggere e quindi prevedere qualsiasi variabile, anche il movimento della più piccola particella subatomica, tutto potrebbe essere previsto? Anche qualsiasi comportamento umano, qualsiasi decisione? E’ tutto definito e solo la nostra ignoranza e incapacità di leggere il caos ci dà l’illusione del libero arbitrio?“.
Inoltre ognuno di noi all’interno della band è un divoratore di storie di ogni tipo. Indubbiamente la mitologia nordica e classica hanno un posto speciale nei nostri cuori. Non solo presentano una ricchezza incredibile da cui attingere, ma vi puoi trovare quegli archetipi che affondano le loro radici in terreni culturali antichissimi e che rispecchiano aspetti dell’animo umano rimasti immutati.
La sete di conoscenza, la paura dell’ignoto, il filo del proprio destino… Sono tutti temi atavici che continuiamo ad affrontare con uno spirito simile. In questo le figure femminili sono sempre state alla base di tutto. Loro è la componente generativa e vitale, così come a figure femminili è dato il compito di regnare sulla morte. Le Moire, le Parche e le Norne tessono i destini ignoti agli Dei stessi.
Questo aspetto ci ha affascinati e abbiamo voluto raccontarlo con la dovuta oscurità che si addice a ciò che penetra nei recessi più antichi dell’animo umano.
“NOMEN OMEN” E’ IL BRANO PIU’ LUNGO DEL DISCO, E’ STATO SCELTO COME SINGOLO E PRESENTA DELLE DIFFERENZE RISPETTO AGLI ALTRI A LIVELLO TEMATICO. CONFERMI?
– Questa canzone esplora un altro tema fondamentale in “Wyrd”: il libero arbitrio. In questo caso l’oggetto della nostra riflessione è stato il Vangelo di Giuda, un testo apocrifo che presenta Giuda stesso da una prospettiva molto diversa. Secondo questo racconto, l’atto di Giuda non fu in realtà un tradimento, ma l’esecuzione di un ordine di Dio stesso, che aveva bisogno delle sue azioni per mettere in moto il corso degli eventi che aveva pianificato.
Troviamo questa visione affascinante. Giuda avrebbe potuto sfidare la volontà di Dio? Senza il suo presunto tradimento, il Cristianesimo come lo conosciamo esisterebbe? Tutto ciò scalfisce appena la superficie della complessa relazione tra Cristianesimo e libero arbitrio.
Se nelle altre canzoni le figure femminili rivestono un ruolo attivo e dominante sulle dinamiche legate al destino, in questo pezzo Giuda rappresenta colui che è colpito dal ‘wyrd‘ (concetto della cultura inglese antica e norrena antica che corrisponde all’incirca a destino, fato, NdR) e al tempo stesso ne genera gli effetti.
NELLA VOSTRA MUSICA RIUSCITE SEMPRE A TENERE ALTI IL GROOVE ED ANCHE UN TASSO MINIMO DI MELODICITA’, PUR NON PERDENDO NIENTE IN TERMINI DI AGGRESSIVITA’, COMPLESSITA’ ED ANCHE DI TECNICA DI ESECUZIONE. E’ QUALCOSA CHE RICERCATE IN FASE DI SCRITTURA?
– Non è qualcosa di completamente pianificato. Col passare degli anni abbiamo sempre di più privilegiato la suonabilità live nel comporre le nostre canzoni. Se da un lato siamo sempre stati abbastanza legati alla componente narrativa, evocativa e in un certo modo complessa dei pezzi, dall’altra siamo una band con un’attitudine personale abbastanza grezza. Ci piace suonare dal vivo e ci piace farlo cercando di esprimere più energia possibile.
Per noi il metal è soprattutto questo. Quindi, quando componiamo un pezzo, la prima domanda che ci poniamo è: “Ma come esce live sta roba?”. E’ con questo spirito che cerchiamo di fondere il lato groovy e quello più tecnico.
ORMAI SIETE SULLE SCENE DA PIU’ DI VENT’ANNI. COME PENSI SI SIA EVOLUTA LA VOSTRA MUSICA DURANTE TUTTO QUESTO TEMPO? PENSI SIA DIVERSA RISPETTO A QUELLA DELLE VOSTRE ORIGINI?
– Indubbiamente. Diciamo così: l’attitudine non è variata molto, siamo sempre un gruppo di amici appassionati di musica estrema, storie strane, horror cosmico, mitologia e letteratura weird in generale. Quando la band è nata avevamo poco più di vent’anni ed eravamo tutti musicalmente acerbi e ingenui. Con il tempo abbiamo evoluto i gusti, le influenze e il songrwriting.
Come detto prima, probabilmente un grosso salto di qualità è stato fatto con “XLIX”, e in “Wyrd” le cose hanno continuato ad evolversi. Siamo stati sempre molto disinteressati alle etichette, pertanto la nostra musica, sebbene sempre legata al concetto di metal estremo, non si è mai fossilizzata su degli stereotipi o delle mode e si è sempre evoluta in modo indipendente.
COME E’ CAMBIATO, INVECE, IL MONDO DELLA MUSICA IN GENERALE? SOTTO QUALI ASPETTI LO VEDI DIFFERENTE RISPETTO A VENT’ANNI FA?
– Negli ultimi vent’anni siamo passati attraverso una delle ultime vere rivoluzioni sociali, ovvero l’avvento dei social network e la digitalizzazione della società.
Quando abbiamo iniziato a fare musica, Internet era ancora nella sua versione primitiva, fatta di forum e siti. Si stava iniziando a vedere MySpace per la prima volta ma i meccanismi erano ancora molto legati alla realtà fisica. Sì, è vero, si iniziava a scaricare musica dai vari P2P ma poi, comunque, se qualcosa ti gasava, si andavano a comprare i dischi nei negozi. Si leggevano le riviste. Le nuove scoperte si facevano tramite amicizie o andando ai concerti.
Oggi tutto passa attraverso il filtro dei social. La presenza visiva online, immediatamente impattante, ha acquistato un enorme valore. La musica è uno dei contenuti ma non sempre quello principale. I social ti consentono di conoscere un numero enorme di band e con una velocità prima impensabile.
D’altro canto, i livelli di attenzione medi si sono abbassati molto e spesso, a fronte di una scelta vastissima, si rischia di assaggiare tutto e non ascoltare veramente nulla. E’ complicato, si rischia subito di cadere nel cliché boomer del: “Si stava meglio prima“. Il cambiamento va compreso, soprattutto quello che coinvolge le fasce più giovani.
Una delle cose che più sono cambiate nel metal è la percezione dell’età media di chi lo ascolta, oggi molto più alta. Ma il metal è una musica che affonda le sue radici nell’energia e nella rabbia tipica dell’adolescenza ed è lì che dà il meglio di sé, secondo noi.
Una grossa sfida oggi è riportare la musica estrema al mondo che gli appartiene.
LA VOSTRA LINE-UP E’ DA SEMPRE MOLTO COMPATTA, CON UN SOLO CAMBIO DI FORMAZIONE IN TUTTI GLI ANNI DI ATTIVITA’. PENSI CHE QUESTO AFFIATAMENTO ABBIA FAVORITO IL VOSTRO LAVORO?
– Ogni alchimia è insostituibile e difficile da descrivere. Quando suoni insieme da più di vent’anni, la band e le persone che la compongono diventano un tutt’uno. E’ così e basta. Non potremmo essere altro che noi. E la musica che viene fuori origina dall’evoluzione delle nostre personalità e nel modo in cui hanno interagito in questi anni. Nel bene e nel male. Nel fatto che la musica che nasce è esattamente come siamo noi. Quindi non è che l’affiatamento abbia favorito il lavoro. La nostra musica è proprio l’espressione del rapporto che ci lega.
IN PASSATO AVETE SUONATO CON MOLTE BAND DI SPESSORE. C’E’ UN GRUPPO IN PARTICOLARE CON IL QUALE TI PIACEREBBE CONDIVIDERE IL PALCO?
– Certo, parecchi anche… Penso che primi tra tutti si posizionino i Nile, che ci hanno sempre ispirato, soprattutto in quello che è l’aspetto evocativo. Sono una delle pochissime band di death metal tecnico che riesce a usare una tecnica incredibile al puro servizio della narrazione. Anche i Carcass sono per noi un punto di riferimento assoluto, per cui sarebbe un sogno poter salire sullo stesso palco.
SIETE ORMAI AL SECONDO DISCO SU TIME TO KILL RECORDS. PENSATE CHE LAVORARE CON UN’ETICHETTA ITALIANA PER UN GRUPPO ITALIANO POSSA ESSERE IN QUALCHE MODO UN VANTAGGIO?
– Mah, il punto non credo sia tanto nella nazionalità dell’etichetta, quanto come questa cerchi di spingere e valorizzare la tua proposta. Sicuramente avere un’etichetta italiana ti consente di avere un rapporto più informale, diretto.
La Time to Kill è cresciuta moltissimo negli ultimi anni e con questo album sta veramente spingendo al massimo. Per band underground come noi, avere a che fare con etichette della giusta dimensione e in crescita è un’ottima cosa.
AVETE IN PROGRAMMA DELLE DATE PER PROMUOVERE “WYRD”? AVETE GIA’ DELLE IDEE RIGUARDO A QUELLO CHE POTREBBE IL SUCCESSORE DI QUESTO DISCO?
– Assolutamente, la dimensione live per noi è tutto. Stiamo programmando un’estate densa di concerti per promuovere al meglio il disco. In realtà tutto questo e il prossimo anno saranno dedicati all’attività live. Nel frattempo cominceremo a maturare il materiale per il prossimo album.
Idee, mah, diciamo solo che ultimamente siamo abbastanza in fissa con sonorità a metà strada tra il lo stoner, il crust punk e il black metal… Noi buttiamo tutto nel calderone del metal estremo e vedremo quale entità oltre-cosmica ne viene fuori!