Lungamente atteso, il nuovo album dei Cripple Bastards è finalmente deflagrato tra noi con la violenza che ci si poteva aspettare. “Nero In Metastasi”, primo full-length per Relapse Records, ha in effetti mostrato una significativa evoluzione nello stile del gruppo grindcore nostrano, senza però far venire meno quella ferocia e quei toni esasperati che sono da sempre fra i principali trademark di Giulio The Bastard e compagni. Un’opera indubbiamente curata e ricca di spunti, che proprio il frontman ci aiuta a sviscerare e a conoscere meglio con le risposte che seguono, naturalmente dettagliate e senza peli sulla lingua come da tradizione Cripple Bastards!
I CRIPPLE BASTARDS SONO IN GIRO DA OLTRE VENTICINQUE ANNI, MA GLI ALBUM PUBBLICATI SONO SOLO UNA MANCIATA. INDUBBIAMENTE NON SI PUO’ DIRE CHE VE NE SIATE STATI SEMPRE CON LE MANI IN MANO, VISTA LA MOLE DI PUBBLICAZIONI “MINORI” E I CONCERTI LIVE, PERO’ VORREI SAPERE SE QUESTI CONSISTENTI LASSI DI TEMPO FRA UN FULL-LENGTH E L’ALTRO SONO SEMPRE STATI FRUTTO DI UNA VOSTRA PRECISA VOLONTA’…
“In passato, cioè nella prima metà della nostra storia, i lassi di tempo tra un album e l’altro erano principalmente dettati dai cambi di formazione e dalla difficoltà nel trovarci, provare e avere una costanza, malgrado io e il chitarrista fondatore fossimo delle vere e proprie ‘fornaci’ a livello compositivo. In tempi più recenti con l’attuale line-up (invariata ormai da 15 anni) vale di più il discorso che un album dei Cripple Bastards deve avere il suo giusto respiro essendo così legato alla realtà esterna, quello che si evolve e modifica con il passare degli anni: da quel che viviamo al nostro occhio sul mondo esterno… Insomma deve essere qualcosa che esce in modo totalmente spontaneo e naturale e quindi necessita di un periodo ben determinato di incubazione e sviluppo. Il forzarsi a ritmi da prodotto per mercato discografico su catena di montaggio è il meccanismo più autodistruttivo che possa esistere per una band tutta improntata su un approccio istintivo come il nostro. Poi ovviamente aggiungici il fatto che invecchiando e non facendolo per professione, i tempi della vita sono inevitabilmente questi”.
IL PRECEDENTE “VARIANTE ALLA MORTE” E’ APPUNTO USCITO NEL 2008. QUANDO AVETE EFFETTIVAMENTE INIZIATO A SCRIVERE I PEZZI DEL NUOVO ALBUM? NEL FRATTEMPO SONO USCITI UN ALBUM DI COVER, UN EP, UNA RISTAMPA… AVETE SUONATO LIVE MOLTO SPESSO. INSOMMA, QUANDO E COME SI E’ SVOLTO IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE DI “NERO IN METASTASI”?
“Terminato ‘Variante Alla Morte’ abbiamo passato oltre un anno a concentrarci sulle date per promuoverlo il più possibile. Dopo abbiamo realizzato l’album di cover ‘Frammenti di Vita’, uscito verso la fine del 2010. Nel frattempo avevamo già qualche pezzo nuovo in cantiere. Diciamo che la fase compositiva di ‘Nero in Metastasi’ è partita nel 2010 per chiudersi con le registrazioni iniziate nel giugno 2013. Quattro brani scritti nel 2010-2011 sono stati registrati in versione più spartana per l’EP ‘Senza Impronte’ e poi ripresi e riarrangiati meglio su ‘Nero in Metastasi’, con l’aggiunta degli altri 14 che formano il disco. La fase più intensa per questo nuovo full length è stata tra il 2012 e il 2013. Il processo compositivo parte da riff di chitarra che sgrossiamo e riarrangiamo nel tempo, poi jammando con la batteria si arriva a una struttura grezza che registriamo con un portatile tipo Zoom Q3. Su quella versione demo butto poi una linea di voce approssimativa in studio che viene in seguito ascoltata e discussa con il resto della band. Una volta definita la struttura vocale compongo il testo e lo adatto, e arriviamo all’ultima fase di ritocchi e al consolidamento definitivo del brano”.
“VARIANTE ALLA MORTE” E’ STATO UN GRANDE SUCCESSO, A MIO AVVISO. E’ STATO UN ALBUM MOLTO APPREZZATO E QUELLO CHE FORSE VI HA APERTO DEL TUTTO LE PORTE DEL PUBBLICO/CIRCUITO PRETTAMENTE METAL. VI SIETE SENTITI SOTTO PRESSIONE DURANTE LA PREPARAZIONE DEL NUOVO ALBUM? SE SI’, VI ERA MAI CAPITATO DI TROVARVI IN UNA SITUAZIONE SIMILE?
“La pressione non sta tanto nel fatto che non potevamo deludere le aspettative del pubblico metal e di chi aveva apprezzato ‘Variante Alla Morte’, quanto nel renderci conto che questo era il nostro album di esordio per Relapse dopo 25 anni di carriera, e quindi dovevamo tirare fuori il lavoro definitivo, il manifesto di quello che è il vero sound dei Cripple Bastards dopo un arco di tempo così lungo e travagliato. Io l’ho vissuta molto come una sfida personale, della serie ‘ora che hai a disposizione un canale più vasto e la tua voce può arrivare a molta più gente devi dare il meglio ed esprimere te stesso in tutto e per tutto’. E sono sicuro già da ora che questo disco sarà ancora più apprezzato del precedente, perché ciascuno di noi ci si è concentrato dando il massimo dell’ispirazione e delle energie, con nel cuore tutta la passione e lo spirito che ci accomuna e che ci ha portato a tenere duro per così tanti anni”.
TROVO CURIOSO CHE, QUANDO SI PARLA DI VOI, ALMENO NEGLI ULTIMI ANNI VENGANO QUASI SEMPRE CITATI IL SOLITO “MISANTROPO A SENSO UNICO”, “VARIANTE ALLA MORTE” E ADDIRITTURA LE COVER, MA QUASI MAI “DESPERATELY INSENSITIVE”. COME MAI SECONDO TE? FORSE PERCHE’ E’ OGGI MENO REPERIBILE DEGLI ALTRI? O E’ UN ALBUM CHE NON HA CONVINTO?
“In realtà, ‘Desperately Insensitive’ è l’album dei Cripple Bastards che ad oggi ha avuto la tiratura più alta (11.000 copie) e quindi credo sia facilmente reperibile. Per tanti motivi però è forse quello che ha avuto meno impatto sul nostro pubblico… era un album di assestamento ideato per introdurre la line-up rinnovata di allora, conteneva alcuni brani del passato ri-registrati e riproposti in chiave più ‘ordinata’, aveva una produzione troppo asettica e pulita rispetto alla valanga precedente (‘Misantropo A Senso Unico’) e quindi ha probabilmente spiazzato chi si aspettava l’ennesimo tritacarne ultra-blastato con chitarre distortissime. Resta comunque il fatto che sia un buon album di transizione che ha messo le basi per quel che è venuto dopo (‘Variante Alla Morte’) e che contiene brani che a sé hanno avuto un ottimo feedback, su tutti ‘Odio a Prima Vista’, ‘Partner Della Convenienza’, ‘When Immunities Fall’ o le rivisitazioni di ‘I Hate Her’ e ‘Being Ripped Off’…”.
TORNANDO A “NERO IN METASTASI”, QUALI SONO IL PRIMO E L’ULTIMO BRANO CHE AVETE COMPOSTO PER IL DISCO? PENSI CHE L’ULTIMO POSSA DARE INDICAZIONI SULLA STRADA CHE VORRESTE INTRAPRENDERE IN FUTURO?
“Il primo pezzo composto è stato ‘Regime Artificiale’, velocissimo e nervoso dall’inizio alla fine. L’ultimo invece mi sembra sia stato ‘Sconfitto di Ritorno’, che ha un’impronta molto hardcore e alcuni tra i blast beat più tirati nella storia dei Cripple Bastards. I brani più articolati e diversi dalla linea base che tutti si aspettano sono stati scritti nella fase centrale di preparazione dell’album, su tutti ‘Occhi Trapiantati’ e ‘Splendore e Tenebra’ (che per noi è un record, dura ben 9 minuti!). Non sono comunque indicativi sul percorso che potremmo intraprendere in futuro, perché essendo i Cripple Bastards così imprevedibili e a pari passo con la vita e la realtà di tutti i giorni, è impossibile far pronostici su che direzione ci sentiremo di seguire negli anni a venire”.
MI HA APPUNTO PARECCHIO COLPITO IL BRANO “SPLENDORE E TENEBRA”, CHE E’ FORSE L’EPISODIO PIU’ LUNGO E ARTICOLATO DEL VOSTRO INTERO REPERTORIO. PUOI RACCONTARE COME E’ NATO?
“L’idea di base era quella di fare un brano un po’ diverso dal nostro standard ma ben inseribile nel contesto ultra-negativo e malato dell’album. Avevamo un po’ di riff da parte, ma ancora non c’era una struttura ben definita. Poi è venuta a galla una mia idea di sempre, cioè quella di proporre una versione in chiave Cripple Bastards del poema ‘Jama’ (‘La Fossa’), scritto nella Seconda Guerra Mondiale da Ivan Goran Kovacic. La vedevo come una proposta molto ambiziosa perché nel 1987 i GRC, un gruppo croato post-punk industrial che ho sempre amato moltissimo, l’avevano già musicata attraverso il brano ‘Krv Je Moje Svijetlo I Moja Tama’ (‘Il sangue è la mia luce e la mia tenebra’) che secondo me era inarrivabile e unico. Così studiandoci un po’ la versione dei GRC e i riff che avevamo in cantiere abbiamo sviluppato e consolidato il brano. Poi una fase molto complicata è stata l’adattamento del testo, da cui abbiamo scremato ogni componente politica e positiva: si parla di un partigiano in una colonna di prigionieri condannati a morte. A tutti vengono prima strappati gli occhi, poi sgozzati e il colpo di grazia infierito con un martello che gli sfonda il cranio, quindi gettati in una fossa comune per poi essere ricoperti di calce viva. Il protagonista riesce in qualche modo a sopravvivere e descrive le sensazioni che prova ridotto alla cecità, brancolando in mezzo a questa distesa di cadaveri. Nella poesia lui riesce a risalire la fossa e scappare, nella nostra versione – per essere il più possibile pro-morte e staccata dal condannare o meno le atrocità di guerra, aguzzino o vittima – abbiamo rimosso qualsiasi barlume di speranza e di ritorno alla vita. Tornando al brano in sé, diciamo che si è partiti da una serie di riff per arrivare a una nostra rivisitazione de ‘La Fossa’ tenendo un occhio sulla fantastica versione dei GRC, ma negativizzandola ulteriormente e passandola attraverso l’occhio spietato dei Cripple Bastards”.
IN VARI PUNTI DEL DISCO SI NOTA UNA FORTE IMPRONTA THRASH. CHIARAMENTE TALE INFLUENZA HA SEMPRE FATTO PARTE DEL VOSTRO STILE, PERO’ TROVO CHE QUESTI SPUNTI SIANO PIU’ EVIDENTI SU “NERO IN METASTASI”, QUASI COME SE I RIFF AVESSERO MAGGIOR SPAZIO PER RESPIRARE QUESTA VOLTA. SEI D’ACCORDO?
“Più che al thrash c’è una maggiore attenzione verso il lavoro di chitarra e agli arrangiamenti in generale, che in questo album hanno trovato un punto di forza nell’introduzione del secondo chitarrista Wild Vitto. In realtà io sono l’unico nella band (forse per la componente legata al mio lavoro con FOAD Records) che è legato al thrash anni Ottanta; le influenze degli altri Cripple Bastards arrivano da ben altri settori. Quando senti riff che richiamano al thrash gli unici punti di riferimento possono essere stati Slayer, Ratos De Porao, alcune soluzioni dei Carcass (non quelli attuali però!) e roba più tirata tipo Wehrmacht. Assolutamente non, ad esempio, alla scuola teutonica del genere”.
NEL COMPLESSO, “NERO IN METASTASI” E’ PROBABILMENTE IL LAVORO PIU’ TECNICO E COMPLESSO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA. COME SIETE ARRIVATI QUI SECONDO TE? QUANTO SONO STATI IMPORTANTI UNA LINEUP STABILE, LA FORTE ESPERIENZA IN SEDE LIVE E, IN GENERALE, LA CRESCITA DEL LIVELLO TECNICO?
“Tutto quel che hai elencato ha giocato un ruolo determinante. Line-up stabile da ormai 15 anni, l’introduzione del secondo chitarrista, che ci ha aiutato moltissimo in fase di arrangiamento e stesura dei brani, la gavetta live e un forte senso di auto-critica basato soprattutto nell’aver dissezionato ad nauseam il precedente ‘Variante Alla Morte’ per individuarne i punti deboli che andavano perfezionati. Poi una carta vincente per arrivare a questo risultato è stata anche l’aver spalmato la registrazione su un arco di tempo abbastanza vasto, facendo sì che a riprese strumenti e voci completate abbiamo avuto oltre un mese per ascoltare e assimilare nel minimo dettaglio quel che avevamo fatto creandoci un’idea ben precisa su come andava impostato e affrontato il mix e il mastering”.
PER I TESTI DI “NERO…” SEI TORNATO ALL’ITALIANO, DOPO CHE SUL RECENTE EP “SENZA IMPRONTE” AVEVI INCLUSO “AGONY OF A REFORMED BAND”. COME E’ MATURATA QUESTA SCELTA?
“Non saprei, è un processo spontaneo dettato semplicemente da quel che ci va di fare. Il testo di ‘Agony of a Reformed Band’ nel momento in cui l’avevamo composta mi era uscito naturale in inglese – anche perché era un periodo in cui su varie interviste estere mi avevano chiesto cosa pensavo del discorso reunion e band rimesse in vita per forza; su questo album abbiamo poi riadattato il testo in Italiano perchè per creare un lavoro compatto e uniforme, era insensato sulla lunga durata mescolare brani in italiano con altri in inglese, quindi abbiamo optato per la classica linea Cripple Bastards tutto in italiano”.
UNA COSA CHE MI E’ SEMPRE PIACIUTA DEI CRIPPLE BASTARDS SONO APPUNTO I TESTI: VIOLENTI E NICHILISTI QUANTO SI VUOLE, MA SEMPRE PROFONDI ED ALTAMENTE CURATI SOTTO IL PROFILO LESSICALE. INSOMMA, ANZICHE’ ESSERE TUTTO UN SEMPLICE “SEI UNA MERDA, DEVI MORIRE”, I TUOI VERSI HANNO QUASI UN QUALCOSA DI POETICO, SE MI PASSI IL TERMINE. MI CHIEDEVO CHE COSA TI ISPIRA IN QUESTO SENSO, SE HA FATTO DETERMINATI STUDI IN PROPOSITO, SE SEI UN AVIDO LETTORE, SE TI SENTI INFLUENZATO DA QUALCHE SCRITTORE O CANTANTE/LYRICIST IN PARTICOLARE…
“Mi ispiro prevalentemente a quello che vedo intorno a me, al descrivere la realtà di tutti i giorni filtrata attraverso cinismo, negatività, ossessioni e quello che negli anni si è un po’ consolidato come stile lirico dei Cripple Bastards. Spunti da film, libri e altri musicisti sono abbastanza marginali: qualcosa c’è, ma sono minimi dettagli che magari aiutano nella ricerca di terminologie particolari. Un buon 80% dei testi che scrivo sono stati ideati mentre guido il furgone, per quello che faccio col mio lavoro sono sempre in strada al volante e mi annoto idee e spunti sul cellulare mentre mi smazzo kilometri di grigio tra Torino, Asti, Alessandria, Milano. Poi li metto per iscritto a casa e da lì arrivo alla stesura finale. Sono uno specchio della realtà che mi corre sotto gli occhi e nel cervello attraverso interminabili ore al volante”.
NON POSSO DIRE DI AVER LETTO E DI RICORDARE ALLA PERFEZIONE OGNI SINGOLO TESTO DEI CRIPPLE BASTARDS, MA MI SEMBRA CHE SUL NUOVO ALBUM VI SIANO UN PAIO DI EPISODI UN PO’ PIU’ DIRETTI SOTTO IL SUDDETTO PROFILO LIRICO. PARLO DI “PROMO-PARASSITA” E DI “AGONIA DI UN RIENTRO FORZATO” (OVVERO LA SUCCITATA “AGONY…”). AVRESTI VOGLIA DI SPIEGARE MEGLIO IL CONTENUTO DI QUESTI PEZZI?
“Sì, su questo album c’è un riallacciamento a testi-vendetta legati a esperienze vissute in prima persona, cosa che era una costante nel nostro passato, ma mancava quasi del tutto, ad esempio, su ‘Variante Alla Morte’. ‘Promo-parassita’ fa riferimento a una serie di situazioni che si sono sviluppate tra il 2012/2013 e hanno a che vedere con il nostro travagliato rapporto col fantastico mondo di agenzie di booking/promoter (sto parlando solo della sfera concerti), in particolar modo uno che mi ha più coinvolto come FOAD che con i Cripple Bastards e che da sempre gravita come un vero e proprio cancro in metastasi ladrando intorno alla scena di Milano, insieme alla sua corte di sudditi e leccaculi. Il testo è molto semplice e non necessità di spiegazioni, con frasi tipo ‘… a fantasia uccisa resta poi solo da intrattenere’, ‘… un filtro obbligato per chi ha bisogno di essere preso per il culo’, ‘… contamini un campo già razziato, è superfluo ma al passo coi tempi’, e così via. ‘Agonia di un Rientro Forzato’ parla delle band che vengono rimesse in piedi a tavolino per alimentare la logica da supermercato che fa funzionare festival e business musicale in questo periodo così passivo e privo di spunti. Anche qui essendo un testo molto diretto basta leggerlo per capire di cosa si parla”.
COME VI STATE TROVANDO CON LA RELAPSE? TUTTO SOMMATO, E’ LA PRIMA VOLTA CHE COLLABORATE CON UNA ETICHETTA DI TALE CALIBRO. VI TROVATE SULLA STESSA LUNGHEZZA D’ONDA O AVETE A CHE FARE CON DELLE DINAMICHE “DA COLOSSO DISCOGRAFICO” CHE NON INCONTRANO I VOSTRI FAVORI?
“Relapse è un’ottima etichetta gestita in modo serio e professionale, rappresenta la dimensione perfetta per i Cripple Bastards dopo tanti anni. Anche in passato con lo split 7” uscito nel 2006 e il 7” ‘Senza Impronte’ hanno fatto un ottimo lavoro con una copertura promozionale davvero notevole. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda e non penso proprio alle dinamiche dei colossi discografici, anzi, per me che lavoro con un’etichetta in crescita sono solo un grande esempio da seguire”.
PRESTO SARETE IN TOUR IN GIAPPONE, AUSTRALIA E STATI UNITI. CHE COSA TI ASPETTI DA QUESTE ESPERIENZE?
“Sono sicuro che torneremo entusiasti come è sempre successo ad ogni nostro tour oltre oceano. In particolare, il fatto di andare in Giappone per noi è un grosso sogno che si avvera: pensa che già nel 1996 eravamo in ballo per un tour lì insieme ai Corrupted, saltato all’ultimo a causa di una serie di inconvenienti assurdi, quindi ci è sempre rimasta dentro quella frustrazione che ora con sto tour verrà definitivamente sanata”.
ULTIMAMENTE IL GRIND E L’HARDCORE ESTREMO STANNO GODENDO DI UNA BUONA POPOLARITA’, ANCHE IN ITALIA E ANCHE TRA FRANGE DI PUBBLICO GIOVANI. TE NE SEI RESO CONTO? COME SPIEGHI IL “FENOMENO”? VEDI DI BUON OCCHIO IL “TREND” O PENSI CHE QUESTA MUSICA SIA FATTA PER RIMANERE UNDERGROUND?
“Lo vedo di buon occhio quando viene vissuto con il giusto spirito e passione e non viene interpretato come una moda di passaggio o una corrente di facciata per apparire estremi in determinati ambiti. Purtroppo in Italia c’è un grosso giro di perdenti derivati da generi come indie, emo e post-minchie varie che si ricicla dentro a grind, powerviolence e fastcore solo perché fa figo, ma in realtà sono moda pura destinati a sparire al primo colpo di vento”.
PER CONCLUDERE, VORREI SAPERE COME GIUDICHI LA RECENTE RISTAMPA DI “MISANTROPO A SENSO UNICO”. AMMETTO DI NON ESSERE IL TIPO CHE FA RICERCHE, MA HO L’IMPRESSIONE CHE SIA STATA ACCOLTA BENE, SENZA TROPPE ACCUSE DI AVER SNATURATO IL DISCO O ALTRE FISSE DA FAN DELLA PRIMA ORA…
“Sì, è notevole che proprio nessuno si sia fatto vivo con critiche integraliste da nostalgico dell’edizione originale. Sapendo appunto che era molto facile andare incontro a chi avrebbe storto il naso, abbiamo dedicato un periodo di tempo infinito al remix e remaster di questa edizione con una concetrazione maniacale, e secondo me oltre ad aver conservato nel minimo dettaglio il suono originale ha aggiunto un mucchio di dettagli che prima risultavano quasi impercettibili, oltre ad aver potenziato di brutto l’impatto e la violenza insita in questa registrazione. Personalmente ne sono soddisfatto al 100% e il feedback arrivato fin’ora è stato molto positivo”.