CRO-MAGS – L’età della speranza

Pubblicato il 22/08/2020 da

Accade talune volte che un’intervista già strutturata, tutta ben ordinata e scandita in base a delle domande ben precise, si trasformi improvvisamente in una lunga e piacevole chiacchierata. Tutta la pianificazione va letteralmente a farsi benedire e allora, come si dice in questi casi, si va ‘a braccio’, approfittando dell’assoluta disponibilità e loquacità dell’interlocutore. Così è andato l’incontro transoceanico con Harley Flanagan, leggenda assoluta dell’hardcore newyorkese nonché leader e ‘proprietario’ dei Cro-Mags. Direttamente dalla sua abitazione di Manhattan, con tanto di maxi quadro dello zio Lemmy sullo sfondo, Mr. Flanagan ci ha parlato del suo passato, del presente, di lockdwon, di concetti quali rispetto e speranza ed ovviamente anche dell’ultimo album a firma Cro-Mags, “In The Beginning”, che ha tracciato una sorta di linea sonora lunga trentaquattro anni, riportando di fatto in vita quel ‘C-Squat’ dove nel 1986 lo stesso Harley scrisse i brani dello storico “The Age Of Quarrel”. Sedetevi comodi quindi ed immergetevi nel pensiero made in Flanagan. Buona lettura.

CIAO HARLEY E BENVENUTO TRA LE PAGINE DI METALITALIA.COM: INNANZITUTTO COME STAI? COME PROCEDONO LE COSE A MANHATTAN?
– Abbastanza bene, grazie. Diciamo che non mi sono mai fermato: ho scritto parecchia musica negli ultimi tre o quattro mesi (l’intervista è stata realizzata a fine giugno,ndr). In particolare, sono stato in studio di registrazione nelle ultime tre settimane con Steve Zing, il bassista di Danzig, con il quale stiamo già pianificando qualcosa di nuovo (come postato dallo stesso Flanagan, un nuovo album è previsto già per il 2021, ndr). Ha uno studio davvero carino. E lo stesso produttore, Arthur Rasekh, lavorerà con me su questo disco. Mi sono tenuto molto impegnato anche perché, voglio dire, questa situazione era inaspettata. Per cui devi cercare di trovare qualcosa per essere produttivo, di occupare il tuo tempo in modo da non impazzire. Sto facendo del mio meglio.

HO VISTO CHE SULLA TUA PAGINA FACEBOOK HAI POSTATO DIVERSE FOTO MENTRE CORRI NEI PARCHI CIRCOSTANTI.
– Sì, con il lockdown mi è mancato molto poter uscire e fare un po’ di corsa ed ora, appena posso, mi tengo in allenamento. Purtroppo ho un vecchio infortunio al ginocchio che non mi consente di percorrere lunghe distanze, soprattutto sul cemento; preferisco quindi svolgere altri tipo di cardio-esercizi sempre però immerso nella natura. Per meditare è l’ideale e, devo ammetterlo, ho apprezzato molto questo strano periodo: mi ha dato la possibilità di poter ascoltare ancor di più il silenzio, i rumori della natura invece che quelli della quotidiana frenesia. E’ stato, e lo è tutt’ora, un momento particolare: conosco molte persone che purtroppo si sono ammalate, alcune abitano nel mio stesso palazzo, altre purtroppo non ce l’hanno fatta. Sono situazioni strane che vivo insieme alla mia famiglia: ho dei figli adolescenti e insomma, ‘sto fottuto virus è qui ogni giorno, per cui più che il ‘se’ ti viene quasi da chiederti ‘quando’; e così cerco di stare attento il più possibile.

HAI DETTO CHE SEI GIA’ RIENTRATO IN STUDIO PER PUBBLICARE NUOVA MUSICA. TORNANDO AL VOSTRO ULTIMO ALBUM “IN THE BEGINNING”, IN COPERTINA ABBIAMO IL ‘C-SQUAT’, DOVE TU SCRISSI LE CANZONI DEL VOSTRO PRIMO ALBUM. QUAL E’ IL TUO PRIMO RICORDO DI QUEI GIORNI? SE CHIUDI GLI OCCHI E TORNI CON LA MENTE A QUEL PERIODO, COSA VEDI?
– Vedo un appartamento vuoto, rotto, distrutto con muri mancanti che puoi vedere da una stanza all’altra, senza luce, senza acqua corrente, senza bagno, qualche fiammifero trovato per strada, il mio cane ed una coperta per scaldarmi. Non ho mai avuto nulla, ho affrontato parecchie difficoltà, ed ora sono qui e non posso che apprezzare tutto quello che ogni giorno la mia vita mi offre.

SE IL 1986 ERA “THE AGE OF QUARRELL”, COME DEFINIRESTI IL 2020?
– Sono consapevole che stiamo vivendo un momento davvero pazzo, quasi catastrofico ma, sono molto fiducioso. Lo vedo come un momento positivo, di cambiamento. Ogni cambiamento è sempre complicato, si sa, doloroso a volte e difficile da gestire ma, nello stesso tempo, risulta anche necessario. Non è la prima volta che l’umanità ha dovuto affrontare pandemie o pestilenze livello globale: la mia speranza è che da questa esperienza impareremo a come andare avanti nella vita in un modo più sicuro. Questo tipo di merda non è un qualcosa che puoi rimettere in una bottiglia e spazzare via: succederà di nuovo ma forse, quando accadrà, avremo una migliore comprensione di come affrontarla.
Con la speranza, ovviamente, che qualcuno non se ne approfitti ed ‘usare’ il tumulto che ha creato, soprattutto a livello economico, a suo piacimento; purtroppo di gente poco raccomandabile ve ne sono molte in questo mondo. Ma ripeto, rimango fiducioso, anche in merito a tutte le questioni razziali e le tensioni con la polizia che si stanno manifestando in questo momento negli Stati Uniti. Il mondo intero ha prestato attenzione ad un problema davvero importante: è terribile pensare che, per doversi arrabbiare, la gente abbia dovuto assistere alla morte di alcune persone davanti alle telecamere. Chissà, anche questa potrebbe essere una buona opportunità per un cambio significativo in merito ad un delicato argomento come il rispetto reciproco.

NEI TUOI POST CITI SPESSO LA PAROLA ‘RISPETTO’.
– Devi imparare a metterti nei panni dell’altra persona. Se hai intenzione di fare progressi, devi essere in grado di avere un dialogo. Se non riesci nemmeno a cercare di capire cosa sta pensando l’altra persona non ci sono fottuti progressi. Devi quasi metterti nella posizione di interpretare l’avvocato difensore del tuo nemico in questo momento, così da provare a capire cosa sta succedendo nella sua testa. Perché si sta comportando in questo modo? Che cos’ha? E quando puoi metterti in quella posizione, forse puoi vedere che ci sono alcune somiglianze con la tua situazione. Forse alla fine della giornata, ti renderai conto di avere le sue stesse convinzioni e un’opinione diversa su come ottenerle. Se però una persona è troppo coinvolta nella sua idea, non c’è spazio per il progresso. Non sono affatto di destra e nemmeno di sinistra. Penso che siano entrambe le ali dello stesso fottuto uccello. E penso che fino a quando le persone non saranno disposte a scendere a compromessi, finché le persone non saranno in grado di imparare a comunicare tra loro, non ci sarà vera speranza.

HAI PARLATO DEL TUO PASSATO: TORNANDO AL TITOLO DEL VOSTRO ALBUM, “IN THE BEGINNING”, GUARDANDO NELLA TUA DI STORIA, RIFARESTI TUTTO SENZA RIMPIANTI?
– Guarda, probabilmente lo farei di nuovo perché sarei lo stesso stupido giovane. Ho fatto molti errori? Sicuramente, ma il commettere errori fa parte della vita, credo, come la crescita sia imparare dagli errori commessi. Alcune persone poi non crescono mai, invecchiano e basta.

COME GIUDICHI “IN THE BEGINNING”? C’E’ UN BRANO CHE PREFERISCI PIU’ DI ALTRI? IN CUI TI RISPECCHI MAGGIORMENTE?
– No, non vi sono canzoni più meritevoli di altre: l’album dovrebbe essere ascoltato tutto d’un pezzo. Sono tutte singole canzoni, ok, ma doveva essere un movimento unico. Ecco perché ho dedicato molto tempo alla tracklist: volevo che seguisse un arco emozionale ben definito; un’introduzione potente con un climax continuo fino alla fine. Da qui anche la decisione di piazzare la strumentale “Between Wars” proprio sul finale: a quel punto del disco, stai davvero esplorando; arrivi ad un insieme di elementi jazz, funky. Il mio obbiettivo era quello di inserire più effluenti da generi diversi di musica; cercando di canalizzarli attraverso la mia visione. Non credo di suonare solamente un genere hardcore: suono musica hardcore incanalando altre influenze attraverso la mia visione. Ecco perché io, e quindi i Cro-Mags sono diversi dalle altre band. Non sono solo un ragazzo hardcore.

UNA PRIMA PARTE PIU’ POSSENTE CHE LASCIA POI IL POSTO A BRANI PIU’ INTROSPETTIVI: ELEMENTI CHE PORTANO “IN THE BEGINNING” AD IDENTIFICARSI COME UNA SORTA DI VIAGGIO NON SOLO MUSICALE MA ANCHE DI VITA.
– Perfetto, stai vivendo il disco nel modo in cui speravo. Era questo il mio desiderio: che le persone fossero in grado di capire il mio viaggio come persona e anche come musicista; ed è per questo che uso anche molti samples e suoni dalla strada e cose del genere, perché stavo davvero cercando di attirare le persone nell’umore, nell’atmosfera, nella mia esperienza, nell’esperienza di New York. Penso che se qualcuno non sia mai stato in una grande città come lo è New York, ascoltando il disco, in un certo senso è come se entrasse in questa realtà. La mia realtà unita alla fantasia di chi si mette all’ascolta, riescono a costruire quel viaggio di cui parlavi.

NELLA CANZONE “FROM THE GRAVE” APPARE NELLE VESTI DI SPECIAL GUEST PHIL CAMPBELL, STORICO CHITARRISTA DEI MOTÖRHEAD, UNA BAND ALQUANTO SIGNIFICATIVA PER LA STORIA DEI CRO-MAGS. TU CHE HAI AVUTO LA POSSIBILITA’ DI INCONTRARE LEMMY COME LO DESCRIVERESTI IN TRE PAROLE?
– (Dopo qualche secondo di silenzio)…The great one! Incontrai i Motörhead quando vennero per la prima volta a New York: avevo quindici anni e ho passato un paio di notti a fare festa con Lemmy e Philty Animal Taylor, andando nei club e prendendo crystal meth. Avevo solo quindici anni e ricordo di aver parlato con Lemmy della band che stavo costruendo. I Cro-Mags erano appena nati e mi chiedevo come avrei potuto fare per arrivare a quei livelli. Lui mi spiegò qualcosa circa l’intera faccenda del rock’n’roll business, di come ottennero un contratto discografico e di come pubblicarono un disco. Ed ecco che, alcuni anni dopo, i Cro-Mags suonarono proprio con i Motörhead, in occasione del tour di “Orgasmatron”. È stato allora che ho incontrato Phil Campbell. Con lui e con i Motörhead abbiamo avuto la fortuna di fare molti altri show nel corso degli anni in diversi festival. E’ stata un’esperienza emozionante: musicalmente sono sempre stati di grande ispirazione. E pure Lemmy a suo modo mi ha insegnato diverse cose sul vivere la propria vita nel modo in cui credi; non necessariamente come lui, anche perché stare ai suoi ritmi era davvero dura… La gente chiama Elvis il re del rock’n’roll. Chiedo scusa a tutti ma per me l’unico re del rock’n’roll era Lemmy.

POCO FA HAI DETTO DI NON ESSERE SOLAMENTE UN ‘RAGAZZO HARDCORE’: COME DEFINISCI IL TUO RAPPORTO CON L’HARDCORE?
– In parecchi mi chiedono in che modo l’hardcore sia entrato a far parte della mia vita. In realtà, non è entrato affatto: io, con altri, ero una delle persone che l’ha costruito e diffuso. Eravamo punk rocker ed abbiamo iniziato a suonare più veloce ed estremo; ne facevo parte, come Henry Rollins, come i Bad Brains. Siamo le ‘ragioni’ dell’hardcore, non ci siamo mai entrati. Ecco perché la nostra musica suona ancora unica. Non avevamo regole e nel momento in cui cerchi di stabilirle, nel momento in cui cerchi di definire come deve suonare, ecco che l’hai ucciso. Noi eravamo unici, come lo erano gli Agnostic Front, i Mob, i Cause Of Alarm e tutte le altre band che con noi hanno formato l’hardcore.

CREDI QUINDI CHE LA NUOVE GENERAZIONE DI BAND HARDCORE RIESCANO AD ESSERE UNICHE COME VOI, OPPURE VI E’ UNA SORTA DI IMITAZIONE DEL PASSATO?
– Non direi imitare, parlerei piuttosto di influenza perchè non voglio insultare l’integrità di nessuno. Penso infatti che tutti stiano cercando di fare qualcosa di interessante e tutti stiano facendo qualcosa che gli piace, dando ognuno il suo meglio. Quindi non lo criticherò, anzi ti dirò che recentemente ho visto band più interessanti di quelle negli anni Novanta. Ho visto alcune buone band in tour: non ricordo tutta la loro musica, ma mi è piaciuto quello che ho sentito.

LO SCORSO MARZO AVETE SUONATO IN LIVE STREAMING IN QUELLO CHE E’ STATO DEFINITO COME IL ‘QUARANTINE SHOW. C’HE ESPERIENZA E’ STATA?
– E’ stato tutto un po’ strano; era una cosa anzi, credo in realtà che siamo stati la prima band a farlo. Devi trarre il meglio da una brutta situazione; questo è ciò che le persone imparano, o dovrebbero imparare, a fare se le cose non vanno come vorrebbero. Dovevamo suonare con i Body Count quella sera e fino a ventiquattro ore circa prima dello show tutto era ancora confermato. La situazione è poi degenerata, con tutte le chiusure e i divieti che ne sono conseguiti. Allora ci siamo guardati e abbiamo detto: ‘sai quando la facciamo?’ Abbiamo impostato tutta la nostra attrezzatura, allestito il nostro sfondo e abbiamo praticamente suonato uno spettacolo che è stato trasmesso sui social media di tutto il mondo. Invece di suonare di fronte a millecinquecento persone reali abbiamo voluto suonare di fronte a circa duecentomila persone sparse in tutto il mondo. È stata una nuova esperienza che sono sicuro vedremo molto più spesso prossimamente: so che molti festival per esempio stanno iniziando ad organizzarsi in tal senso. E quindi, come detto prima, ancora una volta da un qualcosa di brutto è venuto fuori qualcosa di interessante.

VISTO QUINDI CHE TUTTE LE DATE PREVISTE PER IL 2020 SONO STATE ANNULLATE, AVETE GIA’ PENSATO AD UN’EVENTUALE LORO RIPIANIFICAZIONE?
– Certamente: tutti i festival cancellati quest’anno sono stati tutti riprogrammati per il prossimo anno. E con essi anche diverse altre date: andrò in posti in cui non sono mai stato, come in Russia. Andremo in Giappone: ci sono già stato ma mai con i Cro-Mags. Saremo in Scozia e in Irlanda e in altri posti in cui i Cro-Mags non sono mai riusciti a suonare. E spero di poter venire anche in Italia: alcuni dei miei migliori fan e amici sono italiani; voi siete troppo passionali!

ULTIMA DOMANDA HARLEY: SE TI DICO CRO-MAGS JM, COSA MI RISPONDI?
– So che fanno qualcosa, scrivono qualche canzone.

BENE HARLEY, GRAZIE PER LA DISPONIBILITA’, A TE LE ULTIME BATTUTE.
– Spero che tutti facciano del proprio meglio per cercare di rimanere al sicuro andando avanti in futuro. Non dimentichiamoci le lezioni che abbiamo imparato dal passato e proviamo a pensare globalmente invece che solo a noi stessi. Personalmente ho passato abbastanza della mia vita a combattere le cazzate. E finalmente ora ho trovato un po’ di pace. In realtà credo sia l’unica cosa che dovremmo cercare: un po’ di pace dentro di noi.

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