D.D. Verni il risoluto, D.D. Verni il malinconico, D.D. Verni l’antisocial. Un quadro lineare e ben definito quello che traspare dall’intervista realizzata con il bassista e fondatore degli Overkill. Parole intrise di passione per la musica, quella pesante, quella metal, per la quale il musicista americano ha speso, e sta spendendo, la sua vita. Concetti chiari, semplici e genuini che vanno anche a descrivere il suo nuovo percorso da solista, sfociato nel recente “Barricade”: una sorta di raccolta in chiave revival di tutti i suoi primi amori, ovviamente sonori. Tra un pezzo punk, uno rock e un altro più heavy, il nostro Carlo Verni ci ha spiegato dove è nata l’idea di alzare questa “Barricade”, cosa si nasconde dietro questo curioso titolo, lasciandoci un tantino di stucco quando il discorso si sposta sulla scena metal italiana. Entriamo quindi nello studio-bunker del buon D.D. e mettiamoci comodi. Buona lettura!
CIAO D.D. E BENVENUTO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM! ALLORA, COME E’ NATA L’IDEA DI REALIZZARE UN ALBUM SOLISTA? E’ UN QUALCOSA CHE VOLEVI FARE DA TEMPO OPPURE E’ STATO PIANIFICATO RECENTEMENTE?
– Sinceramente, non ci avevo mai pensato. Avevo nel cassetto diverse canzoni, che avevano un suono completamente diverso dal tipico sound degli Overkill o dei Bronx Casket. Avevano un’energia differente ma, nonostante questo, non sapevo come utilizzarle. Ho pensato ad un’eventuale nuova band ma alla fine, ho deciso che il modo migliore per darle in pasto ai fan era quello di farlo con un album solista. E da qui ecco “Barricade”.
COME E’ AVVENUTA LA SCELTA DEGLI SPECIAL GUEST? HAI COMPOSTO PRIMA LA MUSICA E QUINDI HAI DECISO CHI INVITARE, OPPURE AVEVI GIA’ IN FASE DI COMPOSIZIONE AVEVI BEN PRESENTE DETERMINATI MUSICISTI?
– Ho scritto tutti i brani senza pensare molto a come avrei potuto riprodurre i vari assoli presenti. E’ stata mia moglie, sentendomi riflettere a voce alta sull’album, a suggerirmi di contattare qualche amico per capire se avesse intenzione di collaborare. E così ho fatto. Ho chiamato alcuni ragazzi conosciuti durante i vari tour e, con un po’ di sorpresa, hanno accettato immediatamente l’invito.
QUINDI NON VI SONO STATE DIFFICOLTA’ NEL CONTATTARLI E CONVINCERLI A SUPPORTARTI IN QUESTO TUO NUOVO PROGETTO?
– Assolutamente no, anzi: i ragazzi sono stati tutti molto disponibili. Alcuni di loro, pur momentaneamente impegnati, mi hanno assicurato che nel giro di qualche settimana, si sarebbero fatti trovare pronti. Ciò mi ha fatto molto piacere anche perché, non avendo ancora un’etichetta, non dovevo neppure rispettare delle scadenze di release. Ci siamo dati quindi appuntamento nel mio studio ‘casalingo’ dove abbiamo potuto lavorare a nostro agio e senza alcuna pressione.
IN PASSATO, CON I BRONX CASKET (“ANTIHERO” DEL 2011) HAI GIA’ AVUTO MODO DI CANTARE DA SOLISTA. CON “BARRICADE” SEI TORNATO NUOVAMENTE DIETRO AL MICROFONO: HAI NOTATO QUALCHE DIFFERENZA CON IL CANTO A DISTANZA DI SETTE ANNI DALLA TUA ESPERIENZA VOCALE?
– No, direi che le cose sono andate come mi aspettavo. Sapendo che i brani che andavo a comporre li avrei poi dovuti cantare io stesso, ho scritto i vari pezzi con questo concetto ben impresso in testa. Solitamente, infatti, per prima cosa scrivo la musica: in questo caso ho invece alternato parti musicali ad altre vocali realizzando parecchi passaggi orecchiabili… da coro. E questo, quando componi un brano suonando una chitarra e cantando nello stesso momento, penso che sia un risultato più che auspicabile.
L’ALBUM S’INTITOLA “BARRICADE”: C’E’ UN MOTIVO PARTICOLARE?
– Ce ne sono due. Il primo riguarda mia moglie: spesso, infatti, quando qualcuno le chiede dove sono, lei risponde con un “…è barricato in studio!“. Lì dentro non vi sono finestre, non vi sono telefoni, non c’è internet, siamo solo io e la musica, con la quale posso entrare in contatto senza altri tipi di distrazione. La seconda barricata è più personale: ho, infatti, alzato un muro nei confronti di qualsiasi social network e simili; ho bloccato tutte quelle notizie che portavano odio ed energie negative nella mia vita. La vita è troppo breve e non merita di essere riempita da questa spazzatura mediatica.
COME HAI CONFERMATO IN SEDE DI PRESENTAZIONE DI “BARRICADE”, I VARI PEZZI RIFLETTONO LE TUE INFLUENZE MUSICALI. CI PUOI DIRE QUALCOSA IN PIU’ CIRCA IL TUO BACKGROUND MUSICALE AL DI FUORI DEL MONDO OVERKILL? CHE MUSICA ASCOLTAVI IN PASSATO E COSA INVECE STAI ASCOLTANDO ORA?
– Guarda caso i miei primi ‘amori’ furono proprio l’heavy metal ed il punk. Da una parte i Ramones, i Dead Boys e i Sex Pistols per l’attitudine e l’energia trasmessa; dall’altra i Kiss, con i loro leggendari anthems, e i riff griffati doom dei Black Sabbath. Diciamo quindi che la mia formazione da musicista arrivò da queste band… fino a quando ascoltai i Motörhead. Loro erano il perfetto mix tra queste due identità: rimasi colpito, spiazzato e da qui arrivò la passione e la voglia di sperimentare nuova sonorità. A conti fatti, penso che parecchie thrash band abbiano percorso questa sorta di evoluzione anzi, credo proprio che il thrash sia nato così. Attualmente sto ascoltando molto i Ghost, l’ultimo album è davvero top, e i Volbeat, una delle mie band preferite.
IN “(WE ARE) THE BROKEN ONES”, ANCHE SE IN UN FORMATO PIU’ LEGGERO, SENTIAMO IL TIPICO ‘OVERKILL-SOUND’. TUTTI GLI ALTRI BRANI SONO INVECE MOLTO DIFFERENTI RISPETTO A QUANTO SEI SOLITO SUONARE: UN ESEMPIO SU TUTTI E’ “WE WERE YOUNG”. CI PUOI DIRE QUALCOSA DI PIU’ SU QUESTA CANZONE?
– Volevo scrivere una canzone che mi riportasse per un momento negli anni della mia gioventù: mi piaceva l’idea di ricordare com’eravamo, come ci divertivamo. Ed anche oggi, durante i vari festival, vedo moltissimi giovani accampati fuori dalle arene che si divertono e bevono birra; esattamente come noi. Avevo in giro dei riff che suonavano come una sorta di inno ed altre idee per una specie di ballata: pensavo che insieme potessero andar bene e così la canzone ha preso forma. Sviluppandola, ho notato che l’assolo suonava molto Queen e così ho iniziato a pensare a chi potesse farlo: alla fine ho chiamato Steve Leonard il quale, tra le altre cose, suona in una cover band chiamata “Almost Queen”, semplicemente fantastica. Chi meglio di lui quindi? E così è stato, realizzando un lavoro davvero notevole.
COS’E’ PER TE LA MUSICA? ED IN PARTICOLARE L’HEAVY METAL?
– Sinceramente non sono un fan di molti generi musicali. Su cinquecento Cd che possiedo, probabilmente 475 di questi sono metal, rock o punk. Il metal è sempre stato il mio preferito. Non c’è niente di simile. Non ho mai capito come alcune persone possano ascoltare musica diversa in base allo stato d’animo che hanno. Se anche in tarda serata dovessi essere seduto alla mia scrivania, con molta probabilità il mio stereo passerà gli Slayer. Ma è solo perché mi piace. Se mi sto rilassando non devo ascoltare per forza gli Eagles. Questa cosa faccio fatica a capirla poi, per carità, ognuno ragiona con la sua testa.
SECONDO TE IL METAL E’ CAMBIATO MOLTO DAI TEMPI IN CUI AVEVI I CAPELLI PIU’ LUNGHI?
– Le band cambiano, gli stili cambiano ma il principio di base è rimasto il medesimo. Il metal è sempre stato al di fuori dal mainstream, un genere onesto, sincero. C’è stato un periodo in cui diventò più commerciale, con quelle hair band che ‘peggiorarono’ ulteriormente le cose. A parte questa parentesi, il metal è sempre stato al di fuori degli schemi, dedicato a coloro che mettono la musica al primo posto.
SE DOVESSI TROVARE NELLA TUA CARRIERA IL RIMPIANTO PIÙ GROSSO ED IL RISULTATO PER CUI TI SENTI PIÙ FIERO, QUALI SCEGLIERESTI?
– Uno dei motivi d’orgoglio più grande è sicuramente la longevità degli Overkill. Siamo arrivati al diciannovesimo album registrato in studio (in uscita il prossimo 22 febbraio), abbiamo predefinito un nuovo tour mondiale, in questi anni i fan sono aumentati, apprezzando anche i nuovo lavori. Tutto ciò è semplicemente fantastico; non ho quindi rimorsi o rimpianti. Le cose nella mia vita e, in contemporanea, con la band proseguono molto bene: produciamo e andiamo in tour ma non così tanto da togliere del tempo da dedicare alla mia famiglia. E’ tutto ben equilibrato e ciò mi porta a dire che questo momento è con tutta probabilità il più felice della mia vita.
D.D, LE TUE ORIGINI SONO ITALIANE? COSA NE PENSI IN MERITO AL METAL TRICOLORE?
– Ah sì certo; sono italiano. La mia famiglia ha origini baresi ma purtroppo non ho molta conoscenza della scena metal italiana: conosco i Lacuna Coil ma nulla più, mi spiace.
SE TI DICO MOTÖRHEAD, COSA MI RISPONDI?
– Lo standard con cui tutti siamo giudicati.
QUALE LAVORO TI SAREBBE PIACIUTO FARE SE NON AVESSI IMBRACCIATO IL BASSO?
– Mi sarebbe piaciuto frequentare una scuola di cinema. Penso che sarebbe stato divertente ed eccitante. Un po’ come avviene nel mondo della musica: puoi visitare luoghi diversi, aumentare la propria creatività, lavorare con nuove persone. Penso che sarebbe stata un’esperienza davvero interessante.