Foto prese dal sito ufficiale di Dan Swanö
Se dovessimo giocare a nominare i produttori che hanno creato un suono, il nome di Dan Swanö comparirebbe sicuramente nei primi tre.
Pochi studi hanno infatti tenuto a battesimo una quantità di dischi storici del metal come i suoi Unisound: “Storm Of The Light’s Bane”, “Opus Nocturne”, “Orchid”, “Dark Funeral” (l’EP), “Dance Of December Souls” ma anche i maggiori successi dei Millencolin, per esempio, senza contare la marea di album ‘minori’ registrati o masterizzati lì.
Dan però è anche un musicista poliedrico che nel tempo ha guidato creature come Edge Of Sanity, Nightingale, Pan-Thy-Monium e molte altre. Da sempre poco avvezzo a suonare live ma estremamente loquace e alla mano nelle relazioni, il buon Dan grazie al supporto della Century Media sta procedendo a ristampare una parte importante del proprio catalogo, liberandolo per sempre dalle costrizioni che al tempo il contratto con la Black Mark gli aveva imposto.
Per chi non lo sapesse, la Black Mark è l’etichetta storica gestita nientemeno che da Boss, padre del leggendario Quorthon dei Bathory. Si è scritto tantissimo riguardo le vicende della Black Mark nel tempo, e molte band non hanno opinioni lusinghiere del buon Boss (al secolo Borje Försberg), quindi vi invitiamo prima a leggervi questa intervista e poi a ritrovare in rete (o nel libro “Blood Fire Death -The Swedish Metal Story”, ancora disponibile) una marea di aneddoti ulteriori.
La conversazione con il buon Dan, da parte nostra, è stata piacevole, un flusso di racconti che non ha davvero avuto bisogno di chissà quali domande per fluire libero: insomma, il sogno proibito di ogni intervistatore!
A voi il resoconto della chiacchierata.
Edge Of Sanity, 1991, foto d’archivio
CIAO DAN! LA PRIMA DOMANDA E’ MOLTO SEMPLICE. PERCHE’ RISTAMPARE ORA UNA PARTE DEI TUOI DISCHI?
– Direi che era proprio il momento, ormai! Non vedo alcuna ragione per cui questi dischi non fossero prima o poi ristampati come si deve. In alcuni casi le release originarie erano già più che buone in termini di suono e di layout, altre decisamente meno (ride, ndr); aggiungici poi anche i problemi di distribuzione, avrai il quadro completo. Alcuni di questi dischi sono stati stampati una volta soltanto.
La nostra precedente etichetta, la Black Mark, si occupava fondamentalmente di death e black metal e pensavano fosse giusto stampare un disco dei Nightingale una volta soltanto – anche solo per farmi contento – e tirare un sospiro di sollievo una volta vendute le copie e non occuparsene poi più, senza mai cercare di trovare canali distributivi migliori, tra l’altro. “Moontower” (album di Dan Swanö solista, ndr) ha avuto lo stesso destino, ovvero quello di rimanere incastrato in logiche di mercato legate a problemi fra le label. Uscì nel periodo in cui la Black Mark sembrava potesse essere in qualche modo agganciata ai canali della più grande SPV.
PER POI FINIRE IN TRIBUNALE, GIUSTO, E NON FINI’ PROPRIO BENE FRA LE DUE…
– Esatto. Poi la Black Mark chiuse e sono nati tutti quei celebri episodi riguardanti il vecchio catalogo degli Edge Of Sanity e delle altre mie band che nel tempo ho raccontato. Come quella volta che Boss ricevette una telefonata dal porto di Berlino in cui lo avvisavano che era arrivato un container – o due, ora non ricordo di preciso – di dischi restituiti dagli States in quanto il distributore locale era fallito.
Boss mi disse che dentro a quel container c’erano un paio di Mercedes, in quanto a valore. Il sistema di distribuzione prevedeva anche questo, anche se non è molto noto. In quel momento la Black Mark era chiusa: non avrebbero avuto la possibilità di vendere tutta quella roba.
ALMENO I DISCHI DEGLI EDGE OF SANITY PERO’ NEL TEMPO HANNO GIRATO – IN UNA FORMA O NELL’ALTRA – E TU HAI ACQUISITO UNA CERTA FAMA COMUNQUE…
– Sì, qualche momento buono c’è stato, soprattutto attorno alla release di “Purgatory Afterglow” e “Crimson” quando, grazie ad un buon agente e una adeguata distribuzione sul territorio americano, le cose sono state fatte per bene, ma non è sempre stato così.
QUINDI, VERRA’ RIPUBBLICATO TUTTO IL CATALOGO DEGLI EDGE OF SANITY, QUELLO DEI NIGHTINGALE E POI? ALTRO ANCORA? NON E’ STATO FORNITO UN PIANO COMPLETO, MI PARE…
– Questa campagna è stata fatta per essere annunciata passo dopo passo, un paio di titoli alla volta. Non posso dirti quali e in che ordine verranno pubblicati ma spero proprio che tutto quello che ho fatto con la Black Mark rivedrà la luce, alla fine. Personalmente per me è come poter avere, in qualche modo, una macchina del tempo e sistemare alcuni dei problemi che alcuni dischi hanno avuto sia graficamente che a livello di suono.
Oltre a questo, i titoli sono disponibili finalmente in modo accessibile e tutti, attraverso i siti della Century Media, possono procurarseli con pochi click.
Tra l’altro non sarà una ristampa temporanea: i vinili neri e i CD saranno tenuti in catalogo. Ho anche lavorato sulla qualità del suono per il caricamento su Spotify e le piattaforme, visto che – roba da non credere – in alcuni casi erano stati utilizzati degli mp3 per il caricamento e quindi non proprio il massimo della qualità.
L’anno scorso ho compiuto cinquant’anni, questa è la mia ultima possibilità per sistemare quanto fatto. Con l’appoggio della Sony, tramite la Century Media, finalmente non sembrano esserci problemi di budget per poter fare le cose nella maniera migliore!
STAI SVUOTANDO L’ARCHIVIO, QUINDI..
– Non solo il mio! Mi sto occupando di recuperare da altre persone videocassette, poster e varie fonti sonore per poter scansionare e realizzare nuove immagini, oltre a sistemare molto materiale d’archivio che è rimasto finora solo in formato analogico. E’ il momento di mettere a posto un po’ tutto quello che è rimasto in sospeso da metà anni Ottanta fino al 2006, grosso modo.
QUANDO TI RIFERISCI AI ‘PROBLEMI’ SULLE VECCHIE USCITE, HAI QUALCHE ESEMPIO SPECIFICO DI CORREZIONE CHE SECONDO TE ANDAVA E ANDRA’ FATTA?
– “Nothing But Death Remains” (album degli Edge Of Sanity, ndr) è sempre stato problematico fin dall’inizio: l’etichetta – ovvero Boss in persona – entrò nel processo produttivo, facendo un pre-mastering in cui spostò l’ordine delle canzoni e cambiò il suono, aggiungendo molto più il basso. Nel disco, poi,ci sono degli sbalzi di volume, quattro o cinque volte, che non hanno spiegazione e non sono mai stati sistemati fino ad adesso. Ci siamo accorti di quel tipo di suono solo quando abbiamo ricevuto i dischi, al tempo. A quel tempo credevamo molto nel gruppo e quelle furono delle delusioni progressive.
Tutto il lavoro fatto non ci stava portando, per svariati motivi, dove pensavamo di poter arrivare, inclusi ovviamente errori vari nella produzione e nella realizzazione degli album. Anche la copertina non venne stampata con i colori che ci aspettavamo, non avrebbe dovuto essere così blu! L’originale doveva essere molto più oscura e maligna, come immagine. In nessuna di queste decisioni siamo stati coinvolti.
E’ SEMPRE STATO COSI’ POI NELLA RELAZIONE CON LA BLACK MARK?
– No, assolutamente. Già da “Unorthodox” (altro album degli Edge Of Sanity, come anche gli altri citati nella risposta, ndr) eravamo in controllo di tutte le fasi della produzione e non abbiamo voluto Boss attorno in studio, a parte per pagare (ride, ndr)! Considero “Unorthodox” perfetto sin dalla prima versione, a differenza del nostro debutto. Ovviamente adesso lo produrrei in modo un po’ diverso, ma al tempo uscì esattamente come lo volevamo.
Ritornando al discorso dei problemi: “The Spectral Sorrows” non ha un suono di batteria particolarmente riuscito e volevamo una copertina differente.
Non ti sto dicendo che il lavoro di Dan Seagrave sia brutto, ma avevamo in mente qualcosa di completamente differente. Non c’è stato assolutamente tempo per studiare un’alternativa e abbiamo dovuto accettarla, tutto qui. Non sono nemmeno un grande fan del layout di “Infernal” e, tornando alle copertine, nemmeno “Crimson” rispecchia quello che avrei voluto vedere nonostante sia anch’essa una bella copertina; ho sempre pensato dovesse essere un’immagine molto più vicina ad uno stile fotografico con meno elementi fantasiosi.
Se devo pensare al fattore ‘controllo’, con Nightingale mi sono sempre sentito più al timone delle varie uscite ma era anche vero che erano dischi che alla Black Mark non interessavano più di tanto. Li ho sempre percepiti in qualche modo come uscite fatte in ‘ritardo’ rispetto a quello che avrebbero potuto ottenere se realizzate in un momento migliore.
HAI VISSUTO DIFFERENTI PERIODI DEL SISTEMA MUSICALE.
SE CONTIAMO POI IL TUO LAVORO DI PRODUTTORE, DOVRESTI VERAMENTE ESSERE IN GRADO DI CONFRONTARE PASSATO E PRESENTE SENZA REVISIONISMI O INAPPROPRIATE NOSTALGIE DI UN TEMPO CHE FORSE, NON C’E’ MAI STATO COSI’ COME LO SI DIPINGE: ESISTEVANO ANCHE ALLORA PICCOLE LABEL CON BUDGET RISICATI, PROBLEMI DISTRIBUTIVI E QUANT’ALTRO.
PER ESEMPIO, STA DIVENTANDO EVIDENTE COME LE LABEL DI UNA VOLTA INVESTISSERO DI PIU’ SOLDI REALI NEGLI ARTISTI, MA DETTAVANO LINEE MOLTO RIGIDE SULLE SCELTE. LE STORIE DELLA EARACHE O DELLA NOISE DEI BEI TEMPI ORMAI SONO DI DOMINIO COMUNE…
– Penso che entrambi i sistemi discografici abbiamo dei lati positivi, di sicuro ora l’artista ha molta più libertà di esprimersi…
ANCHE PERCHE’ METTENDOCI PERSONALMENTE I SOLDI E CONSEGNANDO PRODOTTI FINITI ALLE ETICHETTE…
– Esattamente. Per quanto ci riguarda, del vecchio sistema discografico di sicuro non posso dire che la Black Mark, “Nothing But Death Remains” escluso come ti ho raccontato, interferisse poi così tanto con il processo produttivo. Non ci pagavano granché, d’altronde. E’ sempre mancata la distribuzione adeguata e il supporto ai tour. Erano una etichetta già allora ‘vecchia scuola’ e noi avremmo dovuto avere un manager, una crew, qualcuno che si occupasse di trovarci i tour giusti per crescere ancora. Avremmo dovuto avere molto più controllo e gestirci come fossimo un’azienda. Pian piano abbiamo capito che non faceva per noi e abbiamo continuato ad avere i nostri lavori regolari. Questo non posso negarlo.
C’è un sistema in cui le band che vendono ricevono giustamente la possibilità di crescere, sia in senso economico che musicale. Guadagnano di più e la loro musica diventa accessibile a più persone. Ci sono però anche gruppi, come lo siamo stati noi, che non hanno avuto un grosso interesse a proseguire su una strada di questo tipo. Con gli Edge Of Sanity ci bastava pubblicare un disco ogni due anni e divertirci e così alla fine è stato, anche con gli altri progetti in cui sono stato coinvolto, più avanti.
Anche perché, per mantenere il proprio status di ‘crescita’, il sistema delle etichette pretende che i gruppi continuino a mantenere un certo ritmo. Se hai pubblicato un singolo di successo, di sicuro ne vogliono altri…
E’ QUINDI UNA QUESTIONE DI LUNGA DURATA, VERO?
– Sì. Molti gruppi scrivono un singolo o un disco di successo, crescono, e poi si ritrovano coinvolti in un sistema che deve continuare ad andare avanti nella stessa maniera, spesso a loro discapito. E’ successo a moltissime band di continuare a dover innalzare il livello, sfornando poi dischi che magari non sentono propri.
La mia band preferita, i Marillion, questo tipo di meccanismo l’ha provato sulla propria pelle. Non è un caso che proprio i Marillion abbiano inventato una sorta di crowdfunding, arrivati ad un certo punto, per poter lavorare sulla musica che davvero volevano senza imposizioni di sistema. E’ successo a centinaia di gruppi, oltre a loro, questo è solo un esempio.
Per concludere, credo che il miglior sistema discografico possibile sia quello in cui i gruppi possono essere autonomi economicamente nella fase produttiva in modo da ottenere la loro visione artistica e solo successivamente creare un certo tipo di riscontro tale da interessare il sistema discografico. Dalle mie parti c’è una band chiamata Nestor che ha fatto, nel suo piccolo, esattamente questo percorso. Se i Nestor esistono così come li conosciamo, è perché hanno avuto la loro visione e solo ora godono del supporto del sistema discografico. Se qualche label avesse avuto accesso alla loro musica prima, sono certo che avremmo avuto risultati molto diversi. L’autoproduzione ha i suoi vantaggi.
C’è qualcosa di speciale nella musica delle band che credono fortemente in loro stesse, qualcosa di particolare che puoi percepire, una genuinità che in altre situazioni più strutturare non si riesce a trovare sempre! Le grandi etichette sono utili da un certo punto in poi, ma come partner. Nemmeno i Ghost sarebbero così come sono ora se una grande casa discografica fosse entrata nel percorso artistico nelle primissime fasi. Non credo che le idee di Tobias sarebbero state accolte dalla mentalità standard delle etichette.
STIAMO PARLANDO DI UN SISTEMA PERO’ CHE HA TEMPI DIVERSI DA QUELLO ‘RAPIDO’ E IMMEDIATO CHE SPESSO VEDIAMO. CHE NE DICI?
– Sì, assolutamente. Capiamoci, quando parliamo di Peter Frampton che improvvisamente vende milioni di copie del suo disco dal vivo, parliamo di un sistema comunque differente da quello di oggi (si riferisce a “Peter Frampton Comes Alive”, caso discografico degli anni ‘70 e tuttora uno dei dischi dal vivo più venduti di sempre, ndr). Parliamo di un momento in cui era permesso ai gruppi di vendere decentemente per tre o quattro album per poi approdare al disco dell’esplosione commerciale, se così vogliamo chiamarla.
Ci voleva tempo per far crescere gli artisti, ovviamente controllando costi e ricavi, e solo dopo un certo periodo le band potevano esplodere. Con la riduzione dei budget da parte delle etichette discografiche nel mercato di oggi, è in qualche modo tornato ad essere così.
Nightingale live, foto d’archivio
TUTTE LE RISTAMPE FINORA SONO DOPPIE, MA NON VEDO INEDITI. C’E’ UN MOTIVO SPECIFICO? NON HAI MAI ‘AVANZATO’ NIENTE NEL TEMPO DA POTER RIPUBBLICARE?
– Per la prima parte delle ristampe non ci sono molti inediti ma in futuro, nelle prossime uscite, appariranno. Alcuni dischi dei Nightingale, in particolare “I”, hanno parecchio materiale mai uscito prima tra demo e versioni alternative. Non ci saranno più di tanto inediti però, perché abbiamo quasi sempre registrato tutto quello che avevamo al tempo. Ci sarà comunque materiale che poche persone hanno già sentito.
PUOI DIRCI QUINDI ALMENO LA LISTA DEI GRUPPI DI CUI SI OCCUPERANNO LE RISTAMPE? VOLENDO CI SAREBBERO UN SACCO DI PROGETTI ORMAI DIFFICILI DA RECUPERARE…
– Il catalogo Black Mark e quindi Edge Of Sanity, Nightingale e “Moontower”. Per ora stiamo parlando di questa mia parte della carriera. Spero davvero di poter ridare vita a “Moontower” nella maniera migliore. Più in là vorrei occuparmi, dal punto di vista almeno della distribuzione digitale, di far riapparire progetti come Total Terror, Odyssey o lo “Steel” EP.
NON CREDI PERO’ CHE QUESTA NOSTALGIA E QUESTO AMORE PER IL PASSATO NON SIA UN PO’ ESAGERATO? STIAMO RECUPERANDO QUALSIASI COSA ORMAI, E MAGARI PURE ALCUNE TUE ESPERIENZE MUSICALI NON SONO COSI’ FONDAMENTALI, DA UN PUNTO DI VISTA OGGETTIVO.
– A volte si esagera, sì. Io supporto l’iniziativa di riscoprire il passato, ma quando vedo versioni multiple delle stesse cose, nemmeno tanto curate, allora sono d’accordo con te ed effettivamente sta accadendo. Io con queste ristampe sto dando il massimo per offrire alle persone prodotti di qualità!
LA TUA NATURA POLIEDRICA COME MUSICISTA TI HA MAI IN QUALCHE MODO OSTACOLATO O TI HA CREATO FASTIDI? NON ERA PROPRIAMENTE DA TUTTI PASSARE DAL DEATH METAL AL PROGRESSIVE ALL’HARD ROCK, SOPRATTUTTO DIVERSE DECADI FA…
– No, a dir la verità no, almeno personalmente.
Devi tenere a mente anche che io ho iniziato a spostarmi dal punto di vista musicale verso altri lidi negli anni ‘90, dove dopo tutta la decade formativa per il metal estremo, molti musicisti cercavano sbocchi differenti e quindi l’ho fatto con naturalezza anche io. Ogni genere musicale che gira attorno al metal ha un suo periodo di sviluppo in cui, come posso dirlo, è ‘proibito’ fare qualcosa di differente a livello di codifica.
Una volta stabilito il codice però, passa il tempo e i musicisti tentano di incorporare influenze diverse nel genere stesso o di rivolgersi ad altri. Per me è stato così ed è stato un bellissimo percorso! D’altronde, potevo essere death metal finché volevo, anche negli anni d’oro, ma ho sempre amato Genesis, Gentle Giant e Marillion, non l’ho mai nascosto. Ho sempre fatto parte di molte band di generi diversi contemporaneamente, per me è sempre stato del tutto naturale!