DARK QUARTERER – I Padri Dell’epic-progressive

Pubblicato il 19/11/2008 da

Più di trent’anni di carriera e cinque dischi all’attivo, uno più ispirato dell’altro tanto che sono oggi considerati delle pietre miliari dell’epic-progressive. Un genere da loro stessi iniziato e che ora si arricchisce delle note di un album stupendo come “Symbols”, l’ultimo elegantissimo e affascinante lavoro di una band che nel suo genere conosce ben pochi rivali. Stiamo ovviamente parlando dei Dark Quarterer e con piacere vi presentiamo questa intervista con il bassista e cantante Gianni Nepi.
CIAO GIANNI. I COMPLIMENTI PER UN GRANDE ALBUM COME “SYMBOLS” SONO ASSOLUTAMENTE D’OBBLIGO. QUANTO TEMPO AVETE LAVORATO PER SCRIVERE E DARE ALLA LUCE QUESTO CAPOLAVORO, CONSIDERANDO CHE SONO PASSATI BEN SEI ANNI DALLA VOSTRA PRECEDENTE USCITA?
“I Dark Quarterer ringraziano per i complimenti ricevuti e sperano di avervi trasmesso emozioni e sensazioni come è sempre nelle nostre primarie intenzioni! Il lavoro di composizione è iniziato circa tre anni fa. Il primo brano concepito è stato ‘Pyramids Of Skulls’ poi lentamente tutte le altre composizioni. Il tempo è stato dedicato alla stesura delle strutture, all’arrangiamento e, infine, alla fusione della musica con il testo in modo da offrire all’ascoltatore parole che abbiano nella musica i colori e le atmosfere del loro senso… i tempi di registrazione sono stati piuttosto lunghi, avendo uno studio personale, possiamo permetterci di fare il lavoro con relativa calma, in tutto circa un mese di lavoro”.

VUOI DUNQUE DIRCI QUALCOSA IN PIÙ SU COME SI È SVOLTA LA STESURA DEI NUOVI BRANI?
“Come ti ho detto, si parte quasi sempre da un’idea di un riff o di un ritmo, o di una linea melodica… non esiste un cliché prefissato. Ovviamente Paolo (Ninci, batterista, ndR) di solito propone un ritmo quasi mai semplice su cui costruiamo un riff. In altri casi, se trovo una buona melodia la propongo, si cerca l’armonia relativa e pian piano si aggiungono gli strumenti ognuno con il proprio stile, cercando di fondersi bene insieme. Il testo non viene composto subito ma l’idea del soggetto e l’ambientazione sì, quindi si cerca di ‘cucire’ la musica addosso al testo”.

AVEVATE DUNQUE UN OBIETTIVO PREFISSATO SU COSA DOVEVANO ESSERE INCENTRATI ESSERE I NUOVI PEZZI?
“C’era l’obiettivo di preparare un album che trattasse i sentimenti dell’uomo ma per enfatizzarne il significato dovevamo pensare a qualcosa di forte. Ecco quindi l’idea di personaggi che con il loro sentimento esaltato all’ennesima potenza, hanno fatto la storia dell’ umanità”.

VUOI ENTRARE NEL DETTAGLIO DELLE TEMATICHE CHE STANNO ALLA BASE DI “SYMBOLS”?
“I sentimenti umani espressi ai loro massimi livelli.
‘Wandering In The Dark’: l’ amore, la paura e l’ angoscia di Tutankamon. L’ amore per la sua amata Ankesapaton lasciata sola ancora giovanissima, la paura di chi lo ha ucciso alle spalle (probabilmente il suo consigliere, perché il giovane Re non era di stirpe reale), l’angoscia del non sapere chi lo ha ucciso e la ricerca della verità che dia libertà alla sua anima.
‘Ides Of March’: la gloria e la disperazione di Giulio Cesare. La gloria conquistata negli anni e la disperazione per essere stato tradito dalle persone che più amava.
‘Pyramids Of Skulls’: l’ambizione e l’arroganza di Gengis Khan, che gli hanno permesso di creare il più grande impero mai esistito sulla terra.
‘The Blind Church’: la fede e il coraggio di Giovanna D’Arco che le impediscono di avere paura della morte sul rogo e che hanno portato la Francia a risvegliare il suo nazionalismo e riconquistare la libertà.
‘Shadow Of The Night’: la volontà di Kunta Kinte che, nonostante sia imprigionato e tenuto in catene, tenta ogni volta di riprendersi la sua libertà.
‘Crazy White Race’: l’orgoglio e la tenacia di Geronimo che non vuole rinunciare alla sua stirpe e vive una vita di guerriglia contro chi gli ha ucciso le persone più care”.

IN CHE MODO LA PRESENZA DI UN TASTIERISTA IN PIANTA STABILE HA INFLUITO SULLE NUOVE COMPOSIZIONI?
“L’ingresso in pianta stabile di Francesco è avvenuto nel 2002, quindi ormai sono sei anni che lavoriamo e ci divertiamo insieme. Francesco ha una cultura più classica e jazzistica ma non disdegna anche il nostro genere. Ha una grande fantasia e riesce a coprire ed abbellire spazi musicali altrimenti di difficile realizzazione. Tutte le soluzioni dell’Hammond o delle parti dei violini o dei suoni con rumori di catene sull’appoggio della nota (‘Shadow Of The Night’) sono una sua idea e molto spesso le sue soluzioni hanno influito in modo determinante sull’intero arrangiamento del brano. Noi lo chiamiamo l”ingegnere’ e in effetti questo è il suo lavoro, ma anche ‘Bimbo Mangione’ perché al tavolino è veramente una tramoggia! Sornione e simpaticissimo! Quindi ‘insostituibile’, anche perché è un amico sincero”.

AVETE DATO ANCHE UN “RITOCCO” AI VECCHI PEZZI CON L’AIUTO DI FRANCESCO?
“Certo in quanto, durante le esibizioni in concerto, Francesco ha arricchito gli arrangiamenti con sonorità ben costruite che hanno impreziosito gli arrangiamenti dei nostri precedenti album”.

IL VOSTRO SOUND APPARE ANCOR PIÙ COMPLESSO CHE IN PASSATO E RICCO DI INFLUENZE CHE SPAZIANO DAL PROG ROCK, ALL’HARD ROCK E AL METAL CLASSICO. COME DEFINIRESTI IL VOSTRO STILE ATTUALE E QUALI SONO QUINDI LE DIFFERENZE RISPETTO AL PASSATO?
“Tutto dipende dal fatto che noi stiamo ricercando sonorità che si intreccino, si incastrino e sempre teniamo sotto controllo l’omogeneità del tutto. Cercare di complicare senza dare al tutto un filo conduttore rischia di diventare un semplice esercizio tecnico… una dimostrazione di perizia tecnica sullo strumento. La musica non ha bisogno di ipertecnici ma di ispirazione e melodie e buon gusto. Se dovessi definire il nostro stile di oggi lo chiamerei epico e progressivo, con ovviamente molti riferimenti alle nostre radici hard rock. La differenza tra i Dark Quarterer di oggi e quelli di vent’anni fa è essenzialmente la ricerca. Gia ‘The etruscan Prophecy’ è in parte una riproposizione del nostro primo lavoro e come saprai non è affatto considerato da ‘noi’ il nostro miglior lavoro ma soltanto il più commercializzato e quindi conosciuto. Molte idee del nostro primo album (il più bello sicuramente di quell’epoca) sono state riproposte nel secondo (giri armonici, e addirittura linee vocali). ‘War Tears’, ‘Violence’ e ‘Symbols’ hanno sonorità completamente diverse. Non puoi fare accostamenti tra di loro se non nel timbro della voce (ovviamente) e nella ricerca di melodie ‘importanti’”.

SE DOVESSI DEFINIRE I VOSTRI CINQUE DISCHI IN POCHE PAROLE?
‘Dark Quarterer’: istintivo, evocatico, emotivo e irripetibile.
‘The Etruscan Prophecy’: un lavoro molto ‘copia’ del primo con alcune ottime idee ma troppo isolate.
‘War Tears’: un album di transizione con ottimi suoni e alcune belle idee.
‘Violence’: viscerale e istintivo ma, forse, a volte troppo ostico.
‘Symbols’: emozionale, evocativo, ricco”.

NONOSTANTE LA VOSTRA NOTEVOLE CARATURA NON AVETE MAI RAGGIUNTO UNA GRANDE NOTORIETÀ. QUALE CREDI SIA IL MOTIVO? CREDI CHE IL NUOVO DISCO POSSA RILANCIARVI IN TAL SENSO?
“Amico mio… è il mercato del nostro ‘Grande paese Italia’ che ci penalizza (parole sante, ndR). Ti faccio un esempio: noi con ‘Symbols’ abbiamo ricevuto finora recensioni entusiastiche, spesso con parole del tipo ‘Capolavoro’, ‘Pietra Miliare’ e voti altissimi. Alcuni gruppi mooolto più blasonati di noi hanno avuto voti e recensioni alquanto negative e nonostante tutto sono ai primi posti in classifica delle vendite. Probabilmente dipende dalla poca voglia di rischiare su un nome meno ‘conosciuto’ e la convinzione che il ‘meglio’ sia solo quello che è più pubblicizzato…”.

SIETE IN GIRO ORMAI DA PIÙ DI TRENT’ANNI: COME È CAMBIATO, SECONDO UNA TUA OPINIONE, IL PANORAMA HARD ROCK E HEAVY ITALIANO RISPETTO A QUANDO ESORDISTE?
“C’è molta più qualità e capacità tecnica nei giovani musicisti perché esistono in ogni città scuole di musica. Non sempre a questo segue una altrettanto alta qualità compositiva…”.

UN MUSICISTA DELLA TUA ESPERIENZA COSA CONSIGLIA QUINDI ALLE NUOVE LEVE?
“Riprendendo il discorso della risposta precedente io consiglieri a tutti i musicisti di ascoltare molto e di non fossilizzarsi su un singolo genere musicale. Le idee nascono dalla mutevolezza delle ispirazioni e delle soluzioni musicali. E poi, fondamentale, non fidarsi mai del ‘bello’ al primo ascolto!”.

IL MIGLIOR RICORDO DELLA TUA LUNGA CARRIERA MUSICALE?
“Ce ne sono davvero tanti, ma fra tutti scelgo: un’intervista a Milano su Rock FM con Marco Garavelli, una diretta su RaiDue, un mese in Germania per registrare ‘War Tears’ e il concerto ad Atene di quest’ anno”.

GRAZIE MILLE DELLA DISPONIBILITÀ, GIANNI, TI FACCIO ANCORA I MIEI COMPLIMENTI E LASCIO A TE LE ULTIME PAROLE PER I NOSTRI LETTORI.
“Se leggete quest’intervista e almeno un po’ siete incuriositi, provate ad ascoltare sul nostro MySpace qualche brano. Fatelo senza fretta e non accontentatevi di un solo ascolto. Poi fate le vostre scelte… Un abbraccio da tutti noi a tutti voi che ci sostenete e che da sempre ci avete aiutato ad andare avanti! Morte al falso Metal!”.

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