Chiudiamo il giro promozionale ruotante attorno al nuovo disco dei Dark Tranquillity, “Endtime Signals”, il tredicesimo sulla lunga distanza della loro ormai più che trentennale storia, con la doverosa intervista.
Un’intervista rilasciataci da Martin Brandstrom, tastierista del gruppo e soprattutto figura che, sempre più nel corso degli anni, sebbene spesso in sordina e restando nelle retrovie, è assurta a posizioni davvero importanti nelle dinamiche della band svedese.
Dopo le dipartite di Henriksson, Sundin e, ultima in ordine di tempo, Jivarp, infatti, è proprio Martin ad essere il membro più longevo del gruppo, tolto chiaramente il cantante Mikael Stanne. Compositore sempre più attivo, produttore dei loro dischi da ormai diverso tempo, trait d’union tra le varie anime del combo: insomma, un vero e proprio metronomo dello stato di salute dei Dark Tranquillity.
Dark Tranquillity che, con il lavoro in promozione, hanno voluto dare uno scossone bello forte a chi li considerava in fase (troppo) discendente da (troppo) tempo.
L’album è riuscitissimo e segna un punto a favore per chi auspicava un ritorno a sonorità maggiormente incentrate sulle chitarre. Sentiamo dunque ciò che Martin ha da dirci a riguardo…
CIAO MARTIN, E’ UN PIACERE AVERE DI NUOVO I DARK TRANQUILLITY PROTAGONISTI DELLE NOSTRE PAGINE!
INIZIAMO LA DISAMINA DELLA VOSTRA NUOVA INCARNAZIONE FACENDO ALCUNI PASSI INDIETRO, AL PERIODO IN CUI USCI’ IL PRECEDENTE LAVORO “MOMENT”, OVVERO QUELLO CARATTERIZZATO IN PIENO DALL’INCUBO COVID-19.
TUTTO IL CICLO PROMOZIONALE DI QUEL DISCO VENNE COMPROMESSO DALLA CRISI MONDIALE DOVUTA AL VIRUS; DOPO DI CIO’ AVETE DOVUTO AFFRONTARE ALTRE PROBLEMATICHE DI LINE-UP, PER CUI MI SENTO DI POTER CONSIDERARE IL POST-“MOMENT” IL PERIODO PIU’ BUIO DELLA VOSTRA STORIA.
COME SIETE RIUSCITI A FARVI FORZA E RESTARE UNITI PER SOPRAVVIVERE A TUTTI QUEGLI SCOSSONI? E AVETE MAI AVUTO IL PENSIERO DI PORRE FINE ALLA BAND?
– Sì, ricordo che fu proprio agli inizi delle fasi di registrazione di “Moment” che realizzammo che il mondo si stava dirigendo verso situazioni mai esplorate. Un giorno sentimmo notizia di un ‘nuovo’ virus che dilagava in Cina e poi qualche giorno dopo ci furono i primi casi da voi in Italia. Fu allora che percepimmo il fatto di essere alle prese con un evento di portata mondiale. All’inizio non ci rendemmo conto di molto, in quanto quando registriamo entriamo in una sorta di reclusione da tutto ciò che è esterno, ma più il disco prendeva forma, più le notizie dal fuori diventavano serie.
Ripensando a quei tempi, mi ricordo che ci chiedevamo se il mondo sarebbe mai tornato normale come prima e, più egoisticamente parlando, dalla nostra prospettiva ci interessava semplicemente sapere se le nostre vite da musicisti avrebbero continuato ad esistere. Perché vedi, c’è questa forte sensazione di attesa ed anticipazione quando magari attraversi il palazzetto in cui devi esibirti e la gente sta iniziando a popolarlo…e questa emozione la davamo per scontata, per certa, per inscalfibile. E fino ad allora, quando ci venne privata di punto in bianco, non ci si rendeva conto di quanto bella ed importante sia.
Il pensiero di scioglierci non è mai stato un’opzione, ma perdere membri fondatori quali Martin (Henriksson, ex chitarrista e bassista, nella band da “Skydancer” a “Construct”, ndR), Niklas (Sundin, ex chitarrista, nella band da “Skydancer” ad “Atoma”, ndR) e Anders (Jivarp, ex batterista, nella band da “Skydancer” a “Moment”, ndR) ha instillato in noi una certa dose di paura di non farcela, di non essere all’altezza. Questo processo è durato nel tempo per diversi anni, ma con tali cambiamenti abbiamo avuto modo di metterci a tavolino per discutere se avessimo dovuto continuare come band e come far sì che accadesse.
Abbiamo quindi iniziato ad identificare le cose principali che sono sempre state significative per noi come gruppo musicale e abbiamo concordato che noi rimasti volevamo continuare. Per quanto mi riguarda, ciò che i Dark Tranquillity fanno è esplorare quell’area dei sentimenti dove la malinconia si avvicina alla rabbia; credo che questo dettaglio sia da sempre una sorta di accordo silenzioso tra tutti i membri del gruppo, passati e presenti…e forse lo vediamo, e lo vedo, più chiaramente ora, dopo aver passato tale periodo.
Precisato ciò, vorrei anche far presente che questi cambiamenti sono parsi sicuramente più drastici per chi è al di fuori della band, come ad esempio i fan. Martin Henriksson è infatti ancora il nostro manager; Niklas si occupa ancora dell’arte visuale e grafica che ruota attorno ai Dark Tranquillity; Anders Jivarp è rimasto uno dei nostri più cari amici, così come Anders Iwers (bassista su “Atoma” e “Moment”, ndR) e Christopher Amott (chitarrista su “Moment”, ndR).
Addirittura abbiamo da ormai quindici anni la stessa roadcrew e lavoriamo da tantissimo tempo con la stessa gente all’interno della nostra etichetta, la Century Media, tutti uniti dallo stesso obiettivo. Questi dettagli, molto importanti, hanno rafforzato le nostre convinzioni nel mentre componevamo “Endtime Signals”.
COME HAI GIA’ ACCENNATO TU, POSSIAMO CONSIDERARE I RECENTI ANNI DEL TRITTICO DI DISCHI “CONSTRUCT” / “ATOMA” / “MOMENT” UN SIGNIFICATIVO PERIODO DELLA VITA DEI DARK TRANQUILLITY CARATTERIZZATO DA UNA NOTEVOLE INSTABILITA’. D’ORA IN POI, INVECE, POSSIAMO, SOPRATTUTTO NOI FAN, SPERARE IN UNA MAGGIORE STABILITA’? E, GIA’ CHE CI SIAMO, PUOI PRESENTARCI I NUOVI MEMBRI, CHRISTIAN JANSSON E JOAKIM STRANDBERG-NILSSON?
– Innanzitutto devo ringraziare i nostri fan, i nostri ascoltatori, per aver avuto la volontà di continuare a darci fiducia e condividere il nostro percorso nonostante il momento difficile.
Ambiamo a comporre musica che sia onesta e sincera sia nei confronti delle nostre ambizioni del passato, intese come volere collettivo della band, che delle nostre aspettative e speranze per il futuro. Ti direi che ciò che più crea il suono dei Dark Tranquillity non sono le preferenze individuali di ognuno di noi, bensì ciò che troviamo e sentiamo in quanto gruppo, lungo il percorso della nostra storia. Sappiamo cosa stiamo cercando e sappiamo che esiste un processo per arrivare all’obiettivo. Ecco perché ogni nostro fan riesce a definire una canzone dei Dark Tranquillity come proprio nostra, del gruppo, non del singolo compositore. Almeno considerando il materiale che abbiamo pubblicato negli ultimi venticinque anni.
Noi certamente speriamo in una maggiore stabilità, ora che stiamo ripartendo con tutti i vari impegni. Christian Jansson, il nuovo bassista, è di Goteborg e fa parte della nostra scena da tanto tempo. Sa esattamente cosa vuol dire far parte di una band come la nostra e potrà contribuire con fedeltà e appunto stabilità, sia sul palco che fuori, fin da subito. Joakim Strandberg-Nilsson, il nuovo batterista, ha già lavorato con Johan (Reinholdz, chitarrista, ndR) e quando abbiamo sentito le sue abilità tecniche combinate con una sensibilità speciale nella lettura delle canzoni, lo abbiamo voluto immediatamente con noi.
Colgo l’occasione per presentarvi anche il nostro nuovo chitarrista e sesto membro, Peter Lyse Karmark, che come molti di voi sapranno è stato il motore dei danesi Hatesphere per tanti anni; Peter ha iniziato a suonare con noi solo da poco, ma avevamo già deciso per lui sul finire del 2023. Nel suo stile e nel suo modo di suonare sento la stessa precisione e gli stessi riff taglienti che erano appannaggio di Martin Henriksson, ti dirò.
Siamo molto orgogliosi di avere questi tre nuovi ragazzi e fantastici musicisti a bordo. Sanno molto bene cosa sono i Dark Tranquillity e cosa dovrebbero essere e sono molto motivati a prendere il testimone da chi c’è stato prima di loro.
D’ALTRONDE, UNA DELLE MIGLIORI RISPOSTE A PERIODI DI INCERTEZZA SPESSO EQUIVALE A METTERSI D’IMPEGNO E LAVORARE PIU’ SODO DI PRIMA.
CON “ENDTIME SIGNALS” – E VENIAMO ORA AL NUOVO DISCO – ABBIAMO DI CERTO UN RITORNO AD UNA COMPOSIZIONE MAGGIORMENTE CENTRATA SULLE CHITARRE, SEGUITA DA UN OTTIMO EQUILIBRIO TRA LE VOSTRE VARIE ANIME E QUALCOSA DI NUOVO RIGUARDO LE PARTI SOLISTICHE. COME SI E’ SVOLTO IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE QUESTA VOLTA? COME AVETE LAVORATO E CHI HA COMPOSTO DI PIU’?
– Per prima cosa ci siamo seduti al tavolo per discutere che tipo di album volevamo comporre. Tutti eravamo concordi nel pensare che, a causa dei tempi in cui stiamo vivendo, avrebbe dovuto essere un lavoro cupo, dal piglio serioso.
Volevamo essere in grado di metterci dentro un po’ tutte le sfumature musicali che sono emerse nel corso della carriera dei DT, quindi ciò significava diversificare parecchio la composizione. Ecco perché “Endtime Signals” spazia dall’aggressività di “Unforgivable” al lutto di “One Of Us Is Gone”.
Io e Johan abbiamo scritto il nocciolo del disco: lui vive nel sud della Svezia, io a Goteborg, quindi alla fine del 2022 abbiamo iniziato a pellegrinare uno a casa dell’altro, settimanalmente, per mettere giù il grosso del lavoro.
Johan ha un sacco di idee e spunti nel suo modo di creare musica, quindi da lui sono venuti tanti suggerimenti; io sono più lento nella scrittura e preferisco lasciare fermentare il materiale un po’ nella mia testa. In quanto produttore, il mio approccio è quello di attendere finché dal materiale non arriva una scintilla, un’emozione, per poi rimboccarmi davvero le maniche e darci sotto. Una volta ‘arpionata’ questa scintilla, la definisco bene ed il processo di composizione segue questa guida emozionale come punto di riferimento per il mood della canzone.
Altra peculiarità del nostro modus componendi è la costante reiterazione del brano, spesso fino a qualche minuto prima che vada al mixing. Una volta che Mikael (Stanne, voce, ndR) comincia a scrivere i testi, spesso riscriviamo dei passaggi musicali affinché tutto l’insieme del brano sia coerente con ciò che vogliamo esprimere. Prepariamo sempre tante soluzioni diverse, ci confrontiamo tanto, ma alla fine arriviamo al risultato migliore. Questa volta il tempo effettivo passato in sala di registrazione è stato di quattro mesi e mezzo, ed è un nostro record.
RESTANDO SUL TEMA DELL’EQUILIBRIO, PENSO CHE CIO’ SIA EVIDENTE NELLA SCELTA DEI TRE SINGOLI-VIDEO PUBBLICATI FINORA: “UNFORGIVABLE” E’ IL BRANO PIU’ AGGRESSIVO DELLA TRACKLIST; “NOT NOTHING” PRESENTA VOCI PULITE E UNA FORTE MALINCONIA; “THE LAST IMAGINATION”, IL PRIMO IN ORDINE CRONOLOGICO, SI PONE IN MEZZO TRA GLI ALTRI DUE. QUESTA DICHIARATA VARIETA’ MI SEMBRA SIA IL MESSAGGIO PRINCIPALE CHE STATE CERCANDO DI FAR PASSARE DAI VOSTRI CANALI E, A QUANTO CI HAI GIA’ DETTO SOPRA, E’ STATA UNA SCELTA BEN PONDERATA…
– Una canzone, in quanto tale, può essere molto spontanea oppure a volte avere una vita propria. Qualche altra canzone ha tardato a rivelare la sua essenza fin quasi alle soglie della registrazione, molto tardi nel processo compositivo.
“Not Nothing”, ad esempio, è stata un vero enigma per un certo periodo di tempo: mi piaceva ma non riuscivo a darle una precisa identità; è stato solo dopo varie modifiche apportate alle linee vocali che finalmente ho/abbiamo capito che diamine di brano avevamo davanti. E’ stato uno di quei momenti in cui ti trovi a dire “Oh, ok, è questo che sta venendo fuori, allora!“.
Come ho scritto prima, per l’album nel suo insieme abbiamo deciso molto presto che avrebbe dovuto essere vario e diversificato, che poi era anche il tipo di materiale in cui ci stavamo specchiando in quel momento. Ecco anche perché siamo stati fermissimi nel mantenere il disco a dodici canzoni, mentre tutti ci dicevano di farlo più corto. Volevamo rivisitare tutte le nostre sfumature del passato, mentre ponevamo le basi di questo nuovo angolo di futuro.
NEL PRECEDENTE “MOMENT”, TENUTO CONTO CHE JOHAN ERA GIA’ PRESENTE ED ERA ANCHE AFFIANCATO DA UN CHITARRISTA QUALE CHRIS AMOTT, TROVAVAMO GIA’ UN DISCRETO NUMERO DI ASSOLI DI CHITARRA.
ORA, CON “ENDTIME SIGNALS”, POSSIAMO DIRE CHE MAI COME OGGI NEI DARK TRANQUILLITY SIANO FONDAMENTALI LE PARTI SOLISTICHE, NON TROVI? MOLTE DELLE TRACCE SONO MARCHIATE A FUOCO DA BELLISSIMI SOLO, CHE ATTECCHISCONO SUBITO NELLA MENTE DI CHI ASCOLTA. PUOI SPIEGARCI COME E’ STATO CONCEPITO IL LAVORO ALLE CHITARRE PER IL NUOVO DISCO?
– Anche se noi teniamo in primissimo conto l’importanza della canzone e poi quella del riffing, è vero che ci siamo concentrati molto sulla fruibilità dell’album. C’è più coerenza e, di conseguenza, una visione più limpida di come dovevano essere le chitarre. Dove prima sperimentavamo molto stando attenti a mantenere forte e lampante il dualismo delle sei corde, oggi ci siamo focalizzati di più nel fare emergere lo stile molto personale di Johan e far sì che si plasmasse perfettamente attorno ai brani.
Johan è un chitarrista mostruoso e lo dimostra in “Endtime Signals” su tutti i fronti, dalla composizione di un riff o una melodia portante allo splendere in uno dei suoi assoli. Ha compreso perfettamente cosa dovevano essere i Dark Tranquillity e, nonostante abbia un forte carisma in sala prove e in sala di registrazione, ha capito anche il nostro necessario processo di reiterazione, composizione e scomposizione, affinché tutti i brani si completassero nel miglior modo possibile.
PER QUANTO RIGUARDA LE TUE PARTI ELETTRONICHE, INVECE, SEMBRA ESSERCI UN’ALTERNANZA TRA TRACCE IN CUI VENGONO USATE SOLO COME ARRANGIAMENTO O POCO PIU’ E ALTRI EPISODI DOVE SOSTENGONO PIU’ L’INTERA IMPALCATURA DELLA CANZONE.
COME HAI CONCEPITO IL TUO LAVORO PER “ENDTIME SIGNALS”, TENUTO CONTO CHE, DA “PROJECTOR” IN AVANTI, LE TUE TASTIERE HANNO SPESSO CONDIZIONATO IL MOOD E LA PRESA GENERALE DEI DISCHI DEI DARK TRANQUILLITY?
– Io sperimento sempre con un sacco di strumentazione diversa, molti sintetizzatori, alla ricerca indefessa di nuove strade per fissare un momento, una sensazione, e questo succede anche quando non siamo in fase di registrazione di un disco. Vengo guidato, in generale, più dalle emozioni che dalla razionalità, quindi tendo a plasmare il mio contributo attorno alla canzone, seguendone i bisogni e le necessità. Qualche volta recito un ruolo più di supporto, cercando di riempire gli spazi lasciati dagli altri strumenti, qualche altra volta mi capita di avere più in mano il pallino dell’intero soundscape del brano. Comunque è molto raro che venga seguito il flusso della canzone basandoci su cosa sto creando io con l’elettronica, dopotutto siamo un gruppo metal.
Quando compongo, uso soltanto tre suoni base: un pianoforte, un synth e un pad. In questo modo non rischio di innamorarmi troppo presto di una melodia o di una sensazione. Mi piace entrare nel processo compositivo abbastanza tardi: primo, per non alterare la dinamica dell’idea originale, e poi per rafforzare la direzione in cui il brano sta già andando, non per modificarla.
In certe occasioni queste operazioni sono piuttosto stressanti: da una parte sento il peso di dover chiudere la fase compositiva nel modo migliore, dall’altra è piacevole avere l’ultima parola, diciamo così. Aggiungo anche che, volente o nolente, sono la persona nella band che negozia più di tutti con l’etichetta discografica.
NON HO ANCORA AVUTO MODO DI LEGGERE I TESTI DI “ENDTIME SIGNALS”, MA HO CHIARAMENTE NOTATO IL TITOLO DEL BRANO “ONE OF US IS GONE”. E HO SUBITO PENSATO FOSSE RIFERITO ALLA PERDITA DEL VOSTRO PRECEDENTE, INDIMENTICATO CHITARRISTA FREDRIK JOHANSSON. E’ COSI’?
IL MESSAGGIO SUI SOCIAL AL MOMENTO DELLA SUA SCOMPARSA FU DAVVERO TOCCANTE E COMMOVENTE…
– Certo, “One Of Us Is Gone” è riferita a Fredrik. Non si tratta solo di un tributo, ma contiene anche alcune parti che sono state composte da lui.
Dopo che Fredrik lasciò la band (torniamo indietro al 1999, appena dopo la pubblicazione di “Projector”, ndR), rimase comunque nella nostra stretta cerchia di amici, quale uno dei nostri fan (e critici) più appassionati. A livello personale, io ti posso dire che, oltre a mantenere un profondo rapporto di amicizia con i suoi vecchi compagni di gruppo, instaurò un bel rapporto anche con me, che alla fine ero l’ultimo arrivato.
Mi supportava sempre, era una persona davvero generosa. Ce lo dicevamo spesso, che era un peccato non essere mai stati assieme nella band.
Fredrik ha combattuto a lungo con un tumore, e qualche anno fa ci passò del materiale scritto da lui, dicendoci che eravamo liberi di farne ciò che volevamo. Voleva lasciare qualcosa di sé anche nell’era ‘moderna’ dei Dark Tranquillity. All’epoca ci venne troppo doloroso lavorare su quel materiale, in un certo senso ci sembrava oltraggioso modificarlo, ma poi, quando Fredrik ci ha lasciato, l’ho ripreso in mano e ci ho dedicato il giusto tempo.
C’era questa linea melodica con cui sono entrato subito in risonanza e ho continuato a svilupparla. Abbiamo deciso che avremmo portato questa canzone dove aveva necessità di andare, senza farci troppi problemi se non fosse stata ‘da Dark Tranquillity’. Mikael ha scritto un testo molto personale e toccante e durante le registrazioni, quasi come se avessimo paura di non riuscire a renderle giustizia, spostavamo di continuo la schedule di questo brano.
Alla fine abbiamo comunque trovato il coraggio di finirlo; certo, per noi è una canzone molto speciale, un vero e proprio testamento alla vita e al contributo di Fredrik nella sua band. Personalmente provo tanta gratitudine nei suoi confronti e posso essere orgoglioso, pur non essendo mai stati compagni di gruppo, di aver infine scritto una canzone con lui.
RESTIAMO SULL’ARGOMENTO TESTI, SE TI VA. MIKAEL DI SOLITO LI SCRIVE DOPO AVER ASSIMILATO L’UMORE GENERALE DELLE CANZONI E DELL’ALBUM NELLA SUA INTEREZZA. CERTAMENTE GLI ULTIMI ANNI SONO CONSIDERABILI TRA I PIU’ BUI DELL’EPOCA MODERNA, MI PIACEREBBE SAPERE DA QUALE MOTORE CRITICO ED EMOTIVO E’ STATO SPINTO MAGGIORMENTE QUESTA VOLTA IL VOSTRO CANTANTE…
– Concordo, i tempi che stiamo vivendo sono i peggiori in assoluto se teniamo conto almeno delle due ultime generazioni. Abbiamo attraversato assieme una pandemia su scala mondiale, ci sono diverse guerre e scenari relativi alle porte d’Europa, facciamo sempre più fatica a capirci e rispettarci, e non c’entrano niente le fazioni politiche.
Un quadro desolante, senza speranza, di tale presente era inevitabile che venisse fuori dal significato concettuale del disco. Abbiamo trovato impossibile non dirigerci verso quelle atmosfere con “Endtime Signals”, sia musicalmente che per quanto concerne i testi.
Non descriverò nel dettaglio i testi di Mikael, sono sue riflessioni personali, ma chiunque ci segue da un po’ di tempo sono sicuro abbia l’impressione che Mikael sia una persona ottimista, in grado di vedere sempre il lato positivo delle cose. Ciò è verissimo, anche nel privato, ma vi posso dire che questa è stata la prima volta che l’ho visto e sentito realmente preoccupato e incupito nel suo descrivere lo stato in cui siamo.
Noi, come tutti, discutiamo sempre su come va il mondo e di questi tempi, molto più spesso che prima, ci sentiamo confusi, disorientati, mai sollevati. Mikael considera i testi di “Endtime Signals” come una necessità terapeutica, e ciò si legge fra le righe.
COSA MI DICI DELLA PRODUZIONE, INVECE? ORMAI SONO TANTI ANNI CHE TI OCCUPI IN PRIMA PERSONA DEI SUONI, MA STAVOLTA MI PARE ABBIATE OPTATO PER UN FILO PIU’ DI AGGRESSIVITA’ E POTENZA, CON UN BASSO BEN PRESENTE E UN GROOVE SOPRA LE RIGHE. TI TROVI D’ACCORDO?
– Siamo molto compiaciuti di come sia uscito il suono per questo album. Abbiamo di nuovo usato il mio studio, il Rogue Music, e il mio ruolo in quanto produttore dei nostri dischi è quello di salvaguardare l’integrità del suono, dare un senso alla nostra solita impronta e dare a ciascuno strumento uno spazio, un ambiente in cui poter esplorare.
L’obiettivo principale era quello di dare all’album un sentore più organico e l’abbiamo ottenuto facendo take più lunghe ed editando di meno. Ciò richiede un po’ più di pazienza per raggiungere il risultato desiderato, vero, ma permette anche di lasciar respirare maggiormente tutto il flusso sonoro.
Si parte sempre dalla batteria e Joakim si è presentato super preparato, le tracce sono state pronte in poco tempo. Con il suo materiale come base, Johan e Christian hanno avuto del groove reale sul quale lavorare, invece che i soliti pattern ottici di segnali luminosi e beat. Ciò gli ha dato la possibilità di mostrare la loro abilità musicale partendo dal fulcro ritmico dei brani.
Per Mikael invece, ormai so bene cosa riesce a dare in studio di registrazione e i suoi risultati sono eccezionali quando riesce a concentrarsi al meglio; perciò, mentre lui riscaldava le corde vocali, prima si discuteva del brano e di cosa occorreva, poi, una volta pronto, mi bastava schiacciare il pulsante ‘rec’. E’ solo questione di preferenze, poi, perché con Mikael ogni registrazione è utilizzabile e io ho dovuto solo scegliere.
Preferisco usare sintetizzatori analogici perché hanno ancora della ‘personalità’. Durante le registrazioni ‘qualcosa’ accade sempre e mi piace avere la possibilità di cogliere quegli ‘errori analogici’ che al mio orecchio suonano musicali, non so se mi spiego. E’ in questi frangenti che spesso trovo i corridoi giusti per sviluppare le mie tracce sonore. E’ un percorso rigoroso, ma mi tengo anche momenti in cui poter inventare più liberamente in quanto reputo il caos una delle migliori scintille della creatività.
A causa delle protrattesi sessioni di registrazione e del fatto che Jens Bogrén (rinomato produttore e ingegnere del suono, ndR) non aveva molto tempo per lavorare su “Endtime Signals”, il disco è stato mixato a pezzetti. Jens ha cominciato a mixare alcune canzoni finite prima che tutto fosse stato composto e ci siamo trovati a Orebro un paio di volte per verificare se andavamo di pari passo. Bogrén è un vero professionista e qualunque cosa tocchi, questa suona enorme. Ma ci sono infiniti modi di gestire e interpretare del materiale registrato, e noi gli siamo davvero grati per la pazienza mostrata nell’averci trovato il suono migliore possibile.
CHIUDIAMO, INFINE, CON UNA DOMANDA SUI LIVE. LA STAGIONE DEI FESTIVAL ESTIVI STA ENTRANDO NEL VIVO E SONO DAVVERO CURIOSO DI SAPERE CHE TIPO DI SCALETTA PRESENTERETE. GIA’ ORIENTATA AL NUOVO DISCO O UNA SPECIE DI BEST OF, PER POI DEDICARE I TOUR PROMOZIONALI INVERNALI A “ENDTIME SIGNALS”?
– Certo, la stagione dei festival è iniziata e giusto settimana scorsa eravamo in Italia per il Metal Park (l’intervista risale difatti a poco dopo la citata esibizione, ndR), un ottimo nuovo festival che spero abbia un futuro brillante davanti a sé. E’ stato grandioso incontrare il vostro pubblico per l’ennesima volta e per l’occasione abbiamo suonato tutte le nuove canzoni fino allora pubblicate, i singoli in pratica. Ma è naturale che suoneremo più nuove canzoni nei tour completi che seguiranno, non vediamo l’ora di suonarle di fronte a nuovi e vecchi fan.
Ma ti dirò di più: siccome il lavoro fatto per “Endtime Signals” ha incluso una bella parte di rivisitazione del nostro passato, abbiamo deciso di scavare ancora più a fondo nell’intera discografia, con l’intento di pescare qualche brano da rispolverare e riportare on stage di nuovo. Canzoni da parecchio trascurate, perse di vista, o altri pezzi che avevamo messo in cantina da un po’. Se avete avuto qualche canzone che in passato vi è mancata in particolar modo dal vivo, ecco, nei prossimi tour avrete come non mai la possibilità di ritrovarvela suonata live.
Inoltre, siamo anche molto entusiasti di andare in tour con la nuova line-up, vedere come gira questa nuova fase della band. Abbiamo ancora tanto da esplorare e abbiamo tutti la voglia di farlo. Il titolo “Endtime Signals” non è affatto riferito al periodo passato della band, che è molto, molto lontana dall’abbandonare le scene.