DARKTHRONE – Siamo i non morti degli anni Ottanta!

Pubblicato il 30/08/2019 da

Abbiamo scelto di rifarci a una loro canzone di qualche anno fa per titolare quest’intervista ai Darkthrone, o meglio al solo Fenriz. Nocturno Culto, come noto, ha infatti scelto da lungo tempo di non curare minimamente la promozione e l’immagine pubblica della band, e del resto anche il barbuto chitarrista non fa mistero delle sue sempre crescenti tendenze misantropiche, come leggerete nel seguito. Al tempo stesso, però, forse perché la musica si conferma il fulcro della sua vita e una passione di cui parlare e cui dedicare ogni minuto possibile, si dimostra sempre un interlocutore gentile, disponibile e molto aperto; che si tratti delle radici musicali di questo “Old Star” o di come essere un musicista influenzi la sua vita quotidiana, è sempre un piacere avere di fronte l’uomo Fenriz, scoprire o riscoprire a ogni incontro le sue profonde sfaccettature… e perché no, altre band misconosciute citate come influenze fondamentali!

SIETE TORNATI CON UN ALBUM CON POCHI BRANI, MA ESTREMAMENTE RICCHI DI RIFF, QUASI ENCICLOPEDICO, SE L’ASCOLTATORE HA VOGLIA DI COGLIERE TUTTI I RIFERIMENTI. È CORRETTO DIRE CHE “OLD STAR” È ANCORA PIÙ RADICATO NEGLI ANNI OTTANTA DEL VOSTRO PRECEDENTE LAVORO?
– Mmh, in realtà no. Ted ha forse contribuito con qualche riff ottantiano in più, mentre i miei sono sempre tali, a parte l’ultimo riff su “The Hardship Of The Scots”, che potrebbe essere definito in stile anni Novanta, o almeno a me ricorda alcune cose degli Enslaved… ma in realtà NO NO NO, visto che quel tipo di riff negli Enslaved era probabilmente derivato da quanto fatto dai Bathory su “Blood Fire Death”, quindi per me è sempre anni Ottanta. Direi che per il 95% la carriera dei Darkthrone si basa su riff, almeno i miei, figli degli anni Ottanta. Ecco, il suono della batteria oggi è più da ‘concerto anni Ottanta’, ma la storia è troppo lunga…
Se ricordo bene, prima di registrare “Arctic Thunder” ci siamo resi conto che avevamo già realizzato un album con il massimo numero di elementi anni Ottanta possibili, ossia “The Underground Resistance”, e dopo una lunga serie di predecessori molto vari, ho sentito il bisogno di optare per un suono ancora più quadrato, indefesso, oserei dire. È un’idea che ha iniziato a serpeggiarmi in testa anche con l’ascolto degli Anguish, a band svedese, finché non si è sedimentata la certezza di creare qualcosa di monolitico e introverso, tipo “Worship Him” dei Samael. Ecco, come noto Ted crea le sue canzoni e io le mie fin dal 1991, quindi era un po’ dura dare una sterzata così netta a questa corazzata, ma si potevano fare degli aggiustamenti: per prima cosa, ho smesso di cantare definitivamente. Poi ho smesso di costruire quei bellissimi riff speed metal sulla scia di Gotham City, 220 Volt, Parasite o tutte quelle band svedesi, e ho rallentato un po’. Un suono po’ più pachidermico, insomma, e ha funzionato! Dopo le registrazioni di quell’album eravamo soddisfatti di questo nuovo piglio, molto gelido, e abbiamo deciso di non cambiare granché per il nuovo, cioé “Old Star”, anche seriascoltando “Arctic Thunder” mi sono reso conto che nei paesaggi evocati dal suono della chitarra funzionavano molto bene I palm mute, quindi in “Old Star” ce ne sono di più… e ha funzionato anche questo. Quindi posso infine far fruttare quella parte del cervello che mi faceva sempre puntare ai riff in palm mute tipici del vecchio thrash più lento e del doom, penso per esempio ai primi Trouble. Alla fine era ciò che facevo o facevamo nel 1988 e all’inizio del 1989, e volevo riprendere quello stile rendendolo più efficace.

COME SONO NATE LE CANZONI, E IN CHE MODO DIFFERISCE LA COMPOSIZIONE DEI BRANI TRA TE E TED?
– Non ho idea di come lavori Ted, immagino che entri in un mood di ispirazione, attacchi la chitarra e inizi a suonare. Per quanto mi riguarda, le idee mi piovono materialmente in testa e a quel punto o le suono o le canticchio nel registratore che ho sempre con me e le accumulo. Non è però il caso di “The Hardships Of The Scots”, che ho composto per intero sotto il mio portico. Ero appena andato in bicicletta a recuperare la chitarra dal capanno dove la tengo, era una bella giornata, quindi sono stato lì seduto beatamente a suonare e BOOM, dopo tre quarti d’ora i riff e la canzone erano tutti lì.

NEI TESTI CI SONO RIFERIMENTI METAFORICI ALLA GUERRA, AL DOLORE INTERIORE, UN SACCO DI SARDONICA IRA SE MI CONCEDE LA CITAZIONE. È STATA UNA SCELTA VOLUTA? C’È ANCORA MOLTA RABBIA DENTRO DI TE?
– Guarda, raramente pianifico i testi in anticipo, di solito nascono da una scintilla, o una singola frase, e a quel punto mi ci tuffo; e quando riemergo, per così dire, non riabbasso lo sguardo sull’abisso. Però allo stesso tempo cerco metafore che vadano bene per il metal e per la voce di Ted, c’è parecchio da bilanciare. Ci sono anche frasi che esprimono follie o oscurità non proprio tagliate per il genere, ma che Ted riesce a rendere adatte. A dirla tutta, non ho mai letto con troppa attenzione i testi, nel metal, preferisco ispirarmi a testi di altro tipo; è dal 1989 che trovo molto stimolante “Hejira”, l’album di Joni Mitchell, così come alcuni brani di “Flying Cowboys” di Ricky Lee Jones. È sempre un piacere, e insieme una sofferenza, amalgamare le sensazioni che mi trasmettono dischi come questi con una testa black metal.
Non avrei parlato di rabbia per questo disco, ma è interessante che tu lo rilevi, è positivo per un album metal. Direi che i miei stati d’animo sono più incasinati rispetto a semplice rabbia, più intricati (ride, ndR). Sicuramente ci sono molti scossoni e cambi tematici nei miei testi.

E QUINDI DA DOVE TI VIENE L’ISPIRAZIONE?
– Penso che la maggior parte delle persone tragga ispirazione da tutta quella massa di merda e di sensazioni a cui si viene esposti su questo pianeta… in maniera conscia o inconscia. Guardo un casino di serie tv e film, senza particolari preferenze di genere: sono di ampie vedute. E, per dire, qualche settimana fa stavo seguendo il mondiale femminile di calcio quando ecco che due riff mi sono esplosi in testa. È dura dire che mi abbia ispirato il calcio, non saprei. Fatto sta che è successo così, è una cosa che non controllo, ho il cervello colmo di metal!

I DARKTHRONE HANNO CAMBIATO PELLE MOLTE VOLTE, IN CARRIERA. DIRESTI CHE SIETE COMUNQUE SEMPRE LA STESSA BAND CON LA MEDESIMA ATTITUDINE?
– Beh, siamo per certi versi più vicini ai nostri esordi oggi che in passato, ma certo abbiamo più esperienza e sappiamo mischiare bene diversi stili; e suoniamo meglio. Un pochino, almeno, (ride, ndR)!

E QUINDI, SE NON È TROPPO PRESTO PER PARLARNE, COSA POSSIAMO ASPETTARCI IN TERMINI MUSICALI DAL PROSSIMO LAVORO?
– A marzo, quando abbiamo terminato il missaggio e concluso il mastering, io e Nocturno Culto ci siamo detti che l’ultima volta (con “Arctic Thunder”) eravamo soddisfatti del sound, e che ora eravamo ESTREMAMENTE soddisfatti, quindi non penso che cambierà molto. Ciò detto, gli Dei ridono quando gli sciocchi umani fanno progetti, quindi vedremo! Al momento sto lavorando solo su svariati riff in palm mute, però le influenze doom vengono sempre a galla quando mi siedo a comporre, quindi ho bisogno di rallentare le ritmiche, qualche volta. Non sempre, eh. Insomma, non c’è nulla di certo a questo mondo, o almeno non nel mondo dei Darkthrone

A DISPETTO DEL TUO DESIDERIO DI SUONARE LA TUA MUSICA E BASTA, SEI DIVENTATO UN PERSONAGGIO POPOLARE; PENSO AL TUO COINVOLGIMENTO POLITICO, A RADIO FENRIZ, ECC. COME TI RAPPORTI A QUEST’ALTRA DIMENSIONE?
– Con una vita totalmente privata e reclusa. Ho dovuto smettere di andare all’Elm Street (noto pub metal di Oslo, dove era facile trovare Fenriz dietro la consolle del dj, ndR) dopo dieci anni per la continua e indesiderata esposizione. Questo è stato il primo segnale di come era sempre più difficile, per me rapportarmi con la fama, ed è solo peggiorato. Ma almeno adesso possono dire quello che gli pare di me, non mi espongo e non posso essere coinvolto. In merito alla politica, la mia contea è stata unita a un’altra limitrofa, quindi essere un consigliere locale ha perso senso per molti di noi; metà ha proseguito senza entusiasmo, un buon 25% ha pensato fosse futile rimanere, tra cui il sottoscritto.

RICORDO CHE AL TEMPO DELLA TUA ELEZIONE DICESTI CHE LA TUA GATTA ERA STATA IL SEGRETO DEL TUO SUCCESSO, PER LE FOTO PROMOZIONALI CON LEI. COME STA?
– Nugatti sta bene, ed è stata assolutamente lei la chiave segreta!

UNA VOLTA, IN UN’INTERVISTA, AFFERMASTI CHE NON VORRESTI MAI ESSERE ‘NELLA SERIE A’ DELLA MUSICA, DATO CHE È GIÀ ABBASTANZA FASTIDIOSO TROVARTI ‘IN SERIE B’. È AZZARDATO DIRE CHE PERÒ, AL TEMPO STESSO, SEI PROBABILMENTE IL RIFERIMENTO, PER NON DIRE IL LEADER DEL METAL UNDERGROUND?
– Le vendite dei nostri album, a dirla tutta, non sono nemmeno più assimilabili all’underground, anche se questo non cambia niente nel nostro modo di scrivere e registrare i pezzi… è sempre un lavoro DIY, e la nostra attitudine è piuttosto sotterranea, tuttavia col passare degli anni tutto ciò ci ha portati a emergere parecchio. Inoltre penso che i confini tra underground e mainstream si siano assottigliati o abbiano proprio iniziato a sparire a partire dagli anni Duemila.
Per rispondere alla tua domanda, beh, è decisamente una bella domanda! Sì, si sta meglio in serie B, ma adesso che pare ci troviamo tra i grandi nomi abbiamo reagito entrambi sottraendoci: niente social media, una privacy totale, non abbiamo nemmeno fatto uno scatto fotografico per il nuovo album. Ciò nonostante, siamo finiti in copertina su svariate riviste, pazzesco. Penso che continuerà così, più saliamo in classifica, più ci ritrarremo; ho anche chiesto a chi cura la nostra promozione che non ci interessano riscontri e feedback, leggiamo solo i dati di vendita. Sto già lavorando su nuovo materiale da febbraio, quindi non voglio alcuna distrazione: le opinioni altrui sono spesso irritanti, preferisco continuare a scrivere riff.

HAI PER CASO VISTO “LORDS OF CHAOS”, ANCHE SOLO PER FARTI UNA RISATA?
– No, a dirla tutta non ho nemmeno mai visto “Until The Light Takes Us” (uno dei primi documentari sul black metal, che vedeva proprio Fenriz tra i protagonisti, uscito nel 2008, ndR). Lo so, per un giornalista risulta incredibile, ma ho fatto anch’io il redattore e non avevo la minima curiosità a riguardo, quindi ho cercato di evitarlo. Penso che il black metal, da queste parti, avesse molto a che fare con quello che ci passava allora per la testa e che sia troppo difficile da restituire con un film.

E CHE COS’È OGGI IL BLACK METAL, PER TE?
– Sempre lo stesso, credo: Celtic Frost e Bathory. Ho fatto girare tonnellate di black metal con i miei podcast alla radio, ma la maggior parte delle cose più recenti suona molto retrò, o almeno a me piacciono le band che richiamano nello stile gli anni Ottanta.

CHIEDERTI SE SEGUI ANCORA LA SCENA SAREBBE QUASI RIDICOLO, DATO IL TEMPO CHE PASSI A TENERE VIVA LA MEMORIA DI TUTTE LE GRANDI BAND UNDERGROUND DEL PASSATO. MA SEI ANCORA CURIOSO DI ASCOLTARE BAND NUOVE?
– Ho registrato 48 episodi di Radio Fenriz a dimostrazione di ciò, ma ho dovuto ridurre il tempo da dedicare al podcast drammaticamente. Il 2018 ha segnato il trentennale del mio proposito di condivisione e passione, mi pareva tempo di tagliare un po’ questo impegno. Sto aspettando con curiosità il nuvo album dei Black Viper, quello sì!

SEI ANCORA IN CONTATTO CON GLI ALTRI RAGAZZI CHE HANNO DATO VITA ALLA SCENA BLACK METAL?
– Non molto. Ogni tanto chiacchiero con Necrobutcher, ma è un rapporto che va avanti dagli anni Ottanta.

TI PIACE ANCORA ANDARE AI CONCERTI E SEGUIRE LA SCENA? RICORDO CHE CI SIAMO INCONTRATI UN PAIO DI ANNI FA A UN FESTIVAL E MI SEMBRAVI MOLTO CONTENTO DELL’ATMOSFERA E DELLE BAND…
– Ero contento perché in quelle situazioni devi essere di buonumore, poi non mi è dispiaciuto essere lì, ma pressoché qualunque impegno mi mette ansia, quindi tendo ad avere l’agenda vuota. Penso di avere tre impegni sul calendario da qui a dicembre. Amo decisamente starmene per i fatti miei, non so se sia una buona scelta ma mi fa star bene, e quando vivi una vita così inevitabilmente ogni volta che esci pensi “oh, ma è fantastico!”. In fin dei conti sono un ragazzo da vinile e cuffie, penso di essermele tolte dalla testa di rado, dal 1983. La musica dal vivo non fa per me, sono anche a disagio con le folle.

COME ULTIMA DOMANDA, DAREI UNO SGUARDO AI PROGETTI FUORI DAL MONDO DEI DARKTHRONE; HAI IN MENTE DI RIESUMARNE QUALCUNO O DI SUONARE CON QUALCHE ALTRO MUSICISTA, AL MOMENTO?
– No, l’ultima mia collaborazione è stata suonare il basso con i Fuck You All nel 2001, per puro divertimento. Però mi ha aiutato a uscire dalla depressione e riprender eil lavoro coi Darkthrone per ”Hate Them”. In seguito non ho mai più pensato ad altri progetti, e nel 2004 ho ripreso il mio impegno per la diffusione dell’underground, proprio come facevo nel periodo tra il 1987 e il 1990, il che mi ha portato a fare sempr epiù spesso il dj, creare compilation, fare i podcast radiofonici e ora a realizzare un’enorme playlist su Spotify: Fenriz Metal. (Che potete seguire qui, ndR)

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