Scrivere dei Das Ich non è semplice. Innanzitutto perché stiamo parlando di una band assolutamente ‘complessa’ nella profonda matassa lirica ed ancor più elaborata nelle continue divergenze stilistiche che la rendono, ad ogni nuova occasione, sempre più imprevedibile e tagliata fuori da un qualsivoglia genere identificabile. Postwave? Industrial? Dark-Ambient? Gothic? Tutto e nulla, nulla e tutto. Orchestrali, magniloquenti, minimalisti e sintetici. Ma sopratutto imprevedibili. In questa splendida intervista che leggerete, rilasciatami all’indomani dell’uscita dell’ultimo “Anti’Christ” da un Bruno Kramm gentile, affabile e cordiale come pochi, emergerà il lato più intimista di una band che con il passare del tempo si sta creando una folta schiera di appassionati in tutte le differenti schiere di fruitori di musica alternativa, riuscendo a spezzare anche quelle turpi barriere tra le varie scene e stili musicali.
“Quando abbiamo iniziato a comporre il materiale per il nuovo album, lo scorso ottobre, ci siamo posti come obiettivo quello di comporre dei brani, per la prima volta nella nostra carriera, che fossero più accessibili del solito. Solitamente eravamo infatti abituati a costruire impalcature molto complesse per i nostri brani, e raramente rinchiudevamo le nostre idee in un minutaggio compreso tra i quattro ed i cinque minuti; stavolta siamo invece partiti proprio con l’intento di scrivere musica meno ridondante, che fosse più facile da seguire, ma che al tempo stesso conservasse tutta l’espressività che i Das Ich hanno sempre avuto nella loro proposta.”
QUESTA INEDITA RICERCA MELODICA E DEL REFRAIN D’IMPATTO FACEVA QUINDI PARTE DEGLI OBIETTIVI DEL NUOVO ALBUM?
“Sì, anche se in precedenza non mi succedeva mai di prefissarmi delle regole da seguire, e preferivo assecondare l’istinto; stavolta invece ho lavorato diversamente, e la volontà mia e di Stefan era di creare delle tracce con delle strutture facilmente identificabili, che suonassero ‘accessibili’ ma non troppo semplici o commerciali.”
PARAGONATO PERÒ ALLE VOSTRE IMMEDIATE PRECEDENTI FATICHE, QUESTO “ANTI’CHRIST” SUONA COME UNA SORTA DI ‘SVOLTA’ NELLA CARRIERA DEL DUO KRAMM/ACKERMANN…
“Non credo si possa parlare di svolta… Oppure mettiamola così: ogni singolo episodio della storia dei Das Ich ha segnato una svolta nell’evoluzione della band anche se, in un certo senso, mi piace credere che faccia tutto parte del nostro naturale divenire. In questo caso, ad esempio, tralasciando il precedente album, “Re_Laborat”, che era fondamentalmente un album di remix, il nostro ultimo album con delle composizioni inedite è “Morgue”, che è molto ma molto differente dal suo diretto predecessore, “Egodram”, così come è assai distante da quanto prodotto nel nuovo “Anti’Christ”. “Morgue” era fondamentalmente un album di puro dark ambience; pur non avendo il proposito di fungere da soundtrack, era comunque un album che necessitava di essere ascoltato dall’inizio alla fine per essere realmente compreso. Stavolta invece abbiamo cercato di comporre un album che fosse fruibile anche nelle sue singole parti, e non sempre e soltanto nella sua totalità; questo era un problema su cui abbiamo desiderato fortemente concentrarci durante la realizzazione del nuovo album, e sappiamo di non aver affatto ecceduto. Non siamo diventati una band commerciale, su questo credo non ci siano dubbi.”
CREDI POSSANO ESSERCI DEI LEGAMI TRA ‘”ANTI’CHRIST” ED IL TUO PROGETTO SOLISTA? IN UN CERTO SENSO “COEUR” ERA UN ALBUM MOLTO PIÙ ‘EASY-LISTENING’ RISPETTO A CIÒ CUI CI HAI SEMPRE ABITUATO CON I DAS ICH…
“Non credo, perché “Coeur” è un album ‘strutturato’, proprio come gli album dei Das Ich, e non è stato composto con l’intento di scrivere dei potenziali singoli. Onestamente non vedo neanche stilisticamente dei parallelismi con la musica dei Das Ich: sono già il compositore della maggior parte delle musiche dei Das Ich, e con Kramm cerco semplicemente di dare sfogo a pulsioni artistiche che nulla hanno a che vedere con quelle che solitamente muovono la proposta della mia band. E’ ovvio però che una matrice di fondo, che va direttamente riscontrata nel mio modo di suonare e comporre musica, sia comunque sempre avvertibile. Se invece devo essere sincero, penso che ad influenzare questa maggiore accessibilità del nuovo materiale dei Das Ich sia stata essenzialmente la mia esperienza come dj negli ultimi anni, che mi ha portato a comporre dando molta importanza alla componente ritmica ed alla ricerca di un mood capace di impossessarsi dell’ascoltatore fin dal primo ascolto.”
SAREI CURIOSO DI SAPERE SE ANCHE I PROCESSI COMPOSITIVI DEL MATERIALE PER I DAS ICH E PER IL TUO PROGETTO SOLISTA SIANO DIFFERENTI…
“Si, assolutamente, hai centrato in pieno la questione: la differenza tra le due esperienze risiede proprio in questo. Quando compongo musica per i Das Ich parto da una ricerca intellettuale, che mi costringe a concentrarmi su delle emozioni o visioni ben precise, fornitemi da Stefan o dal mio stesso io; fondamentalmente la musica dei Das Ich è molto elaborata, ed è sempre frutto di una lunga ricerca di suoni e liriche che si incastrino gli uni con gli altri alla perfezione, come in una sorta di completamento vicendevole. Nel mio progetto solista, invece, la parola d’ordine è improvvisazione: mi pace sedermi davanti alle mie tastiere ed iniziare a suonare quello che mi passa per la testa, senza alcuna premeditazione. Sono due modi completamente differenti di intendere la musica, ma credo sia doveroso per un musicista sperimentare entrambe le modalità.”
PARLIAMO ORA PIÙ APPROFONDITAMENTE DEL NUOVO ALBUM… PERCHÉ LA SCELTA DI QUESTO TITOLO?
“Ci sono almeno due ragioni per la scelta di questo titolo. Negli ultimi tempi sentivamo di aver perduto contatto con l’essenza primaria dei Das Ich che aveva mosso i nostri primi album; negli ultimi anni ci eravamo imbarcati in tanti progetti che, in un certo senso, avevano reso quasi irriconoscibile l’identità dei Das Ich: basti pensare all’album con gli Atrocity, alla colonna sonora “Das Innere Ich”, all’album
“Morgue” o ancora all’album di remix “Re_Laborat. Sentivamo la necessità di ritornare al sound ed al concept di album come “Die Propheten” e “Staub”, e così abbiamo deciso di intitolare l’album
“Anti’Christ”, che avrebbe dovuto essere a sua volta il titolo del nostro primo album e che, all’ultimo momento, decidemmo di cambiare in “Die Propheten” per non crearci problemi con le comunità cristiane. Questa è la prima ragione che potrebbe saltare all’occhio, ma non è la sola. Il secondo motivo della scelta di questo titolo va ricercato nella materia stessa delle liriche di questo nuovo album. Con l’11 Settembre, mi è sembrato di rivedere nel pensiero comune della gente simbologie appartenenti al nostro passato atavico come il ‘bene’ ed il ‘male’ identificarsi rispettivamente nell’Occidente e nella religione islamica; credo che al giorno d’oggi la comunicazione sia tutto per l’uomo, e che porsi delle barriere che rispondono al nome di bene e male distruggono letteralmente il dialogo e l’integrazione di culture differenti. Partendo da questa osservazione, io e Stefan abbiamo sviluppato la materia dell’album, cercando di suggerire all’ascoltatore/lettore come il bene ed il male siano esclusivamente un punto di vista.
“Anti’Christ” è un album che gioca molto sul dualismo di questa sua natura benigna/maligna; preso superficialmente, può sembrare un album il cui abbondino simbologie e proclami satanici/
anticristiani, ma in realtà non è così, o meglio, è così soltanto in parte. Prendi ad esempio il brano “Vater”, che in tedesco significa ‘padre’; leggendo il testo superficialmente lo puoi intendere come un’invocazione blasfema, ma in realtà il soggetto dell’invocazione può riconoscersi anche nel padre naturale di ciascuno di noi, al creatore delle nostre vite ed a colui che ha trasmesso in noi il nostro patrimonio conoscitivo. Nella mia vita mio padre è stato importantissimo: a lui debbo molto, moltissimo; tutta la mia carriera musicale non esisterebbe senza di lui ed i suoi insegnamenti. Quindi “Vater”, come del resto tutte le tracce di “Antichrist”, può essere letta ed interpretata in due modi completamente differenti: da una parte c’è l’interpretazione apocalittica e negativa, dall’altra quella più intima e personale.”
RIGUARDO INVECE LA COPERTINA, COME MAI LA SCELTA DEL COLORE GIALLO?
“Anche questa scelta rientra nel discorso del concept. Il giallo è un colore che suggerisce solitamente calore, sicurezza; accostato però ad un titolo così esplicito come “Anti’Christ”, procura un sentore di smarrimento, ambiguità, panico. In realtà, come ho detto già precedentemente, il lato ‘malvagio’ di “Anti’Christ” è esclusivamente quello con cui si ha il primo impatto, mentre quando si entra più a fondo nella materia dell’album ci si rende conto che esiste anche una seconda lettura, ravvisabile nelle liriche. Anche nella copertina c’è quindi una doppia chiave di lettura che lascio volentieri alla vostra immaginazione…”
PARLANDO INVECE PIÙ STRETTAMENTE DELLA MUSICA, COME DESCRIVERESTI AD UN LETTORE I DAS ICH DI “ANTI’CHRIST”?
“Per me è sempre stato molto complicato descrivere la musica dei Das Ich… E’ un lavoro che lascio fare alla gente come te, credo i risultati siano nettamente migliori, ah ah… Ad ogni modo, credo di poter descrivere la musica di “Anti’Christ” come la giusta evoluzione del sound dei primi dischi dei Das Ich: siamo tornati a suonare orchestrali, sinfonici ed al tempo stesso industrial, proprio come sempre; ma soprattutto – e questo è da sempre uno dei punti che abbiamo desiderato focalizzare maggiormente – abbiamo mantenuto intatta la componente drammatica ed espressiva che si crea con il connubio tra le mie orchestrazioni e la voce di Stefan.”
QUAL È LA TUA CONCEZIONE DI MUSICA?
“La musica è fondamentalmente il linguaggio delle emozioni. Prova a far ascoltare Verdi ad un tedesco o ad un francese: anche senza conoscere una sola parola di italiano riuscirà a carpire delle emozioni che solo un linguaggio universale come la musica riesce a suggerire.”
COSA TI HA SPINTO A DIVENTARE UN MUSICISTA FUORI DALLA NORMA COME IL BRUNO KRAMM CHE CONOSCIAMO? IN CHE COSA HAI TROVATO STIMOLI PER PERSEVERARE IN QUESTA INCESSANTE RICERCA ESPRESSIVA?
“Mio padre. E’ stata la persona più importante della mia vita, dalla quale ho appreso nozioni di musica, cultura, letteratura. I suoi insegnamenti saranno sempre con me, e non mi stancherò mai di ringraziarlo per avermi indirizzato al mondo della musica. Gli stimoli per perseverare nell’arte sono ovunque, ma specialmente nelle cose a cui tieni maggiormente e nell’amore per la vita.”
ARRIVERÀ MAI IL GIORNO IN CUI SMETTERAI I PANNI DI MUSICISTA E TI DEDICHERAI A QUALCOS’ALTRO?
“Non so e non ci voglio neanche pensare. Credo che tal giorno arriverebbe soltanto qualora componessi una canzone ‘perfetta’ che mi obbligherebbe, in un certo senso, a terminare la mia ricerca artistica. Ed ovviamente mi auguro che quel giorno non arrivi mai… L’unica cosa di cui sono certo è che, il giorno in cui sarò troppo anziano per continuare a suonare su un palco, finirò a scrivere musica ambient e colonne sonore per i film.”
A TAL PROPOSITO, QUANTO È IMPORTANTE PER I DAS ICH ESIBIRSI DAL VIVO?
“Inizialmente non eravamo interessati a questo aspetto; volevamo soltanto comporre ed incidere album, per questo eravamo partiti come duo. In seguito abbiamo capito che potevamo permetterci di utilizzare il palcoscenico per dare una seconda vita alle nostre canzoni, evitando di esibirci soltanto per promuovere il nuovo album, come tanta gente fa. Con il passare del tempo abbiamo scoperto anche che Stefan è un grande performer dal vivo, e chiunque abbia mai visto un nostro show converrà che in questa situazione la nostra musica guadagna davvero tanto in espressività e drammaticità.”
A DIFFERENZA DEL TREND IMPERANTE TRA LE BAND INDUSTRIAL/ELECTRO, VOI SUONATE REALMENTE ‘DAL VIVO’, ED INOLTRE VI AVVALETE DI UN BATTERISTA IN CARNE ED OSSA DAL VIVO… COME MAI QUESTA SCELTA IN CONTROTENDENZA?
“Semplicemente perché non ci piace suonare in playback e perché, se dovessimo usare questo tipo di espedienti, preferiremmo fare un dj set e non fare finta di suonare sul palco. Ti assicuro che portare dal vivo la musica dei Das Ich non è semplicissimo; la preparazione di un tour richiede moltissime ore di lavoro, e spesso diventa anche frustrante avere a che fare con gente che viene ai tuoi show e quasi ti deride dell’immensa fatica che fai solo in rispetto della tua arte e del tuo pubblico. Per quanto riguarda il batterista, purtroppo credo che per una questione pratica, nel prossimo tour, useremo una drum machine; purtroppo la nostra musica ha delle ritmiche davvero molto intricate, e se non hai un ottimo batterista, devi abituarti ad avere a che fare con errori, fuori tempo e sbavature d’ogni sorta. Inoltre il bravo batterista costa, e se non hai abbastanza denaro per permettertelo diventa un problema…”
EPPURE NELLA SCENA EBM/FUTUREPOP TUTTI UTILIZZANO IL PLAYBACK… SPESSO C’È ANCHE CHI CAMPIONA STRUMENTI COME CHITARRE E VIOLINI…
“So bene a cosa ti riferisci, ed ovviamente per me questa gente non ha nulla a che spartire con i veri musicisti. Abbiamo deciso di dare un taglio netto con la scena ebm, proprio perché non accettiamo questo tipo di mentalità. Adesso con la Massacre Records, che ha dei canali promozionali ed un pubblico assolutamente nuovi ed inediti per noi (se escludiamo quei pochi metalhead che ci hanno conosciuti con lo split album con gli Atrocity), sarà tutto più difficile, senza dubbio, ma viviamo questa situazione come una nuova sfida, e soprattutto non ci toccherà produrre degli stupidissimi remix futurepop delle nostre song, ahaha… Purtroppo in America saremo costretti a remixare uno o due brani, ma soltanto per quel mercato che vive e si nutre di quel tipo di sonorità – ma si tratta di una scelta della casa discografica, tengo a precisarlo, in quanto noi non abbiamo alcun interesse a farci assottigliare a quel tipo di scena.”
E DELL’ORMAI LEGGENDARIO REMIX DI “DESTILLAT”, AD OPERA DEI VNV NATION, CHE COSA MI DICI? QUI A ROMA È PROGRAMMATO SENZA SOSTA DA ORMAI DUE ANNI IN TUTTI I CLUB E DARK-ELECTRO-PARTY…
“Oh, purtroppo non solo a Roma. Odiamo quel remix, ci credi se te lo dico? Non volevamo neanche includerlo, inizialmente… Poi ci hanno convinto che sarebbe stato un ottimo esperimento, ed allora lo abbiamo inserito nella versione definitiva di “Re_Laborat”. E’ troppo commerciale per i miei gusti: è ottimo per ballare, ma quel genere di musica lo ascolto soltanto quando faccio il dj alle feste, e sono costretto ad inserire qualche brano di VNV Nation, Apoptygma Berzerk e Covenant in scaletta.”
CREDO POSSA BASTARE, BRUNO… COME PREFERISCI TERMINARE LA NOSTRA CHIACCHIERATA?
“Con un ‘grazie’ a Metalitalia.com ed il tuo supporto! Sai, non ci saremmo aspettati che anche adesso che siamo passati ad una label metal-oriented come la Massacre Records, avremmo continuato a ricevere le stesse attenzioni che avevamo in passato con un pubblico totalmente differente… La cosa non può che renderci orgogliosi, ed obbligarci ad andare avanti nel nostro progetto sempre con la medesima perseveranza e libertà artistica.”