Nati e cresciuti nel circuito anarcho-crust inglese, i Dawn Ray’d si stanno ora facendo largo nella scena metal sull’onda del successo del loro primo full-length “The Unlawful Assembly”, rilasciato ad ottobre tramite una coalizione di etichette che comprende anche la nota Prosthetic Records. Autori di un black metal tanto eroico quanto emotivo, i ragazzi di Liverpool non nascondono le loro fonti di ispirazione così come le loro ambizioni, dimostrandosi una realtà spontanea e genuina. Andiamo a conoscerli meglio con uno scambio di battute con il cantante/violinista Simon Barr.
IL VOSTRO PRIMO FULL-LENGTH E’ APPENA STATO RILASCIATO IN CD DALLA PROSTHETIC RECORDS DOPO UNA PRIMA PUBBLICAZIONE IN VINILE PER FEAST OF TENTACLES. COME SONO STATE LE REAZIONI SINORA?
– Siamo davvero contenti del responso, tutte le recensioni sono state positive per adesso. E anche coloro che abbiamo incontrato di persona non hanno fatto che incoraggiarci. Personalmente mi piace che chi ha letto i testi sia riuscito ad interpretarli a suo modo e a dare loro una chiave di lettura lontana dalla mia: è una cosa che non mi aspettavo e che trovo interessante.
PRIMA DI FONDARE I DAWN RAY’D AVETE FATTO PARTE DEI WE CAME OUT LIKE TIGERS E DI ALTRE BAND UNDERGROUND. POSSIAMO VEDERE “THE UNLAWFUL ASSEMBLY” E IL PRECEDENTE EP COME UNA SORTA DI NUOVO INIZIO PER VOI, SIA COME UOMINI CHE COME MUSICISTI?
– Penso di sì. I gruppi di cui abbiamo fatto parte in passato erano molto radicati nella cultura DIY, mentre con questa band abbiamo cercato di sperimentare nuove soluzioni, pur continuando a fare parte anche di quella scena. Abbiamo sempre suonato nel circuito anarchico, ma con i Dawn Ray’d stiamo provando ad esplorare altri ambienti e a metterci in gioco. L’idea è di applicare tutto quello che abbiamo imparato suonando nella rete dei centri sociali europei nel modo in cui gestiamo questa band nella classica scena metal. Si tratta senza dubbio di un nuovo capitolo per noi e il cambiamento sinora è stato decisamente positivo.
COME SIETE ARRIVATI A QUESTA DECISIONE? COSA HA INNESCATO QUESTO CAMBIAMENTO?
– La nostra vecchia band è giunta al capolinea in modo molto spontaneo: alcuni membri non potevano più dedicarsi ai tour, quindi abbiamo deciso di chiudere. Abbiamo avviato i Dawn Ray’d quello stesso giorno, visto che noi tre avevamo più che mai voglia di suonare musica estrema. Abbiamo deciso di fondare una black metal band, cosa che per forze di cose ci ha portato a cambiare parzialmente circuito, mettendoci nelle condizioni di ricevere offerte per concerti più grossi e importanti sia nella scena metal che in quella crust. Abbiamo continuato ad andare in tour e la nostra attività ha destato l’interesse della Prosthetic Records, che ha appunto pubblicato il debut album in CD. La scena metal è molto vasta e le opportunità sono molteplici per un gruppo come il nostro. Penso che con la nostra vecchia band, i We Came Out Like Tigers, abbiamo imparato come gestire una band, ma ora siamo nelle condizioni di approfondire e affinare quell’esperienza. Non siamo più strettamente una DIY band, ma quel tipo di attitudine resta alla base delle nostre decisioni. L’integrità del sound e della componente politica restano cruciali per noi e credo che il responso che stiamo ottenendo dipenda soprattutto da ciò.
CHE OBIETTIVI VI SIETE FISSATI QUANDO AVETE FONDATO LA BAND? PENSI CHE NE ABBIATE GIA’ RAGGIUNTI ALCUNI?
– Penso che i nostri obiettivi siano in continua evoluzione. E’ giusto puntare in alto, ma bisogna anche essere realisti. Non puoi certo pensare di suonare in delle arene con un solo demo alle spalle, ma siamo rimasti impressionati da quanto il nostro EP abbia venduto e dalla sua successiva ristampa. Siamo inoltre stati felicissimi di suonare in Europa e di andare in tour sulla East Coast e nel Midwest degli Stati Uniti. Puntiamo sempre a fare piccoli passi in avanti rispetto a dove ci troviamo, per poi correggere la rotta una volta che abbiamo fatto quei progressi. Al momento siamo contenti di essere fra gli esponenti della scena anarchica, così come di lavorare con una etichetta come la Prosthetic, la quale ci sta portando ad avere molti più concerti e presenza sul web e sulle riviste. In definitiva, siamo molto felici della posizione in cui ci troviamo.
PARLIAMO DEI VOSTRI TESTI: SENZA FARNE MISTERO, SIETE UN GRUPPO CHE PARLA DI ANARCHIA E LOTTA DI CLASSE…
– Questa band è assolutamente anti-fascista e anarchica, una cosa che trovo logica quando si suona musica estrema come la nostra. Il metal è sempre stato anti-autoritario, spesso contro la polizia e contro la guerra, e rende al meglio quando ha origine nel proletariato. Il fascismo è una forma di governo che mette una sezione della classe operaia contro l’altra per mantenere il potere: se accettiamo questa situazione finiamo per venire sfruttati dai ricchi. Per me questo è il fulcro del nostro pensiero: crediamo nella libertà dalla tirannia e per l’uguaglianza per tutti. Parliamo di questi argomenti, cose a mio avviso di grande importanza. Cerchiamo di creare musica violenta e confortante al tempo stesso e credo che ciò sia una base perfetta per dei testi che parlano di come combattere per migliorare le nostre vite.
PENSI CHE AVERE CERTE IDEE POLITICHE PORTI INEVITABILMENTE AD ESPRIMERSI TRAMITE UNA MUSICA COME LA VOSTRA?
– Buona domanda… onestamente, non lo so! Non credo che un genere di musica sia più valido o adatto di un altro e non penso che un determinato genere debba possedere per forza determinate connotazioni politiche. Ogni scena è un microcosmo della società, quindi ogni scena ha gli stessi problemi che riscontri nella società là fuori: problemi creati dal capitalismo e dal patriarcato. Trovo quella metal una scena molto positiva e variegata: i gruppi nazi tendono a ricevere molta attenzione di questi tempi, ma in realtà non sono poi così tanti. Questi attraggono certamente persone con le loro stesse idee, ma questo non è rappresentativo dell’intero genere e dell’intera scena.
VI SENTITE INFLUENZATI DAI LUOGHI CHE VI CIRCONDANO?
– Siamo fortunati di avere base a Liverpool, la città che ha partorito Carcass, Conan, Dragged Into Sunlight, Anathema e tante altre ottime band, quindi sono sicuro che questo posto abbia avuto un’influenza positiva su di noi. Tuttavia, è anche vero che Liverpool non è una città molto grande, quindi abbiamo presto realizzato che avremmo dovuto lasciarla per far sì che questa band decollasse. Ciò ha significato andare in tour ovunque in Europa e toccare con mano quei circuiti dei centri sociali che hanno avuto sin dall’inizio una grossa influenza su di noi.
INFLUENZE FOLK SI PERCEPISCONO PIU’ VOLTE NEI VOSTRI BRANI, MA NON SI TRATTA CERTAMENTE DI QUEL FOLK GIOIOSO CHE SOVENTE SI ASCOLTA NEL METAL DI OGGI. DA DOVE ARRIVANO QUESTI SPUNTI?
– Io e Fabian, il nostro chitarrista, siamo cresciuti suonando folk e la mia famiglia ha sempre ascoltato parecchio folk inglese quando ero piccolo, quindi credo che in un certo senso questi suoni siano sempre stati parte di me. La musica folk deriva dalla classe operaia e spesso parla di sacrifici e conflitti; credo che il folk più interessante sia quello malinconico o dalla natura ribelle. Questo elemento è con noi dal primo lavoro, ma è stato recentemente sviluppato per assecondare meglio le idee illustrate in alcune canzoni.
I DAWN RAY’D SONO UN TERZETTO CON VOCE/VIOLINO, CHITARRA E BATTERIA. AVETE IN MENTE DI AGGIUNGERE UN BASSISTA O UNA SECONDA CHITARRA ALLA FORMAZIONE?
– Noi tre abbiamo una lunga storia insieme e ci troviamo benissimo a scrivere canzoni. Appena abbiamo iniziato a comporre i primi brani abbiamo realizzato che la nostra collaborazione era perfetta e che dare il benvenuto ad altre persone avrebbe forse comportato dei cambiamenti indigesti, cosa che non ci siamo sentiti di affrontare. Amo la semplicità alla base di questa band: la nostra organizzazione può apparire inusuale, ma dal vivo funzioniamo a meraviglia. Se ci pensi, vi sono tante grandi band che hanno line-up contenute: Darkthrone, Inquisition, Bolzer… Questo è un genere che spesso deve suonare ruvido. Quindi, sì, dopo le prime prove abbiamo deciso di non accogliere altre persone. Abbiamo superato quota cento concerti e abbiamo già pubblicato due lavori, quindi da questo punto di vista credo che il gruppo abbia dimostrato di avere una certa stabilità.
COME HAI GIA’ ACCENNATO, SIETE SPESSO IN TOUR: QUESTA VITA ON THE ROAD RAPPRESENTA UNA FONTE DI ISPIRAZIONE PER VOI?
– Quasi tutti i testi del disco sono di natura politica o nascono da riflessioni di stampo politico. Non parlo granchè della mia vita privata al momento, quindi i tour non influenzano più di tanto questo lato della band. Penso che il miglior modo per scrivere testi sia leggere tanto. Leggo molta poesia – TS Elliot, Yannis Ritsos e WH Auden – e autori contemporanei come Sharon Olds e Marie Howe. La poesia è essenziale nel mostrarti nuove vie per descrivere qualcosa e per solleticare l’immaginazione. Credo sia importante tanto quanto ascoltare nuova musica e tenersi aggiornato su quanto sta avvenendo nella scena in cui ci si muove. Andare in tour, comunque, è stancante ma è anche assai gratificante. Siamo cresciuti tantissimo suonando live regolarmente e sperimentando ogni giorno situazioni diverse. Abbiamo migliorato la nostra intesa e il nostro dialogo. Visitare comunità anarchiche e alternative in diverse parti del mondo è poi una continua fonte di ispirazione. I tour danno al nostro gruppo una dimensione e una forza incredibile. Credo che il tour sia un aspetto cruciale per ogni musicista: puoi stare a casa e sperare che qualcuno si accorga di te, oppure andare là fuori e metterti in gioco tu stesso.