I riminesi Deadly Carnage sono rientrati sulle scene a fine estate 2023 con un nuovo lavoro, seguito del ben riuscito “Through The Void, Above The Suns” edito nell’ormai lontano 2018. Potremmo definire il loro “Endless Blue” come l’apice qualitativo e stilistico di una infine raggiunta piena maturità, figlia di anni di sperimentazione e del volersi mettere sempre in gioco, avendo però ben chiari e saldi i principi di genere, e di musica in generale, da poter proporre ad un pubblico certo molto esigente.
Il blackgaze introspettivo ma potente di Adres e compari questa volta si è spinto fino in Giappone per attingere a pieni mani dal folklore mai domo di tale affascinante Paese, regalando ai posteri un disco che trasuda emozione da ogni nota.
E’ proprio con Fabio Arcangeli aka Adres, bassista e fondatore della band, che andiamo a fare la nostra consueta chiacchierata…
CIAO ADRES, È UN PIACERE RISENTIRTI DOPO TANTI ANNI! CI ERAVAMO LASCIATI NEL CICLO PROMOZIONALE PER IL VOSTRO PRECEDENTE ALBUM “THROUGH THE VOID, ABOVE THE SUNS”, ANCORA MOLTO PRIMA DELLA PANDEMIA DI COVID-19.
MI VIENE SPONTANEO DUNQUE CHIEDERTI COME AVETE TRASCORSO TUTTO QUESTO PERIODO, ANCHE CONSIDERATO CHE LA GENESI DELL’ATTUALE NUOVO DISCO, SE NON ERRO, È NATA PROPRIO POCO DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL SUO PREDECESSORE.
– Abbiamo iniziato a lavorare ad “Endless Blue” praticamente subito dopo la pubblicazione di “Through The Void, Above The Suns”, anzi, le basi concettuali del nuovo album erano già state poste svariati mesi prima; quindi alla fine la gestazione del tutto è durata ben cinque anni, e nel mezzo ovviamente ci sono stati due stop forzati dovuti alla pandemia, stop che hanno dilatato parecchio i tempi, anche perché noi componiamo la nostra musica esclusivamente in sala prove: non ci piace scrivere i brani davanti ad uno schermo, abbiamo bisogno di sentire il rumore in tempo reale!
Tuttavia, anche quando eravamo chiusi in casa durante il lockdown, non ci siamo fermati del tutto, abbiamo approfittato per approfondire il comparto visivo e concettuale, che sono parte assolutamente integrante di “Endless Blue”. Infine – era ora! – siamo riusciti a tornare a suonare insieme in sala; lì abbiamo affrontato a mente fredda tutto quello che avevamo composto fino a quel momento e abbiamo messo tante cose in discussione, approfittandone per affinare il tutto.
QUINDI IL NUOVO LAVORO POSSIAMO DIRE ARRIVI DA PARECCHIO LONTANO, DA IDEE GERMOGLIATE ORMAI TANTO TEMPO FA. COME CI SI SENTE A VEDERLO E SENTIRLO PUBBLICATO ORA, MATERIALE INEDITO PER CHI VI ASCOLTA MA PRATICAMENTE ‘VETUSTO’ ALLE VOSTRE ORECCHIE? E’ CAMBIATO QUALCOSA NELLA VOSTRA PERCEZIONE?
– Questo è un aspetto molto curioso; per tutti questo è un album uscito da qualche settimana, mentre noi ascoltiamo alcuni dei brani da ormai cinque anni! Siamo molto soddisfatti di questa uscita, abbiamo pubblicato il disco che volevamo esattamente come lo volevamo!
Dopo così tanti anni si può quasi dire che la pubblicazione è stata una liberazione, era qualcosa che sentivamo il bisogno di portare a compimento, e anche se sono passati anni dalla composizione di una parte del materiale, sentirlo registrato e completato è stato un po’ come ascoltarlo per la prima volta.
APPROCCIANDOCI ALLA DISAMINA DI “ENDLESS BLUE”, SI NOTA COME QUEST’ULTIMO SIA LA NATURALE PROSECUZIONE DI “THROUGH THE VOID, ABOVE THE SUNS”, CON LA QUALE VI ADDENTRATE COMPLETAMENTE IN TERRENI BLACKGAZE, STILE GIÀ ORMAI CONSOLIDATO, APPUNTO, NEL PRECEDENTE. MAGGIOR MATURITÀ, MAGGIOR SICUREZZA NEI VOSTRI MEZZI, UN ISTINTO ATMOSFERICO E SPERIMENTALE CHE NON VI È MAI MANCATO IN CARRIERA.
CI PUOI DESCRIVERE I PUNTI DI FORZA DELL’ALBUM, A TUO AVVISO?
– “Through The Void, Above The Suns” è stato un banco di prova per addentrarci in certe sonorità, mentre in un certo senso “Endless Blue” è fluito in maniera estremamente spontanea e compatta e io penso che questo aspetto sia la sua forza; questo è un album che è nato in maniera molto genuina, avevamo le idee chiare sin da subito a livello concettuale e i brani spontaneamente sono nati intorno a questo fulcro. Penso che “Endless Blue” riesca a trasmettere qualcosa perché racconta una storia coesa tra musica, immagini e parole.
MOLTO INTERESSANTE IL CONCEPT LIRICO E GRAFICO CHE SOGGIACE DIETRO AD ESSO. IL FOLKLORE GIAPPONESE, PUR ESSENDO RINOMATO ANCHE NEL MONDO OCCIDENTALE, SPESSO VIENE CONFUSO CON QUELLO CHE RICEVIAMO ATTRAVERSO ALTRI CANALI MEDIATICI, COME AD ESEMPIO POSSONO ESSERE FILM, MANGA E ANIME.
VOI INVECE VI SIETE ADDENTRATI IN PROFONDITÀ ANDANDO A SCAVARE TRA LE STORIE PIÙ TERRIFICANTI COINVOLGENTI I DEMONI DEI MARI E DELL’OCEANO. COME È NATA E SI È SVILUPPATA NEGLI ANNI QUESTA SCINTILLA D’ISPIRAZIONE?
– Il folklore giapponese è estremamente affascinante perché permea in maniera assolutamente radicata la società di quel paese, mentre qui in Occidente le storie di spettri e demoni sono quasi totalmente scomparse; è proprio questo che ci ha catturato in prima battuta, una società che è profondamente influenzata da queste credenze e da queste storie cupe ed inquietanti.
Ritengo però che la vera scintilla sia nata quando abbiamo iniziato a visionare i dipinti dell’Ukiyo-e, ovvero le immagini del mondo fluttuante: opere come “La Grande Onda di Kanagawa” e “La Strega Takiyasha e lo Scheletro Spettro” ci hanno letteralmente catturato.
PARLACI, A TUA SCELTA, DI TRE TRACCE DELL’ALBUM IN MODO PIÙ DETTAGLIATO, QUELLE CHE CONSIDERI LE PIÙ IMPORTANTI PER LA VOSTRA CRESCITA MUSICALE…
– Tre tracce? Bene, andrò in ordine sparso. La prima di cui vorrei parlare è “Swan Season”, il primo singolo che abbiamo pubblicato e da cui abbiamo tratto anche un video ufficiale: in questo brano abbiamo deciso di provare una cosa che non avevamo ancora tentato, ovvero basare il tutto sulla parte vocale che apre il brano; di norma abbiamo sempre immaginato la voce come qualcosa da aggiungere una volta costruito tutto il resto, questa volta invece siamo partiti dalla voce, come fosse una narrazione, e gli abbiamo affidato la colonna portante del brano.
Poi vorrei parlare di “Mononoke”, che è il brano in assoluto più pesante e fangoso dell’album; per questa traccia abbiamo deciso di rivisitare una ‘tradizione’ che ormai portavamo avanti da tempo, ovvero scrivere un testo in una lingua differente rispetto a tutti gli altri dell’album; normalmente abbiamo sempre utilizzato l’italiano a questo scopo, ma in questa particolare occasione non era la lingua adatta, così abbiamo deciso di scrivere un testo in giapponese! Confesso che non è stata una cosa semplice, ma fortunatamente siamo stati affiancati da un traduttore professionista (Dario Rotelli) che ci ha guidato in questo percorso, è stata una bella sfida.
Infine, avendo parlato di ben due brani in cui risaltano le parti vocali, vorrei chiudere questa disamina parlando di “Unknown Shores”, la traccia interamente strumentale che chiude “Endless Blue”: in questo brano abbiamo deciso di affidare la narrazione non alla voce, ma all’Erhu, un violino asiatico che ha un suono assolutamente struggente, abbiamo pensato che una storia tragica come quella che stavamo raccontando necessitasse di un finale commovente, e l’Erhu è assolutamente lo strumento perfetto per questo tipo di atmosfere.
UN RUOLO IMPORTANTE NELLA CREAZIONE DEL DISCO È SICURAMENTE ATTRIBUIBILE AL VOSTRO ‘QUINTO ELEMENTO’ MIKE CRINELLA. VUOI PARLARCI DEL SUO CONTRIBUTO IN STUDIO E DELLE SOLUZIONI CERCATE ATTRAVERSO L’USO DI STRUMENTI TRADIZIONALI?
– Mike Crinella è un nostro strettissimo collaboratore (e buon amico) ormai da molti anni, si può in effetti considerare un quinto membro della formazione perché il suo contributo è assolutamente di rilievo. Mike ha curato la nostra pre-produzione, ha creato i synth e soprattutto ha registrato degli strumenti decisamente inusuali, mi riferisco al bouzouki irlandese, al liuto e al mandolino! È un musicista estremamente talentuoso, penso che sia in grado di suonare qualunque cosa abbia delle corde; da ormai parecchio tempo si interessa agli strumenti acustici e durante le sessioni di registrazione della pre-produzione continuava a dire cose come “qui ci sentirei bene questo strumento”, oppure “qui ci starebbe bene una sovraincisione con quest’altro strumento”, e così abbiamo deciso di lasciargli carta bianca e fargli registrare quel che voleva!
Mike, a differenza nostra che abbiamo composto i brani, riusciva a vedere la nostra musica in maniera più distaccata e penso che il suo apporto sia stato così importante anche per questo. Attualmente sta facendo anche qualche data dal vivo insieme a noi, è estremamente interessante portare sul palco questo tipo di strumenti.
GIUNTI AL QUINTO FULL-LENGTH IN QUASI VENT’ANNI DI CARRIERA, PUOI ELENCARCI LE CINQUE FONTI DI ISPIRAZIONE, ANCHE NON MUSICALI, CHE PIÙ HANNO INFLUITO SULLA VOSTRA CRESCITA MUSICALE?
– Devo ammettere che questa probabilmente è una delle domande più complicate che mi siano state rivolte, anche se potrebbe sembrare apparentemente semplice. Proverò a rispondere in maniera strettamente personale dato che non posso parlare a nome di tutti; darò influenze varie, musicali e non: devo assolutamente citare i My Dying Bride, per me l’atmosfera plumbea della loro musica è una costante fonte di ispirazione e paragone, sono in assoluto la mia band preferita e con ogni probabilità quella che più ha influenzato il mio modo di fare e ascoltare musica, per me i My Dying Bride rimangono una vetta assoluta.
Rimanendo sempre in ambito musicale devo poi citare “Ashes Against the Grain” degli Agalloch: quando lo ascoltai nel 2006 (avevo diciassette anni) capii che era possibile partire dal black metal per creare qualcosa di assolutamente magnifico e maestoso.
Concludendo il discorso con l’ultima influenza musicale citerò un progetto forse inaspettato: mi riferisco a Mortiis (con gli album dungeon synth). Quando ero adolescente ascoltavo la sua musica chiuso nella mia camera e riuscivo ad andare lontanissimo con la mente anche solo ascoltando dei tappeti di synth; con poco si può fare molto!
Avendo descritto influenze musicali, penso che sia necessario citare anche qualche influenza visiva: la prima sono i quadri preraffaelliti, il loro aspetto onirico e soffuso è per me il metro di paragone per la bellezza estetica, è in assoluto la mia corrente pittorica favorita, non ho dubbi in merito. Infine vorrei aggiungere i film gotici italiani degli anni ’60, perché l’uso di luci ed ombre di quei film è esattamente quello a cui aspiro nella composizione musicale.
LA VOSTRA CARRIERA È COSTANTEMENTE PREGNA DI UN’INDEFESSA EVOLUZIONE E MATURAZIONE STILISTICA: DALLE ACERBITÀ MAGARI PRESENTI NELL’EP “SENTIERO I” SIETE PROGREDITI SEMPRE PIÙ TROVANDO UNA VOSTRA STRADA, ABBRACCIANDO IL FILONE BLACKGAZE IN MODO FLUIDO E NATURALE, RIVELANDO, DICIAMO DA “MANTHE” AD OGGI, UNA REALE PERSONALITÀ MUSICALE.
FACCIAMO UN PO’ DI RETROSPETTIVA RIPERCORRENDO BREVEMENTE I PASSAGGI CRUCIALI DELLA VOSTRA STORIA.
– Quando abbiamo iniziato nell’ormai lontano 2005 puntavamo tutto su un sound grezzo ed essenziale, senza pretese, solo attitudine. Poi direi che la prima svolta è arrivata nel 2008, con “Decadenza”: lì abbiamo capito che la nostra strada era quella di comporre una musica che potesse creare un’atmosfera in grado di raccontare qualcosa. Da quel momento il nostro percorso è stato tracciato. “Sentiero II” e “Manthe” sono nati dalla volontà di sperimentare all’interno di un sound atmosferico cercando di portarvi svariate atmosfere, ma è a partire da “Through The Void, Above The Suns” che abbiamo delineato in tutto e per tutto questo percorso, che ancora oggi prosegue e si evolve.
Sono passati anni, il nostro suono è mutato, ma c’è sempre stato un filo conduttore dai demo degli esordi ad oggi ed è la componente doom della nostra musica: a prescindere da quel che suoniamo, quel tipo di suono è insito nel nostro modo di far musica.
UNA DOMANDA CHE È PIÙ UNA CURIOSITÀ: IL VOSTRO NOME SIGNIFICA LETTERALMENTE ‘CARNEFICINA MORTALE’, MONIKER CHE SI CONFÀ MAGGIORMENTE AD UN GRUPPO DEATH METAL O GRINDCORE. NON AVETE MAI PENSATO, MAN MANO IL VOSTRO STILE SI È RESO PIÙ ATMOSFERICO ED EMOZIONALE, DI CAMBIARE NOME AL GRUPPO? CONVERRAI ANCHE TU CHE, SOPRATTUTTO PER CHI NON VI CONOSCE, POSSA ESSERE FUORVIANTE…
– Il nostro nome è stato scelto in un periodo in cui il nostro sound era decisamente diverso da quello attuale e in cui non potevamo ancora immaginare il percorso che era davanti a noi.
Come è logico supporre, abbiamo parlato più di una volta dell’eventualità di cambiarlo per renderlo maggiormente coeso a quel che siamo oggi; questo discorso non è stato fatto in tempi recenti, in cui ormai il moniker si è affermato nell’ambiente, ma in anni passati, ad esempio prima della pubblicazione di “Decadenza” nel 2008.
Alla fine abbiamo deciso di lasciarlo invariato, perché riteniamo che sia sempre un bene ricordare da dove si è partiti e non rinnegare quel che si è fatto; il nostro è un percorso e ogni percorso ha un punto di partenza e questo è molto più importante di qualunque etichetta.
CONCLUDIAMO L’INTERVISTA LASCIANDOTI ILLUSTRARE I PIANI FUTURI PER LA PROMOZIONE DEL NUOVO ALBUM E, IN CASO FOSTE GIÀ ALL’OPERA CON DEL MATERIALE FRESCO, LE COORDINATE STILISTICHE CHE LO DISTINGUONO.
– Attualmente ci stiamo dedicando a presentare i nostri brani dal vivo. Non siamo mai stati una band che fa tantissimi concerti, ma ci teniamo alla cura dell’impatto visivo dei nostri spettacoli, affinché creino un’atmosfera adeguata per immergersi pienamente nella nostra musica.
Ma non è tutto: chi ci conosce sa bene che appena chiudiamo un album iniziamo subito a lavorare al successivo, quindi anche attualmente c’è qualcosa in cantiere, ma non è ancora il momento di rivelare di che si tratta… Il mistero è fondamentale!