DEATH SS – Apocalypse now!

Pubblicato il 09/04/2006 da


E’ indubbio che esista un alone impalpabile che avvolge i Death SS. Qualcosa che, al di là dei singoli esiti, degli album più o meno riusciti, degli shows più o meno eccessivi, fa della band di Steve Sylvester un’entità irrinunciabile nel panorama metal non solo italiano. Abbiamo parlato con Steve di “The 7th Seal”, un album interlocutorio, fatto di alcune grandi individualità ed altrettanti episodi poco più che discreti. Ma come sempre, al di là dei singoli esiti, degli album più o meno riusciti, degli shows più o meno eccessivi, scambiare qualche parola con Mr. Sylvester è qualcosa di più simile ad un onore che ad un onere…


HO TROVATO IL VOSTRO NUOVO DISCO UN PO’ PIU’ “SOLARE” DI “DO WHAT THOU WILT” O “PANIC”; COSA NE PENSI?
“Per me è difficile parlare in modo distaccato di questo disco, perché è un progetto sul quale stavo lavorando da anni. Per quanto mi riguarda si tratta del disco più cupo e pessimista che abbiamo mai fatto, c’è un concept più o meno velato che ha a che vedere con l’apocalisse, la fine, la morte. Sicuramente ha anche qualcosa di “Heavy Demons”, come ha momenti accostabili al suono di quasi tutti i nostri dischi più vecchi. Non è un disco particolarmente facile, ma credo che possa piacere anche al primo impatto, è un lato fondamentale della musica.”
 
COME DEFINIRERTI IL DISCO? CHE SENSAZIONE TI FA AVERLO IN MANO FINITO?
“In senso musicale credo che “The 7th Seal” sia un compendio di quello che sono stati i Death SS in questi anni, con una produzione attuale. Si tratta di un’evoluzione rispetto a “Humanomalies” e a tutti i nostri vecchi album. E’ un disco che mi ha dato grandi soddisfazioni e che è venuto come intendevo venisse.”
 
TROVO CHE “THE 7TH SEAL” SIA UN DISCO CON ALMENO UN PAIO DI BRANI DAVVERO VINCENTI; “THE HEALER” AD ESEMPIO…
“ “The Healer” è un pezzo che richiama lo stile gotico di “Do What Thou Wilt”, ma è solo uno dei lati del disco. “The 7th Seal” contiene elementi gotici, elementi metal, elementi dark, come ad esempio la title track…è un disco con molte sfaccettature…”
 
OGNI VOSTRO DISCO SI REGGE SU UNA TEMATICA BEN DEFINITA, SENZA PERO’ ESSERE UN CONCEPT ALBUM IN SENSO STRETTO; E’ COSI’ ANCHE PER QUESTO?
“Il concept album in senso stretto non mi attrae. E’ difficile da riprodurre dal vivo e tende a diventare noioso, perché spesso ci si concentra più sulla concatenazione dei testi che sulla musica. Io cerco sempre di realizzare un’idea di base sulla quale si regge il disco, ma anche di dare ad ogni brano la propria personalità, in modo che non ci sia la necessità di ascoltare il disco per intero.”
 
LA TITLE TRACK E’ UN BRANO DECISAMENTE ATIPICO PER I DEATH SS, QUASI PROGRESSIVO, CON UN TESTO DI ISPIRAZIONE BIBLICA…
“E’ un testo decisamente biblico, collegato all’Apocalisse di S. Giovanni. Ci sono dei riferimenti “visivi” legati al film di Bergman, così come è collegata al film l’idea della partita contro la morte. E’ un’idea che mi è venuta ripercorrendo la storia della band dalle sue origini. Quando fondai i Death SS decisi di intraprendere un cammino musicale basato sui sette sigilli. Ogni sigillo comprende un concept, un periodo. Questo è il settimo sigillo.”
 
QUESTO MI FA PENSARE CHE IN QUALCHE MODO CI SI AVVICINI ALLA FINE DI UN CICLO, COSA SIGNIFICA QUESTO PER I DEATH SS?
“La morte non è mai una morte definitiva. E’ un cambiamento, la chiusura di un cerchio, il completamento di un patto. Proprio il concetto di patto è centrale, anche il packaging dell’album, con la pergamena e il sigillo, vuole richiamare questo concetto. E’ il patto che i Death SS hanno fatto all’inizio della loro carriera e che io ho portato avanti negli anni…”
 
IL VOSTRO LEGAME CON LA MATERIA ESOTERICA E’ DIVENTATO PROGRESSIVAMENTE MENO ESPLICITO E PIU’ SOTTILE, COME MAI?
“Tendo a pensare che un disco possa essere considerato come fonte di intrattenimento, ma che si possa anche scegliere di trovare qualcosa in più. Essere troppo manifesti, troppo palesi porta a fraintendimenti e quindi abbiamo deciso di prendere la distanza da tutto il folklore che ruota intorno all’esoterismo.”
 
ANCHE PERCHE’ IL CLIMA CULTURALE ITALIANO ATTUALE NON E’ MOLTO FAVOREVOLE ALL’ESOTERISMO E LA CRONACA NON AIUTA…
“Non mi interessa molto. Gli idioti sono sempre esistiti e non c’è modo di combatterli. Preferisco porre l’attenzione sulla musica, sul fatto che i Death SS sono dei buoni musicisti, dei musicisti maturi…”
 
IL TESTO DI PSYCHOSECT E’ DECISAMENTE IRONICO E SFERZANTE; CE NE VUOI PARLARE UN PO’?
“Cerco di essere sempre molto ironico in quello che scrivo, e questo è un lato che sfugge a diverse persone. In “Psychosect” ho utilizzato questo atteggiamento ironico nel descrivere le cosiddette psicosette, ovvero tutte quelle associazioni di stampo new age in cui un santone o un guru cercano di attirare più adepti possibile per ragioni economiche. Mi sono imbattuto in molti di questi personaggi squallidi e dannosi. Sono delle associazioni a delinquere.”
 
VORREI PARLARE DI “DO WHAT THOU WILT”, UN DISCO STRAORDINARIO E ATIPICO PER I DEATH SS; COSA RICORDI DI QUEL PERIODO?
“E’ un disco che ha avuto una genesi molto particolare. In “Do What Thou Wilt” ho voluto proporre qualcosa di esplicitamente occulto. Abbiamo registrato nello Yorkshire, in un ambiente molto opprimente, freddo. Credo che questo abbiamo influenzato l’utilizzo di certi arrangiamenti. Per quanto riguarda il concept, ho avuto la supervisione dei grandi maestri dell’O.T.O. italiano. “Do What Thou Wilt” è stato avallato dall’ordine.”
 
IN SEGUITO IL LATO SRETTAMENTE CROWLEYANO DEL VOSTRO CONCEPT SEMBRA ESSERE SCEMATO…
“Non volevo ripetermi. L’operazione strettamente thelemica si era esaurita con “Do What Thou Wilt”. Non volevo riproporre cose già sperimentate. Le tematiche a sfondo crowleyano, comunque non sono mai scomparse. La canzone “Venus’ Gliph” ad esempio ha un testo decisamente thelemico.”
 
NEGLI ULTIMI ANNI IL TASTIERISTA OLEG SMIRNOFF HA FATTO SENTIRE LA PROPRIA IMPRONTA ALL’INTERNO DEL VOSTRO SUONO; COME HAI VISSUTO QUESTO AFFIANCAMENTO?
“Oleg mi ha aiutato molto nell’arrangiamento, nella messa a terra delle idee. Oleg ora non è più nella band, ha preferito allontanarsi dalla musica. E’ stata una perdita di cui mi sono molto dispiaciuto. Gli auguro ogni fortuna nel suo nuovo cammino al di là della musica.”
 
AVETE LAVORATO CON UN GENIO VISIONARIO COME ALEJANDO JODOROWSKY; COSA PUOI DIRMI DI QUESTO GRANDE REGISTA?
“Ho conosciuto le opere di Jodorowsky molti anni fa. Da ragazzino vidi “La Montagna Sacra”, un film enormemente evocativo e rappresentativo di un certo tipo di cultura che raccoglieva in sé diversi elementi: il teatro panico, la cultura degli anni ’70, la cultura thelemica e altri ancora. Mi ci sono voluti anni per capirlo. Amo anche molto i suoi libri, “Psicomagia” ad esempio è un testo interessante. Come sai l’ho conosciuto e ha collaborato con noi su “Panic”; ho avuto un ottimo rapporto con lui, ma come tutti i geni è un personaggio difficilmente controllabile.”
 
QUALCHE IDEA PER L’IMMINENTE TOUR?
 “E’ ancora prematuro. Faremo qualche festival quest’estate, ma il tour vero e proprio inizierà in autunno.”

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