DEATH SS – La magia della doppia maschera

Pubblicato il 09/05/2025 da

La notte di Valpurga, la notte delle streghe, la notte dei Death SS: lo scorso 30 aprile, presso il Daste di Bergamo, la storica band italiana ha infatti svelato in anteprima tutti i dettagli del nuovo album “The Entity” (uscito proprio oggi per la Lucifer Rising), all’interno di uno speciale release party, durante il quale i numerosi adepti della creatura fondata da Steve Sylvester hanno potuto ascoltare i dodici brani del disco, contestualmente alla visione di tutti i video correlati.
Un’occasione particolare, in cui i presenti hanno avuto la possibilità di interagire direttamente con la band, chiedendo informazioni e curiosità circa la nuova pubblicazione. Ed è stato proprio all’interno della struttura bergamasca, poco prima dell’inizio della serata, che abbiamo incontrato il deus ex machina del gruppo tosco-marchigiano, cercando di scoprire qualche dettaglio in più in merito all’affascinante ed eterno tema del doppio e di quella figura nascosta e misteriosa che alberga in ognuno di noi, vogliosa di scatenare la propria forza; quell’entità ‘catartica’ (come ha sottolineato più volte Steve Sylvester nel corso dell’intervista) che è esplosa oltre quarant’anni fa sottoforma dei Death SS. Buona lettura!

CIAO STEVE E GRAZIE PER LA DISPONIBILITA’. PRIMA DOMANDA DI CARATTERE ‘LOGISTICO’: COME E’ NATA LA SCELTA DI CELEBRARE L’USCITA DEL NUOVO “THE ENTITY” QUI, AL DASTE DI BERGAMO, IN QUESTA EX CENTRALE TERMOELETTRICA, OGGI TRASFORMATA IN UNO SPAZIO EVENTI?.
– E’ stata una scelta del nostro produttore esecutivo Vittorio Lombardoni della Self Distribuzione: lui è bergamasco e conosce questo luogo.
Non l’avevo mai visto prima e devo dire che è molto bello, efficiente e ben ristrutturato; poi magari a livello di locazione non è facilmente raggiungibile, però, considerando che quello di questa sera è un avvenimento speciale, riservato a quelle persone che hanno acquistato il pre-order del disco, mi sembra adatto e funzionale.

VENIAMO QUINDI A “THE ENTITY” E AL TEMA PRINCIPALE DEL CONCEPT ALBUM, QUELLO DEL DOPPIO. UN ARGOMENTO CHE HA TROVATO MOLTE INTERPRETAZIONI NELLA STORIA, IN DIVERSI CAMPI ARTISTICI. QUANDO E’ NATA L’IDEA DI DARE UNA VOSTRA VISIONE A QUESTA TEMATICA COSI’ RICCA DI FASCINO E MISTERO?
– Convengo con te che l’argomento del doppio non è una novità, non è un argomento così originale, però è una cosa che avevo già in mente da molto tempo quando, con un mio amico che si chiama James Hogg, un italo-americano che abita a Firenze e con cui ho un’amicizia da tanti anni, ho visto un libro di un suo omonimo antenato scozzese, appunto James Hogg, “Confessione di un peccatore giustificato” che parlava più o meno in maniera particolare del tema del doppio e della parte malvagia dell’animo umano. L’ho trovato subito interessante ed ho pensato a come poterlo utilizzare all’interno di eventuali canzoni.
Non solo, questo libro è considerato un precursore di quello, ben più famoso, che qualche anno dopo scrisse Stevenson, “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”. Sono nate quindi un po’ di idee che ho riposto in un cassetto e che due anni fa, quando ho cominciato a pensare al nuovo disco, ho ritirato fuori e ho arricchito anche di altri elementi, di fantasia, di realtà, anche biografici legati ai Death SS che, in ultimo, hanno fatto nascere questo concept.

VADO DIRETTAMENTE ALL’ULTIMO BRANO DEL DISCO, “EVIL NEVER DIES”, QUANDO L’ENTITA’ PRENDE POSSESSO DEI DEATH SS E DECIDE DI PARLARE IN PRIMA PERSONA. POSSIAMO DEFINIRE I DEATH SS COME UNA DELLE ENTITA’ DI STEVE SYLVESTER?
– Ho sempre considerato ‘l’entità’ come la forza ispiratrice della band, quella che l’ha fatta formare; ‘entità’ come fonte promotrice di un certo tipo di forza catartica, artistica, satanica fra virgolette, che è legata un po’ a tutta la storia del gruppo.
Ho quindi pensato di collegare le cose: partendo dal tema del doppio, dalla storia di questa entità che per Hogg si chiamava Gil-Martin, e per Stevenson si chiamava Hyde, l’ho collegata a quella forza intrinseca che è sempre convissuta negli uomini e che li ha ispirati, a volte con gesti cruenti e di violenza, a volte alimentando un certo tipo di lato artistico, permettendo quindi alla forza stessa, se opportunamente sollecitata, di manifestarsi.
Ecco quindi i vari riflessi dell’entità di cui parlo nell’album: può infatti assumere una forma efferata, con riferimenti al dottor Jekyll e Mr.Hyde, o Sister Hyde nel nostro caso, oppure al famoso Jack The Ripper e che, andando avanti nel tempo, alimenta un lato oscuro che tutti noi abbiamo, o, da un altro lato, può portare in alcuni un tipo di artisticità da trasportare nella cultura o nella musica.
La stessa forza che ha alimentato il progetto dei Death SS fin dall’inizio del 1977. Un lavoro fantasy, diciamo, nel quale ho voluto arricchire con delle connotazioni un po’ biografiche.

A PROPOSITA DI MANIFESTAZIONE, COSA FRENA L’INDIVIDUO NEL TRATTENERE DENTRO DI SE’ QUESTA ANTICA FORZA? SI PARLA TANTO DI LIBERTA’ DI EPSRESSIONE MA PROBABILMENTE ANCORA OGGI IL GIUDIZIO SOCIALE CI OMOLOGA, CI COSTRINGE A TRATTENERE LE NOSTRE PULSIONI PIU’ PROFONDE, BUONE, PREFERIBILMENTE, O BRUTTE CHE SIANO.
– E’ una buona domanda, questa. Ho fatto partire questo concept chiamando in causa Aleister Crowley, il quale si era prefissato lo scopo di evocare questo tipo di entità, che lui chiamava il suo angelo custode o Aiwass o in molti altri modi, come forza primordiale che andasse ad aiutare gli uomini, liberandoli dagli istinti repressi e quindi da tutto ciò che noi reprimiamo con la nostra cultura, con i dogmi, con tutte le restrizioni che ci vengono imposte dall’educazione e dalla nostra società.
Liberarsi completamente, per quegli individui che ci riescono, può quindi sviluppare un dato nascosto artistico che tutti abbiamo, chi più chi meno. Ho deciso di sviluppare tutto il concept partendo proprio da Crowley, il quale, ripeto, è stato quello che effettivamente – se leggi sue opere – ha sempre cercato di alimentare, di tirare fuori questo lato magico, che tutti noi abbiamo e che di per sé è una forma di arte.
Nel caso di Stevenson e Hogg era un assassino, nel caso di Walter Sickert era un pittore, considerato un presunto papabile Jack the Ripper, ma in molti altri artisti si è sviluppata come vera e propria arte, facendo nascere composizioni eccelse.
Una forza che aiuta a liberarci, ma che spesso, a causa della nostra educazione, siamo stati abituati a reprimere, senza farla veramente sviluppare.

IN QUESTO SENSO I SOCIAL NETWORK HANNO POTENZIATO SECONDO TE LO SVILUPPO DI QUESTA ENTITA’ OPPURE E’ UN’ULTERIORE RESTRIZIONE VISTO CHE, DIVERSAMENTE DA UN ARTISTA, IL QUALE SI ESPRIME DAL VIVO, TRAMITE UN QUADRO, UN CONCERTO, UN LIBRO, IL FATTO DI SCRIVERE ‘COPERTI’ DA UN SCHERMO CI PERMETTE DI INDOSSARE L’ENNESIMA MASCHERA, SENZA IN REALTA’ ESPRIMERE LA NOSTRA FAMOSA FORZA?
– I social network sono importanti e chiaramente non possiamo più farne meno ormai, perché ci danno più libertà di espressione, velocizzano e ci aiutano nell’espandere quello che potrebbe essere anche il nostro lato artistico, facendolo fruire, vedere, conoscere e condividere a un numero di persone che, diversamente, sarebbe stato impensabile – e questo a costo zero.
Da un lato questo fatto è interessante e quindi è positivo, dall’altro però un pochino ti omologa a sua volta, facendoti entrare in un giro che soffoca un po’ anche tutto quello che è la vera arte che ti devi ‘conquistare’, come si poteva fare una volta.
Ci sono quindi pro e contro: da una parte ti dà una maggiore libertà di diffusione, se lo sai usare, dall’altra però appiattisce e svilisce quella che è veramente la tua valenza artistica.

AL DI FUORI DEL MONDO DEATH SS, TI SEI MAI SENTITO UN MR. HYDE?
– Penso che abbiamo i nostri momenti in cui sentiamo di avere dentro di noi un nostro passeggero oscuro da poter tirare fuori in determinate circostanze; ed è una cosa che vale per chiunque.
Sì, sicuramente anche io ho avuto i miei momenti così, al di là della maschera che indosso quando interpreto il personaggio di Steve Sylvester su un palco, dove a comandare è il teatro e la recitazione.
E anche nella vita reale a volte siamo un po’ costretti a portare una maschera: in realtà, secondo me, quello che è il nostro vero essere è l’Hyde, mentre il Dottor Jekyll, quello più buono, quello più di facciata, è invece la parte più finta: è quella la vera maschera.

NEL ROMANZO DI STEVENSON SI PARLA DI COME “LA DROGA INFATTI, DI PER SE STESSA, NON AGIVA IN UN SENSO PIUTTOSTO CHE NELL’ALTRO, NON ERA DIVINA NE’ DIABOLICA DI PER SE’; SCUOTE’ LE PORTE CHE INCARCERAVANO LE MIE INCLINAZIONI…“. COS’E CHE TI SCUOTE?
– L’adrenalina, la curiosità, la voglia di sperimentare: sono sempre stato un curioso, con la voglia di studiare determinate cose, di mettermi in discussione.
L’occultismo è sempre stato in questo senso un’arma molto potente perché ti fa evolvere, ti fa riscoprire anche lati di te stesso che magari da solo non riuscivi a cogliere.
La musica è una forma di espressione molto forte e molto importante, e unendo un po’ tutte queste serie di cose non hai bisogno di droghe sintetiche, hai bisogno semplicemente della droga che la tua adrenalina produce.

CAMBIAMO PAGINA E PARLIAMO DI “THE ENTITY” DAL PUNTO DI VISTA MUSICALE.
A LIVELLO DI SONORITA’ VI SIETE UN PO’ ALLONTANATI DALLE ULTIME PRODUZIONI, ABBRACCIANDO INVECE UN SOUND PIU’ INCLINE AGLI ANNI SETTANTA ED OTTANTA.
D’ALTRO CANTO, PUR ESSENDO UN CONCEPT, E QUINDI ‘COSTRETTO’ A SEGUIRE UNA SPECIFICA LINEA NARRATIVA, E’ ANCHE VERO CHE OGNI BRANO HA UNA SUA SPECIFICA DEFINIZIONE, IN QUANTO DEVE DESCRIVERE UN DETERMINATO MOMENTO DELLA STORIA. ED E’ QUI CHE RITROVIAMO, A MIO PARERE, LEGAMI CON IL VOSTRO PASSATO: “POSSESSION” PER ESEMPIO HA DEI RIFERIMENTI RITMICI ALLA “CURSED MAMA” OPPURE L’ULTIMA “EVIL NEVER DIES” L’AVREI VISTA BENISSIMO IN “HEAVY DEMONS”.

– Sì, capisco cosa intendi, e condivido quello che hai detto. E’ stata una scelta ponderata, a livello compositivo, quella di cambiare un pochino il sound rispetto a quello dei dischi precedenti.
Personalmente considero gli ultimi tre album, “Resurrection”, “Rock’n’roll Armageddon” e “Ten”, come un trittico a sé stante, un’opera in tre parti.
Ho quindi voluto cambiare completamente direzione perché pensavo – come ho sempre avuto in mente – che ogni storia che vado raccontare debba avere il suo sound, il più adatto per renderla al meglio. Ecco perchè, nel caso “The Entity”, ho pensato fin dall’inizio che il sound che avrebbe accompagnato questo tipo di concept, sarebbe stato più classico, con dei suoni un po’ più cristallini, chiaramente moderni, potenti, ma più orientati verso il metal classico, con riferimenti sia alla fine deli anni ’70, che anche a qualcosa degli anni 80.
Ne ho parlato con il produttore Tom Dalgety, il quale è stato assolutamente d’accordo con questa mia linea di azione ed insieme abbiamo lavorato per dare proprio questo tipo di connotazione.

PARLANDO INVECE DELLA FORMAZIONE, SONO ORMAI TRE ANNI CHE LAVORATE INSIEME, MA “THE ENTITY” E’ DI FATTO IL PRIMO ALBUM CHE AVETE REGISTRATO CON QUESTA FORMAZIONE. COME E’ ANDATA?
– Direi che è andata andata molto bene, i ragazzi sono molto affiatati e, come dicevi, sono quasi tre anni che siamo insieme; abbiamo fatto diversi concerti, per cui si è creata una buonissima amalgama.
Per quanto riguarda invece il livello d’implicazione della band nella registrazione del disco, diciamo che io ho creato le canzoni, anche con l’ausilio di compositori esterni, ed in questo caso è stato molto importante l’apporto di Andy Panigada (chitarrista storico dei Bulldozer, ndr), che lavora con me a livello compositivo e di arrangiamenti ormai da tanti anni.
Per cui, da buon solitario, cerco un’idea e la lavoro con qualcuno; soltanto quando ho elaborato una demo che mi soddisfa, allora la presento agli altri componenti della band i quali hanno chiaramente carta bianca, nell’ambito del proprio strumento, di poter arrangiare le proprie parti. E così è stato anche per “The Entity”: il loro coinvolgimento è stato totale, non tanto a livello compositivo, ma comunque in tema di arrangiamenti dove, ripeto, ognuno ha potuto dare il suo contributo all’imprinting per quello che è stato poi il risultato finale delle registrazioni.
Poi, ci ha messo qualcosa di suo anche Dalgety per quel che riguarda la scelta di sonorità. Tra l’altro, lui è un collezionista di oggetti del Black Sabbath, ed uno degli amplificatori usati per le reamp delle chitarre di questo disco apparteneva proprio a Tony Iommi ed era stato utilizzato per le registrazioni di “Sabbath Bloddy Sabbath”, per cui, insomma, abbiamo anche questa piccola chicca.

UNO DEI VOSTRI PUNTI DI FORZA IN SEDE LIVE E’SICURAMENTE LA TEATRALITA’: AVETE GIA’ IN MENTE QUANTI E QUALI PEZZI PORTERETE ON STAGE?
– Nei prossimi concerti, che non saranno tanti com’è nel nostro stile, ma mirati, porteremo sicuramente alcuni estratti dal nuovo disco. Personalmente, mi piacerebbe anche poterlo presentare per intero in sede live ma, chiaramente, non si può fare per una questione di tempo; ci saranno comunque dei brani che presenteremo dal vivo e avranno la loro controparte teatrale, come sempre.

A PROPOSITO DI LIVE, NEL SETTEMBRE DELLO SCORSO ANNO, IN OCCASIONE DEL METALITALIA.COM FESTIVAL, AVETE RIPORTATO SUL PALCO TUTTO “…IN DEATH OF STEVE SILVESTER”, SUONANDOLO CON I COMPAGNI DI BAND DELL’EPOCA. COM’E’ ANDATA?
– È stato molto divertente perché non mi rivedevo con quei ragazzi da quasi trent’anni. Abbiamo deciso di proporre “…In Death Of Steve Silvester”, per celebrare il suo trentacinquesimo anno, nella sua interezza e con la line-up originale; quasi tutta a dir la verità, per quattro quinti, in quanto Andy Fois (Kurt Templar nell’album, ndr) non è stato della partita.
Ci siamo ritrovati con un grande affiatamento per un’occasione importante, tanto che l’abbiamo anche replicata a Firenze, registrando inoltre lo show; vedremo più avanti se ci sarà la possibilità di pubblicare qualcosa in tal senso.

TORNANDO BREVEMENTE ALL’ALBUM E ALLA FAMOSA ENTITA’ INCONTRATA NEL 1977 CHE HA PERMESSO DI CREARE I DEATH SS, PENSI DI ESSERE STATO IN GRADO DI CREARE QUESTA FORZA MAGICA E CATARTICA O, DOPO QUARANT’ANNI PENSI DI POTER, O DOVER DIMOSTRARE ANCORA QUALCOSA?
– È difficile da dire. Io mi sono sempre sentito come un portavoce di questa entità a cui mi sono dedicato, perché i Death SS sono, secondo me, un gruppo particolare che può andare avanti a prescindere da chi ci suona. Ci sono personaggi che vivono e sono eterni, come lo zombie, il lupo mannaro per esempio, i quali possono essere di volta in volta incarnati da diverse persone. Io stesso posso essere – penso – sostituito, se è il caso.
Importante è che vada avanti il progetto, l’entità e un progetto che è colmato nei Death SS. Poi, quali possono essere le aspettative è difficile dirlo: chiaramente i Death SS non sono un gruppo che ha sfondato a livello mondiale, tipo Metallica o Iron Maiden, però siamo ancora qui, siamo ancora vivi e vegeti e penso che, finché siamo animati da una forza artistica che ci permette di realizzare qualcosa di valido, possiamo ancora continuare a farlo.
Poi, quando non sarà più così, la cosa finirà. Non mi sono mai posto degli obiettivi particolari. Sono soddisfatto anche per come sono andate le cose: chiaramente poteva andare meglio, però sono comunque sempre riuscito a raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissato di volta in volta.

NON AVETE RAGGIUNTO I LIVELLI DEI METALLICA MA CI SONO BAND COME – UN NOME A CASO – I GHOST CHE VI HANNO MENZIONATO COME FONTE DI ISPIRAZIONE.
– Significa che comunque abbiamo lasciato il nostro segno, e questa è una cosa molto importante.

ULTIMA DOMANDA: LO SCORSO APRILE, IN OCCASIONE DEL CONCERTO DEI BEHEMOTH, SATYRICON E ROTTING CHRIST ALL’ALCATRAZ DI MILANO, CI SONO STATI DUE EPISODI ABBASTANZA SINGOLARI: PRIMA UNA PETIZIONE PER RICHIEDERE L’ANNULLAMENTO DEL CONCERTO, QUINDI UNA SORTA DI ESORCISMO TENUTOSI PROPRIO ALLE PORTE DEL LOCALE, CON L’OBIETTIVO DI SCACCIARE IL MALIGNO, REO DI “CORROMPERE I CUORI DEI GIOVANI” (A LEGGERE I COMUNICATI INERENTI) CHE AVREBBERO PARTECIPATO AL CONCERTO .
DALL’ALTO DELLA VOSTRA PLURIDECENNALE CARRIERA, COSA PENSI DI QUANTO AVVENUTO?

– Ci sono sempre successe nella nostra storia, è una cosa a cui ormai ci siamo abituati. Addirittura, nel nostro caso, la vicenda è andata bene oltre, perché in più di un’occasione sono stato costretto, sia io che, alcune volte, anche i membri della band, a presentarmi in questura a seguito di denunce esplicite per vilipendio della religione o atti osceni in luogo pubblico.
In Italia esiste comunque la legge della libertà artistica e della rappresentazione teatrale; poi io parto sempre dal presupposto che se uno spettacolo, e quindi la sua rappresentazione non ti piace, nessuno ti obbliga ad andarlo a vedere. Detto questo, scene del genere, come questa degli esorcisti, del picchettamento dei concerti perché blasfemi, lasciano il tempo che trovano e a volte sono semplicemente delle trovate pubblicitarie, generate appositamente per poter creare un pathos sull’evento e quindi dargli una maggiore risonanza.
Noi siamo sempre usciti vincitori da questi tipo di episodi: abbiamo avuto diversi casi simili con preti ed esorcisti che si sono scagliati contro di noi. Però, ripeto, mi sembra una cosa veramente molto ridicola.

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